CATASTO (IX, p. 437; App. II, 1, p. 535)
Catasto dei terreni. - Nel 1956 hanno avuto termine - esattamente settanta anni dopo che la l. 10 marzo 1886, n. 3682, ne aveva disposto l'esecuzione - i lavori per la formazione del nuovo c. dei terreni. A partire da quell'anno, quindi, in tutto il territorio dello stato, salvo le terre redente con la guerra 1915-18, è in vigore tale nuovo catasto. In particolare, della superficie di 30.144.583 ha, qual è quella del territorio nazionale, 28.686.848 ha sono dotati di c. formato ai sensi della citata legge, mentre i restanti 1.427.735 ha, corrispondenti ai territori pervenuti a seguito di detto evento, sono dotati di c. fondiario collegato con l'istituto del Libro fondiario, già disciplinato dalla legislazione austriaca e conservato nel nostro ordinamento, con opportune modificazioni, con i decreti 4 nov. 1928, n. 2323, e 28 marzo 1929, n. 499.
Il lungo tempo occorso per il completamento delle operazioni di formazione si giustifica con la mole e la complessità dell'opera, condotta in periodi per più motivi tormentati, tali da non assicurare quelle condizioni di stabilità che un'iniziativa del genere richiede (basti pensare agli sconvolgimenti recati dalle due guerre mondiali, durante le quali le operazioni catastali furono quasi totalmente sospese). Peraltro, le enormi difficoltà che simili lavori comportano, con la conseguente necessità di tempi lunghi, risultano anche dal confronto con i tempi di attuazione dei c. di altri paesi. Al riguardo viene citato il c. napoleonico, anch'esso geometrico particellare, per la realizzazione del quale furono impiegati 53 anni (dal 1807 al 1860); e, in tempi più recenti, il nuovo c. svizzero per la cui attuazione, pur riferendosi a un territorio pari a circa un settimo di quello italiano a nuovo c., è stato previsto un periodo di 60 anni (dal 1917 al 1976).
Ovviamente, il compito del c. non si esaurisce nelle operazioni d'impianto dei relativi atti. Questi, una volta formati, rappresentano la situazione esistente in un dato momento, ma la corrispondenza verrebbe meno se non venisse tenuto conto dei continui cambiamenti che si verificano nella persona dei possessori e nello stato e negli estimi dei terreni allibrati. Affinché il c. risulti continuamente aggiornato - sia cioè nello stesso tempo un documento storico e un documento d'attualità - occorre quindi introdurre negli atti, fin dalla loro formazione, le variazioni necessarie a porre in evidenza gli anzidetti cambiamenti, il che si ottiene mediante le operazioni cosiddette "di conservazione", vale a dire mediante le volture (trasporto dei dati relativi ai beni trasferiti dalla partita del precedente a quella del nuovo possessore) e mediante le note di variazione, nonché attraverso verificazioni ordinarie e straordinarie.
La materia della conservazione - già disciplinata dal T.U. 8 ott. 1931, n. 1572, dal r.d. 10 maggio 1938, n. 664, dal Regolamento 8 dic. 1938, n. 2153, e dalla l. 17 ag. 1941, n. 1043 - è stata riordinata nei suoi aspetti più rilevanti con la l. 10 ott. 1969, n. 679, per la cui attuazione è stato emanato il d. m. 5 nov. 1969, e più recentemente con il d.P.R. 26 sett. 1972, n. 650. Tali provvedimenti hanno introdotto una serie di innovazioni, intese all'ammodernamento e alla semplificazione delle procedure di conservazione onde migliorare l'efficienza dell'istituto catastale. Gli atti costituenti la parte non topografica del c. (quelli cioè diversi dalle mappe), alla cui redazione veniva provveduto in passato manualmente, sono stati sostituiti con nuovi documenti, idonei all'elaborazione meccanografica. In particolare, la tavola censuaria e il prontuario dei numeri di mappa sono stati sostituiti da un unico schedario o elenco delle particelle, il registro delle partite si è trasformato nello schedario delle partite e infine la matricola dei possessori nello schedario dei possessori. Ciò si è reso possibile mercè gli studi e gli esperimenti condotti dall'amministrazione del c. sin dall'anno 1954, che hanno consentito di giungere in questo campo all'impostazione di un sistema di totale meccanizzazione, rispondente alle esigenze dell'istituto, e quindi di procedere gradualmente alla sostituzione degli atti tradizionali con schede tabulate meccanograficamente. Si tratta peraltro di un programma ancora in fase di attuazione: come risulta dalla Relazione sui lavori svolti dall'Amministrazione del Catasto e dei servizi tecnici erariali durante l'anno 1973 le operazioni di sostituzione avevano investito, a quell'epoca, oltre 1150 comuni, e cioè un settimo circa dei comuni dell'intero territorio nazionale. L'integrale realizzazione di tale programma, previsto a breve termine, consentirà, specialmente per l'impiego in atto dei mezzi più moderni e perfezionati, quali gli elaboratori elettronici, di procedere rapidamente all'aggiornamento degli atti e, quindi, di disporre di un c. dinamico, pienamente in grado di aderire all'evolversi della vita economica.
