Catechesi e catechismo nell'Italia unita
Nel quadro dell’azione pastorale che la Chiesa cattolica rilancia vigorosamente con la Restaurazione, assume un rilievo significativo il catechismo inteso all’epoca, sia come il corpus dottrinale della fede da trasmettere ai fedeli, sia l’incontro a ciò predisposto, sia il libretto contenente le verità da comunicare2. Per tutto il resto dell’Ottocento, poi, il catechismo accompagna in termini significativi, sotto il profilo quantitativo ma anche qualitativo, l’attività pastorale ecclesiastica nelle sue diverse accentuazioni.
Nei primi decenni del secolo XIX, insieme alla predicazione ordinaria e a quella speciale delle missioni popolari, il catechismo è considerato strumento essenziale non solo per il ripristino dell’ordine religioso-morale ma anche di quello civile, travolti entrambi dagli sconvolgimenti rivoluzionari e napoleonici, al fine di ricostituire quella societas christiana che, realizzatasi in termini ideali in epoca medievale, era venuta dissolvendosi a causa dell’empia ribellione luterana, origine di tutti i mali dell’evo moderno e contemporaneo3.
Successivamente, anche quando il pensiero più marcatamente reazionario si stempera, il catechismo mantiene una funzione pienamente riconosciuta, perché contribuisce alla lotta della Chiesa verso il mondo nato tra Sette e Ottocento arrecando un suo apporto peculiare: assumendo un’intonazione razionale, logica e apologetica, illumina le menti dei fedeli circa la natura perversa di una ‘rivoluzione’4 che continua ad agire anche dopo il 1815, attraverso mille canali (filosofie immanentistiche, liberalismo, positivismo, socialismo, partiti radicali, massoneria, ‘sette’ e altri), per la rovina religiosa, morale e civile dei singoli e delle società.
L’azione catechistica ottiene inoltre un’attenzione particolare dagli operatori pastorali anche perché è indirizzata prevalentemente alle classi giovanili; ed è su di esse che la Chiesa conta maggiormente per un futuro migliore sotto il profilo religioso e civile.
Facendo ancora riferimento all’Ottocento, da ultimo, non si può dimenticare che è la stessa diffusione del catechismo ad attirare il costante interesse dell’autorità religiosa: si tratta di una pratica diffusa capillarmente e perciò seguita, controllata e animata dalla gerarchia con occhio particolarmente vigile, per garantire un annuncio integro e ortodosso del messaggio cristiano-cattolico.
In seguito, pur con ragioni variate, importanza e diffusione del catechismo permangono immutate. Tra i secoli XIX e XX nasce anche in Italia un movimento che progressivamente condurrà a un effettivo rinnovamento della pratica catechistica che troverà la sua espressione più matura nel postconcilio. E anche oggi, agli inizi di un nuovo secolo, nel panorama della prassi pastorale messa in atto dalla Chiesa cattolica italiana, il catechismo rinnovato conserva una sua visibilità tutta particolare, anche perché nuovamente oggetto di un improcrastinabile ripensamento.
L’interesse storiografico della materia è dunque evidente. Le pagine che seguono riprendono allora le affermazioni di indole generale fin qui espresse, articolandole doverosamente, per quanto possibile, in un discorso più preciso sotto il profilo storico. Un’ultima premessa è necessaria: l’analisi riguarderà quasi esclusivamente il ‘catechismo’ – così come lo si è qualificato fin dall’inizio – indirizzato ai minori. Verrà tralasciata, perciò, la pur ampia dimensione catechistica di diverse altre forme di azione pastorale messe in atto dalla Chiesa cattolica nell’epoca qui presa in considerazione5.
Con ogni probabilità, il termine ‘catechismo’ richiama ancora, in molti adulti di oggi, l’idea di un libretto contenente una dottrina cristiana esposta sotto forma di domande e risposte, da imparare a memoria.
In effetti, per il periodo che si vuole studiare e almeno fino al Vaticano II, il catechismo così inteso è al cuore dell’attività catechistica della Chiesa.
A metà Ottocento esso ha ormai alle spalle oltre tre secoli di storia6, dal momento che, a prescindere da una lunga gestazione7, la sua presenza nel mondo cristiano si afferma nel Cinquecento, a partire dai testi catechistici di Lutero (Deutsch Catechismus ed Enchiridion, 1529), Calvino (Institutio, 1536; Instruction, 1537; Formulaire, 1542), Canisio (Summa 1555, Catechismus minimus, 1556; Parvus catechismus, 1559), Trento (Catechismus ad parochos, 1566) e Bellarmino (Dottrina cristiana breve, 1597; Dichiarazione più copiosa della dottrina cristiana, 1598), per non citare che i ‘classici’8.
Nell’Ottocento i formulari catechistici continuano a essere redatti per la stessa ragione che riscontriamo alla loro origine: la lotta all’ignoranza religiosa dei cristiani: quella ‘prodigiosa’ ignoranza che in età moderna tutti aveva accomunato (cattolici9 e protestanti10, laici e clero), rendendo simile, sotto il profilo religioso, un’Europa sedicente cristiana alle Indie pagane che allora si andavano scoprendo11. Tale motivazione perdura anche quando perde di peso l’altra ragione all’origine dei catechismi, vale a dire la polemica antiprotestante e, rispettivamente, anticattolica12. E mentre sul piano teologico la costatazione dell’ignoranza religiosa contribuisce al dibattito intorno alle verità da sapersi in ordine alla salvezza eterna13, sul piano pastorale spiega appunto la molteplice produzione di sussidi catechistici, ivi compresi quelli ottocenteschi. Per rimediare a tale ignoranza, il catechismo ideale espone unicamente le verità certe della fede cristiana, tralasciando gli argomenti oggetto di discussione teologica14.
L'impostazione teologica: il catechismo come dottrina
Nel secolo XIX la presentazione di queste verità ha ormai assunto una connotazione marcatamente teologica. Il linguaggio è quello ‘tecnico’ e specialistico della teologia e della filosofia, certamente ostico per la quasi totalità dei catechizzandi, tenuto conto del diffuso analfabetismo e della povertà culturale, oltre che materiale, di molti di essi.
Il dato risulta come frutto di un lungo processo storico che ci riconduce, ancora una volta, agli inizi della storia dei catechismi, cioè al Cinquecento. Mentre i primi testi, come i catechismi luterani, sono ancora sostanzialmente dei manuali che insegnano il ben vivere e il ben morire, i successivi, già a partire da quelli di Calvino, assumono un’intonazione maggiormente teologica. Tale connotazione si rende ancor più evidente nei secoli seguenti per il susseguirsi di varie cause, a partire dalle controversie con il mondo protestante, e dai dibattiti dogmatici e morali interni alla stessa teologia cattolica: tutto ciò rifluisce anche nei catechismi, obbligando i loro autori a una sempre maggior concettualizzazione teologica. Si aggiungono in seguito gli influssi dell’Illuminismo15 che inducono i teologi a esprimere un giudizio negativo di fronte ai contenuti favolistici, leggendari o miracolistici presenti in testi pur autorevoli come quelli del Bellarmino16 e, per contro, a redigerne altri più accurati sotto il profilo teologico17. Il fenomeno si accentua nell’Ottocento: nel momento in cui si vede oggetto di molteplici attacchi in nome della razionalità da parte di un mondo considerato ostile, la Chiesa, sul piano teologico pensa di conferire maggior vigore al proprio pensiero tornando, con il neotomismo, al magistero dell’Aquinate (Aeterni Patris di Leone XIII, 1879), mentre sul piano della predicazione attribuisce un rilievo tutto particolare all’apologetica e al «motivo della razionalità, dell’integrità e della sistematicità [...] sia come confronto con la cultura contemporanea, sia come esigenza interna alla fede stessa, garanzia di ortodossia e di precisione dottrinale, reazione al relativismo dello storicismo»18. In un tale contesto, l’attività catechistica deve «assicurare una esposizione chiara e una conoscenza profonda delle verità della fede»19, confermandole il più possibile anche con argomenti di ragione: «Teologia e filosofia stanno perciò a servizio della catechesi. Il sistema teologico assicura la formazione della mente, il linguaggio tecnico invece la precisione dottrinale»20.
Alla luce di questi dati si comprende facilmente come Guy Bedouelle abbia potuto parlare di progressiva «deriva razionalizzante» dei catechismi di epoca moderna21. Una «deriva» sottolineata anche dalla terminologia: i catechismi – come attestano anche molti titoli di questi libretti – diventano dottrina e, nel parlare comune, il catechizzando va alla dottrina.
Non stupisce quindi che, nel 1862, monsignor Contratto, vescovo di Acqui Terme, nella prefazione al Compendio della dottrina cristiana da lui promulgato, abbia potuto citare una affermazione come questa: «Di tutti i libri il più difficile è un buon Catechismo; questo è un compendio di teologia; l’uomo più dotto maggiormente ne capisce la difficoltà»22. E non meraviglia nemmeno che tre anni dopo, nel 1865, il padre gesuita Giovanni Perrone, esponente della Scuola teologica romana, chiamato a esaminare un catechismo redatto da monsignorGuglielmo Massaja per le popolazioni galla dell’Etiopia con un notevole sforzo di adattamento23, condanni senza appello il tentativo, rifiutando «di considerare teologia quel testo infarcito di barbarismi e quasi affatto privo dei termini tecnici dei manuali teologici»24.
Dal momento che si è parlato di «deriva razionalizzante» e teologizzante dei catechismi, per completezza si può ricordare, almeno per inciso, che essa risulta accompagnata da una analoga «deriva moralizzante, soprattutto a partire dalla metà del XVII secolo»25, nel senso che i testi catechistici danno un crescente spazio ai comandamenti divini e ai precetti della Chiesa, illustrati spesso selettivamente, in funzione dell’ideologia dominante26. Il fenomeno raggiunge un’emblematica espressione nel Catéchisme impérial di Napoleone (1806), con l’abnorme sviluppo dato alla lezione intorno ai doveri verso l’autorità politica27, o nei catechismi per gli schiavi28. Per buona parte dell’Ottocento, poi, l’utilizzazione strumentale del catechismo in ordine al mantenimento dello status quo sociale è anche esplicitamente e ripetutamente teorizzata29.
La schematizzazione della dottrina
Tornando alla formulazione della dottrina in chiave teologica, è da osservare che essa segue sostanzialmente due schematizzazioni fondamentali, anch’esse di lunga data.
Il primo schema, il più antico in quanto già presente nel Cinquecento, ripartisce la materia sulla base delle tre virtù teologali, cui aggiunge un quarto elemento: abbiamo, cioè, il credo cristiano, che illustra la fede; i comandamenti di Dio e i precetti della Chiesa, che dicono come vivere la carità; la preghiera, che spiega la speranza cristiana, in quanto indica al cristiano i beni in cui deve sperare e a chi deve chiederli; infine, i sacramenti.
Talora lo schema è completato da una quinta parte che, in polemica più o meno esplicita con la teologia dei Riformatori, insiste sulle opere buone e meritorie da compiere e sul male da evitare, oppure elenca tematiche che non hanno trovato collocazione adeguata nei punti precedenti e la cui conoscenza è almeno opportuna.
Oltre che nei classici formulari del Cinquecento già citati, ritroviamo la suddetta scansione, in quattro o cinque parti, nei testi a impostazione storico-biblica del Seicento francese, nel formulario diMichele Casati (1765), in quello di Pio X (1905), fino ad arrivare a tanti catechismi ‘ufficiali’ di oggi, ivi compreso il Catechismo della Chiesa Cattolica (1992-1997): testi tutti sui quali si dovrà ritornare, sia pure con diversa attenzione.
La seconda schematizzazione, più tardiva, presenta una scansione ‘tripartita’ della dottrina. In realtà, nelle prime due parti questo schema ricalca il precedente. Ove emerge la differenza è a livello del terzo punto, in quanto nella nuova impostazione ‘sacramenti e preghiera’ sono considerati ‘insieme’ come ‘mezzi per ottenere la grazia’ necessaria al fine di credere e vivere da cristiani.
Anche questo modello compare periodicamente nella storia dei catechismi, dal secolo XVII fino alle soglie del Vaticano II. Regge, per esempio, l’esposizione dei catechismi giansenisti e del testo napoleonico, trovando poi la sua più chiara rigorizzazione teologica proprio a metà Ottocento nella produzione catechistica del neotomista Joseph Deharbe (Katholischer Katechismus, 1847)30. Così ‘rigorizzato’, lo schema godrà dell’autorevole valorizzazione da parte di Pio X, nel suo secondo catechismo (1912).
La marginalità della Bibbia
Se ai fini di questo studio si può prescindere dall’approfondire le discussioni che le due schematizzazioni hanno suscitato in ambito teologico, a proposito della loro dimensione teologica e/o antropologica31, si deve invece annotare che in entrambe, dato il loro carattere prevalentemente teologico, è di fatto assente una presenza esplicita della Bibbia: una mancanza ben evidente anche nei testi dell’Ottocento che qui interessano.
Ancora una volta, si tratta di un dato risultante da un percorso storico di lunga durata, risalente almeno al dispositivo tridentino, la cui notorietà dispensa da ogni esplicitazione32. Basterà accennare alle sue conseguenze in campo catechistico: a differenza di quanto avviene nelle Chiese riformate, in ambito cattolico ci si allontana progressivamente dalla concezione patristica per cui la catechesi – come teorizzava esplicitamenteAgostino – è radicalmente fondata sulla narratio historiae salutis.
Le eccezioni a questa tendenza generalizzata risultano poche: tra Sei e Settecento, gli autori più significativi di una proposta catechistica storico-biblica ci appaiono i francesi Jacques Bénigne Bossuet, Claude Fleury e Fénelon François de Salignac de La Mothe33. Tra i loro testi emerge il Catéchisme historique del Fleury (1683): con oltre 478 edizioni tra secolo XVIII e XIX arriverà a condizionare anche molti formulari teologici che saranno indotti a porre come premessa o, più spesso, come appendice alla loro dottrina, un ‘riassunto’ di Storia sacra o di storia della religione. Tra Sette e Ottocento, poi, si registra un certo uso della Bibbia in chiave prevalentemente etica e civile nell’Illuminismo; successivamente in funzione dell’apologetica e della dogmatica. Anche nel secolo XIX le voci di quanti chiedono una teologia e una pastorale catechistica maggiormente ispirate dal dato biblico continuano a risultare minoritarie. È il caso degli autori riconducibili alla cosiddetta «scuola storica»34: di questi, per la loro notorietà, possiamo qui richiamare Johann Michael Sailer e quelli facenti capo alla Scuola di Tubinga, come Johann Baptist von Hirscher. Ancor più marginale risulta, in Italia, la proposta catechistica in chiave biblica di Antonio Rosmini. Questi, dopo aver tradotto fin dal 1821 il De catechizandis rudibus, a più riprese ha modo di esprimere la sua netta preferenza per il metodo catechistico agostiniano. Però, realisticamente cosciente della novità della sua proposta e delle difficoltà cui sarebbe andata incontro, insiste che la catechesi di indole dogmatica sia almeno accompagnata da frequenti richiami biblici. Egli stesso, poi, esemplifica il suo intendimento nel Catechismo disposto secondo l’ordine delle idee (1838), il cui contenuto dottrinale è nutrito di richiami vetero e neotestamentari continuamente ripresi in punti diversi del testo, senza soluzione di continuità35.
Così rimane, nei testi catechistici ottocenteschi, una evidente lacuna biblica, solo parzialmente colmata, nella penisola, dalla riproposizione episodica dei testi del Fleury e del Bossuet36, e dalla presenza della storia sacra nei programmi scolastici delle scuole pubbliche37 ma anche in quelle di un Ferrante Aporti, che giunge a introdurre la stessa materia anche nelle scuole infantili, in coerenza con il sentire di altri noti pedagogisti dell’epoca, come Giovanni Antonio Rayneri38.
Gli aspetti formali: un testo a domande e risposte
Formalmente, il sussidio catechistico raccoglie e sintetizza la ‘dottrina’ sotto forma di domande e risposte. Nel secolo XIX tale impostazione didattica è di fatto considerata connaturale al ‘genere’ catechismo: proporzionalmente al numero, discorsivi risultano solo pochi testi, quali il tridentino Catechismus ad parochos e i catechismi di perseveranza per giovani e adulti, di origine francese ma molto tradotti anche in Italia39, mentre per avere il primo catechismo discorsivo (o «a lezioni svolte») promulgato ufficialmente da un episcopato bisognerà attendere il 1955, quando verrà pubblicato il Katholischer Katechismus der Bistümer Deutschlands.
Qualche studioso, nella strutturazione domanda-risposta, oltre a una semplice scelta di ordine metodologico e didattico, ha scorto la riproposizione della struttura dialogica tipica della catechesi primitiva che, particolarmente attraverso lo schema della traditio – redditio e la strutturazione dialogica dell’iniziazione cristiana, portava a riflettere sulla fede come risposta e impegno personale (fides qua) di fronte a un dono divino interpellante l’individuo (fides quae)40. C’è chi si è spinto fino a vedervi una qualche reminiscenza del «modello di dialogo greco» che evoca la maieutica socratica, riproposta da alcune teorie pedagogiche del Settecento anche in campo catechistico41, ma ha dovuto riconoscere che nei catechismi tradizionali si tratta di un richiamo puramente formale42.
Quale che sia il motivo ispiratore di una tale strutturazione letteraria, è un fatto che essa ben presto si fossilizza, imponendosi universalmente come strumento irrinunciabile e intoccabile per l’apprendimento del catechismo.
Un testo diocesano, tra tendenza alla proliferazione e spinta alla unitarietà
Se ora osserviamo il libretto di catechismo in un’ottica quantitativa, dobbiamo registrarne la grande abbondanza e varietà. L’Ottocento continua a essere l’epoca dei catechismi diocesani che solo con fatica verranno superati a fine secolo, in favore di formulari almeno interdiocesani o regionali.
Per una migliore comprensione del fenomeno è d’obbligo, anche in questo caso, riferirsi alle epoche precedenti. Mentre nel Cinquecento sono ancora relativamente pochi i formulari, e tra questi predominano i ‘classici’ elencati più sopra, a partire dal Seicento si assiste alla loro proliferazione. Molteplici risultano le cause del fenomeno, a partire dalle più ovvie, quali la perdurante volontà di combattere l’ignoranza religiosa e la diffusione della stampa. Ragioni più specifiche sono: le controversie con il mondo della Riforma, che vedono nascere i catechismi di controversia43; i dibattiti dogmatici-morali interni alla stessa Chiesa cattolica che tendono naturalmente a esprimersi anche nella sussidiazione catechistica; la volontà delle diverse forze della Controriforma (gli ordini religiosi in primis) di dotarsi di testi propri; la progressiva ‘specializzazione’ della catechesi44. Altro elemento determinante è la scelta operata dal concilio tridentino di imperniare la riforma della Chiesa sulla figura del vescovo diocesano che, di conseguenza, spesso si fa carico di curare in prima persona la redazione di un formulario per la propria diocesi45. Del secolo XVIII, poi, è il maturare nella Chiesa dell’atteggiamento antigesuitico che accomuna autorità politiche, giansenisti e teologi ‘illuminati’; questi ultimi indotti a rifiutare l’eccessiva semplificazione della dottrina cristiana effettuata dal gesuita Roberto Bellarmino46. Un tale atteggiamento porta ad accantonare i manuali catechistici di autori gesuiti, e a sostituirli con sussidi nuovi. Non è neppure da sottovalutare, infine, l’azione di quei singoli sacerdoti in cura d’anime che, considerando inadatti per i loro fedeli i testi imposti dall’ordinario diocesano, mettono mano alla produzione di libretti personali semplificati.
Per tutte le cause suddette si giunge, un po’ ovunque, alla «mostruosa babilonia di catechismi» lamentata nella Lombardia austriaca di fine Settecento47; fenomeno peraltro già segnalato nella stessa Roma nei decenni precedenti48.
