MAZZOLA, Caterino Tommaso
MAZZOLÀ, Caterino (Catterino) Tommaso. – Nacque a Longarone nel Bellunese il 18 genn. 1745, secondo di otto figli, da Domenico e da Francesca Pellizzaroli.
Il padre, di antica e ricca famiglia di vetrai, vi si era trasferito con uno zio da Murano nel 1741 per seguire la produzione di legname, necessario all’alimentazione delle fornaci della loro manifattura, e, avviata la costruzione del bel palazzo di famiglia, oggi municipio della cittadina, si era sposato il 13 settembre dello stesso anno con Francesca Pellizzaroli, figlia di un facoltoso commerciante di legname del luogo.
La prima educazione del M. e dei fratelli si deve probabilmente a don Mattio Zuliani, il cappellano stabilmente ospitato dai Mazzolà. La formazione proseguì, quasi di certo negli anni della prima adolescenza, con solidi studi classici prima a Venezia dai padri gesuiti, quindi a Treviso presso i somaschi, ove il M. conseguì gli ordini minori e il titolo di abate al termine dell’apprendistato, conclusosi forse tra il 1767 e il 1768 (quando il padre rientrò con la famiglia a Venezia, stabilendosi nella parrocchia di S. Maurizio), certamente prima del 4 sett. 1769. A quella data infatti, evidentemente ben inserito nell’ambiente letterario veneziano e in buoni rapporti con Melchiorre Cesarotti e Gasparo Gozzi, il M. era da quest’ultimo già affettuosamente chiamato «l’Estro sotto spoglie d’Abbate […] l’Entusiasmo Mazzolà».
Se si eccettua un sonetto pubblicato a Venezia nel 1765 tra i Componimenti, di vari autori per le nozze Capello - Albrizzi, la prima impegnativa prova poetica data alle stampe (sempre a Venezia) dal M., la traduzione in versi della Lettre de Barnevelt, dans sa prison, à Truman son ami di Claude-Joseph Dorat (Paris 1763), risale al 1766 e testimonia di una personalità intellettualmente curiosa e cosmopolita, oltre che di un’ottima conoscenza del francese.
A un giovane di elevata cultura e di doti brillanti qual era il M. si schiusero le porte dei più vivaci e anticonformisti salotti letterari dell’aristocrazia cittadina. Nelle dimore di Pietro Antonio Zaguri e di Bernardo Memmo strinse amicizia, rispettivamente, nel 1774 con Giacomo Casanova e nel 1777 con Lorenzo Da Ponte. In Andrea Memmo trovò chi lo incoraggiò a scrivere per il teatro e, molto probabilmente, ne promosse il debutto (nel teatro di S. Salvatore, il 3 maggio 1769) con il dramma per musica di soggetto ariostesco Ruggiero, intonato dal già affermato Pietro Alessandro Guglielmi.
In un gioco di scambi lusinghiero per il M., quel primo dramma (che era modellato alla maniera di P. Metastasio) potrebbe aver ispirato proprio il poeta cesareo, un paio d’anni dopo, nella realizzazione del suo Ruggiero, come sembra suggerire, più che l’identità del soggetto, la presenza in entrambi i drammi di personaggi ed elementi narrativi estranei alla fonte ariostesca.
Nell’immediato, nei teatri d’opera non fecero seguito altre sue pièces. La sua vocazione teatrale sembra tuttavia confermata dall’impegno nella pubblicazione del Teatro del signor di Voltaire, trasportato in lingua italiana (primo tentativo di presentare al pubblico italiano l’intera produzione del più ammirato drammaturgo francese del secolo) da lui verosimilmente progettata e curata in quanto firmatario, nel primo volume (Venezia 1771), oltre che della traduzione dell’Oedipe, che apre la raccolta, anche delle dediche preposte alle altre tragedie (l’impresa editoriale si arenò dopo quella prima uscita, e fu completata, per la sola produzione tragica, dall’editore Francesco Pezzana tra il 1774 e il 1776).
