BELEGNO, Caterino
Nacque a Venezia l'8 apr. 1632, da Paolo di famiglia patrizia e da Elisabetta Malipiero. Educato secondo le rigide tradizioni cittadine, fu avviato alla carriera politica, riserbatagli dalla posizione familiare, percorrendo in essa i gradini normali ed obbligati, da savio agli Ordini, primo passo in pubblico d'ogni giovane patrizio, alla più importante responsabilità di savio di Terraferma, e a quella in seguito di capitano a Vicenza. La ricchezza del patrimonio familiare permise al padre del B., Paolo, di ottenere nel 1649 la carica di procuratore di S. Marco mediante l'esborso di 20.000 ducati. Il prestigio della nuova dignità patema accrebbe l'influenza politica del B., che affinò la sua cultura e forgiò le armi di futuro diplomatico al seguito di alcuni ambasciatori della Serenissima in diversi paesi europei.
Nel 1651 si accompagnò all'inviato veneto a Vienna, Girolamo Giustinian, rimanendovi per un anno intero; iniziò nello stesso tempo a stendere regolari diari di questi suoi viaggi e spostamenti, com'era del resto uso dei giovani patrizi, abituati in tal modo a preparare l'occhio e la penna per le future relazioni delle loro ambascerie. Da Vienna, dove mise insieme un po, , frettolosamente un breve Viaggio fatto dall'Ecc.mo S. Ambasciator Giustinian ligato veneto alla Maestà Cesarea (datato 9 ag. 1651 e rimasto inedito), si recò a Parigi nel maggio 1652, e fissò in forma già più matura le impressioni del Viaggio fatto da me Cattarin Bellegno nel passare da Vienna a Parigi. Si uni nella capitale francese all'ambasciatore veneto Michele Morosini, e con lui si recò sino a Lubecca nel settembre dello stesso anno, assistendolo in un difficile incarico diplomatico; da Lubecca ripartirono entrambi nel marzo del 1653, rientrando a Venezia. Anche di questi lunghi mesi impiegati a percorrer l'Europa il B. non aveva mancato di fissare, sia pur brevemente, il suo ricordo scritto.
Sin da queste prime pagine di viaggio, rimaste pressoché sconosciute agli studiosi, emergeva nel B., accanto ad un desiderio d'affmare tecnicamente le sue qualità di osservatore e di descrittore - che gli veniva da una tradizione genuina di abilità e di acutezza diplomatica qual'era quella veneta - una sorta di diverso e più generale interesse, un senso meno rigidamente professionale e più umanamente e culturalmente aperto alle cose viste, ai nuovi ambienti e ai nuovi incontri; stranamente povere sono infatti le sue note giovanili, di riferimenti politici o d'indiscrezioni diplomatiche, ed egli stesso efficacemente si ritraeva in questi anni, tra il 1651 e il 1653, viaggiatore in Europa "ad ogieto d'accompagnare alla mia curiosità una Viva cognitione de costumi et paesi diversi" (Viaggio... da Vienna a Parigi, f. 1). Le sue pagine di viaggio, tuttavia, se brillano talvolta per l'efficacia delle osservazioni, non hanno doti letterarie; ciò che in lui era rimasto dell'abitudine del diplomatico si converte in un'inclinazione tutta personale a coglier d'ogni fatto e d'ogni cosa l'aspetto saliente, ma la scrittura rimane povera e secca, lo stile affatto strumentale.
Il B. veniva eletto l'8 maggio 16641 dopo altri incarichi politici ricoperti a Venezia, ambasciatore ordinario della Repubblica al duca di Savoia. Partito ai primi d'ottobre, faceva il suo ingresso ufficiale il 6 dicembre a Torino. Durante la sua missione diplomatica non vi furono avvenimenti di particolare importanza; il B. ebbe solo il non difficile compito di presenziare al matrimonio del duca con Giovanna di Nemours e alle cerimorue per la nascita del principe, il futuro Vittorio Amedeo II, facendo atto di presenza a nome della Serenissima in quelle fastose ricorrenze. Alla fine dell'incarico il duca gli regalò, in segno di stima, una collana col suo ritratto in oro, che il Senato veneto gli concesse di conservare. La monotonia del soggiorno non impedì al B. di inviare al doge, il 20 ott. 1666, una eccellente relazione generale sullo Stato sabaudo.
Dopo una rapida descrizione storica e geografica dei paese, del quale magnificava il passato e paventava invece le difficoltà del tempo presente, in cui "ha convenuto cedere alla fatalità de' tempi, e soffrir il calvinismo nelle proprie viscere", acutamente rivolge uno sguardo alle più recenti vicende militari e politiche della casa sabauda, e non manca argutamente di ringraziare il cielo, dimostrat osi "parzialissimo" nel salvare lo Stato da "tanti malori". La descrizione si fa più ampia e precisa quando il B. passa in rassegna le città, le piazzeforti, ed esamina gli ordinamenti politici e amministrativi, le risorse economiche e le possibilità militari. Di notevole interesse i suoi profili degli uomini più influenti e potenti del ducato, che culininano in un efficace ritratto del trentenne Carlo Emanuele II, "principe vivacissiino, di buon talento, professore nell'arte di fingere, e di prima impressione, affabile nel resto con ognuno, nelle fatiche indefesso, sprezzatore dei pericoli, e per il suo oroscopo un poco inclinato alla severità"; nella sua politica sottolineava un solo pericoloso errore, quello di volersi eguagliare agli altri maggiori monarchi europei, esponendosi in tal modo incautamente, a detta dell'ambasciatore veneto, all'influenza sempre opprimente della vicina Francia. Limpida e chiara, la relazione svolge appieno quel senso della realtà, quella curiosità attenta ed arguta, che già abbiamo potuto indicare come le doti più atratteristiche delle sue pagine di viaggio.
