CAVALCABÒ (de Cavalcabobus), Cavalcabò
Marchese di Viadana, nato prima del 1250, era figlio di Corrado e nipote del marchese Cavalcabò signore di fatto di Cremona dal 1223 al 1232. Trascorse certo la giovinezza lontano dalla città, nei feudi di Viadana, poiché al governo di Cremona si succedettero, dopo la morte di Federico II, famiglie decisamente avverse alla sua parte. La morte del padre, avvenuta prima del 1251, e la contemporanea scomparsa di tutti i suoi consanguinei concentrarono nelle sue mani un ingente patrimonio terriero e una fortissima quantità di denaro liquido. Divenne pertanto, lontano dalle lotte politiche che si svolgevano in Cremona, uno degli uomini più ricchi dell'Italia centrosettentrionale. Tale disponibilità finanziaria finirà per avere un peso sostanziale sul futuro politico del Cavalcabò.
Il suo nome appare per la prima volta nella vita pubblica cremonese nel 1277, ma egli era già presente in città da circa un anno e precisamente da quando la parte guelfa era riuscita a cacciare Buoso da Dovara, che dal 1266 era signore di Cremona. Inizialmente la sua posizione, pur essendo eminente, non tradisce le mire che egli manifesterà in seguito: il 12 ott. 1277 partecipò al Maggior Consiglio per discutere l’opportunità di sbarrare, su suggerimento dei cittadini di Reggio Emilia, il canale della Tagliata. E all’inizio del 1278 riuscì a convincere i suoi concittadini dell’inutilità dell’impresa. Al notaio di Reggio, che partecipò a questa ultima seduta, il C. parve uomo indubbiamente influente, tanto da indicarlo ai Reggiani come l’unico responsabile della mancata attuazione del progetto.
Ma solo con il 1282 ebbero inizio documentato i prestiti, numerosi e cospicui, del C. al Comune di Cremona, per cui le finanze della città caddero sotto l’effettivo controllo del giovane marchese. Tale attività creditizia gli permise inoltre di dominare la vita politica senza mai apparire in prima persona. Il C. concesse prestiti anche ai Comuni vicini, dominati da amiche famiglie guelfe, tanto da dar adito al sospetto che il C. fosse il maggior finanziatore del partito guelfo. Due ingentissimi prestiti vennero infatti stipulati dal Comune di Lodi il 22 dicembre 1295 ed il 24 novembre 1297, per sopperire alle spese di guerra contro i ghibellini. Questa attività gli permise di intervenire in modo risolutivo nei conflitti tra le varie città della pianura padana. Il 31 luglio 1297 dettava, in qualità di arbitro designato dalle parti, le condizioni di pace tra la famiglia degli Este e il Comune di Parma.
I legami con gli Estensi dovettero continuare, giacché il C. riuscì ad imporre ai Cremonesi, nel giugno del 1299, la presenza del marchese Azzo in città, quando già gli era stato proibito l’accesso dai cittadini. Ciò fu possibile perché il Comune di Cremona ormai dipendeva finanziariamente dal C., come viene dimostrato anche da un nuovo prestito concesso nel luglio 1299. Il marchese anticipò la somma necessaria a inviare duecento militi e cento balestrieri al servizio del Comune di Pavia, dominato dai conti di Langosco, guelfi, e da Guglielmo di Monferrato, impegnati in una dura lotta contro Matteo Visconti.
Nel dicembre del 1303 il C. riuscì ad avere il controllo politico anche di Parma, intervenendo a mano armata con numerosi cremonesi, per sedare tumulti e per imporre come signore il guelfo Giberto da Correggio, legato a lui da vincoli di parentela; infatti la moglie di Guglielmo, figlio primogenito del marchese, era nipote di Giberto. Questa effettiva forza politica, esercitata nei confronti della lega guelfa attraverso metodi non sempre facilmente identificabili e con un indiscutibile tatto, gli permise di trasmettere il potere al figlio primogenito Guglielmo, che non tarderà, dopo la morte del padre, a farsi esplicitamente proclamare signore di Cremona.
La morte dei C. avvenne tra il 1305 e il 1306, poiché in una pergamena del 17 dic. 1306, conservata nell’Archivio capitolare di Reggio, egli viene qualificato con il termine quondam. Lasciava due figli, Guglielmo e Giacomo, destinati a raccogliere l’eredità economica e politica del padre.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Cremona, Arch. storico comunale, Fondo Segreto, cod. C; Cod. diplom. Laudense, a cura di C. Vignati, in Bibl. hist. Italica, II-III, Mediolani 1879-1883, pp. 165-68; Cron. Estense, in L. A. Muratori, Rer. Ital. Script., XV, Mediolani 1729, coll. 346 s.; Id., Antichità Estensi, Modena 1740, II, p. 49; G. C. Tiraboschi, La fam. Cavalcabò, Cremona 1814, pp. 86-98; A. Cavalcabò, I rettori di Cremona, in Boll. stor. cremonese, XII (1942), pp. 116-22; Id., Le vicende stor. di Viadana (secc. XII-XIV), ibid., XVIII (1952-1953), pp. 39-53.