CAVALLINO
(Cabalinus)
Comune (7712 ab.) in provincia di Lecce (a 6 km). La popolazione è prevalentemente dedita all'attività agricola. Appartengono in parte al comune di Lizzanello i resti di una città messapica, segnalata da S. Castromediano, cavallinese, e il cui scavo è iniziato nel 1964 a opera di una missione di scavo delle università di Lecce e di Pisa.
Le campagne di scavo 1964-67 hanno portato alla luce quattro settori dell'abitato, la cinta muraria con le porte NE e O, nonché un importante insediamento capannicolo dell'età del Bronzo Antico. Negli stessi anni sono state identificate due vaste necropoli, una all'esterno delle mura N-NO, saccheggiata da secoli, l'altra, anch'essa extramurana, a SO della strada provinciale Lecce-Lizzanello. La città messapica disponeva di una imponente cerchia muraria eretta nel 6° sec. a.C., con grandi torri, porte a ingresso sfalsato e ampio fossato; con uno sviluppo di km 3,100 le mura di di C. abbracciavano un'area di 69 ha.
L'abitato iapigio si sviluppò sulle capanne del Bronzo antico e risulta fiorente già nella seconda metà dell'8° sec. a.C. Si passa da capanne ovoidali a capanne dalla pianta rettangolare e la fioritura dell'abitato è testimoniata nel sec. 7° a.C. da molta ceramica corinzia tardogeometrica, in associazione stratigrafica con olle decorate del geometrico iapigio, ciotole e pithoi a impasto di produzione locale. Si tratta di una facies arcaica non dissimile da quella di Otranto dello stesso periodo. L'impianto protourbano del sec. 6° a.C. si segnala per le strade ben pavimentate, con marciapiedi, case dalle fondazioni a blocchi squadrati, dai tetti a tegola e un imponente sistema di canalizzazione all'interno dell'intero abitato. Numerose fibule auree finemente lavorate degli inizi del sec.5° a.C. testimoniano della ricchezza della città nel periodo immediatamente anteriore alla sua distruzione a opera dei Greci di Taranto. Varie campagne di scavo riprese nel 1975 (università di Lecce, Scuola normale superiore di Pisa, Ecole française de Rome) e continuate fino al 1982, hanno permesso di meglio documentare l'agorà, pavimentata con tegole e pietre pressate, affiancata da edifici destinati a officine, costituite da un vano rettangolare e un portichetto antistante. Gli scavi hanno restituito grandi contenitori per derrate, alla cui funzionalità si accompagnava la finissima decorazione bicroma a riquadri e cerchi con il motivo della croce di Malta. Altre ricerche hanno portato alla luce oltre 150 m di strada, databile al sec. 6° a.C., su un lato della quale si allineano edifici a pianta assai complessa con ambienti coperti di tegole, dei quali restano i crolli articolati intorno a vari cortili. I resti della città indigena sono in più punti affioranti o coperti da pochi centimetri di terra.
La città, che fu distrutta fra il 500 e il 470 a.C., presumibilmente a opera dei Greci di Taranto, ha restituito importanti iscrizioni messapiche, sia su tegole che su cippi, tutte provenienti da un'area sacra nei pressi di una porta e in stretta relazione con la medesima. Non si conosce il nome messapico della città, che potrebbe forse essere identificata con Carbina, distrutta appunto dai Tarentini; nessun rinvenimento scende al di sotto della metà del sec. 3° a.C., epoca in cui gli abitanti dovettero trasferirsi nelle zone limitrofe di Lupiae e di Rudiae. Vedi tav. f. t.
Bibl.: M. M. Arigliani, Cenno descrittivo di alcuni resti di antichità in Cavallino, in Rinascenza Salentina, n.s. 5, 1937, pp. 219-26; G. Nenci, Un'inedita monografia di S. Castromediano su Cavallino, in Annali Facoltà Lettere Università di Lecce, i (1965), pp. 201-64; AA. VV., Cavallino. Scavi e ricerche 1964-1967, Galatina 1979; A. Garrisi, Cavallino attraverso i secoli, Lecce 1984; G. Nenci, Cavallino, in G. Nenci, G. Vallet, Bibliografia topografica della colonizzazione greca in Italia e nelle isole tirreniche, Pisa-Roma 1987, iii, pp. 194-202.