Altra importante innovazione è quella concernente la procedura per le volture. Si è infatti stabilito che le relative domande debbano essere presentate - anziché, come in precedenza, per il tramite degli Uffici del registro - direttamente agli organi del c., e cioè agli Uffici tecnici erariali. In tal modo, come si legge nella citata Relazione, si ottiene "il duplice vantaggio dell'interpretazione certa della volontà dei contraenti da parte dei notai roganti o dei medesimi interessati e del contatto diretto degli stessi con gli Uffici", con conseguente possibilità di ogni regolamentazione contestuale. Inoltre si è fatto obbligo al richiedente la voltura di compilare la relativa "nota", specificante i trasporti da eseguirsi in c. in dipendenza dell'avvenuto trasferimento; nonché di presentare preventivamente all'Ufficio tecnico erariale - qualora il trasferimento comporti il frazionamento di particelle (come accade allorché di una particella solo una parte debba mutare possessore) - il corrispondente tipo di frazionamento, firmato da un tecnico iscritto nell'albo professionale. Tali disposizioni sono preordinate al fine della sollecita registrazione delle mutazioni dei possessi e di assicurare una maggiore rispondenza del c. ai fini civili che l'istituto sempre più frequentemente viene chiamato ad assolvere.
L'accennata esigenza di aggiornamento degli atti si manifesta al presente con maggiore evidenza per quanto riguarda lo stato dei terreni, vale a dire le variazioni che si verificano nella configurazione e nella coltura degli stessi. Come pure viene rilevato nella richiamata Relazione tale aggiornamento si presenta molto carente "soprattutto a causa della omissione della presentazione delle prescritte denuncie da parte della generalità dei possessori che non adempiono a tale obbligo, specialmente se trattasi di miglioramenti fondiari apportati alla rispettiva proprietà".
Per ovviare a tale carenza - specialmente sensibile nelle zone in cui il c. è entrato in conservazione da lungo tempo - si è dato inizio fin dall'anno 1955 a una revisione straordinaria d'ufficio, e ciò in applicazione dell'articolo 13 del r.d. l, 4 apr. 1939, n. 589, il quale dà facoltà all'Amministrazione catastale di rivedere in qualunque tempo, d'ufficio o su richiesta delle commissioni censuarie comunali, la qualificazione, la classificazione e il classamento di determinati comuni, quando tale revisione si renda necessaria per sopravvenute variazioni di carattere permanente.
Le zone nelle quali il c. terreni è da considerarsi invecchiato - e ciò per effetto del divario che si è determinato tra lo stato di fatto delle colture e le scritture catastali - sono situate specialmente in Lombardia, Piemonte, Emilia, Veneto e Sicilia, nonché per una minore estensione in Campania, Lazio, Liguria, Marche, Puglia, Lucania, Toscana e Venezia Tridentina.
Dall'inizio di dette operazioni di revisione al 31 dicembre 1973 l'avanzamento dei lavori può essere così riassunto:
In occasione di tale revisione si è proceduto, nelle zone interessate, anche all'aggiornamento delle mappe ovvero al loro rilevamento ex novo laddove, in ragione della vetustà o dell'entità delle variazioni intervenute, esse non si prestassero all'aggiornamento.
