CATTANEO DELLA VOLTA, Francesco (o Pietro Francesco)
Nacque a Genova da Cristoforo e da Ginevra di Giusto Cattaneo attorno al 1460. Come il padre e i fratelli Giacomo, Filippo, Tommaso, prese parte costante alla vita politica ed economica della Repubblica, alternando, egli in particolare, l’attività amministrativa pubblica con quella privata mercantile, come armatore, importatore e titolare di ditte a traffico internazionale, che spesso diresse in società coi fratelli. Attorno al 1495 i commerci del C. vertono su Orano, porto di primaria importanza come terminale della linea Genova-Alicante-Cartagena e come centro di smercio dei prodotti africani, dell’oro in particolare. Nel giugno 1495 una nave del C., carica di 20.000 pezze di sbordato (tipo di drappo francese di bassa qualità), salpa da Marsiglia per Orano, dove è attesa da Francesco Lomellini e da un fratello del C., Giacomo. Il C. stesso risiedette ad Orano tra il 1500 e il 1502: stabilitovisi appunto per ragioni di commercio, nel 1502 Genova ve lo nominò proprio commissario affidandogli anche il comando di due navi armate. Ritornato a Genova nello stesso anno, fu eletto membro del magistrato di Gazaria, che presiedeva agli ordinamenti navali: in questa carica, tra il 1502 e il 1503 gli venne affidato l’incarico di stendere un memoriale da consegnare a Gerolamo di Negro, oratore al re Ferdinando il Cattolico.
Da quando Genova, alla fine del 1499, aveva giurato obbedienza a Luigi XII, per ovvia ritorsione della Spagna i suoi commerci in Occidente avevano subito una grave contrazione, soprattutto a causa del divieto di esportazione di merci spagnole con navi genovesi introdotto da Ferdinando il Cattolico, che aveva anche permesso il sequestro di diversi navigli genovesi. In particolare nelle acque di Orano, proprio durante la presenza del C., la nave di Gregorio di Terrile era stata catturata da sudditi spagnoli; perciò, nelle istruzioni che l’8 dic. 1502 vengono consegnate al di Negro, lo si avverte di documentarsi su tutta l’ampia materia, vitale ai traffici genovesi, attraverso il puntuale e circostanziato memoriale del Cattaneo.
Nel 1506 il C. era contemporaneamente membro di due magistrati, quello dei Clavigeri e quello di Misericordia, quando l’acutizzarsi dei dissidi interni tra nobili e cittadini di parte popolare circa la divisione delle cariche pubbliche consigliò al luogotenente francese di convocare 60 influenti cittadini per comporre il dissidio. Dalla assemblea, il 19 luglio, uscirono eletti dodici anziani con l’incarico di riformare il sistema di elezione ai pubblici uffici: uno di essi fu appunto il C., esponente del gruppo conservatore.
Dopo l’elezione il C. e i compagni, nobili e popolari, sfilarono per la città al seguito del luogotenente, quasi a testimonianza dell’avvenuta conciliazione; ma, nel successivo settembre, la rivolta popolare delle “cappette” costringeva il luogotenente a lasciare la città. Ignoriamo quale sia stato il ruolo e il comportamento del C., compromesso dalla collaborazione con l’amministrazione francese, durante la breve esperienza di Paolo da Novi; ma certo, alla fine dell’aprile 1507, dopo l’ingresso in Genova di Luigi XII e il ritorno al potere dei nobili, il C. riprese immediatamente l’attività politica: tornato tra gli Anziani, l’11 maggio prestò giuramento al re, e il giorno successivo presenziò alla firma di un contratto tra il Banco di S. Giorgio e l’ufficio di Balia per un prestito di 200.000 scudi per l’ammenda al re di Francia. Nello stesso anno il C. era eletto tra gli ufficiali di Moneta; poi per due volte, nel 1509 e nel 1511 (questa seconda volta col fratello Tommaso) fece parte del Collegio dei sindacatori; nell’intervallo del 1510 fu emandatore dei Protettori di S. Giorgio: nel giro di tre anni aveva potuto così entrare in tutte le istituzioni politiche ed economiche di più vitale importanza nella Repubblica.
Nonostante l’intensa attività politica, il C. non trascurava i suoi commerci: un documento del 23 ag. 1507 attesta che egli importava discrete quantità di polvere di Lisbona; un altro del 30 ott. 1511 riferisce che Ludovico Doria, creditore di una somma di 2.050 scudi d’oro, la gira al C. e al fratello di questo, Filippo, pagabili a Palermo, dove funziona una loro ditta.