Alla luce di quanto detto, si può ben comprendere come, a partire dalla seconda metà del Settecento, affiori l’esigenza contraria di una certa unitarietà49, subito assecondata da alcuni interventi delle autorità ecclesiastiche, guidate da ragioni prevalentemente pastorali. Tuttavia, di fatto, le prime unificazioni dei formulari catechistici risultano opera dei poteri civili, mossi ovviamente da motivazioni di ordine squisitamente politico: abbiamo così gli interventi unificatori di Maria Teresa d’Austria (1777)50 e di Napoleone (1806)51.
Con la Restaurazione e per tutto l’Ottocento si torna a parlare di unificazione dei manualetti di catechesi in nome di ragioni più propriamente pastorali. Al vecchio timore di una catechesi incompleta o poco ortodossa viene ora ad aggiungersi la presa di coscienza dei fenomeni migratori dovuti alla industrializzazione e alla povertà. Anche per quest’ultimo motivo, i decenni del secolo sono percorsi da un ‘crescendo’ di richieste che invocano, un po’ ovunque in tutta la Chiesa, ivi compresa quella italiana, una maggior uniformità nella sussidiazione catechistica52.
Paradossalmente, però, nello stesso tempo continua la produzione di catechismi in proprio, anche da parte di semplici preti in cura d’anime, soprattutto perché trovano troppo difficoltoso l’uso del formulario ufficiale della diocesi. Per la notorietà delle figure possiamo ricordare le iniziative in questo campo di Giovanni Bosco53, diGiovanni Battista Scalabrini54 e soprattutto di don Giuseppe Melchiorre Sarto, futuro Pio X, che pure da vescovo e papa si farà invece paladino dell’uniformità del sussidio catechistico55.
In ogni caso, i ben più numerosi ‘desiderata’ per un testo uniforme trovano ascolto, a livello di Chiesa universale, nel concilio Vaticano I56, quando si approva, senza però arrivare alla sua promulgazione ufficiale, la decisione di affidare alla Santa Sede la redazione di un testo latino per tutti i fedeli, sul modello della dottrina ‘breve’ del Bellarmino; un testo da rendere obbligatorio in tutta la Chiesa dopo le opportune traduzioni, eventualmente integrabile da parte degli ordinari diocesani, ma con testi stampati in carattere diverso.
Per la mancata esecuzione del mandato conciliare il problema dell’unificazione dei catechismi tornerà ad accompagnare le vicende della catechesi di fine Ottocento e del Novecento e, a livello italiano, si avranno i primi, parziali risultati sul finire del XIX secolo.
Nel frattempo continuano a essere diffusi molteplici catechismi diocesani57. Volendo tentare una loro classificazione, pare corretto limitarsi alle seguenti indicazioni di ordine generale: «La maggioranza dei catechismi usati nelle diocesi italiane in questo periodo sembra potersi ricondurre a due famiglie: la più antica fa capo alla Dottrina cristiana breve (1597) e alla Dichiarazione più copiosa della Dottrina cristiana (1598) del Bellarmino; la più recente e in qualche modo novatrice si richiama al Compendio della Dottrina cristiana (1765) del vescovo di Mondovì Michele Casati, talvolta accolto nella redazione (poco difforme) del cappuccino vescovo di Bobbio Terin Bonesio (poco dopo il 1766) e spesso in quella più variata del cardinale di Torino Vittorio Gaetano Costa (1786 ca.). Esistono altri rivoli minori, di cui è difficile fare una recensione completa»58.
I formulari bellerminiani dominano certamente nel Veneto e nell’Italia centrale, in particolare a Roma. Nell’urbe, le dottrine del Bellarmino sono un tutt’uno con l’Arciconfraternita della dottrina cristiana che, per tutta l’epoca moderna e fino al Novecento, ha il mandato ufficiale di curare la catechesi della città e gode l’esclusiva della stampa dei due formulari, periodicamente ritoccati59. Questi sono poi presenti anche in altre zone d’Italia, a volte in versione dialettale.
Il ‘Casati’, invece, si diffonde in particolare nel Nord-Ovest della penisola, ove maggiormente si era fatto sentire il clima antigesuitico che aveva portato ad accantonare i testi bellarminiani. Nelle due versioni or ora ricordate del Terin Bonesio e del Costa, il formulario del Casati arriva a costituire la base comune su cui, non senza difficoltà e opposizioni, si ritrovano gli episcopati piemontesi e lombardi per darsi un catechismo unificato nel 189660.
Non mancano, naturalmente, altri formulari, utilizzati in nome della tradizione locale, della loro autorevolezza o anche solo della comodità61.
Anche la metodologia catechistica in uso nell’Ottocento si pone senza soluzione di continuità sulla scia di usi e procedimenti plurisecolari, e in termini sostanzialmente uniformi su tutta la penisola.
Quanto ai tempi della ‘dottrina’, sulla base del dettato tridentino sempre ripreso e specificato dai sinodi diocesani, in linea di massima abbiamo almeno: ogni domenica e festa, oltre l’omelia, un incontro catechistico per i ragazzi e per gli adulti, sospeso solo per qualche tempo nel periodo estivo; un catechismo giornaliero in Quaresima per i ragazzi che devono prepararsi ai sacramenti della confessione, cresima e eucaristia; una predicazione-catechesi infrasettimanale in Quaresima e possibilmente in Avvento per tutti. Con frequenza regolare, lo stesso catechismo è anche insegnato nelle scuole degli stati preunitari come materia fondamentale.
Ancora in ottemperanza al dispositivo del concilio di Trento, il ‘primo’ catechista è il parroco, che deve coinvolgere nel catechismo anzitutto gli altri sacerdoti, i seminaristi, i religiosi e religiose presenti in parrocchia. Non mancano laici e laiche, a partire da maestri e maestre. E anche questa presenza laicale è di lunga data; la si può far risalire, infatti all’esperienza di quelle confraternite o scuole della dottrina cristiana che, sviluppatesi già sul finire del Quattrocento specie in terra lombarda, avevano trovato un’ampia diffusione anche fuori Italia nella forma assunta con la Compagnia per la dottrina cristiana nata in Milano nel 1536, a opera del sacerdote comasco Castellino da Castello. In questa confraternita largo spazio è lasciato ai laici di tutti i ceti sociali, ivi compresi quelli di nobile famiglia che, ancora nell’Ottocento, considerano un titolo d’onore fare catechismo ai figli delle classe popolari62.
Dalla stessa associazione confraternale sono mutuati, anche nel secolo XIX, vari elementi metodologici valorizzati durante il catechismo, a partire dalla separazione rigorosa tra maschi e femmine e dall’uso del ‘canto’ di qualche lode o delle principali preghiere del buon cristiano che segna l’inizio della ‘lezione’63.
Il momento centrale dell’incontro catechistico è costituito dallo sforzo del catechista di far imparare a memoria le risposte del formulario, limitando la spiegazione all’essenziale. L’antichissima regola matura lungo i secoli dell’evo moderno per il timore che una spiegazione diffusa finisca con l’essere inutile e pericolosa: inutile, stante l’incapacità di comprensione di molti catechizzandi; pericolosa a motivo dell’impreparazione di molti catechisti, posti nel rischio continuo di dare interpretazioni errate della dottrina. Nell’Ottocento la norma viene costantemente ribadita, esplicitamente64 o in termini impliciti, come quando si arriva a determinare, nei regolamenti dei seminari o addirittura nei sinodi, che il catechismo debba essere fatto tenendo «sempre in mano» il formulario diocesano.
Per raggiungere lo scopo, il catechista, soprattutto in ambito parrocchiale e con catechizzandi spesso analfabeti e raccolti in gruppi numerosi, può solo ripetere e far ripetere, a singoli o a tutta la classe insieme, le risposte del testo, fino al loro apprendimento. Questo viene facilitato utilizzando, oltre al canto, le immagini, il racconto antologico della storia sacra, la ‘disputa’ o ‘gara catechistica’, il premio (beni in natura e capi di vestiario per i più poveri, oggetti religiosi e libretti di devozione per i più) ma pure la coercizione, che può esprimersi nel rimprovero comunicato ai genitori e anche nell’appello all’intervento della forza pubblica, come è dato di registrare nell’esperienza parrocchiale dello stesso Rosmini65 e nella Padova di metà Ottocento66. Nello stesso periodo, in alcuni contesti popolari di emarginazione ed estraneità al mondo della scuola, si continua a insegnare il catechismo utilizzando il libretto della dottrina come strumento di alfabetizzazione, proseguendo anche in questo caso, sia pure in termini minori, l’esperienza sviluppatasi nelle confraternite e scuole della dottrina cristiana di epoca moderna67.
L’incontro catechistico prevede naturalmente l’interrogazione dei catechizzandi e si conclude in genere con la recita di preghiere (in particolare gli Atti di fede, speranza e carità) e qualche eventuale canto.
È questa la prassi catechistica più diffusa; prassi universale che, a parte l’inventiva pastorale dei singoli operatori pastorali zelanti, vede un significativo sforzo di miglioramento solo nel rilancio del celebre metodo sviluppatosi fin dal Seicento nella parrocchia-seminario di Saint-Sulpice in Parigi. Il metodo, che imposta l’incontro catechistico come atto di culto, superando almeno in parte i limiti della pratica abituale, è conosciuto in Italia attraverso la traduzione dei testi di monsignor Félix Antoine Dupanloup68, ma non trova significative applicazioni pratiche nelle nostre chiese.
Il catechismo così delineato si presenta con obiettivi limiti di tipo metodologico e contenutistico (primo fra tutti, la mancanza di riferimenti espliciti alla Bibbia), colti già a partire dal Seicento. Inizialmente sono soprattutto le manchevolezze a livello di metodologia didattica a essere evidenziate. Infatti, anche le critiche di coloro che, come i citati Fleury, Bossuet e Fénelon, propongono in alternativa ai testi tradizionali una catechesi con contenuti più biblici, nascono in realtà da ragioni psicologiche e didattiche, cioè dalla consapevolezza che ai ragazzi e agli adulti incolti le ‘storie’ risultano più gradite che non le tesi teologiche dei formulari tradizionali. Coeva alle voci critiche appena ricordate è quella di Henri Marie Boudon, arcidiacono d’Evreux. A esse faranno seguito quelle di Ludovico Antonio Muratori nell’opera Della regolata devozione de’ cristiani (1747), quella dello stessoJean-Jacques Rousseau, nell’Emile (1762) e dell’abate Pier Domenico Soresi, esponente del fervore riformistico dei Lumi in campo scolastico.
Venendo all’Ottocento, è d’obbligo ricordare anzitutto le osservazioni particolarmente pensose e sofferte del Rosmini, espresse trattando della prima de Le cinque piaghe della santa Chiesa (1848)69.
Nelle ultime decadi del secolo, poi, mentre il catechismo inteso come genere letterario conosce una grande diffusione70, i limiti metodologici che caratterizzano il formulario ecclesiastico vengono percepiti con sempre maggiore chiarezza, soprattutto in Germania (Baviera) e Austria, ove prende inizio un movimento di innovazione in campo catechistico71 che si diffonderà in vaste aree ecclesiali, ivi compresa l’Italia. In anni in cui si afferma il pedocentrismo in ambito pedagogico e la psicologia studia con particolare attenzione l’apprendimento umano, parroci e insegnanti di religione tedeschi e austriaci riconoscono che l’insegnamento della dottrina appare manchevole per più aspetti: è magisteriale-espositivo, in quanto relega il catechizzando a un ruolo puramente passivo; si presenta, inoltre, come indifferenziato, nel senso che è basato su un formulario fondamentalmente unico per tutto l’arco della vita del fedele, dal momento che varia solo in termini quantitativi, senza una reale attenzione alle esigenze psico-pedagogiche delle diverse età. Soprattutto, esso segue un procedimento deduttivo e astratto, privilegiando il linguaggio logico-formale; in altri termini prende come punto di partenza l’ignoto per andare verso il noto, ignorando che l’apprendimento della persona segue per buona parte il movimento inverso.
Si sviluppa così, a partire dagli anni Settanta dell’Ottocento, una prima fase del movimento catechistico, quella metodologica, con l’elaborazione del celebre metodo di Monaco (o di Vienna, o psicologico)72 che porta a insegnare il catechismo percorrendo cinque ‘gradi formali’ indicati dalla psicologia: preparazione, con il riferimento a quanto già noto al catechizzando; presentazione o esposizione, curata attraverso un racconto e quindi con procedimento induttivo; spiegazione, sviluppata con il concorso degli ascoltatori; sintesi ricapitolativa ove si giunge alla formulazione con linguaggio logico-formale di quanto è stato appreso; applicazione alla vita. L’attenzione alla psico-pedagogia guida alla concezione dell’incontro catechistico come unità didattica, da reiterare negli anni di frequenza al catechismo con metodo globale-ciclico. Tra le due guerre, infine, un ulteriore apporto al rinnovamento della metodologia catechistica viene dalla accettazione delle indicazioni dell’attivismo, reso accettabile in ambito cattolico dal sacerdote e pedagogista friburghese Eugène Dévaud, particolarmente attraverso l’opera Pour une école active selon l’ordre chrétien del 193473.
Gli anni Trenta del Novecento, però, vedono il movimento catechistico compiere anche un ulteriore passo in avanti, in quanto esso riconosce l’insufficienza del rinnovamento metodologico compiuto e sostiene la necessità di una catechesi rinnovata radicalmente anche nei suoi contenuti. L’esigenza è sostenuta dalla teologia kerygmatica che ha in il suo esponente maggiore inJosef Andreas Jungmann74, e il manifesto nella sua opera Die Frohbotschaft und unsere Glaubensverkündigung edita nel 1936. Dalla teologia kerymatica la catechesi apprende di dover esporre i contenuti della fede in chiave biblica, liturgica e cristocentrica, in quanto il Cristo è principio di concentrazione e gerarchizzazione di tutte le verità della fede75.
Il frutto più maturo di tutto il rinnovamento qui schematicamente richiamato, cui sarebbero da aggiungere almeno gli apporti innovativi provenienti dalla Francia76, lo si avrà a livello ufficiale nel 1955 con il Katholischer Katechismus der Bistümer Deutschlands77, il primo catechismo che applica il metodo di Monaco e accoglie pienamente le istanze della teologia kerygmatica.
È su questa falsariga che evolve anche il catechismo italiano tra fine Ottocento e Vaticano II.
A dire il vero, però, le cause immediate che danno il via in Italia al rinnovamento del catechismo cattolico vanno ricercate, in buona parte, non tanto nella constatazione dei suoi limiti, quanto piuttosto, come in Francia, nella reazione alla progressiva, anche se mai totale, espulsione dell’insegnamento religioso dalla scuola, a opera dei legislatori del nuovo Stato unitario. La vicenda è ben nota79: essa prende il via già pochi anni dopo l’unificazione nazionale giungendo al suo culmine con la legge Daneo-Credaro del 1911 che, avocando allo Stato gran parte della scuola elementare, rende ancor più difficile la residua presenza della ‘dottrinetta’ anche nell’ambito dell’istruzione primaria. È altrettanto noto che, nel quadro dell’articolata politica mirante a ‘fare gli Italiani’, coesi da una nuova ‘religione’ civile, il catechismo cattolico viene sostituito da testi di educazione civica, o da opere come Le avventure di Pinocchio (1883) e Cuore (1886): volumi consigliati almeno come testi di lettura, cui «presiede quella laica religione della famiglia, della patria e del lavoro, da cui è sostanzialmente assente la ‘dottrina del parroco’, ma non del tutto la religione, e attraverso la quale la borghesia italiana intendeva sviluppare il proprio disegno di unificazione e di egemonia culturale»80.
Naturalmente anche tale specifica scelta politica trova l’opposizione del mondo cattolico. Questa, però, più che manifestarsi attraverso l’Opera dei congressi (1874-1904), che non riserva al problema una significativa attenzione, dal momento che appiattisce il catechismo scolastico sullo sfondo delle tante opere religiose cui il mondo cattolico deve prestare attenzione, trova la sua espressione iniziale in alcuni uomini di Chiesa accomunati da notevoli affinità ideali, quali l’orientamento conciliatorista e il rifiuto dell’atteggiamento antirosminiano in voga all’epoca, che li rendono invisi al dominante intransigentismo. È il caso di monsignorGiovanni Battista Scalabrini81 e monsignor Geremia Bonomelli82. Personalità come queste non si limitano a recriminare con toni intransigenti e sterili contro l’espulsione del catechismo dalle aule, ma si impegnano per un insegnamento catechistico extrascolastico maggiormente curato, dando così il via, anche in Italia, a un movimento catechistico che si farà propulsore di una catechesi rinnovata prima nei metodi e poi nei contenuti, sulle tracce di quanto, all’epoca, avviene in Germania, Austria e Francia.
Un’annotazione particolare merita l’azione dello Scalabrini. Già da parroco particolarmente attento al compito catechistico, eletto vescovo di Piacenza (1876) fa del catechismo uno dei punti forza del suo programma pastorale, come dimostrano ben cinque lettere pastorali sull’argomento, la fondazione della prima rivista catechistica italiana, Il catechista cattolico (1876), la stesura del primo manuale italiano di catechetica, Il catechismo cattolico (1877), la cura per la formazione di almeno quattromila catechisti per la propria diocesi e soprattutto l’organizzazione del primo congresso catechistico nazionale (Piacenza, 1889). Gli atti dell’incontro83 registrano diverse indicazioni innovative, a partire dalla prolusione del cardinale Alfonso Capecelatro, arcivescovo di Capua84, ove è proposta una catechesi storico-biblica e cristocentrica. Risultano indubbiamente come orientamenti nuovi anche: la trattazione della catechesi degli adulti, posta al primo punto dell’ordine del giorno, le embrionali ma significative analisi del cambio socio-culturale e religioso allora in atto nel paese, l’apertura alle suggestioni metodologiche del movimento catechistico tedesco e austriaco, l’ipotesi di catechisti stipendiati, la sollecitazione a una migliore formazione catechistica nei seminari. Tra i ‘voti’ dell’assise, che saranno presentati a Leone XIII, è da ricordare quello a favore di un testo catechistico unico: auspicio che papa Pecci accoglie però senza porvi particolare enfasi perché consapevole che gli episcopati del Nord della penisola – come s’è detto – erano già da tempo faticosamente impegnati nella ricerca di un testo unico per le loro diocesi. Quanto alle deliberazioni, va menzionata la costituzione di un comitato permanente del congresso, avente ne Il catechista cattolico l’organo ufficiale di espressione, cui si dà mandato di organizzare entro un quinquennio un secondo congresso nazionale.
L’assise piacentina non raccoglie però tutti quei frutti immediati che gli organizzatori si attendevano. In particolare, non si ha nei tempi previsti un secondo congresso catechistico, per il quale bisognerà attendere il 1910. Tra i fattori che possono spiegare il momentaneo rallentamento nel processo di rinnovamento catechistico è da tener presente, anzitutto, il prevalere dell’intransigentismo sulla tendenza conciliatorista, sostenuta fra opposizioni e incomprensioni da uomini come ilBonomelli. Le fila degli innovatori, inoltre, raccolgono dei filo-rosminiani, ridotti a un prudente silenzio dal decreto Post obitum (1887-1888) che condanna quaranta proposizioni rosminiane85. Non mancano, infine, vecchiaia e morte a colpire i protagonisti di Piacenza.
Per questi e altri motivi ancora, dopo lo slancio iniziale, il movimento catechistico italiano conosce un momento di stasi.
Il rilancio86 avviene grazie all’opera catechistica di Pio X che si muove lungo tre direzioni: la promulgazione dell’enciclica Acerbo nimis sulla catechesi (1905) e di due formulari catechistici (1905, 1912), accompagnata da un’ampia riorganizzazione dell’azione catechistica in Roma che assume valore esemplare per il resto della Chiesa.
