DE JULIANIS, Caterina
Nacque a Napoli intorno al 1670. Plasticatrice di figure in cera policroma, con occhi di cristallo, e pittrice, la sua formazione artistica le derivava dalla tradizione dei modellatori in cera napoletani operanti nella prima metà del sec. XVII.
Il biografo De Dominici (1743) scrive che "la parte più rara, per la quale viene ella lodata dal Solimena, è quella di modellare divinamente alcuni Bambini di cera di tanta bellissima idea di sembiante e perfezione di parti, ch'è impossibile il superarli" (p. 621), che la nobiltà e la ricca borghesia custodivano in bacheche nelle stanze da letto per le preghiere quotidiane.
La più antica data, finora reperita, è il 1695, apposta su un altorilievo, firmato, raffigurante La Vergine col Bambino, esposto nel 1877 alla Esposizione nazionale delle belle arti (coll. Russo; cfr. Catalogo..., p. 196). Nella medesima mostra erano esposti con attribuzione alla D. La Vergine della zingarella, dal Correggio, Lo sposalizio di s. Caterina e S. Agata nelle prigioni (ibid., pp. 193 s.; coll. Chiaromonte) ed un altro Sposalizio di s. Caterina (coll. Castelpetroso): opere oggi non più reperibili.
Nel 1703 firmò e datò scene illustranti Episodi della vita di s. Francesco Saverio (già Napoli, coll. priv.) di cui sono state recuperate l'Apparizione della Vergine (Napoli, coll. priv.) e La morte del Santo (Napoli, coll. M. Piccoli-Catello; ill. in Valeriani, 1984), costituite da figure interamente modellate, ambientate in un paesaggio con elementi naturalistici in cera e seta, e disposte in una bacheca (cm 33 x 44 x 15) chiusa da una cornice di ebano. All'inizio del secolo queste scene presentano già elementi settecenteschi che dimostrano le anticipazioni rococò dell'ambiente napoletano.
Al genere delle composizioni di piccole figure in bacheche è da collegare anche un S. Girolamo nel deserto (ora a Cambridge, Mass., Fogg Art Museum; Valeriani, 1984, p. 304).
A questo periodo appartengono il Compianto sul Cristo, l'Adorazione dei magi e l'Adorazione dei pastori, della chiesa dell'Immacolata a Catanzaro (Pyke, 1973).
Per le strette analogie plastiche è possibile attribuire alla D. anche i quattro bassorilievi raffiguranti S. Margherita, S. Rosa, S. Barbara e S. Caterina (Napoli, Museo di S. Martino), erroneamente catalogati come opere realizzate in un periodo precedente all'attività della D. (Picone, 1964).
Nel 1708 eseguì un busto di S. Gennaro, firmato e datato (Filangieri, 1888), già a Napoli, Museo civico G. Filangieri, distrutto durante l'ultima guerra.
Prima del 1724, anno in cui F. Oliva scrisse la melocommedia Lo Sagliammanco falluto, messa in scena per contestare la passione per la necrofilia, si era molto diffusa a Napoli la moda di collezionare stampe, dipinti e gruppi in cera policroma che raffiguravano cimiteri, cadaveri putrescenti, o cripte con resti umani sparsi sul pavimento. In questo periodo la D. dovette realizzare i Cimiteri "rappresentanti cadaveri, ed ossa spolpate, de' quali si vide uno nella sagrestia di S. Severo de' PP. Predicatori, nel quale ha rappresentato sì viva l'immagine di que' cadaveri che marciscono, di quei di già scarniti, e de' cranij spolpati, de' quali ve n'è uno meraviglioso situato più innanzi, che certamente il mirare questo cimitero desta orrore, e spavento ne' riguardanti" (De Dominici, 1743, p. 621).
Il gruppo fu visto anche da G. A. Galante nel 1872 (p. 246), ma nell'ultima guerra la chiesa subì gravi danni ed esso non è più reperibile. R. Berliner (1926, p. 86) lo identifica con un gruppo da lui visto nei depositi del Museo del Bargello a Firenze. Ultimamente (Fittipaldi, 1980, p. 88) si è creduto di riconoscerlo in un gruppo intitolato Il Tempo e la Morte, acquistato nel 1966 dal Victoria and Albert Museum.
Per la chiesa di S. Severo (De Dominici, 1743) la D. aveva anche realizzato "una Madonna intiera [a tutto tondo] col suo Bambino in braccio, in atto assai grazioso, e divoto, e altra mezza figura di Madonna similmente col Bambino in braccio in atto di dormire, ch'è bellissimo, figurato in più tenera età dall'anzi detto. Una mezza figura di un Ecce Homo ottimamente disegnato, e col volto veramente di Salvatore tutto gentile, ed espressivo nella sua passione. Una figura di S. Rosa di Lima col Bambino Giesù che avendo colto un giglio sul giardino, ove son figurati, lo presenta a lei. Il compagno di questo bel modelletto è un S. Domenico, che disputando con gli eretici a causa della nostra S. Fede, buttato il suo libro nel fuoco, vien dalla fiamma medesima alzato illeso verso il Cielo". Tutte queste opere sono andate distrutte durante l'ultima guerra.
Un'altra opera attribuibile alla D., del genere "orrido", è un mezzo busto di donna in cera raffigurante Gli effetti della sifilide (Napoli, Confraternita di S. Maria Succurre Miseris), così descritta da S. Di Giacomo (1946): "una orribile faccia contratta nelle smorfie della sofferenza, una bocca spalancata come in un urlo, un cranio giallastro sul quale la finzione dell'artefice aveva radunato ciocche di spioventi capelli neri" (ill. in La civiltà del Seicento a Napoli [catal.], II, Napoli 1984, p. 453; scheda, pp. 453 s., di A. Gonzáles-Palacios, che ritiene l'opera estranea ai modi della De Julianis).