Lo aveva raggiunto a Torino, senza permettergli così neppure una breve sosta in patria, lanomina ad ambasciatore a Madrid, avvenuta il 17 maggio 1666. Uscito dalle terre piemontesi, il B. giunse in Spagna nel marzo dell'anno seguente, e vi restò sino al maggio del 1670: coprì con la sua ambasciata in tal modo il periodo della minorità di Carlo II e della reggenza di Anna d'Austria. In Spagna il B. trovò il terreno più favorevole alle sue doti di osservatore attento e di efficace descrittore di ambienti, situazioni e personaggi. Scrisse così, nel 1670, le pagine più spigliate ed acute della sua carriera diplomatica, dove non solo la sopraggiunta maturità gli, permise giudizi incisivi e taglienti sulla realtà spagnola, ma anche lo stile più franco e sicuro aderì armonicamente alla chiarezza delle osservazioni.
Nella relazione finale da Madrid il quadro dato dal B. della decadenza spagnola si svolge con estrema evidenza, così come tutta "la sovversione delle cose di Spagna", "sotto la reggenza d'una principessa tutta nuova al comando, sottomessa ai consigli dell'Inquisitore gesuita", in un ambiente dominato da velenose. passioni di parte e da irrefrenabili ambizioni personali: "Sopra questi vacillanti sostegni tiene oggi i suoi fondamenti l'austriaca monarchia di Spagna", scriveva il B., e osservava con meraviglia l'improntitudine delle forze politiche del paese: "la parola economia è un linguaggio ignoto a, Spagnoli; passa il disordine a punto di grandezza e di onore".
Con questa incisiva diagnosi della decadenza spagnola si chiude per noi l'attività diplomatica del B.: di lui non abbiamo più notizie dopo il 1671.
Opere. I due Viaggi manoscritti che abbiamo nominato si trovano a Venezia, Museo Civico Correr, nei mss. Donà delle Rose, rispettivamente busta 394/1 e busta 394/2; il secondo è stato pubblicato, col titolo di Viaggio da Vienna a Parigi fatto. nel 1652 da Catterino Bellegno in un raro opuscolo per nozze, Venezia 1865.La relazione del viaggio fatto a Lubecca con Michele Morosini, priva di titoli e datata 22 sett. 1652, è nello stesso fondo, busta 394/3, dove si trova pure, subito dopo, anch'essa senza titolo, la relazione datata 18 marzo 1653 del viaggio di ritorno da Lubecca a Venezia.
I dispacci spediti dalla Savoia (1664-1666)sono conservati nell'Archivio di Stato di Venezia, Dispacci Amb. al Senato, Savoia, filze 73-75 (vanno dal 28 sett. 1644 al 20 ott. 1666); estratti dei medesimi, tra quelli inviati in occasione delle fauste cerimonie cui s'è accennato, sono stati riprodotti in F. Mutinelli, Storia arcana ed aneddotica d'Italia raccontata dai veneti ambasciatori, III, Venezia 1858, pp. 312-27; la relazione finale era stata pubblicata sin dal 1830 a Torino da L. Cibrario tra le Relazioni dello Stato di Savoia, pp. 51-87, ed è ora più comunemente reperibile tra le Relazioni degli Stati europei lette al Senato dagli ambasciatori veneziani nel sec.XVII, a cura di N. Barozzi e G. Berchet, s. 3, I, Venezia 1862, pp. 349-76.
I dispacci inviati dalla corte di Madrid sono nello stesso fondò dell'Archivio veneziano, Spagna, filze 107-110(il primo da Avignone del 3 nov. 1666, con l'ambasciatore ancora in viaggio; l'ultimo da Lione, sulla via dei ritorno in patria, dei 10 giugno 1670); la relazione finale si legge stampata nelle citate Relazioni di Barozzi e Berchet, s. 1, II, Venezia 1860, pp. 355-79.
Fonti e Bibl.: Venezia, Bibl. Marciana, M. Barbaro, Geneal. delle famiglie patrizie venete, f. 105v; Ibid., A. Capellari, Il Campidoglio veneto, ff. 134v-135r; E. A. Cicogna, Delle Inscriz. Veneziane, V, Venezia 1842, p. 171; Id., Saggio di bibliogr. veneziana, Venezia 1847, p. 167; P. Donazzolo, I viaggiatori veneti minori, Roma 1927, pp. 230 s., 242.