L’enciclica87, dopo aver imputato l’‘acerbità’ e la tristezza dei tempi alla mancanza di istruzione religiosa, indica come rimedio precisamente la cura dell’insegnamento della dottrina cristiana, fin qui ricalcando fedelmente un luogo comune del linguaggio ecclesiastico. Il documento, però, non si limita all’esortazione ma, specificando il dispositivo di Trento, determina nel dettaglio tempi e frequenza del catechismo, chiedendo pure l’istituzione in ogni parrocchia di una confraternita della dottrina cristiana.
Nello stesso anno dell’enciclica, papa Sarto promulga il primo dei suoi due catechismi88: il Compendio della dottrina cristiana. Personalmente convinto, già da vescovo e da patriarca di Venezia, della necessità di unificare i formulari catechistici, eletto papa può finalmente dare concretezza alla sua aspirazione, ma prudentemente impone il suo formulario solo in Roma e nelle diocesi della provincia ecclesiastica romana, sostituendo definitivamente i due catechismi bellarminiani in uso nell’urbe sin dalla loro redazione.
Confluiscono in questo primo formulario, in diversa proporzione, soprattutto le domande e risposte dei catechismi unificati di cui gli episcopati del Nord Italia erano riusciti a dotarsi a partire dalla fine dell’Ottocento, cioè il compendio lombardo-piemontese (1896) che ci è già noto, l’emiliano (1899-1900) e quello toscano (1903).
Il sussidio risulta un’opera complessa, costituita da un insieme di libretti più piccoli per destinatari distinti secondo le età. Secondo tradizione, espone la dottrina con linguaggio teologico-apologetico, ripartendola nelle quattro parti che già conosciamo (credo, comandamenti, sacramenti e preghiera).
Il formulario si diffonde anche fuori Roma, in varie diocesi italiane, sia perché Pio X ne invia una copia in omaggio a tutti i vescovi della penisola, sia perché trova immediatamente il sostegno del movimento intransigente. Non mancano però le critiche, formulate, tra gli altri, dai cultori del rinnovamento catechistico di area germanica nonché da esponenti del mondo cattolico italiano.
In seguito a queste osservazioni, riconosciute valide dallo stessoPio X e, più ancora, per venire incontro alle nuove esigenze catechistiche maturate in seguito all’abbassamento dell’età della prima Comunione (decreto Quam singulari del 1910), si arriva a un nuovo formulario: il Catechismo della dottrina cristiana, reso pubblico sul finire del 1912. La sua diffusione ricalca quella del testo precedente e, con gli anni, finisce con l’essere la ‘dottrina’ insegnata in quasi tutte le diocesi italiane fino all’epoca del Vaticano II.
Si tratta di un testo certamente più semplice e ridotto del precedente, ma resta pur sempre un manuale di teologia in sintesi; una teologia espressa questa volta secondo la classica ripartizione in tre parti, lucidamente giustificata nella domanda-risposta n. 27: «Per vivere secondo Dio, che cosa dobbiamo fare? Per vivere secondo Dio, dobbiamo credere le verità rivelate da Lui e osservare i suoi comandamenti, con l’aiuto della sua grazia, che si ottiene mediante i sacramenti e l’orazione», ove sacramenti e preghiera sono considerati unitariamente come ‘mezzi’ atti a ottenere la grazia, che sola permette di ‘credere’ e ‘osservare’.
Agli occhi dello storico i due formulari piani appaiono oggi «non l’inizio di un’epoca nuova per gli strumenti cat[echistici], ma l’ultimo sforzo di un’epoca giunta al suo termine. Sono un culmine e non un inizio»89. Risultano dunque un incentivo a ‘fare’ tanto catechismo, ma in una linea tradizionale. L’impegno catechistico papale finisce però con il ridare slancio a quanti si impegnano per una ‘nuova’ catechesi.
Gli anni dei congressi e delle ‘settimane’ catechistiche. Monsignor Vigna e monsignor Pavanelli90
Riprende dunque, sotto Pio X, il movimento catechistico italiano, esprimendosi principalmente in una nutrita serie di incontri che consentono la diffusione di nuove idee. Si tratta di convegni e ‘settimane’ catechistiche che, fin dal 1905, per impulso dei redattori del periodico Il catechista cattolico, tra cui si distingue il vincenziano Giuseppe d’Insengard, toccano anzitutto le diocesi. Grazie a questa ripresa, poi, nel 1910 si celebra a Milano quel secondo congresso catechistico nazionale che si sarebbe dovuto tenere entro il quinquennio susseguente l’assise piacentina91.
Di gran lunga superiore per importanza risulta però il congresso diocesano di Brescia del 1912, dominato dalle figure del bresciano Lorenzo Pavanelli e del cremonese Luigi Vigna, già allievo del Dévaud e vice-segretario di monsignor Bonomelli. Nel corso dei lavori congressuali i due sacerdoti lanciano il loro progetto di un «catechismo in forma di vera scuola»: un’azione catechistica, cioè, svolta con la stessa serietà di una disciplina scolastica ma, più ancora, rispettosa delle indicazioni della psicologia dell’apprendimento umano attraverso un procedimento didattico di tipo intuitivo e globale-ciclico.
La proposta rifluisce nelle Chiese locali, attraverso le pagine de Il catechista cattolico e il succedersi di molteplici incontri diocesani e locali in cui Vigna e Pavanelli illustrano teoricamente le loro idee e ne mostrano l’applicazione divulgando una nutrita serie di sussidi da loro stessi preparata, a partire dai fortunati libretti Fede mia Vita mia!, destinati a una vastissima diffusione. Si tratta di sei piccoli testi che presentano appunto la materia catechistica intuitivamente, con procedimento globale-ciclico e valorizzando anche l’immagine. Nonostante le resistenze, la proposta del «catechismo in forma di vera scuola» viene riconosciuta valida, tanto che fin dal 1913 si arriva a reimpostare alla luce dei suoi principi anche il formulario di Pio X, con l’approvazione del pontefice stesso.
Nel frattempo, in un’ottica più tradizionale, continuano a incentivare la catechesi anche le autorità ecclesiastiche. Il codice di diritto canonico, promulgato daBenedetto XV nel 1917, legifera sull’argomento particolarmente nei canoni 1329-1336, riprendendo la normativa espressa dal concilio tridentino e dalla Acerbo nimis. Lo stesso papa, riprendendo le indicazioni del Vaticano I, istituisce anche una commissione incaricata di redigere un formulario universale92. Nello stesso periodo emerge, a livello di Chiesa italiana, l’esigenza di un migliore coordinamento della catechesi. L’istanza ha modo di esprimersi nelle risposte date dagli ordinari d’Italia, nel 1920, alla circolare preparata dalla Congregazione del concilio per conoscere la situazione religiosa della popolazione italiana, e troverà risposta nel 1929 con la creazione degli uffici catechistici nelle diocesi della penisola.
Con questa data, però, si passa al pontificato di Pio XI (1922-1939), durante il quale sono da registrare svariate prese di posizione sia in ambito strettamente catechistico, sia nell’alveo più generale dell’educazione cristiana93. Di questi pronunciamenti, per ora ricordiamo il motu proprio Orbem catholicum (1923)94, con cui papa Ratti crea un centro di coordinamento catechistico a livello mondiale, istituendo presso la Congregazione del concilio un Ufficio catechistico centrale. A questo, fanno seguito numerosi altri interventi di indole catechistica, indirizzati in modo particolare all’Azione cattolica (Ac) che – com’è noto – nella strategia pastorale di papa Ratti gioca un ruolo di primo piano.
Ancora: sotto Pio XI, a partire dal 1924, nel contesto di un’iniziativa volta alla preparazione di un concilio che avrebbe dovuto riprendere il Vaticano I, viene nuovamente costituita una commissione per la redazione di un formulario universale, in cui ha una parte molto attiva il cardinal Pietro Gasparri, Segretario di Stato95, personalmente convinto dell’importanza di un tale testo. Lo stesso interesse non è però condiviso dal pontefice che concede al Gasparri di pubblicare, come testo catechistico ma solo a titolo personale, i risultati dei lavori della commissione96. Il formulario del Gasparri vedrà la luce in latino nel 1930, e due anni dopo sarà già tradotto in italiano e francese97.
Proprio sul finire degli anni Venti, poi, papa Ratti rende pubblica l’enciclica Divini illius Magistri98 che, nel contesto dell’esaltazione dell’educazione cristiana in confronto alle prassi educative ispirate dal naturalismo e dal sociologismo, offre almeno qualche spunto per il superamento del concetto di catechismo come semplice istruzione intellettuale99.
Questi interventi magisteriali, pur se riguardanti la Chiesa nel suo complesso, sono stati volutamente richiamati perché hanno indubbiamente delle ricadute nel cattolicesimo italiano, se non altro perché lo vengono a sollecitare periodicamente nell’impegno catechistico.
Sempre negli anni Venti, un ulteriore fattore induce la Chiesa italiana a focalizzare la propria attenzione sul catechismo: la politica scolastica del fascismo.
Con laRiforma Gentile del 1923 l’insegnamento religioso catechistico rientra a pieno titolo nelle classi della scuola primaria «come fondamento e coronamento degli studi elementari», mentre con il Concordato del 1929 si «consente che l’insegnamento religioso, […] abbia un ulteriore sviluppo nelle scuole medie, secondo programmi da stabilirsi d’accordo fra la Santa Sede e lo Stato» (art. 36, § 1), in quanto fondamento e coronamento di ‘tutta’ l’istruzione, fino alle soglie dell’università.
Lasciando ad altri interventi di quest’opera l’ulteriore svolgimento del discorso100, qui si osserva che questa nuova politica scolastica coglie i cattolici italiani abbastanza impreparati: si tratta di formare ex novo insegnanti adatti e di elaborare programmi e testi. Per venire incontro a queste esigenze si moltiplicano le esortazioni e le indicazioni della Congregazione del concilio e di altri organismi vaticani101, mentre nasce, tra l’altro, la rivista «Catechesi». Essa vede la luce nel 1932 su ispirazione del cardinal Ildefonso Schuster che ne affida la realizzazione agli ambrosiani don Norberto Perini e don Enrico Montalbetti, con il coinvolgimento del salesiano don Antonio Cojazzi, alla cui tenacia si deve la scelta del titolo che allora suonava ai più come nuovo, perché termine desueto102.
«Catechesi» non è però l’unica risposta alla nuova problematica derivata dalla reintroduzione del catechismo nella scuola. In effetti, sono molteplici le iniziative e le pubblicazioni di stampo catechistico che riprendono a interessarsi di insegnamento scolastico. Gli operatori che vi lavorano trovano nuovi stimoli con la pubblicazione dell’importante decreto Provido sane consilio, emanato dalla Congregazione del concilio nel 1935103. In esso, oltre a ribadire la legislazione catechistica precedente si istituisce, tra l’altro, l’Ufficio catechistico in ogni diocesi della Chiesa; si chiede nuovamente l’erezione della Confraternita della dottrina cristiana in tutte le parrocchie e si prevede la nomina di sacerdoti ispettori per l’insegnamento religioso scolastico e la catechesi parrocchiale, con l’obbligo di riferire al vescovo in materia.
Sull’onda del dispositivo vaticano ci si sente stimolati a redigere i nuovi testi per la catechesi scolastica che, poco a poco, vengono ad assumere la configurazione che li caratterizzerà fino al Vaticano II e oltre: in essi, pur se redatti in forma discorsiva, non mancheranno le domande e risposte del catechismo e, sotto le più diverse titolazioni, almeno i testi per i tre anni successivi alle elementari avranno sempre uguali i sottotitoli: ‘dogma’, ‘morale’ e ‘sacramenti’, segnalando con ciò una dipendenza più che evidente dall’impostazione ‘tripartita’ propria dell’ultimo formulario di Pio X.
A seguito del Provido sane consilio è però tutta la catechesi italiana a essere incoraggiata, almeno per l’immediato. Uno schematico elenco basterà a cogliere la vivacità del movimento catechistico italiano degli anni Trenta e Quaranta, così come si manifesta attraverso le riviste e i centri di settore.
Il periodico «Catechesi», nato per affrontare il problema della religione a scuola, con il 1939 allarga il proprio interesse alla catechesi parrocchiale, pur con qualche resistenza nel gruppo redazionale.
Nel 1936 appare «Sussidi per la catechesi», espressione dell’impegno catechistico dei Fratelli delle scuole cristiane, che può contare sulla competenza di valenti catechisti e catecheti: Luigi Trisoglio (primo direttore), Candido Chiorra, Anselmo Balocco, Agilberto Gatti (Tomaso Gatti), Leone di Maria (Teresio Napione)104, e altri ancora.
La Pia società San Paolo, fondata fin dal 1914 da don Giacomo Alberione con il preciso scopo di servire l’evangelizzazione mediante la stampa e i moderni mezzi della comunicazione, dà il via a una nutrita serie di periodici con finalità dichiaratamente formative e catechistiche: «La domenica» (1921), «Il giornalino» e «L’aspirante» (1924), «Dottrina e fatti» (1922), «Famiglia cristiana» (1932)105.
Nel 1939 viene eretto l’Ufficio catechistico centrale salesiano che si esprime soprattutto attraverso la Libreria della dottrina cristiana (Elledici, 1941) e la rivista «Catechesi» (a partire dal 1943). Dal 1947 l’Ufficio, voluto inizialmente per animare la catechesi solo nell’ambito della famiglia religiosa salesiana, assume la denominazione di Centro catechistico salesiano (Ccs), estendendo il proprio servizio a tutta la catechesi ecclesiale e distinguendosi presto per la produzione di materiale didattico illustrato (cartelloni e filmine) a supporto del testo di catechismo106.
Intenso è anche il lavoro catechistico dell’Ac, la cui attenzione alla catechesi «appartiene alla sua storia più lontana». «Verso gli anni Quaranta, la ‘cultura religiosa’ dell’Ac si incontra, oltre che con il rinnovamento didattico avviato dalle ‘scuole nuove’, con il movimento biblico e con il movimento liturgico; questo si manifesta nelle campagne della Gioventù, dedicate a temi come: ‘Vivere il battesimo, la cresima, la messa’»107.
Merita una ripresa più puntuale il riferimento appena registrato alle ‘scuole nuove’. Gli anni Trenta e soprattutto Quaranta, in effetti, registrano l’aprirsi della catechesi italiana alle indicazioni metodologiche derivanti dall’attivismo108, accostato specialmente attraverso la rilettura in ottica cattolica fattane dal Dévaud. Su questo terreno si distingue il gruppo di pedagogisti ed educatori che, a partire dal 1942, troverà una istituzionalizzazione nel Paedagogium, un istituto per lo studio dell’educazione cristiana creato all’interno dell’Università cattolica di Milano109. ‘Maestro’ del gruppo deve essere considerato Mario Casotti110. Di formazione filosofica, insegna però pedagogia all’ateneo cattolico milanese, divenendo «il ‘padre’ della pedagogia cattolica italiana». È il teorico che con la sua critica fa «il ‘punto’ dei cattolici nei riguardi dell’attivismo»111. Allievo del Casotti e suo assistente per qualche tempo, dopo la laurea in pedagogia, è Gesualdo Nosengo112 che, lasciato l’ambiente universitario, diventa insegnante di religione nelle scuole statali di Milano e Roma, per circa vent’anni. Fondatore dell’Uciim (Unione cattolica italiana degli insegnanti medi), insegna anche pedagogia alla Pontificia università urbaniana. Con una nutrita serie di testi e sussidi traduce a livello pratico la lezione del maestro, tanto che può essere considerato «il pioniere dell’introduzione dell’attivismo nell’insegnamento religioso in Italia»113. Un’altra personalità da ricordare è Silvio Riva114. Impegnato nell’Ac, è docente di religione nelle scuole superiori di Milano, ove ha modo di studiare l’attivismo con Casotti e Nosengo. Collaborando con loro, redige anch’egli molteplici opere secondo le indicazioni derivate da quella corrente pedagogica e, ispirandosi alla teologia kerygmatica di Jungmann, propone una catechesi molto attenta a Bibbia e liturgia. Fattosi francescano (1960), occupa la cattedra di catechetica alla Pontificia università lateranense, diventando direttore dell’Istituto di pastorale presso il medesimo ateneo. Come studioso svolge un ruolo di primo piano anche nella riflessione catechetica italiana
Le proposte teorico-pratiche di questi autori penetrano poco alla volta nel vissuto catechistico italiano, grazie al contributo delle pubblicazioni e dei centri catechistici richiamati, anche se il secondo conflitto mondiale viene ovviamente a rallentare ogni sforzo di innovazione pastorale.
Nell’Italia del primo periodo postbellico, la Chiesa ripropone – com’è noto – la tradizionale azione pastorale post-tridentina, caratterizzata da un perdurante atteggiamento di diffidenza e opposizione verso la modernità115 e i suoi nuovi mezzi espressivi (in particolare cinema e televisione)116, dalla lotta particolarmente evidente contro il comunismo117, dal rilancio delle devozioni popolari (Peregrinatio Mariae)118, della buona stampa e dell’associazionismo cattolico119.
Non mancano ovviamente fermenti innovatori, molti dei quali saranno recepiti e potranno esprimersi solo in epoca postconciliare. Tra questi, si possono almeno ricordare: l’influsso delle encicliche diPio XII, Mystici corporis (1943), Divino afflante Spiritu (1943), Mediator Dei (1947); le prime ricadute in campo pastorale del movimento biblico e liturgico; il contatto della teologia italiana con la riflessione teologica internazionale; il nascere di nuovi movimenti come i Focolarini e simili.
La compresenza di vecchio e nuovo è ben percepibile anche nel campo più strettamente catechistico. Così, accanto alla difesa, da parte cattolica, dell’insegnamento religioso nella scuola, messo in discussione all’Assemblea Costituente120, troviamo, sino agli anni Sessanta, l’utilizzazione pressoché generalizzata del catechismo di Pio X. Ma anche nell’ambito della catechesi è possibile cogliere stimoli e richieste di innovazione. In proposito sono da ricordare anzitutto gli influssi di un movimento catechistico ormai internazionale. Essi si fanno sentire inizialmente con il primo congresso catechistico internazionale (Roma 1950) e, in seguito, grazie alla traduzione di significativi testi catechetici stranieri, specialmente quelli che esprimono le istanze innovatrici della teologia e della catechesi kerygmatica: nel 1956 appare la Catechetica dello Jungmann121, mentre nel 1957 è la volta del Catechismo della dottrina cattolica, traduzione del celebre testo dell’episcopato tedesco del 1955122, che ispira la redazione del fortunato testo di religione per le scuole medie La scoperta del Regno di Dio, pubblicato a partire dai primi anni Sessanta dalla Elledici. Si registrano poi contatti crescenti con i principali centri pastorali e catechetici europei, quali l’Institut supérieur de pastorale catéchétique (Ispc) di Parigi, fondato nel 1950, e il centro Lumen vitae di Bruxelles, nato a Lovanio fin dal 1935.
Il dialogo con il movimento catechistico estero e lo stimolo all’innovazione sono favoriti dal fiorire o rifiorire di centri e riviste di indole pastorale-catechetica. Estintosi durante la guerra «Il catechista cattolico», il suo posto viene occupato dalla «Rivista del catechismo», che inizia le pubblicazioni nel 1952 come espressione degli Uffici catechistici diocesani d’Italia, per lasciare poi spazio, con il 1973, a «Evangelizzare». Nel 1952 nasce anche il Centro catechistico paolino che, nello stesso anno, inizia a pubblicare la rivista «Via verità e vita»123. L’anno seguente, a Milano, prende corpo il Centro di orientamento pastorale (Cop). Del 1954 è l’Istituto superiore di pedagogia, annesso al Pontificio ateneo salesiano di Torino, trasformatosi successivamente in Istituto di catechetica con sede presso la Pontificia università salesiana di Roma124.