Nel 1725 la D. firmò e datò un piccolo altorilievo raffigurante L'estasi di s. Francesco Saverio (già Napoli, coll. Campobasso; inedito), e nel 1728 una Pietà (coll.priv.) in una bacheca di legno laccato a finto ebano (Fittipaldi, 1980, p. 88).
Nel 1733 firmò e datò un'Adorazione dei pastori (Monaco, Bayerisches Nationalmuseum; Berliner, 1926, tav. XIV, p. 4) con figure totalmente modellate in cera, disposte in una fitta vegetazione di edere e licheni, che a modo di cornice racchiude la scena, dove, in primo piano, quasi confusa nella fitta vegetazione, si nota la Sacra Famiglia, in una grotta, che riceve l'omaggio dei pastori, sullo sfondo di un paesaggio collinoso lontanante popolato da casupole rese con un lievissimo e raffinato passaggio di piani.
Una maggiore resa naturalistica dei dettagli indurrebbe a datare a qualche anno prima una Natività (già Napoli, coll. Di Donato; Borrelli, 1970, p. 59) composta da diciotto figure a manichino con vestiti di stoffa, con teste ed estremità di cera, con i puttini e gli angeli interamente modellati, inserite in una scenografia quasi fiabesca composta da sugheri intagliati, ricoperti da elementi naturalistici in seta e cera.
Secondo il De Dominici (1743) la D. fu famosa "anche appresso de' forestieri per i suoi bellissimi, e naturalissimi fiori fatti di seta, e che hanno gli odori secondo la specie loro". Il 27 luglio 1735 la D. ricevette 40 ducati "per prezzo di tanti fiori di seta dalla medesima consegnati per servizio del R. Portolano di questa città" (Arch. stor. d. Banco di Napoli).
Sono inoltre assegnabili alla D. una serie di figure a mezzo busto, a grandezza umana, con occhi di cristallo ed abiti in stoffa raffiguranti un'Addolorata (giàNapoli, chiesa di S. Rosa dell'arte della lana; Chiarini, 1856-60), un'Addolorata (Napoli, chiesa di S. Nicola alla Carità; Borrelli, 1970, p. 201), un'Addolorata (Napoli, chiesa di S. Pietro Martire; ibid.), un Ecce Homo (Napoli, chiesa dei Girolamini: Galante, 1872, p. 190), un Ss. Salvatore (già Napoli, chiesa di S. Maria della Candelora; Chiarini, 1856-60).
Un esempio di questa tipologia, raffigurante un'Addolorata, èpresente in una raccolta privata, a Napoli.
La tradizione, inoltre, assegna alla D. anche una serie di cestini in vimini con frutta ed ortaggi, in cera, per i gruppi presepiali.
Il De Dominici (1743) attesta anche l'attività di pittrice della D. scrivendo che "in casa dei Signori Valletta vedesi... alcune dipinture di paesi con figurine ... ; laonde per tanti rari pregi vien ella molto stimata da ogni ceto di persone". Sulla base di quest'indicazione, ed attraverso il rapporto stilistico con i paesaggi dipinti sui fondali delle scene sopra descritte, è stato possibile attribuire alla D. un raffinato quadro con La collina di Posillipo vista dal mare (Napoli, coll. Pucci; Borrelli, 1970, p. 201).
Il De Dominici (1743) termina la biografia della D. scrivendo che, "a cagione d'una continua indisposizione causatali... dal peso degli anni", non era più in grado di lavorare.
Fonti e Bibl.: Napoli, Arch. stor. del Banco di Napoli, Banco dei Poveri, Giornale copiapolizze, m. 1181; B. De Dominici, Vite de' pittori, scultori ed architetti napoletani, III, Napoli 1743, pp. 621 s.; G. Sigismondo, Descriz. d. città di Napoli, II, Napoli 1788, p. 106; G. B. Chiarini, in C. Celano, Notizia del bello dell'antico e del curioso della città di Napoli [1692] ... [1856-60], Napoli 1970, ad Ind.; G. A. Galante, Napoli sacra, Napoli 1872, pp. 190, 246; Catal. d. Espos. naz. d. belle arti. Napoli 1877, pp. 193 s., 196; G. Filangieri, Catal. d. Museo civ. G. Filangieri, Napoli 1888, p. 369; B. Berliner, Denkmaler der Krippenkunst, Augsburg 1926, tav. XIV, pp. 4, 86; S. Di Giacomo, Opere, a cura di F. Flora-M. Vinciguerra, II, Milano 1946, p. 776; R. Berliner, Die Weihnachtskrippe, München 1955, pp. 90, 97, 117; Dai depositi del Museo di S. Martino (catal.), a cura di M. Picone, Napoli 1964, p. 70; G. Borrelli, Il presepe napoletano, Roma 1970, pp. 13, 59, 62, 65, 116, 200 ss.; E. J. Pyke, A Biographicaldictionary of wax modellers, Oxford 1973, ill. 149; T. Fittipaldi, La scultura napol. d. '700, Napoli 1980, pp. 88 s.; R. Valeriani, in Civiltà del Seicento a Napoli (catal.), II, Napoli 1984, pp. 304, 453; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IX, p. 305 (s. v. Julianis, Caterina de).