Situazione al 31 dicembre 1973. - A tale data le particelle esistenti erano 67.833.107, le partite accese 17.451.092, con una superficie media censita per ditta di 1,61 ha con un minimo di 0,43 ha nella provincia di Trieste e un massimo di 9,59 ha nella provincia di Siena. Il reddito dominicale medio per ettaro censito (in lire 1939) era di lire 292 con un minimo di lire 29 nella provincia di Aosta e un massimo di lire 1195 in quella di Napoli. Il reddito dominicale medio per ditta (sempre ai valori del 1939) era di lire 471 con un minimo di lire 55 nella provincia di Trieste e un massimo di lire 3001 in quella di Ferrara. Rapporto medio percentuale fra reddito agrario e reddito dominicale: 32%.
Alla stessa data del 31 dicembre 1973 risultavano ancora da definire 2.416.270 domande di voltura.
Nuovo catasto edilizio urbano. - Con il 1° gennaio 1962, come disposto dal decreto ministeriale 4 dic. 1961, è entrato in vigore in tutto il territorio nazionale, esclusa la provincia di Trieste e il comune di Campione d'Italia (per i quali l'entrata in vigore si è avuta, rispettivamente, in data 1° gennaio 1966 e 1° aprile 1968), il nuovo c. edilizio urbano, istituito con la l. 11 ag. 1939, n. 1249, e successivo regolamento 1° dic. 1949, n. 1142; e in conseguenza si è resa operante, con la medesima decorrenza, la disciplina fiscale recata dalla l. 23 febbr. 1960, n. 131, che stabilisce l'applicazione dell'imposta sulla base delle rendite catastali.
Il nuovo ordinamento ha segnato una svolta decisiva nel sistema d'imposizione del reddito dei fabbricati, sia per quanto riguarda il meccanismo di accertamento, basato sopra un'indagine tecnica oggettiva, sia per quanto concerne la determinazione dell'imponibile, impostata su metodi prettamente catastali. L'accertamento della proprietà urbana non è più riferito all'entità fisica fabbricato, ma all'entità economica unità immobiliare, intendendosi per tale ogni fabbricato o insieme di fabbricati che appartenga allo stesso proprietario e che, nello stato in cui si trova, rappresenta un cespite indipendente. L'unità immobiliare viene quindi a rappresentare l'entità fondamentale sulla quale è basato l'accertamento della proprietà edilizia urbana agli effetti della tassazione: essa può essere costituita da un intero fabbricato o da una parte di esso (per es. appartamento, negozio) ovvero da un complesso di fabbricati aventi identica destinazione (per es. un opificio).
Se l'oggetto dell'accertamento è l'unità immobiliare, l'imposta nel sistema catastale non viene determinata con riguardo al reddito effettivo annuale di ciascuna unità, ma in base alla rendita media ordinaria della categoria di appartenenza. La determinazione di tale rendita media è frutto di un complesso procedimento, la cui fase preliminare comprende: la definizione delle categorie, la qualificazione delle zone censuarie, l'individuazione delle unità-tipo, l'analisi dei ricavi e delle spese di tali unità-tipo e infine la determinazione della tariffa.
Le categorie sono state definite sulla base di tre gruppi fondamentali - immobili a destinazione ordinaria, immobili a destinazione speciale, immobili a destinazione particolare - ognuno dei quali comprende ulteriori gruppi di categorie omogenee. Così il primo raggruppamento, nel quale confluisce la grande massa delle unità immobiliari urbane, contiene un'ulteriore discriminazione in tre gruppi, A, B e C, che si riferiscono rispettivamente agl'immobili a uso di civile abitazione privata, di abitazione collettiva, di uso commerciale. Con riferimento a tale quadro generale delle categorie, in ciascuna zona censuaria (costituita, di regola, dal territorio comunale) si è proceduto all'identificazione delle categorie ivi esistenti (cosiddetta qualificazione), nonché alla ripartizione di ciascuna categoria in gruppi di unità, denominati classi, in rapporto alla capacità di reddito delle unità immobiliari della zona.