Una menzione a parte merita nuovamente lo sforzo catechistico dell’Ac italiana, anche perché è dalle sue file che usciranno molti di coloro che progetteranno il rinnovamento catechistico italiano del postconcilio. Da sempre impegnata in un’azione catechistica attenta alle diverse età e alle innovazioni psico-pedagogiche e didattiche, l’associazione dà vita, fin dal 1947, al Centro nazionale attività catechistiche (Cenac), che si fa promotore di varie iniziative per il rinnovamento della catechesi ispirandosi a quanto suggerito dal movimento catechistico sia riguardo al metodo, sia ai contenuti (teologia kerygmatica)125.
Infine, pur se emarginate, scuotono le coscienze anche in campo pastorale-catechistico le voci di don Primo Mazzolari e don Lorenzo Milani. Di quest’ultimo sono note le Esperienze pastorali126. Ma di lui, nell’ambito strettamente catechistico, dobbiamo ricordare l’impegno per un rinnovamento della catechesi in chiave storico-biblica, come testimonia il suo tentativo incompiuto di dare alle stampe un catechismo ‘storico-cronologico’, in sostituzione del formulario ufficiale diPio X, da lui considerato inadatto127.
Queste istanze rinnovatrici fanno almeno intuire la necessità di mutare il testo di papa Sarto anche a chi, come monsignor Costantino Caminada, è convinto che il catechismo «un trattato di Teologia, dogmatica e morale, sia pure rudimentale, lo è»128. Di più, riescono a indurre gli stessi vertici vaticani a porre mano a una revisione del formulario di Pio X. Pur in mancanza di documentazione archivistica, si può asserire che un tentativo in tal senso è posto in atto a metà degli anni Cinquanta, ma viene troncato dalla comparsa del citato catechismo tedesco del 1955, in ragione della novità arrecata da questo testo al ‘genere’ catechismo129. Il tentativo sarà ripreso nel 1958-1959, ma ancora una volta senza successo130.
Nonostante questi fallimenti la catechesi italiana giunge alle soglie del Vaticano II esprimendo anzitutto l’esigenza di un nuovo catechismo, cui si aggiunge quella di un centro animatore e coordinatore a livello nazionale. Entrambe le istanze trovano un’espressione particolarmente visibile nei primi, affollati convegni organizzati dalla rivista «Catechesi» ed etichettati come Convegni ‘Amici di Catechesi’131, svoltisi tra 1959 e 1962132.
Al bisogno di unitarietà, animazione e coordinamento in campo catechistico, la Conferenza episcopale italiana (Cei) risponde fin dal 1960, creando al proprio interno un’apposita Commissione per le attività catechistiche e istituendo, l’anno seguente, l’Ufficio catechistico nazionale (Ucn)133. Quanto all’esigenza di un nuovo catechismo, un segno inequivocabile che ormai anche la gerarchia ne è consapevole è dato da un articolo del pastoralista gesuita Domenico Grasso. Questi, dopo aver partecipato nel 1960 alla prima Settimana catechistica internazionale, che da Eichstätt (in Baviera) aveva lanciato in tutta la Chiesa il verbo di una catechesi kerygmatica, cioè biblica e liturgica, sostiene apertamente l’esigenza di un nuova formulazione catechistica sulle pagine de «La Civiltà cattolica», da sempre – osserva Giacomo Martina – voce «semiufficiosa» della Santa Sede134.
L’auspicio troverà un inizio di attuazione all’indomani del concilio. Infatti l’assise ecumenica, che non tratta di catechesi in termini specifici, neppure decide la redazione di un catechismo per la Chiesa universale. Sul problema di un eventuale ‘testo’ per la catechesi, in effetti, nel corso dei lavori conciliari si discute a più riprese intorno a tre possibili scelte: quella di un formulario universale vero e proprio; quella di un direttorio di soli principi di indole teologica e psico-pedagogica, e quella di un catechismus fons, da intendere come la sintesi delle due precedenti ipotesi. È ben noto che il Vaticano II finisce con il prescrivere la redazione di un direttorio generale (decreto conciliare Christus Dominus 44), con ciò lasciando alle Chiese locali il compito di dotarsi di una rinnovata strumentazione catechistica adatta alle mutate esigenze pastorali135.
Gli inizi del rinnovamento catechistico postconciliare136
In questo contesto, una indicazione precisa alla Chiesa italiana viene dal prefetto della Congregazione del concilio, cardinal Pietro Ciriaci, che in data 11 novembre 1966 delega alla Cei il compito di preparare una nuova sussidiazione catechistica per i cattolici italiani.
Il lavoro prende subito avvio avendo alcuni punti di riferimento precisi: il concilio anzitutto, definito da Paolo VI «il grande catechismo dei tempi nuovi»; poi la pluriennale e innovativa azione dell’Ac in campo catechistico. L’esperienza suggerisce alcuni convincimenti di fondo relativi alla necessità di: rinnovare globalmente tutta l’azione catechistica e non solo un semplice testo; corresponsabilizzare nel lavoro tutta la comunità credente; infine, produrre più sussidi catechistici. Istruttive risultano pure le esperienze catechistiche realizzate all’estero. Si guarda soprattutto al catechismo tedesco del 1955, che aveva segnato un punto di ‘non ritorno’ in tema di catechesi biblica e liturgica. E si fa pure riferimento alla scelta francese di stilare a livello nazionale soltanto dei fonds obligatoires orientativi per le varie età, lasciando alle realtà ecclesiali locali la redazione di una strumentazione catechistica più incarnata nei diversi ambienti socio-religiosi.
Alla luce di tali riferimenti, teorici e pratici, si formulano le prime ipotesi che prevedono un ‘direttorio’ orientativo ‘unico’ per una nuova catechesi in Italia (‘documento di base’), insieme a una ‘pluralità di testi di catechismo’, considerati però ‘un unico catechismo per la vita cristiana’. Si ipotizzano, in concreto, quattro testi diversi indirizzati rispettivamente a infanzia, fanciullezza, adolescenza ed età adulta, da supportare con appositi ‘sussidi didattici’.
Tra luglio e dicembre del 1967, tre importanti seminari di studio permettono di precisare l’ipotesi iniziale e avviare la stesura del Db137. Entro il marzo 1968 vedono la luce tre redazioni del documento. La terza viene diffusa in migliaia di copie per un’ampia consultazione che frutta una lunga serie di osservazioni raccolte in circa 3800 schede. Altre stesure si susseguono: tra queste, da ricordare quella effettuata con la collaborazione del discusso teologo moralista Ambrogio Valsecchi. Inviato infine ai vescovi, il Db riceve un’approvazione quasi unanime (281 placet e 6 non placet)138. Tuttavia, prima della promulgazione, alcune difficoltà e resistenze vengono al documento dalla Congregazione per il clero139, in nome della preoccupazione per la integrità e ortodossia dei contenuti dottrinali che ogni atto catechistico deve trasmettere. Quest’ultimo ostacolo viene superato non senza tensioni, e il Db può essere promulgato il 2 febbraio 1970, con il titolo ufficiale: Catechismo per la vita cristiana - 1 - Il rinnovamento della catechesi140.
Il documento viene giudicato ancora oggi uno dei migliori testi promulgati dalla Cei, anche perché effettivamente frutto del coinvolgimento della comunità ecclesiale. Gli si riconosce il merito di aver diffuso ampiamente le idee conciliari nelle comunità cattoliche italiane (soprattutto delle costituzioni Lumen gentium, Sacrosanctum concilium, Dei Verbum, Gaudium et spes) e di aver proposto una chiara sintesi della riflessione più aggiornata dell’epoca quanto a soggetti, fonti, contenuti, referenti, operatori e metodi della catechesi.
Per ragioni di brevità ricordiamo soltanto, tra gli aspetti più innovativi del testo, la sua forte sensibilità antropologica. Sotto questo profilo, il Db fa suo ed esprime perfettamente l’orientamento pastorale e catechistico prevalente nella Chiesa nel passaggio cruciale tra gli anni Sessanta e i primi anni Settanta. Notoriamente, è quella un’epoca di forte travaglio per la Chiesa italiana. In una realtà socio-politica e culturale già scossa da fenomeni epocali quali la secolarizzazione e la contestazione studentesca e operaia, il cattolicesimo italiano partecipa della crisi che percorre la Chiesa postconciliare in genere per svariate ragioni, quali ad esempio: le tensioni per lo scontro tra innovatori e tradizionalisti, le discussioni seguite alla pubblicazione del Nuovo catechismo olandese (1966 in originale, 1969 in traduzione italiana), le critiche indirizzate alla Humanae vitae, la difficoltà di coniugare correttamente evangelizzazione e promozione umana che emergerà anche nel Sinodo del 1974. Nella Chiesa italiana in specie, fanno sentire i loro effetti la radicalizzazione di opposte ideologie in campo politico, l’avvio dello ‘stragismo’, l’affermarsi di un pensiero fortemente libertario, il sorgere delle comunità di base, la fine dell’unità politica dei cattolici, la nascita dei cristiani per il socialismo, la sensibilità per la teologia della liberazione, le divisioni connesse alla legislazione in tema di divorzio e altri fattori ancora.
In un tale contesto, il movimento catechistico internazionale si trova concorde nel compiere un terzo, significativo passo della sua storia: dopo aver suggerito un rinnovamento della catechesi prima sul piano metodologico e poi contenutistico, si fa attento al referente della catechesi e a sottolineare la ‘dimensione esperienziale’ dell’atto catechistico, nella preoccupazione di rendere udibile il messaggio cristiano a un uomo secolarizzato – almeno quello occidentale – che invece lo trova ‘in-credibile’ e soprattutto insignificante per la propria esistenza141. In tal modo avvalora, anche con ragioni di indole pastorale, la ‘svolta antropologica’ in teologia già propiziata con motivazioni schiettamente teologiche da Karl Rahner fin dagli anni Trenta. Ebbene, il Db traduce pienamente questa linea in ambito italiano142, arrecando così anche un significativo apporto alla riflessione e alla prassi di una Chiesa che, di lì a poco, si occuperà specificamente, non senza ulteriori tensioni, di ‘promozione umana’143.
Sulla scorta della indicazioni offerte dal Db si provvede al elaborare, con largo coinvolgimento delle realtà locali, una serie di cinque sussidi catechistici per le diverse età, completando l’ipotesi iniziale dei quattro catechismi con un quinto testo per i giovani. Nelle intenzioni dei redattori si tratta però di un ‘unico’ libro per la fede dei cattolici italiani. Si pensa di poter assicurare tale unitarietà con scelte metodologiche e contenutistiche uniformi. Tutti i testi sono pensati come ‘veri catechismi’ (e non, ad esempio, raccolte di testi-fonte della dottrina), concepiti ‘per la comunità’, impostati ‘ad itinerario’, «per la vita cristiana»144, ‘cristocentrici’ quanto a contenuto145 e redatti con costante attenzione alle indicazioni di indole psico-pedagogica e didattica.
In concreto, tra 1973 e 1982 vedono progressivamente la luce Il catechismo dei bambini (1973); quello per i fanciulli, distinto in tre testi: Io sono con voi (1974; per i 6-8 anni circa), Venite con me (1975; per gli 8-10 anni), Sarete miei testimoni (1976; per i 10-12 anni); quello per i ragazzi, in due parti: Vi ho chiamato amici (1982; per i 12-14 anni) Io ho scelto voi (1982; per i 14-17 anni); il catechismo per i giovani: Non di solo pane (1979; dai 18 anni); infine, quello per gli adulti: Signore da chi andremo? (1981)146.
È da notare che i suddetti testi vengono pubblicati «per la consultazione e la sperimentazione» e a firma non di tutta la Cei ma della sola Commissione episcopale deputata a occuparsi della catechesi, e ciò soprattutto per l’urgenza di colmare il vuoto di sussidiazione che si era venuto a creare con l’abbandono del catechismo di Pio X.
Ma proprio il modo con cui i testi in questione vengono diffusi suscita le perplessità e l’intervento della Congregazione per il clero cui, secondo il chiaro dispositivo del Direttorio generale per la catechesi del 1971 (cfr. in part. i numeri 119 e 134), spetta tra l’altro la recognitio e l’approbatio dei catechismi preparati dalle Conferenze episcopali.
L’occasione immediata per l’intervento dell’organismo vaticano è data dal fatto che gli ultimi due testi pubblicati dalla Cei (quelli degli adulti e dei ragazzi) risultano divulgati senza la prevista approvazione della stessa Congregazione. Il suo prefetto, cardinal Silvio Oddi, rivolge allora formale richiesta di chiarimenti al cardinal Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, in merito al controllo dell’autorità ecclesiastica sulle opere destinate alla catechesi. La domanda, del 2 luglio 1982, riceve risposta ufficiale in data 7 luglio 1983147.
In essa si ribadisce il dispositivo del Direttorio del 1971, ripreso dal nuovo codice di diritto canonico del gennaio 1983 (canone 775 § 2); si vietano sostanzialmente catechismi «per la consultazione e la sperimentazione»; si richiede che ogni sussidio catechistico a diffusione nazionale abbia la firma di tutta la Conferenza episcopale e non di una sola Commissione, mentre si lascia al singolo ordinario diocesano la libertà di concedere l’imprimatur e l’utilizzo di altri testi oltre a quelli di carattere nazionale.
In tutta evidenza l’intervento va collocato nel quadro dell’orientamento sviluppatosi nella Chiesa postconciliare a rivedere in un’ottica riduttiva la teologia della collegialità episcopale. Esso, però, diventa ancor più comprensibile se si considera che, a partire dalla fine degli anni Settanta, in ambito specificamente catechistico matura, sia a livello di operatori pastorali, sia di magistero, un atteggiamento variamente critico verso una catechesi postconciliare accusata di eccessiva attenzione all’uomo e di poca cura della integrità e ortodossia nella comunicazione dei contenuti della fede. Una critica che, se a livello di quanti sono impegnati nella pastorale si esprime nelle ristampe del ‘Pio X’148 o del Catechismus ad parochos149, a livello di magistero trova ben più autorevole espressione fin dal 1979 nell’esortazione apostolica Catechesi tradendae di Giovanni Paolo II, il documento del ‘sì…ma’ nei confronti delle scelte antropologiche della catechesi postconciliare150, per arrivare, più avanti e in ‘crescendo’, alle analoghe riserve espresse dal cardinal Ratzinger attraverso una celebre e discussa conferenza tenuta a Lione e a Parigi nel gennaio del 1983151, al fallito tentativo del cardinal Oddi di fare approvare dal Consiglio internazionale per la catechesi (Coincat)152 uno Schema doctrinae christianae come riferimento sicuro di ogni catechismo futuro (1983)153, all’insistenza con cui papa Wojtyla considera catechesi sistematiche i suoi discorsi nelle udienze generali del mercoledì154 e, infine, alla richiesta di un catechismo universale che sarà espressa dal Sinodo vescovile del 1985155.
In questo contesto la presa di posizione vaticana, al di là delle inevitabili polemiche suscitate156, induce la Cei ad anticipare la pur prevista revisione e redazione definitiva dei suoi catechismi. Conseguentemente si mette in moto un ampio lavoro coordinato dall’Ucn e dai vertici ecclesiali ma che, ancora una volta, vuole impegnare direttamente le chiese locali. Per facilitare la revisione l’Ucn appronta il volumetto Itinerario per la vita cristiana, già citato più sopra, che ricorda sinteticamente le grandi linee e i contenuti del progetto catechistico italiano. Da parte sua la Cei cura la pubblicazione di un documento-questionario per la maggior parte occupato da ‘schede di lavoro’ utilizzabili come traccia per la revisione dei testi catechistici da effettuare nelle diocesi157. Infatti, sono queste, tramite i loro Uffici catechistici ad essere le più direttamente impegnate nella verifica. Non manca il coinvolgimento dei parroci, chiamati per l’occasione a tre convegni nazionali158.
La consultazione della base ecclesiale (conclusasi ufficialmente il 31 ottobre 1985) permette di cogliere in termini abbastanza precisi l’effettiva ricezione della proposta catechistica postconciliare, al di là degli enunciati teorici degli esperti. Qui è possibile richiamare soltanto l’atteggiamento globale mostrato dalle comunità locali verso il progetto catechistico Cei nel suo insieme. L’indagine rileva, da una parte, la consapevolezza e la volontà di percorrere la strada del rinnovamento, dall’altra segnala il fatto che la catechesi praticata in molte comunità resta legata a schemi pastorali ormai superati. Così, mentre si ha una sostanziale accettazione dei catechismi nuovi, questi stessi testi vengono utilizzati con una mentalità vecchia, cioè come testi scolastici in vista della ‘sacramentalizzazione’, piuttosto che «per la vita cristiana», disattendendo nei fatti anche il programma pastorale promosso dalla Cei negli anni Settanta in tema di evangelizzazione e sacramenti159. Si constata quindi che si continua a fare catechismo per ‘istruire’ e ‘insegnare’ una dottrina da sapere, peraltro senza significativi guadagni né in termini di ‘conoscenza’ della fede, né, ancor più, di superamento dell’estraneità tra fede e vita.
Lasciando da parte i risultati della consultazione intorno ai singoli testi, diciamo che sulla base dei dati raccolti, tra 1986 e 1997 si procede alla elaborazione e diffusione dei nuovi catechismi, proprio mentre a livello di opinione pubblica ecclesiale e civile emerge in primo piano tutta la complessa problematica relativa all’insegnamento religioso scolastico, così come previsto dalla revisione del Concordato e dall’Intesa del 1984-1985.
Quanto ai catechismi, il quadro complessivo e logico che risulta a riscrittura ultimata, può essere così delineato. Ancora sotto il titolo generale Catechismo per la vita cristiana, ma questa volta a firma di tutta la Cei, abbiamo i seguenti testi: il ‘documento di base’ che non viene ritoccato; il catechismo degli adulti La verità vi farà liberi (1991); i due testi per giovani: Io ho scelto voi (1993; per i 14-18 anni) e Venite e vedrete (1997; dai 18 anni). Seguono i testi per l’iniziazione cristiana dei bambini: Lasciate che i bambini vengano a me (1991), e dei fanciulli e ragazzi: Io sono con voi (1991; 6-8 anni), Venite con me (1991; 8-10 anni), Sarete miei testimoni (1991; 11-12 anni), Vi ho chiamato amici (1991; 12-14 anni)160.
Ragioni di spazio consentono soltanto di accennare ad alcuni tratti dei nuovi sussidi.
Essi sono dichiaratamente redatti nel segno della ‘continuità’ con il progetto catechistico precedente. Tale continuità trova emblematica espressione nella riconsegna del Db, rimasto inalterato, ai catechisti italiani riuniti per il loro primo Convegno nazionale celebrato a Roma nell’aprile del 1988. L’atto è stato accompagnato da una Lettera esplicativa dei vescovi. Non mancano però le differenze, prima fra tutte l’enfasi posta da questi nuovi testi sull’integrità e ortodossia dei contenuti catechistici: un chiaro riflesso delle critiche richiamate poco sopra in merito a una catechesi considerata eccessivamente ‘antropologica’ e poste in evidenza, in quegli anni, in nome dell’‘istanza veritativa’ connaturale a ogni atto catechistico161 e attraverso la pubblicazione del Catechismo della Chiesa cattolica (1992), un testo che dichiaratamente intende raccogliere in termini ortodossi tutti i contenuti della fede cattolica, senza la preoccupazione immediata di una loro inculturazione.
È poi da sottolineare la collocazione del catechismo per gli adulti in capo a tutte la serie dei sussidi per le varie età, a riprova dell’accresciuta consapevolezza, almeno a livello teorico, della priorità che va riservata alla catechesi per l’età adulta. Ancor più significativa, però, è l’idea di «iniziazione cristiana» intorno a cui si è costruita tutta la proposta di formazione catechistica contenuta nei testi per l’infanzia, la fanciullezza e la preadolescenza. Questa titolazione segnala chiaramente il fatto che la catechesi di questi ultimi anni si muove ormai sotto la spinta di nuove urgenze pastorali che la orientano verso un nuovo paradigma.