Il ritorno del M. alle scene avvenne nel carnevale 1774, con il dramma giocoso Il tutore ingannato (teatro di S. Samuele, musiche di Luigi Marescalchi), cui seguì un secondo lungo periodo di stasi in cui videro la luce, nel 1776 a Venezia, per la nomina di Federico Maria Giovanelli a patriarca solo un poemetto (La grandezza, in Poesie, pel solenne ingresso…) e un’orazione celebrativa.
L’attività di librettista divenne continuativa per il M. solo dal carnevale 1778, dopo i felici esiti nel teatro di S. Moisè, tempio dell’opera buffa, de Il marito indolente (musiche di Alfonso Santi). Quel successo, che probabilmente procurò al M. il successivo ingaggio, fu infatti strepitosamente riconfermato nello stesso teatro il carnevale 1779 da La scola de’ gelosi: musicata da Antonio Salieri, l’opera sarebbe stata rappresentata in oltre cinquanta riprese, in italiano o in traduzione, in tutta Europa fino al 1798. L’affermazione procurò al M. forse anche la scrittura per l’opera da rappresentare a Padova nel giugno successivo per la fiera di S. Antonio. Per l’occasione il M. riadattò il suo Ruggiero, trasformandolo in Bradamante, per il compositore tedesco Joseph Schuster, dal 1772 maestro di cappella, con Johann Gottlieb Naumann e Franz Seydelmann, dell’elettore di Sassonia Federico Augusto III. Fu probabilmente per i felici esiti dell’opera e i buoni uffici di Schuster, se l’anno successivo il M. fu invitato a recarsi a Dresda (sede di uno dei più attivi teatri d’opera dell’Europa centrale) per affiancare, come poeta di teatro alle dipendenze dell’impresario Antonio Bertoldi, il poeta di corte Giovanni Ambrogio Migliavacca, in parte assorbito da altri incarichi.
Prima di lasciare Venezia il M. mandò ancora in scena al S. Samuele, per il carnevale 1780, L’isola capricciosa (prevista in origine per Salieri, a replicare il successo del 1779, l’opera fu – per il ritiro di quest’ultimo, in seguito all’improvvisa morte dell’impresario – messa in musica con esiti mediocri da Giacomo Rust); compose quindi Il patriotismo, poemetto celebrativo per l’elezione a procuratore di S. Marco di Giorgio Pisani (Venezia 1780). Il 10 giugno di quell’anno, nella chiesa veneziana dei Ss. Apostoli, il M. sposò la romana Teresa Tomasini, vedova e madre di una figlia di nome Apollonia.
Pubblicato anonimo, come tutti gli altri drammi da lui dati a Venezia fino al 1780, Il tutore ingannato, pur essendo il primo dramma giocoso del M., presenta già molte caratteristiche del suo stile comico, fondato più sulla sensatezza dell’azione e sulla qualità linguistica dei dialoghi, che sulla complicazione della trama e sui lazzi scenici e verbali tipici di quel genere teatrale (nel Marito indolente, per esempio, il M. si sottrae alla schiavitù del topos «obbligato» delle nozze finali a coronamento del lieto fine). Nel Tutore ingannato, a fianco dei più consueti espedienti comici, come l’introduzione di personaggi stranieri (un finto pittore inglese e un monsieur «Passe Caille», finto maestro di danza: I, 15 e 18), occasione tipica per giocare con le bizzarrie comportamentali e i fraintendimenti linguistici, o una fragorosa aria-catalogo in cui a uno a uno sono enumerati gli strumenti in orchestra (II, 9), il M. introduce anche puntuali strizzate d’occhio allo spettatore colto, giocate sulla parodia e sulla forsennata incongruità delle situazioni: è il caso dell’estesa citazione dell’air (dal Castor et Pollux di J.-P. Rameau), Tristes apprêts, pâles flambeaux, completamente hors de place e rivolta a quanti in sala, francesi, cosmopoliti o semplicemente persone coltivate, potevano aver conoscenza, come il M., di quel repertorio lirico, magari per averla acquisita nei teatri di Parigi.
