Cause di cecità e nuove strategie terapeutiche
L’occhio può essere considerato come uno strumento deputato a focalizzare sulla retina le immagini, con la minima distorsione possibile. La luce è focalizzata dalla cornea e dal cristallino, e attraversa l’umor vitreo, che occupa la cavità dell’occhio, prima di venire assorbita dai fotorecettori, neuroni retinici specializzati che trasformano la luce in segnali elettrici. Questi segnali sono convogliati, attraverso il nervo ottico, verso centri cerebrali superiori, dove vengono ulteriormente elaborati.
Con il termine cecità s’intende, in senso lato, l’assenza della capacità visiva, distinguendo una cecità assoluta, quando manca la percezione della luce da entrambi gli occhi, da una relativa, quando sia assente o ridotta una delle componenti della sensazione visiva. Nell’ambito della cecità relativa possono essere compromessi: il senso luminoso (la percezione della luce), il senso cromatico (i colori), il campo visivo (gli oggetti nello spazio), l’acutezza visiva (la visione centrale), il senso stereoscopico (la profondità), la visione cerebrale (la rappresentazione psichica). I soggetti affetti da mancanza o riduzione di una di queste facoltà sono definiti ipovedenti. La cecità può ancora essere suddivisa in mono- o bilaterale, e in temporanea o definitiva. Inoltre, si definisce come cecità sociale l’inadeguatezza del soggetto a svolgere alcune particolari attività lavorative; essa dipende dalle diverse legislazioni (in Italia corrisponde a un valore dell’acuità visiva inferiore a 1/20, ossia la possibilità di contare le dita a meno di un metro), ed è legata non solo al residuo visivo del soggetto ma anche alle sue capacità intellettive, che possono condizionarne notevolmente le possibilità di applicazione.
Chi non ha conoscenza delle minorazioni del senso della vista e ha scarso o nessun contatto con ciechi, tende a pensare alla cecità come a una condizione omogenea in cui si trovano tutti coloro che sono privi del senso della vista. Esistono invece variazioni dell’acuità visiva fra le persone che sono classificate come legalmente cieche (la definizione di cecità legale è basata sulla misurazione dell’acuità visiva per mezzo del cartellone di Snellen, detto anche ottotipo a distanza). Persone con visione difettiva, ma superiore alla linea di demarcazione della cecità legale, sono designate come affette da cecità parziale. È da notare che la misurazione della visione da vicino non è così ampiamente applicata, benché spesso, specialmente nei bambini, si accerti la capacità di leggere la stampa di corpo molto piccolo per decidere se il soggetto debba usare, per le sue letture, la stampa di corpo grande o il metodo Braille (v. oltre): pertanto si può stabilire una distinzione tra cecità legale e cecità parziale per mezzo di un test di visione vicina. Tuttavia oggi l’oculista, in collaborazione con uno psicologo, un assistente sociale e un insegnante, è in grado di raccomandare la migliore assegnazione educativa di un bambino in base alla totalità delle sue necessità e non prendendo una decisione arbitraria basata su una misurazione istituzionale, a limite fisso, dell’acuità visiva statica (Blindness and psychological development in young children, ed. V. Lewis, G.M. Collis, 1997).
È difficile ottenere dati statisticamente appropriati sull’incidenza della cecità nella popolazione mondiale. Anche dov’è presente un’attenta registrazione delle persone affette da cecità, la definizione legale varia da un Paese all’altro; in larga parte del mondo, inoltre, non si ha nessuna forma di registrazione, e si può stimare l’incidenza della cecità soltanto da studi fatti su piccoli campioni. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, OMS (Resnikoff, Pascolini, Mariotti, Pokharel 2008, fonte da cui sono tratti quasi tutti i dati statistici del presente saggio, relativi al 2004), ogni cinque secondi una persona nel mondo diventa cieca, e la stessa sorte tocca a un bambino ogni minuto. Si stima un’incidenza della cecità pari a circa 200 casi ogni 100.000 abitanti nelle nazioni con standard di assistenza medica elevati, e una incidenza dieci volte maggiore in quelle con una mediocre assistenza medica.