Prima però di cogliere, sia pure brevemente, questi nuovi orientamenti, è d’obbligo dare almeno uno sguardo al macroscopico fenomeno dei catechisti italiani cui, di fatto, è toccato e tocca l’onere di valorizzare nella pratica le istanze e gli strumenti della catechesi postconciliare.
In effetti, gli anni del postconcilio hanno visto crescere progressivamente in Italia i catechisti laici, e in numeri tali da attirare presto anche l’attenzione degli studiosi di sociologia. Tralasciando le numerose indagini a livello locale effettuate sin dalla fine degli anni Settanta, è da annotare che gli operatori della catechesi sono stati oggetto di almeno tre seri studi sociologici condotti su scala nazionale dagli Istituti di catechetica e di sociologia dell’Università pontificia salesiana di Roma, a scadenza decennale tra 1981 e 2003162. Da una parte, le ricerche hanno mostrato come nel corso degli anni si è registrata l’evoluzione di alcuni dati, quali la crescita del numero dei catechisti (che ha superato abbondantemente le 200.000 unità), della loro età media e della durata dell’impegno nel loro servizio. Dall’altra, esse hanno segnalato il sostanziale persistere di alcuni tratti che risultano con l’essere particolarmente problematici. Tali sono la decisa prevalenza dell’elemento femminile proveniente dal mondo della scuola, dedito alla catechesi dei più piccoli; di qui la ‘femminilizzazione’, la ‘scolastizzazione’ e l’‘infantilizzazione’ della catechesi, cui vanno aggiunti il mancato appoggio della comunità e la permanente difficoltà nella formazione del catechista (meglio: della catechista).
Naturalmente la Cei dal canto suo ha sempre mostrato, tramite l’Ucn, un costante interesse alla figura dell’operatore della catechesi, delineandone la figura ideale, le competenze, la spiritualità e le esigenze formative. Ciò è avvenuto fin dal decimo capitolo del Db, cui hanno fatto seguito negli anni ben tre documenti specifici: La formazione dei catechisti nella comunità cristiana. Orientamenti pastorali (1982), Orientamenti e itinerari di formazione dei catechisti (1991), La formazione dei catechisti nella comunità cristiana. Formazione per l’Iniziazione Cristiana dei fanciulli e dei ragazzi (2006)163. Alla stessa preoccupazione per la formazione dei catechisti sono dovuti i due convegni nazionali a essi dedicati nel postconcilio: il primo, già evocato e svoltosi nel 1988, si è concentrato precisamente sull’identità e la preparazione del catechista164; il secondo, celebrato nel 1992, è stato dedicato al catechista impegnato nella catechesi degli adulti165.
Se però, al di là delle indicazioni teoriche e ideali si analizza la realtà, si deve registrare a tutt’oggi una perdurante criticità nella formazione di questa figura, che pur rimane tra le più diffuse e familiari nelle strutture parrocchiali italiane166.
Per concludere, è il momento di tornare a quella «iniziazione cristiana» che qualifica la finalità degli ultimi catechismi ufficiali editi dalla Cei per gli anni che vanno dalla prima infanzia alla preadolescenza. La titolazione sta a indicare, in tutta evidenza, che la Chiesa cattolica italiana ha ormai preso coscienza, almeno in linea di principio, della fine di quel plurisecolare regime di cristianità che per secoli ha caratterizzato la penisola: è questa la presa d’atto fondamentale che sta alla base degli orientamenti pastorali di indole generale proposti nel 2001 dalla Cei per il primo decennio del nuovo millennio: ‘comunicare il Vangelo in un mondo che cambia’167.
Tali orientamenti risultano specificati con riferimento alla parrocchia168 e – per quanto interessa qui – alla catechesi. Anzi, in quest’ambito già sul finire degli anni Novanta (1997 e 1999) sono uscite due ‘note pastorali’, completate poi da una terza pubblicata nel 2003169, che prospettano alla catechesi un deciso superamento della sua impostazione tradizionale, volta sostanzialmente alla ‘conoscenza’ della fede, per farsi appunto ‘iniziazione’ alla vita cristiana in tutti i suoi aspetti. Si affida insomma alla catechesi il compito di far fare ‘esperienza’, ‘tirocinio’ di vita cristiana a tutti gli interessati: a chi – adulto o ragazzo – chiede i sacramenti dell’iniziazione cristiana (battesimo – cresima – eucaristia); a chi vuole riaccostarsi alla fede e alla pratica cristiana (i cosiddetti ‘ricomincianti’); ma anche ai ragazzi che, battezzati da neonati, percorrono l’abituale iter di preparazione alla cresima e all’eucaristia.
Il lessico catechetico attuale si arricchisce allora di termini ripresi dalla tradizione più antica della Chiesa o decisamente nuovi, ispirati magari da altre Chiese dell’Occidente secolarizzato, come quelle di Francia e Spagna, che vivono le medesime problematiche: catecumenato, itinerari catecumenali, iniziazione, catechesi di ‘proposta’, di ‘generazione’ della fede, di ‘engendrement’, e altri ancora. È di questi ultimi anni, in particolare, la riscoperta della necessità di un nuovo ‘primo annuncio’ della fede170 che si ispira, per certi aspetti, alla ‘nuova evangelizzazione’ cara aGiovanni Paolo II.
A parte le questioni lessicali, in questi primi anni del nuovo millennio la catechesi cattolica italiana si presenta come un vasto ‘cantiere’ ove si lavora a tutti i livelli alla ricerca di un nuovo ‘paradigma’ catechistico. Così mentre sul piano della riflessione teologico-catechetica si discute, ad esempio, sulla possibile perdita della specifica identità della catechesi, sulla ‘educabilità’ della fede o intorno al concetto di ‘iniziazione’171, sul terreno della prassi ci si impegna con svariate sperimentazioni: a superare l’impostazione eccessivamente scolastica che caratterizza ancora l’itinerario catechistico proposto dall’infanzia alla preadolescenza; a spezzare l’automatismo che lega la catechesi al sacramento; a coinvolgere le famiglie; a formare catechisti che non siano solo insegnanti ma ‘accompagnatori’ dei catechizzandi; a curare la formazione biblica dei credenti (ambito nel quale si impegna sin dal 1988 il Settore apostolato biblico dell’Ucn), e altro ancora.
Tutto ciò ha contribuito a un progressivo abbandono dei testi catechistici nazionali della Cei, a conferma del dato storiografico che attesta la relatività del catechismo-libretto come strumento di catechesi172. E anche questo semplice ma significativo dato di ordine quantitativo stimola oggi la comunità cattolica italiana, proprio nel quarantennale del ‘documento base’ (1970-2010), a ipotizzare una nuova ‘carta’ da porre a fondamento di una rinnovata catechesi173, in un contesto di emergenza educativa che tocca anche la formazione delle nuove generazioni cristiane174.
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Gli inizi di una catechesi evangelica, e la stessa esistenza di chiese evangeliche in Italia, sono da mettere in relazione con la presenza valdese che a partire dal secolo XII dal Sud della Francia si era diffusa in alcune vallate del Piemonte (Alpi Cozie) e successivamente in altre regioni della penisola (Lombardia soprattutto)176. Il movimento valdese, d’ispirazione laica, sorto all’interno della Chiesa medievale cattolica ma presto osteggiato, considerato eretico e come tale perseguitato, annoverava tra le sue principali proposte la diffusione dell’Evangelo, rivendicando il diritto di libere predicare, allora del tutto precluso ai laici (già Valdo di Lione, all’origine del movimento, aveva fatto tradurre a sue spese in lingua volgare alcune parti del Nuovo Testamento)177.
A contatto con l’Hussitismo, secondo legami ricchi anche se obiettivamente difficili da ricostruire sotto il profilo istituzionale – legami che peraltro hanno provocato un’influenza della letteratura boema su quella delle Valli Alpine – i valdesi composero verso la fine del secolo XV un testo di catechismo per i fanciulli e i giovani, le cosiddette Interrogacions menors. Uno spartiacque nella storia del movimento fu poi determinato dalla sua adesione alla Riforma protestante. Con ilsinodo di Chanforan (1532), esso si costituì come Chiesa riformata. Di lì a poco, l’avvenuto passaggio trovò una conferma concreta nella trasformazione dei ‘barba’ – i predicatori itineranti valdesi – in pastori. Fu precisamente in seguito a tale circostanza che si consolidò l’azione di catechesi già praticata dagli stessi ‘barba’ nei loro itinerari su entrambi i versanti alpini, che in questo modo lasciarono labili ma significative tracce del loro operato, soprattutto nei procedimenti inquisitoriali di cui furono oggetto. La realizzazione di un tale passaggio da ‘movimento’ clandestino e perseguitato a ‘Chiesa riformata’ non fu priva di persistenti difficoltà. Essa fu anzi punteggiata, nei domini dei cattolicissimi Savoia, da episodi repressivi anche sanguinosi: occorrerà attendere il 1848 prima che valdesi ed ebrei ottengano i diritti civili e politici nel regno sabaudo. Confinati nel mondo alpino, i valdesi svilupparono pertanto, a partire dal secolo XVI, rapporti soprattutto in direzione dell’altro versante della catena montuosa, e in particolare con la Ginevra riformata che aveva anch’essa aderito alla Riforma protestante nel 1536.
Anche nell’organizzazione delle loro comunità – si registra la costruzione di templi a partire dal 1555 – i valdesi seguirono l’esempio ginevrino. Allo stesso modo, i testi di catechismo utilizzati per la formazione dei catecumeni furono quelli di Calvino: il primo del 1537178 e il secondo del 1542179. Nel redigere il primo catechismo, riassunto dottrinale della sua Istituzione della religione cristiana (1536), Calvino si era ispirato ai due catechismi di Lutero, il Piccolo e il Grande catechismo180, pubblicati entrambi nel 1529. Lo schema era analogo e la dottrina cristiana tradizionale era riassunta in questo modo: comandamenti, credo, Padre nostro e poi battesimo e cena del Signore. Accortosi che il testo era troppo difficile per dei ragazzi, Calvino riformulò in seguito il catechismo in domande e risposte nel suo secondo lavoro, incentrato su una nuova prospettiva teologica e indubbiamente più adeguato anche dal punto di vista pedagogico.
L’affermarsi della Riforma protestante determinò un maggior coinvolgimento del popolo nell’attività di catechesi, soprattutto per il fatto che il testo di catechismo, insieme alla Bibbia, era posto ora in mano ai laici quale strumento principale per combattere l’ignoranza religiosa e promuovere la crescita delle conoscenze e della maturità spirituale. Il testo più noto nell’ambito riformato di lingua tedesca era Il catechismo di Heidelberg (1563)181, tradotto nelle diverse lingue europee, italiano compreso. Nella Chiesa valdese a imporsi sarà tuttavia un diverso catechismo nato in area francofona, opera del pastore di Neuchâtel Jean François Ostervald, l’Abrégé de l’histoire sainte et du catéchisme, che sarà stampato in molte edizioni e usato sino alla fine dell’Ottocento, e in qualche caso ancora agli inizi del Novecento182. Per una lunga fase esso venne utilizzato unicamente in lingua francese e solo più tardi anche nelle sue versioni occitana (1832, in «lingua valdese») e piemontese (1839), mentre la versione italiana fu usata in Svizzera, nella Val Bregaglia (1835).
All’«offensiva catechistica» lanciata dalla Riforma – in ogni città o territorio che vi aderì si pubblicarono dei testi di catechismo – corrispose assai presto un’analoga risposta cattolica, sia prima sia soprattutto dopo il concilio di Trento, con la composizione di numerosi testi per iniziativa tanto romana quanto di singoli vescovi183. Da questo momento e fino a tutto il secolo XX saranno i catechismi a costituire lo strumento pastorale e didattico privilegiato per formare la spiritualità e l’identità degli adolescenti, cattolici e protestanti184.
Una svolta significativa si avrà in Italia col periodo risorgimentale, a seguito del conseguimento dell’unità politica. I fermenti rivoluzionari videro l’impegno di numerosi evangelici, sensibili alle idee di libertà di coscienza e di religione caratteristiche del pensiero liberale e democratico già diffuso in Europa, accostando talora l’obiettivo di una riforma politica a quello di una riforma religiosa della penisola: lo stesso cappellano militare di Giuseppe Garibaldi, Alessandro Gavazzi, fu a capo delle Chiese cristiane libere italiane. Raggiunto l’obiettivo dell’unità si moltiplicarono gli sforzi delle società missionarie protestanti per ‘evangelizzare’ l’Italia cattolica185. Accanto alla Chiesa valdese e alle Chiese cristiane libere operanti in Italia, giunsero le missioni metodiste e battiste inglesi e poi americane. L’idea era di riscattare l’Italia dalla ‘schiavitù clericale’ in cui era stata costretta sino ad allora: l’evangelizzazione del popolo includeva pertanto due aspetti l’un l’altro connessi, l’istruzione civile e quella religiosa. In una popolazione in gran parte ancora non alfabetizzata imparare a leggere e a scrivere era infatti tutt’uno col ricevere una prima iniziazione al Cristianesimo attraverso il catechismo, un binomio invero tradizionale risalente almeno al XVI secolo.
Per diffondere la fede cristiana evangelica, le diverse Chiese protestanti italiane avevano a disposizione testi ereditati dal passato, quali il Piccolo catechismo di Lutero, il Catechismo di Heidelberg e l’Abrégé di Ostervald, ma l’impresa di evangelizzare il popolo italiano richiedeva ora dei catechismi pensati appositamente in terra italiana186. L’azione di evangelizzazione che impegnò le generazioni del Risorgimento e del periodo successivo all’Unità d’Italia fu il prodotto di un’intensa attività e dell’impiego di notevoli energie e fece perno sull’Editrice Claudiana di Firenze, pensata per il mondo evangelico italiano. Nel contesto di tale impresa, tra la seconda metà del secolo XIX e i primi decenni del XX furono pubblicati una moltitudine di testi di catechismo. Uno dei primi venne stampato nel 1847 a Genova, il Compendio di dottrina cristiana compilato dall’Assemblea dei sacerdoti tenuta in Westminster, opera che avrà diverse edizioni. Nel 1851 viene pubblicato a Firenze un Catechismo da usarsi dalle Madri di famiglia per l’istruzione dei fanciulli, mentre nel 1858 a Torino vede la luce un Semplice catechismo istruttivo per quelli che si dispongono a comunicarsi. Nel 1863, inoltre, viene edito a Firenze un Semplice catechismo sulla Santa Cena. Ben altra natura possedeva invece il Catechismo protestante ossia esposto dei principali motivi per cui dai cristiani evangelici si protesta contro le dottrine e pratiche della chiesa romana, pubblicato a Torino nel 1860: un ‘catechismo-pamphlet’ che denunciava polemicamente gli aspetti antievangelici della dottrina e della prassi cattolico-romana. Un altro catechismo polemico – questa volta però nei confronti della setta cristiana dei Plimuttisti – venne pubblicato nel 1866 a Firenze, tradotto dall’inglese, con il titolo Catechismo sulle dottrine dei Plimuttisti. Scopo dichiarato dell’opera era di «dare in mano ai cristiani evangelici una confutazione facile e popolare delle principali dottrine dei cosiddetti fratelli, ovvero Plimuttisti», come è scritto nella prefazione. Curioso, per certi versi, è poi il Catechismo per servire d’istruzione alla gente semplice delle campagne scritto ad uso di dialogo fra il padrone di un tenimento ed il suo colono per nome Lorenzo, strutturato lungo l’arco di sette domeniche e pubblicato a Firenze nel 1864. Un paio d’anni dopo, nel 1866, sempre per i tipi della Claudiana di Firenze, si diede alle stampe il Catechismo della chiesa evangelica valdese o manuale d’istruzione cristiana ad uso dei catecumeni di detta chiesa, traduzione italiana dell’omologo catechismo di lingua francese187, punto d’arrivo del lungo lavoro di ben tre commissioni di pastori, approvato all’unanimità dal corpo pastorale valdese. Nell’introduzione si metteva in evidenza la necessità di avere un catechismo più conciso di quello di Ostervald, ritenuto più biblico e più dottrinale. L’impianto di questo catechismo era assai prossimo a quello del Catechismo di Heidelberg, di cui ricalcava l’impostazione: accanto a ogni risposta alla domanda precedentemente posta si aveva cura d’indicare con precisione i riferimenti alle Sacre Scritture. Nel 1874 vide la luce a Firenze un catechismo in lingua francese ovvero il Catéchisme évangélique ou Manuel de la doctrine faisant suite soit à l’instruction biblique soit à un catéchisme historique, opera di Paolo Geymonat, professore di teologia presso la Facoltà valdese, la cui sede era allora nella città toscana. Sempre a Firenze venne poi pubblicato, nel 1886, un Piccolo catechismo ad uso delle scuole infantili e serali dell’asilo professionale evangelico.
Salvo alcune eccezioni, con l’avvento del Novecento i testi di catechismo erano ormai tutti in lingua italiana. Nel 1903 si pubblicava a Roma un Catechismo metodista con prove bibliche mentre nel 1908 Ugo Janni, ex sacerdote cattolico divenuto pastore valdese, faceva stampare a Firenze un Catechismo filosofico sulle fondamentali dottrine del cristianesimo. L’anno seguente Serafino Beruatto pubblicava, questa volta a Venezia, un Catechismo evangelico, utilizzando come modello sia il catechismo valdese che quello metodista e proponendo al lettore, in appendice, un Catalogo cronologico delle falsificazioni introdotte dal Papismo nella religione cristiana. Nel 1911 Ernesto Comba pubblicava a Roma La religione cristiana esposta ai giovanetti e agli adulti, che avrà più edizioni. Con l’approvazione del sinodo valdese si stampava a Torre Pellice, nel 1920, La religione cristiana. Manuale d’istruzione religiosa ad uso delle chiese evangeliche, indirizzato nello specifico agli studenti delle scuole secondarie. I catechismi – come si vede – non mancavano, e tuttavia si avvertiva l’esigenza di superare il vecchio schema strutturato in domande e risposte, che aveva dominato la scena sino ad allora.
Accanto ai catechismi veri e propri, non sono mai mancati i manuali biblici finalizzati a una presentazione didatticamente fruibile dei libri della Sacra Scrittura. Fra gli ultimi tentativi compiuti in questa direzione meritano di essere qui menzionati i due volumi di Giorgio Tourn La voce dei profeti. Guida alla lettura dell’Antico Testamento (Torino 1965) e La voce degli apostoli. Guida alla lettura del Nuovo Testamento (Torino 1966). In tale ambito – in seguito al concilio Vaticano II (cfr. in part. l’enciclica Dei Verbum) e alle mutazioni intervenute nelle relazioni tra le diverse Chiese cristiane – saranno pubblicati in coedizione tra la protestante Editrice Claudiana e la cattolica Elledici numerosi testi per la conoscenza della Bibbia e per la catechesi dei bambini e degli adolescenti188. Mentre la Chiesa evangelica luterana in Italia diffonde i propri materiali in lingua tedesca, eccezion fatta per alcune comunità di lingua italiana, tra i numerosi testi moderni utilizzati nelle Chiese evangeliche della penisola si segnala l’opera Racconta la Bibbia ai tuoi ragazzi/1. Dai patriarchi a Gesù degli olandesi Jac. J. Sinnema e C.M. de Vries, edito dalla Claudiana a cura di Thomas Soggin nel 1970 come primo dei nove volumi inizialmente previsti. Nell’opera, la Bibbia viene ‘raccontata’ con un’efficace scelta di testi e d’immagini, rendendo in questo modo possibile una catechesi che coinvolge bambini e adulti in un dialogo intergenerazionale. Successivamente ha avuto notevole diffusione nelle Chiese evangeliche il testo Crescere nella fede, edito a Torino nel 1987 dal Servizio istruzione e educazione (Sie) della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei). Si tratta di un catechismo che prevede 32 schede per i ragazzi e altrettante schede per i catechisti (animatori), oltre a una selezione di 97 testi antologici. Vi ha fatto seguito, nel 1990, il testo Chiamati a libertà, che propone due diversi itinerari biblici – l’uno riguardante l’Antico, l’altro il Nuovo Testamento – ciascuno dei quali articolato in 25 schede per i ragazzi e in altrettante schede per gli animatori. Un dizionario biblico illustrato, Navigare nella Bibbia, pubblicato nel 2001, offre inoltre un utile ausilio alla catechesi.