Dal 1512, dopo l’insurrezione antifrancese a Genova e il ritorno al dogato dei Fregoso, l’attività commerciale del C. subì alcuni intoppi: sia nel 1513 che nel 1514 una sua nave venne catturata dai Francesi. Il 15 giugno 1513 fu il capitano Durre salpando da Genova, dove era giunto in appoggio del brevissimo governo di Antoniotto Adorno, a condurre con sé una nave del C. carica di frumento e di altre merci di proprietà dei nobili genovesi Francesco Pallavicini, Michele Imperiali e Gerolamo Gentile; il 27 ag. 1514 un’altra nave del C., attraccata a Valenza, venne catturata dall’ammiraglio francese Pregent de Bidoulx, che comandava una flotta di cinque galee e due brigantini.
Il C., anche a difesa degli altri patroni di navi genovesi, ottenne che si allestisse rapidamente, nei primi giorni di settembre, una armata di nove triremi e cinque brigantini che costeggiasse la Provenza e la Spagna e ricercasse la sua nave; ma, a metà di ottobre, le ricerche non avevano dato ancora esito positivo.
Forse anche queste avversità nel commercio marittimo indussero il C., come già era accaduto a molti nobili genovesi, a stornare da esso gran parte dei suoi capitali per impegnarli nel commercio di terraferma e nelle fiere di cambio della Francia e della Fiandra: sta di fatto che, tra il 1515 e il 1518, il C. era titolare, prima da solo, poi con il fratello Tommaso, di una ditta che operava a Lione, Bruges e Anversa, sicuramente adibita, tra l’altro, ai rifornimenti granari (un documento del 7 febbr. 1518 contiene la dichiarazione di un debito di 161 lire, contratto col C. da Filippo Neri e dal nipote Bernardino, cittadini di Calvi in Corsica, appunto per una fornitura di grano). Inoltre il 27 apr. 1515 il C. entrò al 10% (6.000 lire su un capitale totale di 60.000, titolari Benedetto di Negro, Giuliano e Stefano Grimaldi) in una società adibita alle operazioni di cambio durante le fiere a Chambéry.
Negli stessi anni continua ad operare la ditta di Palermo, dove ormai ha preso residenza il fratello del C., Filippo: un documento del 30 maggio 1516 contiene la procura di Vincenzo Tarigo al C. e al fratello per il recupero a Palermo di una lettera di cambio di 400 scudi emessa a Lione.
Non è certo se si possa identificare nel C. piuttosto che in un suo contemporaneo omonimo (figlio di Franco e marito di Peretta Terra) il console genovese a Tunisi nel 1517, ma è abbastanza probabile, e per la precedente esperienza del C. in terra africana e per la scarsa incidenza dell’omonimo del C. nella vita politica genovese, e perché infine l’esistenza delle ditte di Lione, Chambèry, Palermo intestate al C. non sono assolutamente in contrasto, per la mentalità dei nobili-mercanti genovesi, con l’attività di governo.
In effetti, nel 15 18 il C. è eletto di nuovo tra gli Anziani e tra i Protettori di S. Giorgio, e nel 1522 nel magistrato di Virtù, recentemente istituito con funzioni di competenza in materia penale. Dopo il 1522 non si hanno più notizie del C., tranne una, non controllabile, che lo rivedrebbe nel 1526 mercante in Orano. Nel 1528 era comunque già morto, come risulta dall’ascrizione al libro d’oro di uno dei suoi figli, Cristoforo, avvenuta in quell’anno.
Il C. ebbe altri tre figli maschi (Benedetto, Giovan Battista e Gerolamo) e una femmina, Bartolomea, che andò sposa a Vincenzo Pallavicini.
Coetaneo del C. visse un altro omonimo, Francesco figlio di Francesco, mercante a Lisbona negli anni 1502-1508 e amico di Cristoforo Colombo.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Genova, mss. 10, cc. 54v., 86v, 116v, 165, 211v, 334, 359; 495, c. 281; Genova, Civ. Bibl. Berio, ms. m.r. X, 2, 167: L. Della Cella, Famiglie di Genova, c. 673; Genova, Bibl. Franzoniana, ms. 126: F. Federici, Alberi genealogici, c. 18; B. Senarega, De rebus Genuensibus comment., in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXIV, 8, a cura di E. Pandiani, pp. 163, 176; Istruzioni e relaz. degli ambasciatori genovesi, a cura di R. Ciasca, Roma 1951, I, p. 47; L. A. Cervetto, Famiglie liguri, in Il Cittadino (Genova), 1897, n. 19; E. Pandiani, Un anno di storia genovese, in Atti d. Soc. lig. di st. patria, XXXVII (1905), pp. 14, 317, 402, 530, 534; V. Vitale, Diplomatici e consoli della Repubbl. di Genova, ibid., LXIII (1934), p. 212; D. Gioffré, Le relaz. tra Genova e Madera nel I decennio del XIV sec., in Studi colombiani, III, Genova 1951, pp. 440, 450; Id., Gênes et les foires de change, Paris, 1960, p. 67 n. 4, docc. 264, 352; Id., Il commercio di import. genovese, in Studi in onore di A. Fanfani, Milano 1962, V, pp. 168, 171