Cause e tipi di cecità
Oltre all’incidenza, anche le cause che determinano la cecità sono notevolmente diverse tra loro, e dipendono dalle condizioni igienico-sanitarie della popolazione. Per es., nelle regioni calde, dove spesso la maggior parte della popolazione è raggruppata in piccoli villaggi con rudimentali servizi igienici, le infezioni come il tracoma sono la prima causa di patologie oculari. In queste aree anche la cataratta, che è facilmente risolvibile con un intervento chirurgico, è in cima alla lista delle cause di cecità. Migliorando gli standard di assistenza medica, e con il conseguente aumento dell’aspettativa di vita, i quadri clinici della cecità si modificano, legandosi soprattutto a patologie degenerative o geneticamente determinate. Quindi, i miglioramenti della terapia medica e chirurgica della cecità vanno a vantaggio di una parte molto piccola della popolazione mondiale. Finché le condizioni nutrizionali e igieniche di larga parte del mondo non miglioreranno, la prevenzione della cecità rimarrà irrealizzabile.
Alcune delle patologie responsabili della cecità, quali il tracoma e l’oncocercosi, sono quindi presenti quasi esclusivamente nelle aree depresse del mondo, dove esistono le condizioni igienico-sanitarie e climatiche per lo sviluppo di queste forme. Nelle nazioni industrializzate stanno emergendo altri potenziali rischi di sviluppo della cecità nella popolazione. In queste nazioni l’aumento dell’incidenza del diabete ha aggiunto la retinopatia diabetica alle patologie considerate come principale causa di cecità, ovvero il glaucoma e la degenerazione maculare senile (DMS). Il glaucoma è una patologia conosciuta da secoli, che però rimane nelle agende delle agenzie sanitarie a causa delle difficoltà di diagnosi precoce e della necessità di una terapia cronica. La DMS è la terza causa di cecità nel mondo (8,7%), ma la prima nei Paesi industrializzati.
Un’altra importante causa di cecità è rappresentata dalla mancata correzione dei difetti (o vizi) di rifrazione (miopia e ipermetropia). L’OMS stima che a tale mancata correzione vadano attribuiti 8 milioni di casi di cecità e 145 milioni di casi di ipovisione. Questo impressionante dato riflette l’esistenza di un vero problema sociosanitario dal momento che i vizi di rifrazione sono facilmente diagnosticabili e curabili. Qui di seguito verranno esaminati in dettaglio i principali tra i diversi tipi di cecità.
Cataratta
Si definisce come un’opacità del cristallino che impedisce il passaggio della luce. In genere è legata all’invecchiamento, ma può insorgere anche alla nascita (cataratta congenita) oppure dopo un trauma oculare (postraumatica), un’infiammazione o altre patologie oculari (secondaria). Benché possa essere rimossa chirurgicamente, a causa dell’inadeguatezza delle strutture sanitarie di numerose nazioni, rimane la principale causa di cecità nel mondo (48% dei casi). Poiché l’aspettativa di vita a livello mondiale si sta allungando, l’incidenza della cataratta è in aumento; essa rappresenta una causa di diminuzione della vista anche nei Paesi dove sono disponibili servizi chirurgici efficienti, a seguito delle lunghe attese necessarie per l’intervento, dei costi, della mancanza di informazione e delle difficoltà di trasporto dei malati.
Non ci sono dati sulla possibilità di prevenzione della cataratta. Possono prevenirne o meglio ritardarne lo sviluppo la riduzione del fumo, dell’esposizione ai raggi ultravioletti e del consumo d’alcol. Il diabete, l’obesità e l’ipertensione sistemica sono stati individuati quali fattori di rischio addizionali. Attualmente, l’unica terapia della cataratta veramente efficace è quella chirurgica, in cui il cristallino viene rimosso e sostituito con una lente artificiale intraoculare.
Tracoma
È una delle più vecchie malattie infettive conosciute dall’uomo. È causato dalla Chlamydia trachomatis, un microrganismo che viene a contatto con l’uomo attraverso le secrezioni oculari delle persone affette (e quindi tramite asciugamani, fazzoletti, dita ecc.) e attraverso alcuni insetti. Dopo anni di infezioni ripetute, la porzione interna delle palpebre può andare incontro a fenomeni cicatriziali così gravi da provocarne il ripiegamento su sé stessa, determinando così, attraverso le ciglia girate verso l’interno, la comparsa di cicatrici sulla cornea, la porzione anteriore trasparente dell’occhio. Se non trattate, queste cicatrici diventano irreversibili e portano alla cecità.
Il tracoma colpisce circa 84 milioni di persone nel mondo, e di queste circa 8 milioni presentano una grave compromissione visiva. Esso è responsabile di oltre il 3% della cecità totale nel mondo, ma questa percentuale potrebbe cambiare radicalmente se venissero modificate le condizioni igienico-sanitarie di certe regioni e venissero applicati i programmi di controllo per questa malattia già predisposti dall’OMS. Tuttavia il tracoma continua a essere iperendemico in numerose aree rurali e aree povere di Africa, Asia meridionale e sud-orientale, America Latina. La sequela del tracoma attivo compare nei giovani e negli adulti di mezza età, e nelle aree endemiche è molto comune nei bambini in età scolare, con variazioni tra il 60 e il 90%. Colpisce soprattutto i membri più vulnerabili di queste comunità, ossia le donne e i bambini: le donne adulte sono a rischio più alto degli uomini perché generalmente sono a maggior contatto con i bambini, che sono la fonte principale dell’infezione.