L’intero materiale per i bambini e i ragazzi che frequentano la scuola domenicale è curato da una équipe di persone che fanno riferimento alla rivista «La Scuola domenicale», che ogni anno prepara i testi in uso nelle Chiese e che offre un sostegno teologico e didattico a monitori e pastori189. I temi classici della catechesi sono collocati al centro di una relazione dinamica tra parola e immagine che favorisce il contatto con i bambini. Accanto a quanto prodotto dal Servizio istruzione e educazione della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia non mancano, d’altra parte, traduzioni di testi elaborati in altre nazioni, anche se sempre nell’ambito del mondo protestante. Tra questi meritano di essere segnalati alcuni lavori della pedagogista nonché teologa tedesca Regine Schindler quali anzitutto Padre nostro – riletto per i bambini (I classici Bohem) e la triade Il battesimo del fratellino di Stefano, Gesù spezza il pane e Paolo e la vita nuova (Claudiana).
Se su questo terreno vi è materiale curato e aggiornato, non altrettanto si può dire per l’ambito della catechesi degli adolescenti, che è alla costante ricerca di testi e di una programmazione capaci di sensibilizzare l’età adolescenziale e coinvolgerla nella vita cultuale delle comunità. Le nuove prospettive della catechesi che si sono via via imposte in interazione con le varie acquisizioni pedagogiche e didattiche delle scienze umane hanno presto messo in crisi il ‘testo’ di catechismo anche quando non era più strutturato nello schema tradizionale domande-risposte. La messa in discussione successiva al 1968 delle vecchie tipologie di educazione autoritaria non poteva del resto non investire anche i catechismi e la catechesi. A cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta del Novecento i tradizionali testi di catechismo, quando non sono abbandonati del tutto, scivolano decisamente in secondo piano: al centro non vi è più il testo ma la persona dell’adolescente. Nelle Chiese protestanti italiane si è infatti tentato di far catechesi a partire dal problema di mettere in relazione il vissuto della difficile età adolescenziale con il Vangelo. La carenza o l’assenza di testi tradizionali di catechismo è stata dunque la conseguenza di questo tentativo di approccio ‘pedagogico-catechetico’ in costante evoluzione. Non essendo più possibile un’ermeneutica esclusivamente deduttiva (dal testo biblico alla sua applicazione) ci si è assunti l’arduo compito di sviluppare anche un’ermeneutica ‘induttiva’: a partire dal vissuto concreto dei ragazzi si ricerca un senso illuminato dal Vangelo mediante una selezione di testi biblici. Articolando i due diversi procedimenti nell’ambito di una catechesi dialogica, in cui il catechista si pone al servizio del gruppo non come maestro ma portando la sua personale esperienza di semplice testimone dell’Evangelo, la catechesi acquista rinnovata credibilità. Ciò però non significa l’abbandono della Bibbia o il non sapersi più confrontare con i testi (l’uso di audiovisivi, peraltro, ha ormai largamente integrato una catechesi incentrata in modo piuttosto unilaterale sulla Parola). Semmai, i diversi strumenti pedagogici e didattici disponibili si situano in un diverso ordine pratico-simbolico, nell’orizzonte del quale la catechesi ha smesso di essere intesa come ‘insegnamento’ in senso tradizionale e viene al contrario vissuta come ‘far esperienza insieme’ – un’esperienza finalizzata alla ricerca del senso di una Parola che le Scritture offrono allo studio di catechisti e catecumeni, ove la figura del catechista coincide essenzialmente con quella del testimone. In un contesto di crescente pluralismo religioso, sullo sfondo del quale il Cristianesimo compare come una religione fra le altre – per di più segnata da diverse appartenenze confessionali – il carattere di testimonianza assume infatti una valenza determinante rispetto a una astratta religione-dottrina190.
Nelle Chiese evangeliche i bambini frequentano la scuola domenicale per circa 5 anni e successivamente partecipano al catechismo (3-4 anni) fino al momento della confermazione o del battesimo (per le Chiese battiste non vi è il battesimo dei bambini), che avviene in genere tra i 16 e i 17 anni. Agli inizi del Novecento nelle Chiese valdesi e metodiste, come in quelle luterane, è consuetudine che anche i bambini che frequentano la scuola domenicale e i catecumeni possano partecipare alla Cena del Signore insieme alla comunità. Tuttavia, si è posto in tutte le confessioni protestanti il problema dell’atteggiamento da assumere quando nello stesso gruppo di catechesi vi sono anche bambini o catecumeni che non hanno ricevuto il battesimo. Di fronte a siffatta questione, determinata dalla pluralità delle vie di ingresso nel Cristianesimo, è stato auspicato un percorso di iniziazione cristiana che – anziché col battesimo – cominci con la Cena del Signore, per arrivare solo successivamente al battesimo191. Qualora la partecipazione alla Cena sia iscritta in un percorso catechetico, il ‘prima’ e il ‘dopo’ non costituirebbero più gli ostacoli insormontabili imposti dalla teologia dogmatica. Infatti, non avrebbe alcun senso, né dal punto di vista pedagogico e né tanto meno dal punto di vista teologico, imporre una rigida disciplina generale. Precisamente in una tale prospettiva, ogni Chiesa locale impegnata nella catechesi e nell’evangelizzazione dovrà trovare una soluzione capace di rispettare la sensibilità e la fede di adulti, bambini e adolescenti e di superare altresì astratti ideali di uniformità o di assimilazione192.
1 Giuseppe Biancardi è autore della «Prima parte», Ermanno Genre della «Seconda parte».
2 Nell’Ottocento e per buona parte del Novecento il termine ‘catechesi’, benché conosciuto, è presente unicamente nei testi magisteriali. Con il Vaticano II, il lemma conosce un’ampia diffusione ma soltanto tra gli operatori pastorali, perché nel linguaggio comune continua a prevalere il vocabolo ‘catechismo’ nel senso sopra indicato. Di seguito i due termini saranno utilizzati indifferentemente.
3 D. Menozzi, La Chiesa cattolica e la secolarizzazione, Torino 1993, pp. 15-71.
4 Sulle diverse sfumature con cui gli uomini di Chiesa dell’Ottocento interpretano la ‘rivoluzione’, cfr. G. Battelli, Clero secolare e società italiana tra decennio napoleonico e primo Novecento. Alcune ipotesi di rilettura, in Clero e società nell’Italia contemporanea, a cura di M. Rosa, Roma-Bari 1992, pp. 43-123.
5 Per l’Ottocento, oltre alla predicazione ordinaria e straordinaria di cui s’è detto, si pensi all’ambito della ‘buona stampa’ e agli oratori milanesi e torinesi, su cui informa succintamente P. Braido, Lineamenti di storia della catechesi e dei catechismi. Dal «tempo delle riforme» all’età degli imperialismi (1450-1870), Torino-Leumann 1991, pp. 374-377; per il Novecento, alla catechesi di gruppi e movimenti.
6 Trattano ovviamente del catechismo-testo tutte le storie generali della catechesi: É. Germain, Langages de la foi à travers l’histoire. Mentalités et catéchèse. Approche d’une étude des mentalités, Paris 1972; Id., 2000 ans d’éducation de la foi, Paris 1983; A. Etchegaray Cruz, Storia della catechesi, Roma 19832; A. Läpple, Breve storia della catechesi, Brescia 1985.
7 Per il lento affermarsi del genere ‘catechismo’ cfr. in Italia: L. La Rosa, La formazione cristiana nel Medioevo, Torino-Leumann 1998; in Francia: J.C. Dhôtel, Les origines du catéchisme moderne d’après les premiers manuels imprimés en France, Paris 1967; Aux origines du catéchisme en France, a cura di P. Colin, É. Germain, J. Joncheray, et al., Paris 1989; in Spagna: L. Resines, La catequesis en España. Historia y textos, Madrid 1997, pp. 77-154.
8 Oltre al già cit. volume di P. Braido, Lineamenti di storia della catechesi, cfr. Catéchismes et confessions de foi, Actes du VIIIe colloque Jean Boisset. Actes du XIIIe colloque du Centre d’histoire des réformes et du protestantisme de l’Université de Montpellier, a cura di M.M. Fragonard, M. Peronnet, Montpellier 1995; Enseigner le catéchisme: autorités et institutions XVIe-XXe siècles, a cura di R. Brodeur, B. Caulier, Saint-Nicolas (Qb)-Paris 1997; G. Biancardi, Per una storia del catechismo in epoca moderna. Temi e indicazioni bibliografiche, «Cheiron», 14, 1997, pp. 163-233.
9 J.C. Dhôtel, Les origines du catéchisme, cit., in partic. pp. 149-284.
10 Ben nota è la prefazione posta da Lutero al suo Enchiridion, ove constata che i fedeli da lui visitati «vivono come il buon bestiame e le scrofe irragionevoli»: Martin Lutero, Il piccolo catechismo, a cura di F. Ferrario, Torino 2004, p. 22.
11 Su questo vero e proprio topos del linguaggio ecclesiastico: A. Prosperi, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, Torino 1996, pp. 551-599; cfr. anche M.G. Pettorru, «Indias sardescas». Forme della prima presenza gesuitica in Sardegna, tra contesto urbano e realtà rurali (1559-1572), «Archivio italiano per la storia della pietà», 19, 2006, pp. 235-284; G. Cassiani, Padre Filippo e le “Indie”. Alle radici del progetto missionario dell’Oratorio, «Rivista di storia della Chiesa in Italia» 62, 2008, pp. 47-80.
12 Cfr. J.C. Dhôtel, Les origines du catéchisme, cit., in partic. pp. 15-148.
13 P.M. GY, Évangélisation et sacrements au moyen âge, in Humanisme et foi chrétienne. Mélanges scientifiques du centenaire de l’Institut catholique de Paris, a cura di H. Kannengiesser, Y. Marchasson, Paris 1976, pp. 565-572; J.C. Schmitt, Religione, folklore e società nell’Occidente medievale, Roma-Bari, 2000, pp. 70-97.
14 In realtà, in epoca moderna si registra per esempio la presenza di vari catechismi giansenisti e il fatto che diversi altri testi finiscano all’Indice in quanto espressione di teorie teologiche particolari: P. Stella, Il Giansenismo in Italia, II, Il movimento giansenista e la produzione libraria, Roma 2006, passim.
15 Per gli influssi illuministici sui catechismi si rinvia alle sintesi di É. Germain, Langages de la foi, cit., pp. 109-145; P. Braido, Lineamenti di storia della catechesi, cit., pp. 294-309.
16 Esemplificazioni in questo senso sono raccolte da L. Resines, De la fe maltratada a la fe bien tratada. Lo peor y lo mejor de los catecismos españoles, Madrid 2008.
17 P. Stella, I catechismi in Italia e in Francia nell’età moderna. Proliferazione tra analfabetismo e incredulità, in Il libro religioso in Italia. Studi e ricerche, a cura di M. Lupi, Roma 2008, pp. 93-113; qui p. 102.
18 P. Braido, Lineamenti di storia della catechesi, cit., p. 379; corsivo nostro.
19 L. Csonka, Storia della catechesi, in Educare. Enciclopedia delle Scienze dell’Educazione, III, a cura di P. Braido, Zürich 19643, pp. 59-190; qui p. 142.
20 Ibidem.
21 G. Bedouelle, Nascita del catechismo, «Communio», (Italia) 12, 1983, 67, pp. 34-52; qui p. 51.
22 Compendio della dottrina cristiana ad uso della diocesi d’Acqui. Riveduto ed accresciuto. Prima edizione, Acqui 1862, p. III; corsivo nostro.
23 V. Croce, Il Catechismo Galla del card. Massaja: un coraggioso, ed incompreso, tentativo di inculturazione, «La scuola cattolica», 117, 1989, pp. 465-486.
24 Cit. ibidem, p. 467; corsivo nostro.
25 G. Bedouelle, Nascita del catechismo, cit., p. 51.
26 Cfr. P. Braido, “Peccati che gridano al Cielo”: oppressione dei poveri e defraudare la mercede agli operai. La giustizia sociale in alcuni catechismi usati in Italia tra ’500 e ’900, in L’etica tra quotidiano e remoto. Studi di etica sociale in onore di Giuseppe Mattai, a cura di A. Autiero, Bologna 1984, pp. 173-204; N.M. Dawson, La législation sur l’enseignement du catéchisme en France, aux XVIIe-XVIIIe siècles: rencontre de diverses volontés, in Enseigner le catéchisme, a cura di R. Brodeur, B. Caulier, cit., pp. 111-121.
27 B. Plongeron, Le Catéchisme impérial (1806) et l’irritante leçon VII, in Enseigner le catéchisme, cit., pp. 141-159.
28 Doctrina para negros. Nicolás Duque de Estrada. Explicación de la doctrina cristiana acomodada a la capacidad de los negros bozales, a cura di J. Laviña, Barcelona 1989. Si tratta della riedizione di un catechismo del 1797 destinato agli schiavi. Un commento di questo testo è offerto da L. Resines, Un catecismo para esclavos, «Estudio agustiniano», 35, 2000, pp. 291-356.
29 Si veda, ad esempio, [C.M. Curci], Il catechismo scuola del popolo, «La Civiltà cattolica» 6, 1855, II, pp. 129-151, 384-403.
30 Cfr. P. Braido, Lineamenti di storia della catechesi, pp. 381-383. Nell’Ottocento, questo schema conosce una crescita esponenziale in Francia. Cfr. É. Germain, Parler du salut? Aux origines d’une mentalité religieuse. La catéchèse du salut dans la France de la Restauration, Paris 1967, pp. 284, 288-314.
31 Cfr. É. Germain, Parler du salut?, cit., pp. 267-314.
32 G. Fragnito, La Bibbia al rogo. La censura ecclesiastica e i volgarizzamenti della Scrittura (1471-1605), Bologna 1997.
33 I tre autori sono illustrati da É. Germain, Langages de la foi, cit., pp. 81-97, 124-128. Sul Bossuet, cfr. lo specifico studio Catéchismes, mémoire d’un temps: 1687. Les manuels diocésains de Paris et de Meaux (Bossuet), Paris 1988. In Fleury e Fénelon è evidente l’influsso di Agostino: A. Etchegaray Cruz, Le De catechizandis rudibus de Saint Augustin et le renouveau catéchétique français du XVII siècle, in Studia Patristica, vol. 14/III, Berlin 1976, pp. 422-427.
34 P. Braido, Lineamenti di storia della catechesi, cit., pp. 347-364.
35 G. Biancardi, Predicazione e catechesi nel beato Antonio Rosmini (1797-1855), in Id., Per Dio e per le anime. Studi sulla pastorale e la catechesi dell’Ottocento, Roma 2010, pp. 89-137.
36 P. Braido, Catechesi e catechismi tra ripetizione, fedeltà e innovazione in Italia dal 1815 al 1870, in Associazione Italiana dei Professori di Storia della Chiesa, Problemi di storia della Chiesa. Dalla Restaurazione all’Unità d’Italia, Atti del VI Convegno di aggiornamento (Pescara 1982), Napoli 1985, pp. 13-78; qui pp. 23-24.
37 Per il Piemonte, si veda N. Cerrato, La catechesi di Don Bosco nella sua «Storia Sacra», Roma 1979, pp. 23-49.
38 Cfr. P. Braido, Catechesi e catechismi, cit., pp. 25-31.
39 Tra questi, notissimi e molto diffusi anche in Italia quelli dell’abate Jean-Joseph Gaume, giunti attraverso molteplici edizioni e traduzioni fino alla vigilia del Vaticano II.
40 J. Joncheray, Quale ‘catechismo’ per quale ‘mondo’, «Concilium» 25, 1989, pp. 615-626; qui pp. 617-618.
41 P. Braido, Lineamenti di storia della catechesi, cit., pp. 306-307.
42 P. Girard, Les religieux occidentaux en Chine à l’époque moderne. Essai d’analyse textuelle comparée, Lisboa-Paris 2000, pp. 253-254.
43 F. Laplanche, Controverse et catéchisme, in Aux origines du catéchisme en France, a cura di P. Colin, É. Germain, J. Joncheray, et al., cit., pp. 214-228.
44 Cfr. J.C. Dhôtel, Les origines du catéchisme, cit., in partic. pp. 227-284. L’autore la definisce come «spinta» (p. 271). Testi qualificabili come catechismi vengono scritti, ad esempio, per i soldati: V. Lavenia, Tra Cristo e Marte. Disciplina e catechesi del soldato cristiano in età moderna, in Dai cantieri della storia. Liber amicorum per Paolo Prodi, a cura di G. Brizzi, G. Olmi, Bologna 2007, pp. 37-54.
45 Cfr. P. Stella, I catechismi in Italia e in Francia, cit. Il fenomeno risulta particolarmente evidente in Francia ove, a partire dalla metà del secolo XVII, quasi tutti i testi di catechismo riportano in apertura l’emblematica sigla P.E.S.E.D.S.D. (Pour Être Seul Enseigné Dans Son Diocèse): J.R. Armogathe, Théologie et didactique: la catéchèse catholique en France à l’époque moderne, «Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche», 1, 1994, pp. 7-15; qui p. 11. Si veda anche il ricco catalogo: Catéchismes diocésains de la France d’Ancien Régime conservés dans les bibliothèques françaises, sous la direction d’A. Monaque, Paris 2002.
46 M. Catto, La «guerra dei catechismi» nel Settecento: il caso di Roberto Bellarmino, «Annali dell’Istituto storico italo-germanico in Trento», 28, 2002, pp. 95-131.
47 Cit. da P. Vismara Chiappa, Il «buon cristiano». Dibattiti e contese sul catechismo nella Lombardia di fine Settecento, Firenze 1984, pp. 118, 121.
48 Maggiori dettagli in M. Catto, La «guerra dei catechismi», cit.; Id., Un panopticon catechistico. L’arciconfraternita della dottrina cristiana a Roma in età moderna, Roma 2003, pp. 219-277.
49 I due contributi più completi su questo tema risultano J.M. Giménez, Un catecismo para la Iglesia universal. Historia de la iniciativa desde su origen hasta el Sínodo Extraordinario del 1985, Pamplona 1987; M. Simon, Un catéchisme universel pour l’Église catholique. Du Concile de Trente à nos jours, Leuven 1992.
50 Cfr. P. Braido, Lineamenti di storia della catechesi, cit., pp. 318-322. La politica catechistica della sovrana dà origine a un’annosa querelle tra Vienna e i vescovi della Lombardia austriaca, ricostruita da P. Vismara Chiappa, Il «buon cristiano», cit.; Id., Settecento religioso in Lombardia, Milano 1994, pp. 273-297; P. Stella, Il Giansenismo in Italia, II, cit., pp. 416-421.
51 Cfr. A. Latreille, Le Catéchisme Impérial de 1806. Études et documents pour servir à l’histoire des rapports de Napoléon et du clergé concordataire, Paris 1935. Sull’imposizione del Catéchisme in Italia cfr. I. Pederzani, Il catechismo imperiale del 1806 “non della chiesa ma del governo francese”: la traduzione italiana, in Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere, La formazione del primo Stato italiano e Milano capitale 1802-1814, Incontro di studio n. 32 (Milano, 2002), a cura di A. Robbiati Bianchi, Milano 2006, pp. 631-668.
52 Cfr. J.M. Giménez, Un catecismo para la Iglesia, cit., pp. 66-77.
53 P. Braido, L’inedito «Breve catechismo pei fanciulli ad uso della diocesi di Torino» di Don Bosco, Roma 1979.
54 Prezioso dono ai bambini o piccolo catechismo proposto agli asili d’infanzia dal sacerdote G. B. Scalabrini Paroco Priore di S. Bartolomeo in Como, Milano 1875.
