CATTEDRA (καϑέδρα, cathědra)
Tipo di antico sedile, distinto presso i Greci in tre ùpi: thrònos, klismòs (o klisìe o khntèr) e dìphros. Mentre quest'ultimo è un semplice sgabello privo di schienale e di braccioli, e il thrònos (v. trono) è, al contrario, un sedile della massima apparenza, con schienale diritto e braccioli, il κλισμός è munito di semplice schienale più o meno alto e ricurvo, senza braccioli. E quest'ultimo il tipo di sedile che passa nel mondo romano sotto il nome di cathedra e cui modernamente ci riferiamo usando il termine c. nella terminologia archeologica senza altre specificazioni. L'accentuata curvatura impressa allo schienale rende superflua la presenza dei braccioli, potendo la persona seduta appoggiare comodamente le braccia alle estremità dello schienale. Cosicché la c. costituisce un sedile più comodo, e di una forma praticamente più evoluta dello stesso thrònos. I morbidi cuscini, che si usava collocare sul sedile, ne aumentavano la comodità.
Perciò la c. fu suppellettile immancabile in tutte le case signorili e borghesi, nel mondo romano e in quello greco, e fu di uso comune per l'arredamento dei teatri, di edifici termali (si conservano particolari tipi di c. per bagni o anche per installazioni igieniche, dette anche sellae pertusae o lasana; artisticamente notevole l'esemplare di Montecassino) e di luoghi di pubblico ritrovo in generale; è fatta per lo più di legno e vimini, ma poi anche di marmo e di pietra, con o senza ornamenti. Le differenze che si rilevano nella rappresentazione di essa su monumenti figurati, riguardano particolari secondarî, come l'altezza dello schienale e l'ampiezza del sedile che talvolta si distende quasi come una dormeuse (cattedra supina).
Un tal genere di sedile si adatta alle donne e a letterati, poeti, filosofi, e a quanti impartiscono un insegnamento. Sovente il docente è rappresentato in c., mentre gli uditori assistono seduti su semplici subsellia.
Si ritrova la c. nei dipinti cemeteriali cristiani e nei sarcofagi del sec. IV come seggio abituale del Cristo docente. Conservando il nome di c., al quale era ormai legata una tradizione di superiorità dottrinaria, assunse in definitiva la forma del trono con alti braccioli resi necessari dalla linea ormai rigidamente verticale del dorsale. Accolta largamente anche come segno di dignità civile nei dittici consolari del sec. V, fu, nell'uso cristiano, il simbolo della diretta trasmissione dell'insegnamento divino, attributo peculiare del vescovo e perciò posta di regola, ad eccezione di qualche cubicolo cimiteriale come l'esemplare dell'Ostriano, al centro dell'abside. Eusebio ricorda come oggetti di venerazione le cattedre di S. Giacomo Apostolo a Gerusalemme e di S. Marco Evangelista ad Alessandria. Nell'Oriente ellenistico, dove la distinzione fra i vari tipi di seggio doveva essere più presente, non sfuggì che la c. era divenuta un trono e gli assistenti del vescovo, immagine terrestre della Chiesa trionfante, furono spesso ricordati nei testi con il nome di synthrònoi. Accanto alle molte rappresentazioni figurate (per le quali vedi trono), ci sono pervenuti pochissimi esempi paleocristiani di c., come quella detta di S. Gregorio nella chiesa omonima a Roma, forse l'altra di S. Sabina, che potrebbe essere anche una copia molto fedele e forse ottocentesca di un originale antico, quella decorata di avorio racchiusa nella cattedra vaticana (v. sotto) e il magnifico esemplare di Ravenna attribuito, non concordemente, al vescovo Massimiano. Cattedre in pietra si trovano a Saqqārah, nel convento copto di S. Geremia (VI sec.) e a Qirqiza, cui il Grabar ha, per certi aspetti, accostato l'eccezionale "sedia di S. Marco" a Venezia (basilica di San Marco) che reca importanti decorazioni scultoree attribuite al VI secolo e ritenute, con probabilità, orientali.