Prendendo in esame unità-tipo, rappresentative della capacità di reddito medio della classe, si è proceduto, attraverso una rigorosa analisi dei ricavi e delle spese, alla determinazione, per ogni singola classe, della relativa tariffa (vale a dire della rendita catastale unitaria, sulla base della quale dev'essere calcolata, previo accertamento della rispettiva consistenza, la rendita delle singole unità immobiliari comprese nella stessa classe di ciascuna categoria), assumendo all'uopo come periodo di riferimento (epoca censuaria) il triennio 1937-39. In concreto, alla determinazione della tariffa si è pervenuti partendo dal canone annuo di fitto ordinariamente ritraibile dalle unità-tipo esaminate, e apportando a esso le correzioni del caso, così da ottenere il reddito annuo lordo del capitale ordinario. Con lo stesso sistema si sono calcolate le spese e passività detraibili: la differenza costituisce la rendita catastale unitaria-tariffa - e cioè la rendita ritraibile dalla unità tassabile.
Terminata tale fase preliminare, gli Uffici tecnici erariali hanno proceduto, in ogni zona censuaria, all'operazione di classamento, ossia al riconoscimento delle caratteristiche delle singole unità immobiliari ivi esistenti ai fini del loro collocamento - attraverso il confronto con le unità-tipo esaminate - nella categoria e classe appropriate; nonché alla determinazione della loro consistenza, sulla base di parametri diversi, a seconda delle categorie: vano utile, metro cubo, metro quadrato. La determinazione della rendita catastale di ogni singola unità immobiliare è il prodotto della consistenza per la tariffa propria della classe.
Il descritto procedimento riguarda gl'immobili a destinazione ordinaria. Per quelli a destinazione speciale e particolare (opifici, alberghi, cinematografi, teatri, e in genere immobili costruiti per le specifiche esigenze di un'attività commerciale) si è provveduto con stima diretta.
Come accennato, le rendite catastali sono state determinate con riferimento agli elementi economici del triennio 1937-39 e perciò non rispecchiano il reddito effettivamente ritraibile dalle singole unità immobiliari. Si è posto quindi il problema di rendere attuali le risultanze del catasto. A tal fine - in attesa di poter addivenire a una revisione generale delle rendite catastali - si è intanto disposto, con la citata l. n. 131, del 1960, l'adozione di appositi coefficienti annuali di rivalutazione. Inoltre, con l'art. 2 di tale legge, in deroga all'accennato sistema, si è stabilito che, ove il reddito effettivo delle unità immobiliari, ridotto del 25%, sia superiore alla rendita catastale rivalutata con i detti coefficienti per oltre un quinto della rendita stessa, l'imponibile sarà determinato sulla base del reddito effettivo.
Anche il c. edilizio urbano dev'essere aggiornato in modo continuo per introdurre negli atti le variazioni necessarie a porre in evidenza le mutazioni rispetto alla persona del possessore e quelle relative allo stato dei beni per quanto riguarda la consistenza e l'attribuzione della categoria e classe; nonché per introdurvi le nuove costruzioni che a mano a . mano vanno sorgendo. Sotto questo aspetto la situazione del c. edilizio urbano, a differenza di quello dei terreni, appare in continuo movimento, attesa appunto la dinamicità della materia da accertare.
La normativa sulla conservazione, quale risulta dalle citate leggi catastali, è stata integrata dall'art. 14 del d.P.R. 26 ott. 1972, n. 650, nel senso che le nuove disposizioni sulle volture dei beni iscritti nel c. terreni, contenute nel titolo I di tale decreto, si applicano anche alle volture dei beni iscritti nel c. edilizio urbano. Vale anche per quanto riguarda gli atti di tale c. quanto si è detto a proposito di quello dei terreni circa lo svolgimento in atto del programma di meccanizzazione, espressamente disposto con la citata l. n. 679, del 1969, per ambedue i catasti, quale condizione per lo snellimento delle relative procedure.
Situazione al 31 dicembre 1973. - A tale data risultavano accertate in c. 21.270.801 unità immobiliari urbane, delle quali 15.824.239 appartenenti al gruppo A (abitazioni in genere), 105.570 al gruppo B (abitazioni per uso collettivo), 4.972.283 al gruppo C (negozi), 246.635 al gruppo D (immobili a destinazione speciale) e 122.074 al gruppo E (immobili a destinazione particolare). Alla stessa data risultavano inoltre: 1.102.405 unità immobiliari accertate da registrare negli atti; 1.394.645 unità immobiliari dichiarate da registrare; 1.444.503 domande di voltura da evadere.
