GALERATI (Gallerati), Caterina
Nata a Venezia in data ignota, mancano notizie riguardanti la sua infanzia e la sua famiglia, della quale si sa solo che era poverissima. Ancora adolescente iniziò la carriera di cantante nella città natale verso il 1700 e già nel 1701 venne chiamata a Firenze come cantante di corte al servizio dell'arciduca Ferdinando de' Medici. Secondo quanto riportato da R. Lanar Weaver, la G. lasciò la corte quasi subito dopo il suo arrivo, recandosi a Roma per cantare in Adrasto di P.P. Bencini, ma vi fece ritorno nell'autunno 1702 per prendere parte all'allestimento dell'opera Ariovisto di F. Mancini, in cui cantò "en travesti" la parte di Olrico. È questa la prima comparsa in pubblico di cui si abbia notizia, contrariamente a quanto riportato da W. Weaver nel New Grove Dictionary, che fissa il suo debutto all'anno successivo, sulle scene del teatro S. Angelo di Venezia, nei panni di Tomiri in Farnace di A. Caldara: nel libretto dell'opera stampato per l'occasione, la cantante vi figura infatti come "virtuosa del principe di Toscana". Nella stagione di carnevale 1705-06 debuttò a Napoli sulle scene del teatro S. Bartolomeo ne Il più fedel tra i vassalli, di G. Aldovrandini, cantando nella parte di Arsinoe a fianco del celeberrimo castrato N. Grimaldi e l'anno successivo cantò al teatro di S. Giovanni dei Fiorentini della stessa città in Candaule, re di Lidia di D. Sarro. Dopo una permanenza a Vienna, sulla quale non si hanno altre notizie, tornò nel 1705 a Napoli ove, al teatro S. Bartolomeo, fu Oronte ne L'incoronazione di Dario di G. Aldrovandini, rappresentata in onore del viceré. Poi nel 1710 riapparve nello stesso teatro dove si esibì nel ruolo di Giulia in Mario fuggitivo di F. Mancini; vi cantò inoltre ne La pastorella al soglio di A. Orefice di nuovo "en travesti" (Arideo) insieme con il castrato D. Tempesti con il quale ebbe occasione di lavorare frequentemente e a cui fu legata da profonda amicizia, cosa, questa, del tutto insolita nell'ambiente teatrale dell'epoca, data l'acerba rivalità che spesso si instaurava tra i castrati e le cantanti che dovevano sostenere ruoli maschili. Con il Tempesti la G. cantò anche nel 1712 al teatro S. Agostino di Genova, in Faramondo (Gernando) e in Teuzzone di autori ignoti (Zelinda), accanto al celebre castrato Senesino col quale si ritrovò a Londra poco tempo dopo.
Debuttò nella capitale inglese il 9 genn. 1714 nel "pastiche" Dorinda nel ruolo di Silvio e continuò a cantare esclusivamente parti maschili quali Creso nell'omonimo "pastiche" (27 genn. 1714), la parte del protagonista nell'Arminio di G.F. Händel (4 marzo 1714), Vitige nel "pastiche" Ermelinda (3 apr. 1714), Goffredo nella ripresa del Rinaldo di Händel (stagione 1714-15) e nel "pastiche" Lucio Vero. Nel 1718 ancora con il Tempesti fu al Nuovo Regio Ducal teatro di Milano in Publio Cornelio Scipione (Indibile) di P. Righini e due anni dopo tornò a Londra come membro della Royal Academy of Music, dove riprese a cantare "en travesti" nel Numitore di Porta (Amulio) e nel Radamisto di Händel, in cui interpretò sia la parte di Tigrane (aprile 1721) sia quella di Fraarte nella ripresa di dicembre.
Infine fu Agenore nell'Astarto di G. Bononcini, Mitrane nel "pastiche" Arsace, Lucio Tarquinio e Miceno rispettivamente in Muzio Scevola e in Ciro di A. Ariosti.
Un'analisi condotta sulla base della tessitura della parte di Tigrane nel Radamisto di Händel, rivela che la G. aveva un'estensione vocale dal mi al la, il cui timbro rotondo e di notevole volume risuonava con morbidezza; tali doti naturali, unite alla nobiltà del fraseggio spingevano gli impresari delle compagnie e i compositori stessi a scritturarla per affidarle ruoli maschili dei quali divenne una specialista, come lo fu il mezzosoprano Margherita Durastanti, sua contemporanea e anch'essa attiva a Londra in quegli stessi anni; a differenza di quest'ultima, per la quale i personaggi maschili venivano spesso scritti appositamente, la G. veniva generalmente scritturata in occasione di riprese di opere che avevano avuto particolare successo per interpretare personaggi originariamente concepiti per castrati, le cui caratteristiche vocali e interpretative presentavano aspetti più lirici che eroici. Ciò costituisce un ulteriore indizio sia sulla prassi esecutiva sia sui criteri di allestimento dell'epoca poiché testimonia il fatto che, in mancanza di castrati per le parti maschili, si ricorreva a soprani o mezzosoprani particolarmente dotati e non, come si è sempre creduto, a falsettisti o a controtenori, poiché la voce femminile era comunque quella che si avvicinava di più a quella del castrato seppure dotata di minor volume.
In ogni caso la G. era dotata di un volume di voce tale da non sfigurare in allestimenti che richiedevano l'impiego anche di due castrati in una stessa opera.
Ignoti sono il luogo e la data della sua morte.
Fonti e Bibl.: La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatori, III, Bologna 1882, pp. 11, 15, 35; R. Lanar Weaver - N. Wright, A chronology of music in the Florentine theater from 1590 to 1750, Detroit 1978, pp. 67 ss., 193; La raccolta Rolandi di libretti d'opera, Roma 1986, I, p. 272, IV, p. 482; P. Highfill - A. Burnin - E. Langhans, A biographical dictionary of actors, actresess, musicians, dancers, managers and other stage personnel in London from 1660 to 1800, V, London 1978, pp. 434 ss.; New Grove Dict. of music and musicians, VII, p. 96.