Sullo stesso registro sono da considerarsi anche gli ammiccamenti alla tradizione teatrale che si manifestano nell’imprestito tematico o nella citazione parodistica. Nell’Isola capricciosa il «capriccio» risiede (come il «rovesciamento» nel Mondo alla rovescia di C. Goldoni) nell’inversione dei rapporti di sottomissione tra i sessi vigenti tra gli abitanti dell’isola, e alcuni esiti ne sono parodicamente enunciati nell’aria della Generala Del destin non vi lagnate (I, 16), citazione perfetta per i primi cinque versi della prima aria di Clistene nell’Olimpiade metastasiana (I, 5).
Lasciata Venezia alla fine dell’estate del 1780, il M. rivide a Gorizia Da Ponte, lì riparato per noie con la giustizia veneziana, e giunse a Dresda con ogni probabilità entro il 1° ottobre, data d’inizio della stagione operistica del Kleines Kurfürstliches Theater e di decorrenza del suo ingaggio da 740 talleri annui con Bertoldi.
Da Ponte, che raggiuntolo prima della fine dell’anno sarebbe rimasto a Dresda fino all’autunno 1781, descrive in questi termini l’attività lì svolta dal M.: «era egli molto occupato a comporre, a tradurre o ad accomodare de’ drammi ad uso di quel teatro, che era allora fornito d’una delle migliori compagnie drammatiche dell’Europa». La mole di lavoro sarebbe stata tale che anch’egli, su richiesta dello stesso M., avrebbe composto durante il suo soggiorno «ne’ suoi drammi or un’aria or un duetto ed or una scena intiera, ch’ei prima mi disegnava» (1918, p. 78).
Se la testimonianza fosse attendibile, potrebbero ascriversi a una collaborazione tra i due anche le primissime produzioni del M. per Dresda, Elisa (nel cui libretto il M. appare per la prima volta nel nuovo status professionale di «poeta dell’Elettore di Sassonia») e Osiride, andate in scena con musiche di Naumann rispettivamente il 21 aprile e il 27 ott. 1781.
Nonostante non ne metta in dubbio la sincerità dell’amicizia, Da Ponte lascia intendere come il M. nutrisse una certa qual gelosia per le sue doti poetiche e diffidenza per le sue intenzioni, quest’ultima alimentata da una lettera, giunta al M. da Venezia, in cui si insinuava «che il Da Ponte sia venuto a Dresda per carpirvi il posto di poeta a codesta corte» (ibid.). Per smentire l’accusa, Da Ponte avrebbe allora abbandonato la città alla volta di Vienna con una lettera di presentazione in cui lo stesso M. lo avrebbe raccomandato all’amico Salieri definendolo «pars animae dimidiumque meae» (ibid.).
Nel periodo 1781-94 il M. produsse per il Kleines Kurfürstliches Theater quattordici nuovi drammi, tra semiseri e giocosi, per i tre maestri di cappella dell’elettore e rimise mano, talora in modo consistente, ad alcune delle sue pièces veneziane, sia per nuove intonazioni da parte degli stessi tre compositori sia per le più semplici riprese delle partiture originali.
Come altre pièces composte dal M. per Dresda, Elisa e Osiride (benché presentate con l’austera etichetta del dramma per musica) sono di fatto drammi giocosi caratterizzati, secondo una tendenza comune anche sulle scene italiane, dalla presenza di situazioni semiserie e larmoyantes, a scapito di quelle più tradizionalmente buffonesche. Osiride, per esempio, che trae il suo soggetto dalla fiaba Lulu oder die Zauberflöte di A.J. Liebeskind (la stessa di cui E. Schikaneder si sarebbe valso dieci anni più tardi per W.A. Mozart), tratta un tema esoterico di ambientazione egizia e mette in scena un’opposizione tra Bene e Male, in un contesto simbolico-iniziatico massonicamente connotato, affatto inusuale per un’opera buffa.