I rischi ambientali sono rappresentati dall’acqua non pulita, dalle mosche, dalla scarsa igiene e dalle condizioni delle abitazioni. È necessaria un’esposizione prolungata e continuativa alla malattia per arrivare alle gravi complicazioni osservate in età più avanzata. Un singolo episodio di infezione da Chlamydia non è considerato un rischio per le condizioni visive future.
Oncocercosi
È una malattia provocata dal parassita Onchocerca volvulus, trasmesso da una mosca della specie Simulium damnosum. È definita cecità del fiume perché le mosche che la trasmettono abbondano lungo le rive dei fiumi, che spesso rimangono disabitate proprio per paura delle infezioni. L’Onchocerca volvulus è quasi esclusivamente un parassita dell’uomo. Gli insetti adulti vivono in piccoli noduli nel corpo umano, dove le femmine producono un alto numero di larve, conosciute come microfilarie. Queste migrano dai noduli allo strato subepidermico della cute, dove possono essere ingerite dalle mosche. Si sviluppano nel corpo dell’insetto, che può poi trasmettere l’infezione ad altri uomini. Le lesioni oculari sono provocate dalle microfilarie, che possono localizzarsi in tutti i tessuti dell’occhio, causando gravi infiammazioni capaci di condurre alla cecità.
L’oncocercosi è la maggiore causa di cecità in numerosi regioni dell’Africa. Come problema di salute pubblica è presente nell’Africa centrale e occidentale, ma anche nello Yemen e in almeno sei Paesi dell’America Latina. In passato l’oncocercosi ha ridotto notevolmente la produttività delle regioni infette, obbligando la loro popolazione ad abbandonare vaste aree di terreno coltivabile. Si stima che ci siano almeno 1,5 milioni di persone cieche a causa di questa malattia. Sono stati fatti molti progressi nella battaglia contro questa infezione, attraverso un controllo della diffusione delle mosche; inoltre, attualmente la malattia può essere trattata con una dose annuale di ivermectina, che diminuisce anche il grave prurito cutaneo da essa causato.
Cecità dell’infanzia
Con questo termine s’intende un gruppo di patologie che intervengono nell’infanzia oppure nella prima adolescenza e che, se non trattate, portano alla cecità. Le cause variano da regione a regione, e sono largamente determinate dalle condizioni socioeconomiche e dalla disponibilità dei servizi sanitari primari e dei servizi oftalmologici di base. Nei Paesi a elevato sviluppo le lesioni del nervo ottico e delle vie visive superiori sono predominanti come cause di cecità; al contrario, nei Paesi a basso sviluppo le cause più frequenti sono le lesioni corneali da deficit di vitamina A, l’ophthalmia neonatorum, la cataratta da rosolia e le infezioni contratte dalla madre, che possono trasmettersi al feto al momento del passaggio attraverso il canale del parto, e provocare poi cecità nel bambino. La retinopatia dei prematuri è un’altra fonte importante di deficit visivo nei Paesi a medio sviluppo. Altre cause significative in tutte le nazioni sono le anomalie congenite quali la cataratta, il glaucoma e le retinopatie distrofiche ereditarie.
La presenza della cecità nell’infanzia varia a seconda delle condizioni socioeconomiche e della percentuale di mortalità infantile. Infatti, secondo uno studio del 1999 (C.E. Gilbert, L. Anderton, L. Dandona, A. Foster, Prevalence of visual impairment in children. A review of available data, «Ophthalmic epidemiology», 1999, 6, 1, pp. 73-82), nelle regioni sottosviluppate, con una mortalità infantile maggiore del 5%, tale presenza può essere maggiore di 1,5 per 1000 bambini, mentre nei Paesi avanzati, con mortalità infantile inferiore al 5%, è di circa 0,3. Usando questa correlazione, il numero di bambini ciechi nel mondo può essere stimato in circa 1,4 milioni, tre quarti dei quali vivono nelle regioni più povere dell’Africa e dell’Asia.
