cautela
Ricorre tre volte, soltanto nel Convivio, e tutte e tre nel significato comune di " prudenza ", " accortezza ", " precauzione ": l'una [delle tre ragioni per le quali D. ha scritto il Convivio in vulgare e non latino] si muove da cautela di disconvenevole ordinazione (I V 2): " Dante enuncia genericamente la prima ragione da cui si dichiara indotto a far uso dell'italiano anziché del latino; la quale è di guardarsi (cautela) dal fare un commento non convenientemente ordinato al suo proprio fine, ch'è di servire alle canzoni " (Busnelli-Vandelli, ad I.); e precedentemente ha osservato che la prima ragione " riguarda i rapporti che devono intercedere fra canzoni e commento, i quali verrebbero a mancare se il commento a canzoni volgari fosse latino ". Lo rettorico [il " retore ", lo " studioso "] dee molta cautela usare nel suo sermone (IV VIII 10); a cautela di ciò [" per uniformarmi prudentemente a ciò ", ossia al detto di Cristo che non si deono le margarite gittare innanzi a li porci, e a quello di Esopo, che più è prode al gallo uno grano che una margarita, § 4] comando a la canzone che suo mestiere discuopra [" manifesti il suo contenuto e il suo scopo "] là dove questa donna, cioè la filosofia, si troverà (IV XXX 5).