55 Catechismo di Don Giuseppe Sarto Arciprete di Salzano, a cura della Curia Vescovile di Treviso, Treviso 1985.
56 Le ricostruzioni più recenti e complete della vicenda sono di J.M. Giménez, Un catecismo para la Iglesia, cit., pp. 79-100, 197-215; M. Simon, Un catéchisme universel, cit., pp. 63-129.
57 Studi sulle realtà catechistiche locali: C.F. Savio, I Dottrinari in Piemonte. I° centenario dell’erezione della Provincia piemontese dei Padri della Dottrina Cristiana 1842-1942. 350° della fondazione della Congregazione 1592-1962, Varallo 1942; U. Gianetto, Evangelizzazione e catechesi in Piemonte tra rivoluzione francese e rivoluzione industriale, in Chiesa e Società nella II metà del XIX secolo in Piemonte, a cura di F.N. Appendino, Casale Monferrato 1982, pp. 328-365; L. La Rosa, Storia della Catechesi in Sicilia (Secc. XVI-XIX), Lamezia Terme 1986; R. Lombardi, Il contrastato progetto catechistico del vescovo Girolamo Verzeri (1850-1883), «Quaderni teologici del Seminario di Brescia», 6, 1996, pp. 255-291; V. Angiuli, La catechesi nella diocesi di Bari. Dagli inizi dell’Ottocento al Vaticano II (1823-1962), Bari 1997; U. Cocconi, Chiesa e società civile a Parma nel XIX secolo. L’azione pastorale e catechistica di Mons. Domenico Villa, Torino-Leumann 1998.
58 P. Braido, Catechesi e catechismi, cit., p. 47.
59 S. Rivabene, L’insegnamento catechistico dell’Arciconfraternita della Dottrina Cristiana a Roma nei secc. XVI-XVIII, «Archivio della Società romana di storia patria» 105, 1982, pp. 295-313; M. Cattaneo, Per una religione convertita. Devozioni, missioni e catechismi nella Roma del Settecento, «Ricerche per la storia religiosa di Roma», 10, 1998, pp. 273-310; M. Lupi, Per una storia sociale della religiosità a Roma. La catechesi parrocchiale negli ultimi anni dello stato pontificio, «Rivista di storia della Chiesa in Italia», 55, 2001, pp. 59-108; Id. Problemi pastorali a Roma nell’età di Pio IX, in La comunità cristiana a Roma, III, La sua vita e la sua cultura tra età moderna ed età contemporanea, a cura di M. Belardinelli, P. Stella, Città del Vaticano 2002, pp. 133-174; M. Catto, Un panopticon catechistico, cit.
60 O. Favaro, L’adozione del catechismo di mons. Casati nel testo unificato lombardo-piemontese del 1986, «La scuola cattolica» 102, 1974, pp. 245-282; qui pp. 281-282; Id., Storia dei catechismi piemontesi confluiti nel testo di S. Pio X, in Chiesa e società nella II metà del XIX secolo in Piemonte, a cura di F.N. Appendino, cit., pp. 356-365; L. Nordera, Il catechismo di Pio X. Per una storia della catechesi in Italia (1896-1916), Roma 1988.
61 Un elenco esemplificativo di questi sussidi catechistici è in P. Braido, Catechesi e catechismi, cit., pp. 49-50.
62 P. Braido, Lineamenti di storia della catechesi, cit., pp. 134-144. Approfondimenti in M. Turrini, «Riformare il mondo a vera vita christiana»: le scuole di catechismo nell’Italia del Cinquecento, «Annali dell’Istituto storico italo-germanico in Trento», 8, 1982, pp. 407-489; A. Giuliani, La catechesi a Milano nel secolo di San Carlo, «La scuola cattolica», 112, 1984, pp. 580-615; P.F. Grendler, La scuola nel Rinascimento italiano, Roma-Bari 1991, pp. 356-387; F. Marchesi, Le scuole della dottrina cristiana: strumenti e metodi, «Studia borromaica», 17, 2003, pp. 219-245; M. Catto, Il modello borromaico nelle scuole di dottrina cristiana del XVI-XVII secolo, «Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche» 9, 2003, pp. 487-508; Id., Il catechismo al tempo di Federico Borromeo: la nascita di un sistema educativo permanente, «Studia borromaica», 17, 2003, pp. 203-218.
63 Cfr. M. Turrini, «Riformare il mondo a vera vita christiana», cit., pp. 426-428; G. Rostirolla, Laudi e canti religiosi per l’esercizio spirituale della dottrina cristiana al tempo di Roberto Bellarmino, in Bellarmino e la Controriforma, Atti del simposio internazionale di studi (Sora 1986), a cura di R. de Maio, A. Borromeo, L. Gulia, et al., Sora 1990, pp. 661-849; O. Henrivaux, Méthodes catéchistiques aux XVIe-XVIIIe siècles dans les diocèses de Cambrai, Namur, Tournai et Liège, «Lumen vitae», 36, 1981, pp. 57-98; L. Resines, Cantos y poesías para la catequesis, «Teología y catequesis», 16, 1997, 62, pp. 103-140; 63, pp. 97-137.
64 Un presule pur acuto come monsignor Nazari di Calabiana, vescovo a Casale Monferrato, nella premessa al catechismo diocesano, ricorda ai catechisti la seguente regola: «Quando la capacità dei catechizzandi e le cose del Catechismo il richieggono, il Maestro potrà usare di brevi spiegazioni. Però non vogliamo che queste vaghino per astruse materie, ma sieno piuttosto spiegazioni di voci e di frasi, che per avventura potessero non essere di leggieri intese dai giovani»: Compendio della Dottrina Cristiana ad uso della diocesi di Casale, Casale 1864, p. VII. Corsivo nostro.
65 Cfr. A. Valle, Rosmini e Rovereto 1834-1835. Arciprete decano di San Marco, Rovereto 1985, pp. 38-39.
66 A. Grossi, Scuole di catechismo a Padova: dibattiti e riforme tra l’800 e il 900, in Studi di storia sociale e religiosa. Scritti in onore di Gabriele De Rosa, a cura di A. Cestaro, Napoli 1980, pp. 1057-1073; qui p. 1061.
67 Il dibattito sul valore di questa alfabetizzazione è ampio e si traduce in un’abbondante bibliografia. Cfr. G. Biancardi, Per una storia del catechismo, cit., pp. 203-210.
68 Ad esempio L’opera per eccellenza ossia trattenimenti sul catechismo per mons. Felice Dupanloup […], 2 voll., Parma 1870. Cfr. P. Braido, Catechesi e catechismi, cit., pp 16-17.
69 Maggiore documentazione al riguardo in G. Biancardi, Per Dio e per le anime, cit., pp. 110-113.
70 Già a partire dal Settecento, è tutto un pullulare di ‘catechismi’ massonici, rivoluzionari, libertini, controrivoluzionari, repubblicani, mazziniani, garibaldini, positivisti, socialisti, agrari, ecc.
71 Ricorda l’esistenza di questo movimento, evidenziando la scarsa attenzione ad esso riservata dagli storici: E. Fouilloux, I movimenti di riforma nel pensiero cattolico dal XIX al XX secolo, «Cristianesimo nella storia», 24, 2003, pp. 659-676.
72 H.W. Offele, Geschichte und Grundanliegen der sogenannten Münchener katechetischen Methode. Die methodische Erneuerung im katechetischen Unterricht, München 1961.
73 M.Th. Weber, La pédagogie fribourgeoise, du Concile de Trente à Vatican II. Continuité ou discontinuité?, Bern-Berlin-Frankfurt 1997, pp. 147-164.
74 Cfr. R. Gibellini, La teologia del XX secolo, Brescia 20076, pp. 225-231.
75 J.A. Jungmann, La place de Jésus-Christ dans la catéchèse et la prédication, «Lumen vitae», 7, 1952, pp. 573-582. Id., Katechetik. Aufgabe und Methode der religiösen Unterweisung, Freiburg im Br. 1953.
76 G. Adler, G. Vogeleisen, Un siècle de catéchèse en France 1893-1980. Histoire - Déplacements - Enjeux, Paris 1981.
77 Katholischer Katechismus der Bistümer Deutschlands, Freiburg im Br. 1955. L. Csonka, Il nuovo catechismo tedesco, «Orientamenti pedagogici», 2, 1955, pp. 746-754.
78 Cfr. U. Gianetto, G. Gianolio, Il movimento catechistico in Italia dal 1870, in Centro Catechistico Salesiano, Linee per un direttorio di pastorale catechistica, Torino-Leumann 19723, pp. 7-51; S. Riva, La pedagogia religiosa del Novecento in Italia. Uomini - Idee - Opere, Roma-Brescia 1972.
79 E. Butturini, La religione a scuola. Dall’Unità ad oggi, Brescia 1987; N. Pagano, Religione e libertà nella scuola. L’insegnamento della religione cattolica dalla Statuto albertino ai giorni nostri, Torino 1990; C. Betti, La religione a scuola tra obbligo e facoltatività, I, (1859-1923), Firenze 1989; Id., Sapienza e timor di Dio. La religione a scuola nel nostro secolo, Firenze 1992.
80 G. Verucci, L’Italia laica prima e dopo l’Unità 1848-1876, Roma-Bari 19962, p. 178; Il libro per la scuola dall’Unità al Fascismo. La normativa sui libri di testo dalla legge Casati alla riforma Gentile (1861-1922), a cura di A. Barausse, 2 voll., Macerata 2008.
81 M. Francesconi, Giovanni Battista Scalabrini vescovo di Piacenza e degli emigrati, Roma 1985; U. Gianetto, Mons. G.B. Scalabrini precursore del movimento catechistico, in Scalabrini tra vecchio e nuovo mondo, Atti del Convegno storico internazionale (Piacenza 1987), a cura di G. Rosoli, Roma 1989, pp. 173-202.
82 C. Pedretti, Il vescovo Geremia Bonomelli e la catechesi in Italia tra Otto e Novecento, in Fondazione Civiltà Bresciana, Geremia Bonomelli e il suo tempo, Atti del convegno storico (Brescia, Cremona, Corte Franca 1996), a cura di G. Rosoli, Brescia 1999, pp. 485-496.
83 Atti e documenti del Primo Congresso Catechistico tenutosi in Piacenza nei giorni 24, 25, 26 Settembre 1889, Piacenza 1890.
84 Cfr. Alfonso Capecelatro arcivescovo di Capua nella storia e nella Chiesa, Atti del Convegno nazionale di studi (Capua, Santa Maria Capua Vetere, Caserta, 1983), a cura dell’Archidiocesi di Capua e dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose, Capua 1985.
85 Tra questi, il sacerdote e pedagogista Carlo Uttini, sulla figura del quale si vedano B. Perazzoli, Ricordando Carlo Uttini (1822-1902), «Rivista rosminiana», 67, 1973, pp. 288-292; C. Sagliocco, Manuali scolastici di pedagogia nel secondo Ottocento: Corte, Uttini, Vecchia, «Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche», 9, 2002, pp. 257-283. Ancora nel 1912, il Bonomelli, esponendo le sue critiche al formulario di Pio X di cui si dirà subito, riporterà quasi alla lettera il pensiero esposto da Antonio Rosmini nella Prefazione premessa alla seconda edizione (1844) del suo Catechismo disposto secondo l’ordine delle idee, senza però citare il nome del Roveretano; cfr. G. Biancardi, Per Dio e per le anime, cit., pp. 126-128.
86 G. Ruta, L’annuncio di Cristo. Approccio storico al movimento catechistico italiano nel XX secolo, Messina 1992.
87 Testo in ASS 37, 1904/1905, pp. 613-625, oppure in EE 4, pp. 106-129.
88 Cfr. L. Nordera, Il catechismo di Pio X, cit.; A.M. Dieguez, L’archivio particolare di Pio X. Cenni storici e inventario, Città del Vaticano 2003; M. Dieguez, S. Pagano, Le carte del «sacro tavolo». Aspetti del pontificato di Pio X dai documenti del suo archivio privato, 2 voll., Città del Vaticano 2006.
89 U. Gianetto, s.v. Catechismo di Pio X, in Dizionario di catechetica, a cura di J. Gevaert, Torino-Leumann 1986, pp. 121-122; qui p. 122. Per una valutazione più analitica: L. Nordera, Il catechismo di Pio X, cit., pp. 453-470.
90 M. Carminati, Un trentennio di storia della catechesi italiana (1900-1930). Lorenzo Pavanelli e Luigi Vigna e il «Catechismo in forma di vera scuola», Torino-Leumann 1995.
91 Atti del II Congresso Catechistico Italiano tenutosi in Milano il 5, 6, 7 settembre 1910, Milano 1910.
92 P. Palazzini, L’opera svolta dalla S. Congregazione per il Clero nel campo catechistico, in Sacra Congregazione per il Clero, Atti del II Congresso Catechistico Internazionale, (Roma, 1971), Roma 1972, pp. 147-212; qui p. 192.
93 F. Anselmo [A. Balocco], Un memorabile trentennio nella storia della catechesi (1905-1935), «Rivista lasalliana» 36, 1962, pp. 3-27; qui pp. 18-27; U. Gianetto, Aspetti e problemi dell’educazione cristiana in atto, in L’educazione cristiana negli insegnamenti degli ultimi pontefici. Da Pio XI a Giovanni Paolo II, a cura di N. Galli, Milano 1992, cit., pp. 63-107; qui pp. 66-71.
94 AAS 15, 1923, pp. 327-329; cfr. G. Routhier, Orbem catholicum. Un maillon de la législation ecclésiale en matière d’enseignement religieux au XXe siècle, in Enseigner le catéchisme, a cura di R. Brodeur, B. Coulier, cit., p. 343-358.
95 S. Casas, Nouvelles données concernent la reprise de Vatican I sous Pie XI, «Revue d’histoire ecclésiastique», 104, 2009, pp. 828-849; qui pp. 846-847.
96 Sulla vicenda si legga la schietta testimonianza resa il 4 maggio 1962 dal cardinal Ciriaci in Acta et documenta concilio oecumenico Vaticano II apparando. Series II (Praeparatoria), II, Acta pontificiae commissionis centralis praeparatoriae concilii oecumenici Vaticani II, t. 3: Pars III, Città del Vaticano MCMLXVIII, pp. 803-809.
97 Catechismus catholicus cura et studio Petri cardinalis Gasparri concinnatus, Città del Vaticano 1930 (nel 1932 già alla settima edizione); Catechismo cattolico a cura e studio del cardinal Pietro Gasparri. Prima versione italiana approvata dall’Autore, Brescia 1932.
98 AAS 21, 1929, pp. 723-762 (testo italiano) e AAS 22, 1930, pp. 49-86 (testo latino); anche in EE 5, pp. 442-517.
99 Cfr. U. Gianetto, Aspetti e problemi dell’educazione, cit., pp. 70-71.
100 Cfr. Giovanni Gentile. La pedagogia. La scuola, Atti del Convegno di pedagogia (Catania 1994) e altri studi, a cura di G. Spadafora, Roma 1997; L. Ambrosoli, Libertà e religione nella riforma Gentile, Firenze 1980; E. Butturini, La riforma Gentile e i cattolici italiani, «Humanitas», 30, 1975, pp. 975-1008; L. Pazzaglia, Consensi e riserve nei giudizi dei cattolici sulla riforma Gentile (1922-1924), in Scuola e società nell’Italia unita. Dalla Legge Casati al Centro-sinistra, a cura di L. Pazzaglia, R. Sani, Brescia 2001, pp. 277-324; M. Ostenc, Opposizioni e consensi alla riforma scolastica del 1923, «Nuova secondaria», 19, 2002, 8, pp. 70-72; A.M. Colaci, L’insegnamento della religione nella scuola elementare italiana durante il neoidealismo, «Pedagogia e vita», 61, 2003, 2, pp. 125-140; L. Prenna, La religione ‘fondamento e coronamento’. Storia e ideologia di una formula, «Religione e scuola» 11, 1982/1983, pp. 214-218.
101 Cfr. P. Palazzini, L’opera svolta dalla S. Congregazione, cit., in partic. le note alle pp. 195-197.
102 Cfr. G.M. Medica, ‘Catechesi’ ha 50 anni, «Catechesi», 50, 1981, 17, pp. 63-81.
103 AAS 27, 1935, pp. 145-154. Un commento in P. Palazzini, L’opera svolta dalla S. Congregazione, cit., pp. 197-199.
104 Cfr. S. Riva, La pedagogia religiosa, cit., pp. 204-210, 217-226, 321-325; J.M. Pérez Navarro, La catequesis lasaliana en los últimos 50 años. Identidad y desarrollo desde la Posguerra (1946) hasta los años 90, Madrid 2003, pp. 92-93.
105 V. Odorizzi, D. Ranzato, Don Giacomo Alberione e il movimento catechistico italiano, Roma 1981.
106 Il Centro Catechistico Salesiano (Cos’è – Cosa fa), Torino 1948; Il contributo della Congregazione salesiana alla crociata catechistica, Colle Don Bosco 1952; P. Damu, s.v. Centro Catechistico Salesiano (di Leumann-Torino), in Dizionario di catechetica, a cura di J. Gevaert, cit., pp. 141-142.
107 P. Bignardi, s.v. Azione Cattolica Italiana, in Dizionario di catechetica, a cura di J. Gevaert, cit., pp. 70-71; qui p. 70. Sull’associazione si ritornerà più avanti.
108 Cfr. B. Rinaldi, I metodi attivi e l’educazione religiosa in Italia. Maestri, princìpi e attuazioni, Sondrio 1985. Più in generale: G. Bini, La pedagogia attivistica in Italia, Roma 1971; si vedano in modo particolare le pp. 99-151 dedicate a L’attivismo cattolico.
109 Cfr. L. Caimi, Il «Paedagogium»: l’Istituto per gli studi sull’educazione cristiana costituito presso la Università Cattolica del Sacro Cuore (1942-55), «Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche», 2, 1995, pp. 237-271. Per il sospetto e l’attenzione critica con cui importanti settori della Chiesa seguono l’introduzione delle proposte attivistiche nella catechesi cfr. A. Barbera, La metodica della istruzione religiosa, «La civiltà cattolica 92, 1941, III, pp. 111-122 (con rimandi ad altri articoli analoghi). Documentazione sulla critica dei pedagogisti cattolici italiani nei confronti dell’attivismo è invece raccolta da L. Caimi, La pedagogia cattolica italiana e Célestin Freinet, «Pedagogia e vita», 56, 1998, 4, pp. 91-104; G. Chiiosso, La pedagogia cattolica e il movimento dell’educazione nuova, in Chiesa, cultura e educazione in Italia tra le due guerre, a cura di L. Pazzaglia, Brescia 2003, pp. 287-328.
110 L. Pazzaglia, s.v. Casotti Mario, in Dizionario di scienze dell’educazione, a cura di J.M. Prellezo, G. Malizia, C. Nanni, Roma 20082 , pp. 180-181.
111 S. Riva, La pedagogia religiosa, cit., pp. 134, 137; cfr. pure le pp. 134-145.
112 Prima la persona. Gesualdo Nosengo: una vita al servizio dell’educazione, a cura di G. Cavallotto, Roma 2000; Laicato cattolico educazione e scuola in Gesualdo Nosengo. La formazione, l’opera e il messaggio del fondatore dell’UCIIM, Atti del Convegno nazionale (Asti 2006), a cura di L. Corradini, Torino-Leumann 2008.
113 U. Gianetto, s.v. Nosengo Gesualdo, in Dizionario di catechetica, a cura di J. Gevaert, cit., pp. 457-458; qui p. 457.