La prevenzione e la terapia sono chiaramente specifiche per le diverse malattie. In caso di deficienza di vitamina A, la sua somministrazione, a un costo di soli 5 centesimi di dollaro a dose, riduce la cecità di oltre il 34% nelle zone dove questa mancanza è un’emergenza sanitaria. Poiché la mancanza di vitamina A si manifesta spesso durante la diffusione del morbillo, un accurato programma di vaccinazione nazionale contro questa patologia ha ridotto la presenza di complicanze oculari tra i bambini. Nelle regioni a medio sviluppo, dove, come detto, la retinopatia del prematuro è tra le cause più importanti di cecità infantile, la sua incidenza può venire ridotta attraverso la disponibilità di centri terapeutici adatti e l’attuazione di screening. Il trattamento precoce della cataratta e del glaucoma, insieme all’impiego di ausili specifici per ipovisione nei bambini con residui visivi, può dare risultati molto positivi.
Retinopatia diabetica
È rappresentata da un gruppo di caratteristiche lesioni retiniche che si riscontrano negli individui affetti da diversi anni da diabete mellito, e che intervengono con una progressione prevedibile, con variazioni minime nell’ordine di apparizione. È considerata il risultato di una serie di alterazioni vascolari della circolazione retinica. Può progredire gradualmente fino a una forma proliferante, con la formazione di neovasi. L’edema maculare (ispessimento della porzione centrale della retina) può determinare una diminuzione significativa della vista. Ci sono notevoli differenze rispetto alle decadi passate nella diagnosi, nel trattamento, nei fattori socioeconomici e negli altri fattori di rischio che influenzano l’incidenza e la distribuzione geografica del diabete e di conseguenza della retinopatia. Si stima che quest’ultima provochi nel mondo quasi 5 milioni di casi di cecità (5%). Dato che, come detto, l’incidenza del diabete va aumentando, c’è la possibilità che in futuro un numero maggiore di individui soffra di complicanze oculari che, se non gestite attentamente, comporteranno lesioni oculari permanenti.
I fattori di rischio più importanti per la retinopatia diabetica sono: il diabete di lunga durata o quello insulinodipendente, alti livelli di glicemia, l’ipertensione sistemica, la colesterolemia, la gravidanza, i fattori nutrizionali e quelli genetici. L’intervento medico può far diminuire alcuni di questi fattori: il controllo della glicemia può ridurre l’incidenza e la progressione della malattia; se sono già presenti lesioni retiniche rischiose per la vista, la fotocoagulazione laser retinica può diminuire il rischio di provocarne altre.
Glaucoma
Si tratta di un gruppo eterogeneo di malattie accomunate da una caratteristica neuropatia ottica, che determina modificazioni sia strutturali sia funzionali del nervo ottico. Le conoscenze mediche su questa patologia si sono profondamente modificate nel corso degli ultimi anni, e non sono stati ancora stabiliti definitivamente criteri diagnostici e terapeutici. Ci sono diverse forme di glaucoma, tuttavia le due più frequenti sono il glaucoma primario ad angolo aperto, con un inizio lento e subdolo, e quello ad angolo chiuso, che è meno comune e tende ad avere un inizio acuto. Il numero di persone cieche a causa del glaucoma è stimato in circa 4,5 milioni nel mondo, quindi più del 12% della cecità globale. I fattori di rischio primari sono l’età e la predisposizione genetica. L’incidenza del glaucoma ad angolo aperto aumenta con l’età, ed è maggiore nelle persone di origine africana. Tra le popolazioni di origine asiatica il glaucoma ad angolo stretto rappresenta la forma più comune.
Si sa poco riguardo la prevenzione primaria del glaucoma; tuttavia si hanno a disposizione terapie sia mediche sia chirurgiche efficaci se la malattia è diagnosticata nelle fasi iniziali. Se vengono adottate cure appropriate, la vista viene mantenuta, altrimenti la progressione della malattia condurrà a gravi lesioni irreversibili del campo visivo, fino alla cecità.
Degenerazione maculare senile
È una patologia che riguarda la porzione centrale del campo visivo, e si instaura quando la porzione centrale della retina (macula) sviluppa lesioni degenerative. Interessa le persone con età superiore a 50 anni. Si pensa che un ruolo importante sia giocato da un’insufficiente circolazione, con una riduzione del flusso sanguigno nella regione maculare. Ne esistono due forme principali, quella secca e quella essudativa. Come detto, la DMS rappresenta la terza causa di cecità nel mondo e la prima nei Paesi industrializzati. Il maggior fattore di rischio è rappresentato dall’età; altri sono il fumo, le tendenze genetiche, l’ipertensione arteriosa, il grado di pigmentazione retinica (gli occhi chiari sono a maggior rischio) e una dieta non bilanciata.
