CATTANEO DELLA VOLTA, Tommaso
Nacque a Genova, ultimogenito del nobile Cristoforo e di Ginevra di Giusto Cattaneo, verso il 1470 e, come il padre e i fratelli, partecipò attivamente alla vita politica ed economica della sua citta. Dopo un inizio in età giovanile quale ufficiale di Banchi nel 1491, prima che il C. rientrasse nella carriera politica trascorsero diversi anni, probabilmente impiegati nella pratica delle attività commerciali che la sua ricca e dinamica famiglia manteneva anche all’estero. Dopo il 1509 comunque, la presenza del C. nelle cariche amministrative e politiche della Repubblica divenne costante: nel 1509 fu ufficiale di Misericordia; nel 1510 fece parte del Collegio dei censori; nel 1511, col fratello Francesco entrò nel magistrato dei Sindacatori, cui spettava il controllo sulle massime autorità e sulle leggi della Repubblica. Il 7 maggio 1511 il C. fu designato, con Francesco Fieschi, Giovanni da Passano e Pantalone Rebuffo, ambasciatore al re di Francia, con lo scopo principale di chiedere la rimozione del governatore di Genova, Francesco di Rochechuard.
La protesta genovese era motivata dal fatto che il Rochechuard, debellati i popolari con la guerra del 1507, aveva poi cominciato ad esautorare gradatamente l’aristocrazia genovese. E il fatto che, attorno al 1510, i capi partito, i nobili e i ricchi avevano perduto ogni potere in città era attribuito al sistema di governo escogitato dal Rochechuard: perciò ricorsero al re per farlo allontanare, ma la loro richiesta fallì perché il governatore obbediva certamente alle direttive sovrane di livellamento di tutte le classi sociali sotto la monarchia francese. Perciò, con atto dell’11 ag. 1511 Luigi XII concesse agli ambasciatori e, per essi, al Comune di Genova alcune grazie relative al buon governo della città, ma non la rimozione del governatore.
Dopo il ritorno a Genova, il C. fu eletto nel 1512 ufficiale del Mare e nel 1513 padre del Comune. In questa ultima carica, insieme con i colleghi G. B. De Franchi, Lorenzo Lomellini e il notaio Andrea de Ferrari, sovraintese all’opera di depurazione del porto.
In un anno particolarmente tormentato per la città, in lotta coi Francesi assediati alla Briglia, sottoposta ad attacchi per mare e al succedersi di ben tre diversi governi in due mesi, tra il maggio e il giugno, fu ascritta a merito particolare del C. e degli altri padri del Comune l’opera attiva e intelligente che in tre mesi, dal 5 luglio a tutto settembre, con l’impiego di 500 operai e con la spesa di 16.000 lire, portò a termine la depurazione da fango e detriti della zona portuale tra la chiesa di S. Marco fino alla estremità del ponte Cattanei, permettendo nuovamente l’attracco dei grossi navigli e rendendo più sicuro anche il resto del porto. Una lapide, posta sulla facciata della chiesa di S. Marco, all’inizio del molo vecchio, rimase a testimonianza della loro opera.
Il 1º dic. 1513 il C. fu tra i firmatari di una lettera al segretario dell’inviato dell’imperatore Massimiliano, il vescovo di Gurk M. Lang, per giustificare l’impossibilità per Genova di aderire alla lega antifrancese. Il doge Ottaviano Fregoso aveva motivato la ricusa con lo stato di esaurimento della città e l’estrema necessità per Genova di ricevere essa stessa aiuti dalla lega imperiale, al quale scopo si stava preparando un’ambasciata da inviare a Massimiliano. Tale ricusa venne estesa per iscritto e firmata per testimonianza, oltre che dal C., da Martino Giustiniani, da Luca Gallo e da quattro notai e cancellieri genovesi (Gerolamo Loggia, Nicolò Brignole, G. B. di Zino e Bartolomeo Senarega).
Nel 1514 il C. fece parte dell’ufficio di Gazaria, che sovrintendeva agli ordinamenti navali. Col ritorno di Genova alla signoria del re di Francia, il C. fu impegnato su più fronti. Mentre tra il 1515 e il 1518 era contitolare col fratello Francesco di una ditta commerciale che operava a Lione, Bruges e Anversa, a Genova copriva alcune cariche pubbliche, sebbene di secondaria importanza (nel 1517 faceva parte del magistrato di Moneta; nel 1518 e nel 1519 di quello di Misericordia) e veniva altresì utilizzato, nel giugno 1517, come oratore a Roma presso il papa Leone X per perorare la causa della liberazione del cardinale Sauli.