114 G. Catti, s.v. Riva Silvio, in ibidem, pp. 547-548; U. Gianetto, s.v. Riva Silvio, in Dizionario di scienze dell’educazione, a cura di J.M. Prellezo, G. Malizia, C. Nanni, cit., pp. 1014-1015; B. Rinaldi, Silvio Riva e la pedagogia religiosa applicata, «Archivio storico della diocesi di Como» 8, 1997, pp. 627-644. Si veda inoltre la testimonianza autobiografica di S. Riva, La pedagogia religiosa, cit., pp. 163-177.
115 Le Chiese di Pio XII, a cura di A. Riccardi, Roma-Bari 1986; G. Alberigo, Chiese italiane e Concilio. Esperienze pastorali nella Chiesa italiana tra Pio XII e Paolo VI, Genova 1988; M. Guasco, Chiesa e cattolicesimo in Italia (1945-2000), Bologna 2001; La nazione cattolica. Chiesa e società in Italia dal 1958 a oggi, a cura di M. Impagliazzo, Milano 2004.
116 Chiesa e progetto educativo nell’Italia del secondo dopoguerra (1945-1958), a cura di L. Pazzaglia, Brescia 1988.
117 G. Miccoli, La Chiesa di Pio XII nella società italiana del dopoguerra, in Storia dell’Italia repubblicana, I, La costruzione della democrazia. Dalla caduta del fascismo agli anni cinquanta, Torino 1995, pp. 535-613; qui pp. 537, 548-549, 555-569.
118 Cfr. A. Bravo, La Madonna pellegrina, in I luoghi della memoria. Simboli e miti dell’Italia unita, a cura di M. Isnenghi, Roma-Bari 1996, pp. 525-536.
119 L. Caimi, Cattolici per l’educazione. Studi su oratori e associazioni giovanili nell’Italia unita, Brescia 2006.
120 Cfr. i diversi interventi raccolti in Scuola e società nell’Italia unita, a cura di L. Pazzaglia, R. Sani, cit., pp. 327-419.
121 J.A. Jungmann, Catechetica, Alba-Roma 1956.
122 Trad. it., integrata però con domande e risposte del testo di Pio X: Catechismo della dottrina cattolica, Milano-Roma 1957.
123 U. Gianetto, Via Verità e Vita nel panorama delle riviste catechistiche italiane, «Via verità e vita» 52, 2003, 191, pp. 56-58.
124 E. Alberich, Al servizio dell’educazione religiosa: nel 50° dell’Istituto di catechetica della Facoltà di scienze dell’educazione, «Orientamenti pedagogici» 51, 2004, pp. 1025-1047.
125 B. Padovani, Il contributo dell’Azione cattolica al rinnovamento della catechesi italiana. I corsi di cultura religiosa dal 1945 al 1965, Roma 1991; S. Riva, Vent’anni di catechesi associativa nella comunità giovanile italiana (1940-1960). (Memorie di un testimone), «Presenza pastorale» 48, 1978, pp. 93-103.
126 Edite in Firenze nel 1958 dalla Libreria Editrice Fiorentina e più volte ristampate fino a oggi. Cfr. L. Bressan, «Esperienze pastorali» cinquant’anni dopo. La profezia di don Milani interroga la nostra Chiesa, «La rivista del clero italiano» 89, 2008, pp. 670-683; gli Allievi di San Donato, Un libro inopportuno. Esperienze pastorali di don Milani mezzo secolo dopo, Firenze 2008.
127 L’opera, abbandonata nel 1951-1952 e rimasta inedita, è ora accessibile in Il catechismo di Don Lorenzo Milani. Documenti e lezioni di catechismo secondo uno schema storico, a cura di M. Gesualdi, Firenze 1983, oppure in L. Milani, Il Vangelo come catechismo, Firenze 1997. Cfr. G. Aranci, Don Milani educatore. Il catechismo ‘storico-cronologico’ del 1950-1951, «Orientamenti pedagogici» 31, 1984, pp. 24-47.
128 C. Caminada, Il catechismo della dottrina cristiana sintesi di dottrina, «Rivista del catechismo» 3, 1954, pp. 437-440; qui p. 437.
129 G. Frumento, A proposito di un nuovo Catechismo in Italia, «Catechesi» 31, 1962, 138, pp. 17-19; qui p. 19; U. Gianetto, Orientamenti generali del rinnovamento della catechesi nel nostro secolo, in Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, Il rinnovamento della catechesi in Italia, Brescia 1977, pp. 59-94; qui p. 60, n. 1.
130 Testimonianza di un consultore della Congregazione del concilio, riportata in Il catechismo oggi in Italia. Atti del I Convegno nazionale ‘Amici di Catechesi’, Torino 1960, pp. 189-190.
131 D. Marin, I Convegni e i Congressi catechistici in Italia. Le idee e la prassi catechistica alla luce dei convegni e congressi catechistici nazionali e di alcuni diocesani dal dopoguerra ai nostri giorni, Torino-Leumann 1998.
132 Oltre al già citato Il catechismo oggi in Italia, cfr. Le mète della catechesi. Atti del II Convegno nazionale ‘Amici di Catechesi’, Torino 1961; Il contenuto della catechesi. Atti del III Convegno nazionale ‘Amici di Catechesi’, Torino 1963. Un quarto convegno si terrà nel 1966 a concilio ormai concluso: La catechesi ecclesiale alla luce del Vaticano II. Atti del IV Convegno nazionale ‘Amici di Catechesi’, Torino-Leumann 1967.
133 Cfr. il suo Statuto in ECEI 1, pp. 105-108. Dal 1972 l’Ufficio ha pubblicato un suo apposito Notiziario dell’Ufficio catechistico nazionale, attualmente sospeso.
134 D. Grasso, Lo stato attuale della catechesi, «La Civiltà cattolica» 111, 1960, III, pp. 573-587; Id., Un nuovo catechismo in Italia, «Studi cattolici», 5, 1961, 26, pp. 16-20.
135 Cfr. M. Simon, Un catéchisme universel, cit., pp. 131-284.
136 Le linee portanti di tutto il progetto catechistico postconciliare sono illustrate in Ucn, Itinerario per la vita cristiana. Linee e contenuti del progetto catechistico italiano, Torino-Leumann 1984; testo ripreso e riformulato in Id., Incontro ai catechismi. Itinerario per la vita cristiana, Città del Vaticano 2000. Un’ordinata ricostruzione del progetto, anche se ovviamente ancora priva di supporto archivistico, è quella di G. Ronzoni, Il progetto catechistico italiano. Identità e sviluppo dal Concilio Vaticano II agli anni ‘90, Torino-Leumann 1997.
137 Numerosi dati utili a ricostruire la storia della redazione del Db sono in: E. Caporello, Storia e fisionomia del DB, in Documento di base «Il rinnovamento della catechesi», a cura del Centro Catechistico Salesiano, Torino-Leumann 1970, pp. 355-374; A. del Monte, Il laborioso iter del documento pastorale dei vescovi italiani per il rinnovamento della catechesi, in Il rinnovamento della catechesi in Italia, a cura della Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Salesiana di Roma, Zürich 1970, pp. 17-22; A. del Monte, Il rinnovamento della catechesi in Italia nel decennio 1966-1976 (Appunti), «Teologia», 2, 1977, pp. 111-128, poi in Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, Il rinnovamento della catechesi in Italia, cit., pp. 21-40; S. Riva, I tempi che prepararono il «Documento di base», in M. Bordoni, T. Goffi, E. Lodi, et al., Nuove vie della catechesi in Italia, Brescia 1973, pp. 9-44; Il rinnovamento catechistico in Italia a 25 anni dal «Documento Base», a cura di L. Guglielmoni, Torino-Leumann 1995.
138 G. Ronzoni, Il progetto catechistico italiano, cit., pp. 25-59.
139 Costituita il 15 agosto 1967 in sostituzione della Congregazione del concilio, ne aveva rilevato il compito di animazione, coordinamento e controllo della catechesi. Cfr. AAS 59, 1967, pp. 885-928, specialmente pp. 908-912.
140 Cei, Catechismo per la vita cristiana. 1. Il rinnovamento della catechesi, Roma 1970. Il testo è anche in ECEI 1, pp. 737-834. Per un commento approfondito, oltre ai testi citati in merito alla sua redazione, si veda Dal Documento di Base ai nuovi catechismi alla catechesi viva. Storia, dimensioni, piste di riflessione e di ricerca, a cura di G.M. Medica, Torino-Leumann 1974.
141 J. Gevaert, La dimensione esperienziale della catechesi, Torino-Leumann 1984.
142 R. Tonelli, Pastorale giovanile oggi, Roma 19792, pp. 64-76: sulla cosiddetta pastorale d’‘incarnazione’ proposta dal Db; L. Meddi, Integrazione fede e vita. Origine, sviluppo e prospettive di una intuizione di metodologia catechistica italiana, Torino-Leumann 1995.
143 E. Bertoletti, P. Colombo, C.M. Martini, et al., Evangelizzazione e promozione umana. Riflessione biblico-teologica-pastorale, Roma 1976; Cei, Evangelizzazione e promozione umana, Atti del Convegno ecclesiale (Roma, 1976), Roma 1977.
144 È la titolazione comune ai vari testi. Si vuole proporre, insomma, una catechesi che, secondo una felice espressione del cardinal Anastasio Ballestrero, assicuri «“non un semplice conoscere di più”, ma “un vivere di più”»: cfr. G. Villani, Il «laboratorio» del Documento Base tra cronaca e storia, nel cit. Il rinnovamento catechistico in Italia, pp. 12-23; qui p. 21.
145 G. Ruta, L’annuncio di Cristo, cit., pp. 215-256.
146 Cfr. G. Ronzoni, Il progetto catechistico italiano, cit., pp. 61-128.
147 La risposta è in AAS 76, 1984, pp. 45-49 ed anche in EV 9, pp. 336-341.
148 U. Gianetto, Edizioni recenti dei catechismi di S. Pio X. Catechismi nuovi o ritorno al passato?, «Catechesi» 46, 1977, 1, pp. 70-77; G. Panfilo, «Fascino» discreto del passato, «Evangelizzare» 7, 1982, pp. 397-400.
149 Cfr. Catechismo Tridentino (Catechismo ad uso dei parroci pubblicato dal Papa S. Pio V per decreto del Concilio di Trento), a cura T.S. Centi, Siena 1981.
150 G. Groppo, Cauto rinnovamento e integrità dei contenuti nella “Catechesi tradendae” di Giovanni Paolo II, «Orientamenti pedagogici», 27, 1980, pp. 85-95; A. Fossion, La catéchèse dans le champ de la communication. Ses enjeux pour l’inculturation de la foi, Paris 1990, p. 231.
151 Testo it. in J. Ratzinger, Trasmissione della fede e fonti della fede, Casale Monferrato 1985, e anche, sotto il titolo Trasmettere la fede oggi, in «Sacra doctrina» 28, 1983, pp. 130-153.
152 Organismo consultivo presso la Congregazione del clero, istituito da Paolo VI nel 1973.
153 W.H. Paradis, Report on the fifth meeting of the international catechetical Council. Rome, april 11-17, 1983, «The living light», 20, 1983/1984, pp. 159-170.
154 R. Coggi, La catechesi del mercoledì, «Sacra doctrina» 32, 1987, pp. 81-99. Ma dubbi sulla legittimità di definire ‘catechesi’ i discorsi papali del mercoledì sono espresse da G. Adler, Vers un catéchisme universel. Fantasmes et réalités, «Études», 131, 1987, 367, pp. 95-104; qui p. 103.
155 La richiesta è nella Relatio finalis del Sinodo. Cfr. EV 9, pp. 1738-1781; qui pp. 1758-1759; oppure ES 1, pp. 2304-2339; qui pp. 2320-2321.
156 Per una lettura da due prospettive diverse di tutta questa vicenda, cfr. ad es.: E. Franchini, Sui catechismi, con sospetto, «Regno-attualità» 28, 1983, pp. 456-457; T. Ricci, Che fatica insegnare chi è Dio, «30 Giorni» 2, 1984, 4, pp. 8-18.
157 Cei, La verifica dei catechismi, Una proposta di corresponsabilità ecclesiale, Torino-Leumann 1984.
158 G. Ronzoni, Il progetto catechistico italiano, cit., pp. 129-188.
159 Il documento Evangelizzazione e sacramenti, introduttivo a tutto il piano pastorale, è in ECEI 2, pp. 168-198. G. Ronzoni, Il progetto catechistico italiano, cit., pp. 65-68.
160 Ibidem, pp. 189-239.
161 All’argomento, dibattuto negli anni Ottanta in molta parte della Chiesa, dedica un suo convegno anche il Gic, cioè il Gruppo italiano catecheti. Cfr. L’istanza veritativa nella catechesi. Atti del Convegno (Roma 1986), a cura dell’Ufficio Catechistico Diocesano, Milano [s.d.]. Il Gic, nato nel 1976, è stato rilanciato come Aica, Associazione italiana catecheti, a partire dal 1999. Cfr. M.P. Manello, M.I. Oholeguy, Dal ceppo del GIC al decennale dell’AICA, in Pluralità di linguaggi e cammino di fede, a cura di G. Biancardi, Torino-Leumann 2008, pp. 225-258.
162 La prima: L. Soravito, C. Bissoli, I catechisti in Italia. Identità e formazione. Indagine su 20.000 catechisti, Torino-Leumann 1983; la seconda: G. Morante, I catechisti parrocchiali in Italia nei primi anni ‘90. Ricerca socio-religiosa, Torino-Leumann 1996; la terza: G. Morante, V. Orlando, Catechisti e catechesi all’inizio del terzo millennio. Indagine socio-religiosa nelle diocesi italiane, Torino-Leumann 2004.
163 I tre documenti sono raccolti in Ucn, La formazione dei catechisti. 1. La formazione dei catechisti nella comunità cristiana (1982). 2. Orientamenti e itinerari di formazione dei catechisti (1991). 3. La formazione dei catechisti per l’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi (2006), Torino-Leumann 2006.
164 Giovanni Paolo II, Catechisti di qualità, in Atti del I Convegno Nazionale dei Catechisti (Roma 1988), Roma 1988, pp. 120-123.
165 Ucn, Voi siete il sale della terra. II Convegno Nazionale dei Catechisti, Atti del Convegno (Roma 1992), Torino-Leumann 1993.
166 Resta tuttora valida, anche se datata, l’analisi critica sviluppata in La formazione dei catechisti. Problemi di oggi per la catechesi di domani, a cura di C. Bissoli, J. Gevaert, Torino-Leumann 1998.
167 In ECEI 7, pp. 90-155.
168 Cei, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia. Nota pastorale, in ECEI 7, pp. 818-858.
169 Cfr. ECEI 6, pp. 321-375, 1107-1139; ECEI 7, pp. 552-601. Le tre ‘note’ sono anche raccolte in unico vol.: L’iniziazione cristiana. Documenti e orientamenti della Conferenza Episcopale Italiana. 1. Catecumenato degli adulti. 2. Catecumenato dei fanciulli e dei ragazzi. 3. Itinerari per il risveglio della fede cristiana, a cura dell’UCN, Servizio Nazionale per il Catecumenato, Torino-Leumann 2004.
170 Commissione Episcopale per la Dottrina della Fede, l’Annuncio e la Catechesi, «Questa è la nostra fede». Nota pastorale sul primo annuncio del Vangelo, in ECEI 7, pp. 1287-1329; Id., Lettera ai cercatori di Dio, Torino-Leumann 2009.
171 P. Caspani, La pertinenza teologica della nozione di iniziazione cristiana, Milano 1999.
172 Il catechismo ieri e oggi. Studi sul significato dei catechismi nel passato e nel presente della catechesi della Chiesa, a cura di E. Alberich, U. Gianetto, Torino-Leumann 1987.
173 La ricorrenza è stata sottolineata da una nuova Lettera dei vescovi italiani sul Db ed ha costituito l’occasione per un seminario organizzato dalla stessa Cei nell’aprile del 2010. La documentazione relativa all’incontro, con la relativa Lettera episcopale, occupa tutto il fascicolo 6/2009-2010 della rivista «Catechesi».
174 Alla problematica educativa la Cei dedica il piano pastorale decennale 2011-2020.
175 Il termine ‘Chiese evangeliche’ è ampio e da un punto di vista della sociologia religiosa italiana abbraccia tutte le chiese cristiane non cattolico-romane. L’uso che qui viene proposto si riferisce unicamente alle chiese che si ispirano direttamente alla Riforma protestante del secolo XVI e che sono parte della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (Fcei).
176 G. Tourn, I valdesi. La strana vicenda di un popolo-chiesa, Torino 19935; sui valdesi, tanto prima dell’adesione alla Riforma, quanto dopo, cfr. la Bibliografia valdese on-line: http://www.bibliografia-valdese.com (13 ottobre 2010), che sostituisce quella di Augusto Armand-Hugon e Giovanni Gonnet, pubblicata nel 1953. Un recente stato delle questioni storiografico è costituito dal volume Valdesi medievali: bilanci e prospettive di ricerca, a cura di M. Benedetti, Torino 2009.
177 A. Molnar, Storia dei valdesi, I, Dalle origini all’adesione alla Riforma, Torino 1974; C. Papini, Valdo di Lione e i “Poveri nello Spirito”, Torino 20022; più recentemente G.G. Merlo, Valdo: l’eretico di Lione, Torino 2010, con appendice bibliografica ragionata alle pp. 111-118.
178 G. Calvino, Il catechismo di Ginevra, a cura di V. Vinay, Torino 1983.
179 Id., Le catéchisme de l’Église de Genève ou formulaire destiné à l’instruction des enfants dans la religion chrétienne, sous forme de dialogue, où le ministre interroge et l’enfant répond, nuova edizione in francese moderno in Confessions et catéchismes de la foi réformée, éd. par O. Fatio, Genève 1986.
180 Cfr. M. Lutero, Opere scelte, I, Il Piccolo catechismo – Il Grande catechismo, a cura di F. Ferrario, Torino 1998.
181 Il catechismo di Heidelberg, con introduzione di K. Barth, Torre Pellice 1939.
182 La prima edizione, Catéchisme ou Instruction dans la religion chrétienne, Valangin 1702.
183 Cfr. P. Stella, Il libro religioso in Italia, a cura di M. Lupi, Roma 2008.
184 C. Wackenheim, La catéchèse, Paris 1983, p. 37.
185 Cenni di questa attività in V. Vinay, Storia dei valdesi, III, Dal movimento evangelico italiano al movimento ecumenico (1848-1978), Torino 1980.
186 Fino all’avvento del fascismo che vietò l’uso del francese, tutti i testi liturgici e di catechismo della Chiesa valdese erano in lingua francese.
187 Catéchisme de l’église évangélique vaudoise ou Manuel d’instruction chrétienne à l’usage des cathécumènes de cette église, publié par l’ordre du synode, Turin 1859.
188 Per un orizzonte ecumenico, si veda la voce Catekesis e Catechism, in Dictionary of the ecumenical mouvement, Ginevra 20022.
189 «La Scuola domenicale», Rivista quadrimestrale del Servizio Istruzione e Educazione (Siei) della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (Fcei), Milano.
190 F. Moser, Chi osa dirsi cristiano?, Torino 2006.
191 E. Genre, Cittadini e discepoli. Itinerari di catechesi, Torino 2000.
192 Ulteriori riferimenti bibliografici: G. Crespy, Chi è Gesù?, Torino 1971; Ecumenismo e catechesi, Atti della XXIV sessione di formazione ecumenica (La Mendola 1986), a cura del Sae, Napoli 1987; R.R. Osmer, A Teachable Spirit. Recovering the Teaching Office in the Church, Louisville 1990; P-L. Dubied, Apprendre Dieu à l’adolescence, Ginevra 1992; P. Ricca, Le dieci parole di Dio. Le tavole della libertà e dell’amore, a cura di G. Caramore, Brescia 1998; S. Keshavjee, Dio spiegato a mio figlio, Casale Monferrato 2000; E. Genre, Con quale autorità? Ripensare la catechesi nella postmodernità, Torino 2008.