Attualmente non sono presenti cure preventive o significativamente efficaci; tuttavia si è visto come la somministrazione di integratori, soprattutto a base di antiossidanti (vitamina E), possa rallentare il decorso della malattia. Risultati incoraggianti sembrano provenire da nuove terapie antiangiogenetiche somministrate intraocularmente, valide per la forma essudativa.
Opacità corneali
Con questo termine s’intende un’ampia varietà di infezioni e infiammazioni dell’occhio che possono evolvere in una cicatrice corneale, con compromissione della funzione visiva. Responsabili di opacità corneali sono anche alcune malattie degenerative della cornea, come la cheratopatia bollosa, o scompenso corneale, i leucomi (opacità da ustioni, traumi, ulcere, infezioni, pemfigo), le distrofie ereditarie, di cui la più comune è quella di Fuchs, il cheratocono. Le opacità corneali, nel complesso, rappresentano globalmente la quarta causa di cecità nel mondo (5,1%). Il tracoma all’ultimo stadio, con cicatrice corneale e neovascolarizzazione, è responsabile di circa 4,9 milioni di casi di cecità; seguono i traumi oculari e le ulcere corneali, in genere sottostimati, ma in realtà causa di 1,5-2 milioni di nuovi casi di cecità monolaterale ogni anno. Nell’infanzia, tra le cause di opacità corneale rientrano la xeroftalmia, le congiuntiviti del neonato, l’herpes e le cheratocongiuntiviti. Il cheratocono, invece, ha un’incidenza di 1 caso su 1000 abitanti.
I programmi di prevenzione pubblica sono il miglior mezzo per contrastare queste cause di cecità, mentre l’unico trattamento rimane la chirurgia, che attualmente non propone più soltanto il trapianto di cornea da cadavere (molto difficile da realizzare nei Paesi in via di sviluppo per la mancanza di donatori), ma anche il trapianto di membrana amniotica, di cellule staminali, di endotelio.
Distacco della retina
La retina è lo strato di tessuto sensibile alla luce situato all’interno dell’occhio che attraverso il nervo ottico invia i messaggi visivi al cervello; se si distacca, si solleva dalla sua normale posizione. Se non prontamente trattato, tale distacco può determinare una perdita permanente della vista. Nella maggior parte dei casi esso ha origine dalla presenza sulla retina di piccole rotture o lacerazioni, che hanno un’incidenza, nella popolazione generale, del 3,3% all’anno, e che possono evolvere fino a determinare il distacco. L’incidenza del distacco di retina dovuto a rotture retiniche nel paziente che non ha subito traumi oculari è di circa 1/10.000 persone all’anno; questa percentuale aumenta leggermente se includiamo i distacchi postraumatici. Meno frequenti sono i distacchi di retina causati da trazione ed essudazione.
Le rotture della retina vengono operate con il laser. Questo trattamento non richiede ricovero ospedaliero e viene eseguito in ambulatorio: si effettuano piccole coagulazioni attorno alla rottura di retina per saldarla con i piani sottostanti. Il trattamento chirurgico del distacco della retina richiede invece un ricovero in ospedale. Le varie tecniche comprendono l’indentazione sclerale, la retinopessia pneumatica, la fotocoagulazione laser, la crioterapia e la vitrectomia. Nella maggioranza dei casi il primo intervento risolve il problema; tuttavia alcuni pazienti possono necessitare di più di una procedura di riparazione.
Amaurosi fugace
Viene così definita la cecità monoculare transitoria, dovuta di solito a una forma di embolia retinica oppure a una grave stenosi, che causa l’occlusione dell’arteria carotide omolaterale, da cui si dirama l’arteria oftalmica. L’incidenza aumenta notevolmente con l’età e con la presenza di patologie sistemiche, come aterosclerosi, ipertensione arteriosa e malattie autoimmuni. Eseguire almeno annualmente un esame del fondo dell’occhio per le persone maggiormente a rischio rappresenta una buona prevenzione. Il trattamento consiste nella repentina somministrazione di farmaci, come vasodilatatori, trombolitici e antiaggreganti, che garantiscano un’immediata ripresa dell’afflusso sanguigno alla retina.
Cecità corticale
È dovuta a lesioni bilaterali, su base vascolare, tumorale o traumatica, dei centri corticali della visione presenti nei lobi occipitali dell’encefalo. Gli occhi e le vie nervose che trasportano l’informazione visiva al cervello non sono lesi e non contribuiscono alle manifestazioni deficitarie di questa condizione. Le cause vascolari sono direttamente proporzionali all’incidenza di malattie sistemiche con la stessa eziologia, e nei Paesi industrializzati rappresentano la prima causa di morte, e quindi indirettamente la più frequente causa di cecità corticale. La seconda causa è quella tumorale, mentre la terza è quella traumatica.