In questi anni e in quelli successivi deve anche essersi modificato l’atteggiamento del C. nei confronti della Spagna: per tradizione familiare e per interessi commerciali moderatamente filofrancese, resosi conto, come la maggior parte dei nobili mercanti genovesi, che l’estendersi e il perdurare del conflitto francospagnolo e soprattutto l’eredità imperiale di Carlo V rendevano insostenibile il commercio della Repubblica se non nell’orbita del blocco imperiale, il C. si dovette portare gradatamente su posizioni di compromesso.
Nel 1522 il C. fu scelto dal governatore francese, su indicazione dell’ufficio di Balia, tra i dodici cittadini inviati a Prospero Colonna che, al comando di 20 mila uomini fornitigli da Carlo V, aveva posto l’assedio a Genova. Il C. e i colleghi si recarono all’accampamento del Colonna in Val Bisagno e trattarono con lui la resa a patti della città; ma l’attacco del marchese di Pescara, disceso attraverso la Val Polcevera e offeso per essere stato escluso dalle trattative, annullò gli accordi: Genova fu espugnata il 30 maggio e sottoposta a tremendo saccheggio. Sotto il successivo dogato di Antoniotto Adorno, eletto col sostegno delle soldatesche di Carlo V, il C. fu eletto nel 1523 al magistrato di Sanità; poi a lui si fece nuovamente ricorso per incarichi diplomatici.
Infatti nel 1525 era stato eletto come uno dei due ambasciatori che avrebbero dovuto recarsi da Carlo V per trattare il progetto di “unione”, cioè di riforma della classe nobiliare; ma l’ordine di partenza a tale legazione non fu mai dato. Al progetto di “unione” lavorava ancora nel 1528 un fratello del C., Filippo, tra i Dodici riformatori di balia, che le presentarono ad Andrea Doria l’11 ottobre.
In base alla nuova costituzione, il C. fu iscritto al libro d’oro nell’“albergo” che prendeva nome dalla sua famiglia, e fu eletto, nel 1529, tra gli otto governatori di recente istituzione cui spettava, coadiuvando l’opera del doge, il potere esecutivo. Consolidatasi ormai la sua posizione in seno alla nuova maggioranza filospagnola, nel 1532 il C. fu inviato in ambasceria, con Ansaldo Grimaldi e Paolo Battista Calvi, a Bologna, ove era Carlo V, per recargli i rallegramenti della Repubblica per le vittorie ultimamente riportate e per il suo ritorno in Italia. Le istruzioni sono del 26 dic. 1532 e dai resoconti del C. e dei compagni è probabile che essi rientrassero a Genova alla fine del marzo 1533. Due anni dopo, il 22 genn. 1535, il C., Giovan Battista Lomellini e Iacopo Doria d’Ivrea presenziarono, probabilmente in qualità di magistrati dei Cambi, alla firma di un decreto con cui il Senato genovese obbligava i mercanti a prestare giuramento, a seguito dell’interdetto di esportazione della seta e di altre mercanzie a Chambéry e in tutti i territori savoiardi, e prescriveva l’itinerario obbligato attraverso Lombardia, Svizzera e contea di Borgogna. Nel 1536 il C. venne nuovamente inviato, con altri, a Sarzana, in ambasceria di omaggio a Carlo V. Infine, nel 1538, fu inviato a Savona con Nicolò Giustiniani, Agostino Calvi, Andrea Spinola, Battista Pinelli Adorno, Battista Lomellini, per incontrarvi papa Paolo III, il quale, mentre si recava a Nizza per mediare la tregua tra Carlo V e Francesco I, trovò opportuno approfittare dell’occasione per ricorrere ad accordi economici coi finanzieri genovesi. Dopo tale data, non si hanno più notizie del Cattaneo. Ebbe due figli: Visconte e Francesca, la quale fu sposa di Gerolamo Grimaldi, divenuto cardinale dopo la morte della moglie.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, ms. 10, cc. 41, 54v, 69v, 117, 179, 199v, 2953 334; ms. 495, c. 281; Genova, Civ. Bibl. Berio, ms. m.r. X, 2, 167: L. Della Cella, Fam. di Genova, c. 672; B. Senarega, De rebus Genuens. comment., in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXIV, 8, a c. di E. Pandiani, pp. 142, 167, 171; I. Bonfadio, Annali di Genova, a cura di L. T. Belgrano, Genova 1870, pp. 41, 71, 99, 111; L. A. Cervetto, Fam. liguri, in Il Cittadino (Genova), 1897, n. 20; F. Podestà, Il porto di Genova, Genova 1930, pp. 234 s.; V. Vitale, Diplomatici e consoli della Repubblica di Genova, in Atti d. Soc. lig. di storia patria, LXIII (1934), pp. 5, 108, 137; D. Gioffré, Gênes et les foires de change, Paris 1960, doc. 668.