Nei drammi giocosi più tradizionali l’effetto comico è ottenuto nei modi più svariati: ora giocando con la versificazione, come ne Il pazzo per forza (musica di J. Schuster; Dresda, 24 genn. 1784), dove Don Onofrio, vecchio tutore innamorato della sua pupilla, mostra la sua bizzarria caratteriale già con l’esprimersi in versi sdruccioli e tronchi; ora prendendo in giro la stessa condizione del librettista, come ne Il turco in Italia (musica di F. Seydelmann; ibid. 1788), da cui un trentennio più tardi F. Romani avrebbe cavato il suo fortunatissimo adattamento per G. Rossini e che si apre con un Poeta in ambasce per non saper che scrivere e che nel corso dell’azione (in un continuo dentro e fuori dalla finzione teatrale) contrappunta ogni dialogo dei personaggi commentando «tra sé» quanto questo o quell’elemento potrà essergli utile per la composizione del proprio dramma.
Tali strategie comiche del M. dovettero incontrare il consenso dei pubblici più diversi, a giudicare dalla lunghissima vita sulle scene di alcuni suoi drammi giocosi. La dama soldato (diffuso anche come La donna soldato: musica di Naumann; Dresda, stagione 1789-90;) e Il servo padrone ossia L’amor perfetto (musica di Schuster; ibid., 5 genn. 1793), per esempio, furono rappresentati, con nuove intonazioni, fino alla fine degli anni Trenta dell’Ottocento.
A partire dal 1783 il M. rincontrò in più occasioni Casanova a Dresda, città ch’era stata per quasi quarant’anni dimora della madre e dove ancora risiedevano alcuni suoi fratelli. Negli ultimi tredici anni di vita trascorsi da Casanova nella non lontana Dux (Duchcov), in Boemia, i rapporti tra i due si intensificarono dando origine a un carteggio ricco di riflessioni di interesse letterario, come ben attesta una lettera del 28 maggio 1792, in cui il M. sottopose all’amico la sua Cantata composta per le nozze del principe Massimiliano di Sassonia con Carolina di Parma.
Alla fine del 1790, licenziato Da Ponte dall’incarico di poeta dei teatri imperiali, da Vienna giunse a Federico Augusto la richiesta che il M. potesse sostituirlo, ma l’elettore non lo concesse che per i pochi mesi necessari alla nomina di un nuovo titolare. Il M. arrivò a Vienna il 13 maggio 1791 e mantenne l’incarico fino alla fine di luglio, quando Giovanni Bertati giunse da Venezia. Durante quel temporaneo servizio per l’imperatore il M. mise mano al dramma (da rappresentarsi a Praga il 6 sett. 1791 in occasione dell’incoronazione dell’imperatore Leopoldo a re di Boemia) che legò il suo al nome di Mozart: la riduzione «a vera opera», come scrive il compositore nel suo Verzeichnis, de La clemenza di Tito, ossia la sua drastica trasformazione da tre a due atti (volta alla concentrazione dell’azione, secondo una pratica assai comune a fine secolo per conservare sulle scene gli ormai invecchiati drammi di Metastasio) e la sostituzione di molte arie dell’impianto originale, con arie e assiemi nuovi di zecca.
Rientrato a Dresda, a compensazione forse del prestigioso incarico che gli era stato precluso, il M. sarebbe stato nominato dall’elettore consigliere di corte. Data al settembre 1792 l’ultimo incontro con Da Ponte (proveniente con la moglie Nancy da Dux, ove aveva visitato Casanova), dal quale si apprende come all’epoca il M., che li aveva ricevuti «molto cortesemente e con molte carezze», fosse di salute malferma, anche se «non è in tanto cattivo stato di salute come qualcheduno mi fece credere» (1995, pp. 138, 143).
Da Ponte (in genere poco generoso con i colleghi librettisti) diceva del M. che era «colto e leggiadro poeta, ed il primo forse che seppe scrivere un dramma buffo» (1918, p. 52). Giannantonio Moschini, che del M. era intimo amico, gli riconosceva non solo le «doti richieste in ogni scrittore poeta, le quali si trovano nel nostro Mazzolà e per natura e per arte a maraviglia unite», ma anche la capacità di tener «dietro allo sviluppo delle passioni, secondo che suole nella natura accadere», cospargendo «i suoi lavori, senza che l’ascoltatore pur si accorga del di lui divisamento, d’ottimi semi di morale, onde successe che vi si trova la utilità mista alla dolcezza» (p. 131).