La prevenzione e il trattamento delle cause vascolari prevedono un approccio sistemico soprattutto di natura medica o interventistica, mentre i tumori e i traumi necessitano di un approccio di natura chirurgica.
Cecità per i colori
È un difetto di natura prevalentemente genetica, ma può insorgere anche in seguito a danni agli occhi, ai nervi o al cervello, e persino in seguito all’esposizione ad alcuni composti chimici. Si distingue in cecità assoluta e parziale. La forma assoluta (1 caso su 50.000) è una patologia ereditaria dovuta a mutazione dei geni preposti al controllo della funzione di trasformazione dei segnali luminosi in segnali elettrici, che avviene a livello dei coni (i fotorecettori deputati alla discriminazione dei colori). Clinicamente questa patologia è conosciuta come acromatopsia completa, e si caratterizza per: presenza di un’acuità visiva intorno a 1/10, nistagmo (movimenti oscillatori degli occhi) sin dall’infanzia, fotofobia (la tendenza a strizzare le palpebre di fronte a luci intense), assenza di visione di tutti i colori, comparsa di difetti refrattivi. Gli unici fotorecettori presenti in questi pazienti sono i bastoncelli, il cui compito principale è quello di rispondere alle basse intensità di luce, senza fornire la nitidezza del particolare e senza sensibilità ai colori. La cecità parziale riguarda la modalità di percezione di determinati colori. In genere si tratta di un disturbo congenito dovuto a un gene recessivo presente sul cromosoma X e quindi ne sono affetti gli uomini portatori del gene, mentre le donne, che generalmente non ne sono colpite, possono trasmettere il gene per la cecità per i colori ai figli. La cecità per il rosso e per il verde (daltonismo) è la forma più comune; quella per il giallo e il verde è di solito una malattia acquisita piuttosto che ereditaria, ed è causata da un danno del nervo ottico. Più precisamente, la cecità per il rosso è detta protanopia, per il verde deuteranopia, e per il blu tritanopia. I tipi più comuni di cecità ai colori sono di natura parziale, sono ereditari e colpiscono il 7,4% degli uomini e lo 0,5% delle donne in Europa, e solo una piccola percentuale di asiatici, africani, afroamericani, aborigeni, indiani d’America, popolazioni del Pacifico meridionale.
Non sono ancora note cure per le varie forme di cecità ai colori. Esistono comunque filtri e lenti correttive che possono aiutare i daltonici a distinguere meglio le sfumature dei vari colori. È stato inoltre elaborato un software apposito dedicato a coloro che soffrono di daltonismo.
Cecità diurna e cecità notturna
La cecità diurna (definita anche emeralopia) è caratterizzata dall’incapacità di vedere bene in condizioni di forte illuminazione, con possibilità invece di una chiara visione in condizioni di illuminazione attenuata. È causata da disturbi nella funzionalità dei coni. Nella cecità notturna (nictalopia) si ha incapacità a vedere in condizioni di illuminazione attenuata (per es. al tramonto), mentre la visione è normale durante il giorno; tale anomalia è dovuta ad alterazione dei bastoncelli. Queste due forme di cecità sono tipiche manifestazioni di retinite pigmentosa, termine con il quale si indica un gruppo di malattie ereditarie della retina che provocano una perdita progressiva della vista e che hanno un’incidenza di 1 persona su 3500-4000. Nella persona anziana vi è talvolta una diminuzione parafisiologica di rodopsina, il pigmento contenuto nei bastoncelli, con conseguente cecità notturna, accompagnata da altri disturbi visivi causati in genere da una riduzione del flusso ematico oculare. Inoltre, la cecità notturna spesso accompagna il glaucoma.
L’unica forma di prevenzione per queste patologie ereditarie è rappresentata dagli screening genetici, essendo stati identificati molti geni che ne sono responsabili, mentre, per quanto riguarda il trattamento, al momento non esiste alcuna terapia efficace per la retinite pigmentosa. Nelle degenerazioni della retina che colpiscono per primi i bastoncelli, alcuni esperti raccomandano la somministrazione di basse dosi giornaliere di vitamina A-palmitato, precursore della rodopsina. Questa sostanza sembra avere un effetto protettivo sui coni (su cui si fonda la visione residua in questi pazienti), rallentandone la degenerazione.