Bibl.: G. B. De Rossi, in Bulletino d'archeologia cristiana, 1867, p. 33 ss.; Viollet-le-Duc, Dictionnaire d'archéologie, Parigi 1875, II, p. 414; E. Saglio, in Diction. Antiq., s. v. Cathedra, Sella; C. Enlart, Manuel d'arch. franç., I, Parigi 1902, p. 141; Cabrol-Leclercq, Dictionnaire d'archéologie chrét. et de liturgie, 1913, s. v. Chaire; J. E. Quibbel, Excavations at Saqqara (1908-1910), Il Cairo 1912, tav. XVII; E. Volbach, Elfenbeinarbeiten der Spätantike und des frühen Mittelalters, 2, Magonza 1952, n. 140, pp. 68-69, tav. 43; n. 152, p. 74, tav. 50; A. Grabar, La "Sedia di S. Marco" à Venise, in Cahiers Archéologiques, VII, 1954, p. 19 ss.
(G. Matthiae)
Cattedra di San Pietro. - Con questo nome si designano i due seggi pontificali usati da S. Pietro in Antiochia e in Roma.
Della prima c. non si hanno notizie sicure, non reggendo alla critica storica le tradizioni raccolte, fra gli altri, dal Piazza e dal Cornaro, che vorrebbero identificarla o con la sedia di pietra che si conserva nella chiesa di S. Marco a Venezia, o con i frammenti di cattedra custoditi in Roma in S. Lorenzo in Damaso. Della seconda, la tradizione dice che fu regalata a S. Pietro dal senatore Pudente, da lui convertito; su essa egli avrebbe esercitato il niinistero pontificale o nella stessa casa di Pudente sul Viminale (dove è oggi la chiesa di S. Pudenziana), o nella casa di Acilio Glabrione (situata sulle catacombe di Priscilla, sulla via Salaria) o, infine, nella casa di Aquila e Prisca (ora S. Prisca, sull'Aventino), e viene identificata con quella che si conserva nella basilica di S. Pietro in Vaticano, incassata nel trono di bronzo del Bernini. In realtà le cattedre degli Apostoli, come quelle dei vescovi, erano tenute in grande venerazione dai fedeli dei due primi secoli; ciò è attestato già da Tertulliano, De praescript., 38; Eusebio, Hist. eccl., vii, 19, e altri, che si riferiscono appunto alla c. di S. Pietro in Roma, di S. Giacomo a Gerusalemme e di S. Marco in Alessandria, mentre alla prima si accorreva in pio pellegrinaggio da tutte le chiese.
La c. romana, trasferita da papa Damaso (366-384) al Vaticano nel nuovo battistero da lui eretto, fu rimossa nel 1667, quando Alessandro VII la fece porre nel trono del Bernini. Venne così a cessare la pia pratica di esporre la c. nella cappella del coro, dove veniva trasportata in processione due volte l'anno, nelle feste della c. romana (18 gennaio) e della antiochena (22 febbraio). L'usanza di intronizzare il nuovo papa sulla c. di S. Pietro nella cerimonia dell'incoronazione durò fino al 1305, allorché Clemente V, trovandosi in Francia, si fece incoronare a Lione. Dal 1667 in poi la c. di S. Pietro fu esposta una sola volta, nel 1867, ricorrendo il XVIII centenario del martirio degli apostoli Pietro e Paolo. In quest'occasione essa fu esaminata da G. B. De Rossi che ne lasciò una fedele descrizione. Essa era originariamente una sedia di legno di quercia, con quattro gambe riunite lateralmente e una spalliera, sul tipo non della sedia curule, come ritengono alcuni, ma della sedia gestatoria. Ai due lati sono infissi quattro grossi anelli di ferro per passarvi le stanghe. I pannelli e le incrostazioni d'avorio si fanno risalire parte al sec. V e parte al sec. IV. Il legno originario in parte è roso dal tarlo, in parte asportato dai devoti a piccoli pezzi per farne reliquie.
Bibl.: G. Moroni, Dizionario d'erudizione ecclesiastica, s. v.; G. B. De Rossi, La C. di S. Pietro nel Vaticano, ecc., in Bull. di arch. crist., 1867; M. Rampolla, De cathedra romana beati Petri, Roma 1868; M. Armellini, Scoperta della cripta di S. Emerenziana e di una memoria relativa alla c. di S. Pietro, Roma 1877; F. Cabrol, Chaire de Saint Pierre, in Cabrol-Leclercq, Diction. d'archéologie chrét. et de liturgie, III, pp. 76-90.
(P. Pisani)