A conferma dello studio e dell’interesse teorico del M. per il teatro, Moschini ne ricorda una Dissertazione sull’arte drammatica, che, elaborata negli anni di Dresda, sarebbe stata pubblicata a sua insaputa, anonima e in traduzione tedesca, in una miscellanea ricordata con il titolo di Musaeum, verosimilmente identificabile nel Musäum für die sächsische Geschichte, Litteratur und Staatskunde (I-III, Leipzig, 1794-96). Secondo E.A. Cicogna, il M. «venne ascritto alle primarie accademie arcadiche» (1853, p. 393); ma non se n’è trovato riscontro.
Nel 1793 dal conte de la Perelada, grande di Spagna coinvolto nell’impresa del teatro veneziano di S. Samuele, giunse al M. l’offerta per la fornitura di un paio di libretti e di tornare a lavorare stabilmente in patria dal 1794; ma nonostante la buona disposizione del poeta, non se ne fece nulla, forse, ancora una volta, per la mancata concessione da parte dell’elettore della necessaria licenza. Questa fu definitivamente accordata al M. (forse anche per le peggiorate condizioni di salute) solo nel 1796 e gli consentiva di rientrare a Venezia conservando il titolo di «poeta di S.A.S.E. di Sassonia» previo l’impegno a inviare a Dresda almeno un nuovo lavoro all’anno. Stabilitosi nella parrocchia di S. Marciliano, nel sestiere di Cannaregio, il M. produsse per il teatro ancora non meno di tre farse per musica, Amor ingegnoso e L’ubbidienza per astuzia (musica di J.S. Mayr; Venezia, teatro S. Benedetto, carnevale 1799) e La prova indiscreta (musica di C. Mellara; Verona, teatro Filarmonico, primavera 1804), oltre a realizzare composizioni poetiche e cantate di circostanza in occasione di eventi sia pubblici sia legati alla vita familiare.
Il M. morì a Venezia il 16 luglio 1806.
Oltre a quelle citate in precedenza, il M. fu autore delle seguenti opere, tutte, ove non diversamente indicato, rappresentate a Dresda nel Kleines Kurfürstliches Theater. Drammi per musica (seri e semiseri): Il capriccio corretto (musica di F. Seydelmann; 1783); La villanella di Misnia (Id.; estate 1784); Il mostro ossia Da gratitudine amore (Id.; 5 marzo 1786); La morte di Semiramide (F.H. Himmel; Napoli, S. Carlo, 12 genn. 1795: di dubbia attribuzione). Drammi giocosi per musica: Tutto per amore (musica di J.G. Naumann; 5 marzo 1785); Lo spirito di contraddizione (musica di J. Schuster; 20 apr. 1785); Gli avari in trappola (Id.; 9 genn. 1787); Ruebenzahl ossia Il vero amore (Id.; 14 febbr. 1789); Gli avventurieri (rifacimento del Re Teodoro in Venezia di G.B. Casti: musica di G. Paisiello; maggio 1791). Intermezzi per musica: Il governatore dell’Isole Canarie (musica di A. Accorimboni; Roma, teatro Valle, carnevale 1785). Feste teatrali: Amore giustificato (musica di Naumann; 12 maggio 1792). Azioni sacre: Davide in Terebinto figura del Salvatore (Id.; cappella elettorale, 19 apr. 1794). Cantate: Adria risorta (musica di M. Mortellari; Venezia, teatro Fenice, 18 febbr. 1806); Il giuramento (Id.; Ibid.: nozze Mazzolà - Cappello, 6 marzo 1806). Altre composizioni poetiche: L’Elba consolata, poemetto (Venezia 1782); La véritable vocation, poemetto (in Poesie scelte per la religiosa professione di Sua Eccellenza Marietta Toderini, Bassano 1796); Il bivio, canzone (nozze Da Lezze - Bonacossi, Venezia 1800); Fileno a Clori, sonetto (nozze Mangilli - Valmarana, 1803).
Sull’adattamento che il M. fece per Mozart della Clemenza di Tito di Metastasio si veda anche la sterminata bibliografia mozartiana, specifica e generale.
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