Cecità psichica
Viene così definita l’incapacità del malato di riconoscere gli oggetti che cadono nel suo campo visivo (agnosia ottica). Il soggetto può non essere in grado di riconoscere mediante la vista le proprietà fisiche di un oggetto: può cioè non riuscire a darne una descrizione analitica di colore (agnosia per i colori), forma (agnosia per le forme), dimensione nello spazio (agnosia spaziale), oppure può essere incapace di identificarlo pur potendone dare una descrizione analitica. L’elemento patogenetico comune è costituito da un disturbo dell’elaborazione corticale degli stimoli visivi. In questo gruppo di disturbi rientrano inoltre le diverse forme di cecità verbale, in cui il malato riconosce i segni grafici e riesce a sillabare le parole, ma senza comprenderle, oppure non riconosce le lettere. La cecità verbale rappresenta la conseguenza di una lesione occipitale che però non è così grave da compromettere le capacità visive del soggetto (a differenza della cecità corticale). È difficile avere una stima del numero di pazienti affetti da agnosia ottica. Questa sintomatologia è infatti legata a diverse affezioni della corteccia cerebrale posteriore, su base ischemica, tumorale o traumatica.
La plasticità cerebrale in seguito a lesione corticale è ampiamente documentata anche in individui adulti. Affinché i processi di riorganizzazione corticale abbiano luogo, l’ambiente deve fornire una specifica stimolazione volta a compensare i deficit: oggetto della riabilitazione neuropsicologica è creare questa stimolazione ambientale con un approccio olistico e individualizzato, che risponda ai bisogni cognitivi, emotivi e motivazionali del paziente, per migliorarne l’adattamento funzionale nonostante il danno cerebrale subito.
Il mondo dei non vedenti
Oggi un paziente cieco non è più ritenuto un individuo indifeso o totalmente dipendente da altri. Nuovi metodi di educazione e ricreazione hanno reso possibile a oltre la metà dei bambini ciechi di frequentare le scuole normali. Naturalmente, i provvedimenti concernenti l’educazione dei ciechi sono diversi a seconda dei Paesi. In Gran Bretagna, dove l’educazione dei non vedenti è divenuta obbligatoria dall’inizio del 20° sec., si è giunti a un programma nazionale abbastanza ben coordinato. Anche i Paesi scandinavi hanno stabilito da lungo tempo provvedimenti dettagliati e coordinati per l’educazione dei bambini ciechi. Negli Stati Uniti vi sono differenze fra i diversi Stati, alcuni dei quali hanno costituito i servizi più sviluppati del mondo. In alcuni Paesi europei, come per es. Francia, Italia e Germania, benché l’educazione dei bambini con minorazione visiva abbia avuto inizio più tardivamente per quanto concerne la coordinazione su scala nazionale, molto buon lavoro è stato svolto per lungo tempo in istituti regionali e cittadini sotto il patrocinio di organizzazioni religiose, caritative o governative. Alle difficoltà principali dell’istruzione dei non vedenti, ossia la lettura e la scrittura, venne data una brillante soluzione da Louis Braille, anch’egli non vedente, che nel 1829 inventò una scrittura in cui all’alfabeto comune sono sostituiti dei punti (sei al massimo) disposti su due colonne verticali e che, essendo in rilievo, vengono percepiti per mezzo dei polpastrelli. Lo stesso sistema è applicato alla musica. Fra i primi strumenti adottati per facilitare i non vedenti nella scrittura vi è la tavoletta scanalata, una lastra di metallo o di legno con piccoli fori quadrati: la carta viene appoggiata sulla tavoletta e la matita, seguendo le scanalature, segna la carta formando caratteri leggibili sia con la vista sia con il tatto. Attualmente, per la corrispondenza con i vedenti si usano la macchina per scrivere e le tavolette che guidano chi scrive nella formazione di caratteri Braille. Inoltre, vi è una macchina per scrivere, la Hall Braille, che incide tale tipo di caratteri sulla carta. Questo metodo è divenuto universale, tanto che con esso sono stati stampati tutti i volumi pubblicati per non vedenti. Questa editoria in Italia fa capo alla Stamperia nazionale Braille (attiva a Firenze dal 1924), che pubblica anche due periodici, oggi mensili: il «Corriere dei ciechi» e «Gennariello» (per ragazzi). Certamente insorgono difficoltà nell’uso del senso del tatto, e vi è la complicazione aggiuntiva che nel Braille non solo dev’essere imparato l’alfabeto, ma si deve apprendere anche un considerevole numero di altri segni e abbreviazioni.
Tra gli aiuti fisici per i non vedenti, per quanto riguarda la deambulazione vi sono cani guida appositamente addestrati, e occhi elettronici che consentono di percepire gli ostacoli. Molti non vedenti si muovono anche con l’ausilio di appositi bastoni bianchi, primo strumento che consente ai ciechi e agli ipovedenti gravi di muoversi all’aperto; il bastone bianco è riconosciuto in tutto il mondo. Il codice della strada prevede che gli automobilisti debbano sempre fermarsi in presenza di un cieco che attraversi la strada munito di bastone bianco, anche qualora non si trovi sulle strisce pedonali. Esistono diversi modelli di bastone bianco: rigidi, telescopici e pieghevoli. La lunghezza del bastone deve essere proporzionata alla statura e al passo del non vedente (A. Webster, J. Roe, Children with visual impairments. Social interaction, language and learning, 1998; P. Westcott, Living with blindness, 2000).
La novità assoluta nella ricerca di nuove tecnologie è rappresentata dall’occhio artificiale o bionico (Yanai, Weiland, Mahadevappa et al. 2007), che fino a qualche anno fa era un’utopia. Chiamato Argus II e prodotto dall’azienda californiana Second sight, rappresenta il primo esempio di interfaccia funzionale tra un apparato elettronico e il cervello. Si tratta di una retina artificiale che svolge la funzione dei fotorecettori nel cervello, il cui compito è quello di catturare e processare la luce. I primi risultati sui pazienti sono stati molto incoraggianti, e, anche se allo stato attuale la protesi riesce a far recuperare un grado di vista rudimentale, in futuro potrebbe portare a risultati ben più sofisticati. Il dispositivo (v. figura) è composto essenzialmente da un microchip e da una videocamera installata su speciali occhiali, e funziona azionando i nervi ottici al fine di indurre il cervello a ritenere che l’occhio, seppure irreparabilmente danneggiato, in realtà funzioni regolarmente. Le immagini filmate dalla telecamera vengono prima codificate da un minicomputer, anch’esso montato sugli occhiali, quindi inviate wireless a un microchip inserito all’interno del bulbo oculare. Il microprocessore ha il compito di stimolare le terminazioni nervose dell’occhio, attraverso le quali, infine, il cervello ricostruisce approssimativamente l’immagine originariamente catturata dalla lente della telecamera. Sebbene le figure ‘ricreate’ non siano del tutto esatte, sono comunque sufficientemente chiare per consentire il riconoscimento di volti e oggetti.
Per quanto riguarda la cecità parziale, gli ausili visivi possono contribuire a migliorare il residuo visivo di una persona ipovedente. Ogni singolo caso va valutato attraverso un’accurata diagnosi, in modo da stabilire quale sia la soluzione più indicata. Successivamente, l’adattamento e la riabilitazione serviranno al paziente per imparare a utilizzare l’ausilio stesso e adeguarsi al nuovo sistema di visione. I sostegni visivi infatti, possono creare un’immagine ingrandita, e in molti casi possono ristabilire un certo grado di normalità della visione, e migliorare di riflesso la qualità della vita. I principali tipi di ausili per ipovedenti sono: ausili visivi ingrandenti, sistemi elettronici, ausili posturali da tavolo, ausili per l’autonomia personale per ipovedenti e non vedenti.
Infine, nonostante il diverso coinvolgimento sensitivo, ci sembra corretto ricordare che nel mondo dei ciechi rientra anche una sottopopolazione di persone affette da cecità del gusto (taste blindness). Queste persone sono incapaci di riconoscere come amari composti chimici come la feniltiocarbamide e altri derivati carbamidici. Questa patologia è di natura ereditaria (si tratta di un carattere recessivo), ricorre meno frequentemente tra gli indiani d’America e gli africani e si riscontra, invece, in circa un terzo degli europei e nel 40% della popolazione dei Caraibi.
Bibliografia
D. Yanai, J.D. Weiland, M. Mahadevappa et al., Visual performance using a retinal prosthesis in three subjects with retinitis pigmentosa, «American journal of ophthalmology», 2007, 143, 5, pp. 820-27.
S. Resnikoff, D. Pascolini, S.P. Mariotti, G.P. Pokharel, Global magnitude of visual impairment caused by uncorrected refractive errors in 2004, «Bullettin of the World health organization», 2008, 86, 1, pp. 63-70.
Si veda inoltre:
International council of ophthalmology, Preservation and restoration of vision. Vision for the future, part 2: economic benefits of ophthalmologic care. Socioeconomic aspects of blindness (data from the WHO), www.icoph.org/prev/costsoc.html (29 marzo 2010).