I redditi catastali nella riforma tributaria. - A decorrere dal 1° gennaio 1974, data di entrata in vigore dei decreti di attuazione della riforma tributaria, per la parte relativa alle imposte dirette, e di contemporanea abrogazione delle diverse imposte reali sui redditi - fra cui l'imposta sui terreni, quella sul reddito agrario e l'imposta sui fabbricati - il nostro sistema d'imposizione sui redditi si articola su tre distinti tributi: l'imposta sul reddito delle persone fisiche (d.P.R. 29 sett. 1973, n. 597), l'imposta sul reddito delle persone giuridiche (d.P.R. 29 sett. 1973, n. 598) e l'imposta locale sui redditi (d.P.R. 29 sett. 1973, n. 599).
Fra tali imposte, quella che qui più rileva è indubbiamente la prima - e cioè l'imposta sul reddito delle persone fisiche - poiché interessa la generalità dei cittadini. Con l'introduzione di tale tributo si è realizzato il principio della personalità e progressività dell'imposizione, voluto dall'art. 53 della Costituzione, attraverso l'inclusione di tutti i redditi del soggetto passivo in una base imponibile unica, assoggettata ad aliquota progressiva. In questo contesto, trovano collocazione anche i redditi fondiari (quali definiti dall'art. 21 del decreto n. 597: redditi dei terreni, redditi agrari e redditi dei fabbricati), i quali, già soggetti ad apposita imposta reale, vengono pertanto a perdere la loro autonomia ai fini dell'imposizione per essere degradati a componenti del reddito complessivo soggetto all'imposta sulle persone fisiche.
Peraltro, anche nel nuovo ordinamento la determinazione di tali redditi continuerà ad effettuarsi col sistema catastale, con la previsione tuttavia di una riforma dell'istituto onde assicurare nella possibile misura l'aderenza del reddito imponibile a quello effettivo e pervenire alla perequazione degl'imponibili, quale condizione necessaria per rendere omogenei i vari componenti che entrano a far parte del reddito complessivo. A tal fine, l'art. 11, n. 12, della legge delega per la riforma tributaria prevedeva il perfezionamento e la revisione del sistema catastale, con particolare riguardo alle esigenze di attualità e flessibilità e alla disciplina delle iscrizioni e delle volture; e il successivo art. 15 faceva carico al legislatore delegato di emanare disposizioni per provvedere alla revisione del classamento e delle tariffe di estimo dei terreni e fabbricati in tutto il territorio nazionale.
Il primo compito è stato realizzato con il citato d.P.R. 26 sett. 1972, n. 650, Quanto al secondo si è provveduto con il d.P.R. 29 sett. 1973, n. 604, concernente appunto la revisione degli estimi e del classamento del c. terreni e del c. edilizio urbano. In particolare, quest'ultimo decreto dispone che, per la determinazione delle tariffe di reddito dominicale e agrario, il riferimento valutario delle quantità ordinarie dei prodotti e dei mezzi di produzione avvenga sulla base dei prezzi medi correnti entro un certo periodo di tempo, da determinare con apposito decreto ministeriale. Analogamente, per quanto riguarda la determinazione delle nuove rendite catastali, dovrà farsi riferimento agli elementi economici del periodo che sarà stabilito con apposito decreto. È prevista inoltre la possibilità di modificare, in occasione delle revisioni generali, gli attuali parametri di misura della consistenza delle unità immobiliari (per es., adottando il metro quadrato, anziché il vano, per le abitazioni).
La prima revisione dovrebbe aver luogo entro dieci anni dall'emanazione dei detti decreti. Nel frattempo, le tariffe attuali saranno aggiornate mediante l'applicazione di coefficienti stabiliti - almeno ogni biennio per i redditi dei terreni e annualmente per quelli dei fabbricati - con apposito decreto ministeriale (artt. 87 e 88 del citato d.P.R. n. 597). Per quanto riguarda i redditi dei fabbricati è fatta salva l'applicazione dell'imposta in base al reddito effettivo nelle ipotesi di divergenza fra quest'ultimo e la rendita catastale aggiornata, nei limiti e alle condizioni fissate dall'art. 2 della richiamata l. 23 febb. 1960, n. 131.
I redditi così determinati concorrono a formare il reddito complessivo anche ai fini dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche, nonché dell'imposta locale sui redditi (salvo, in ogni caso, il disposto dell'art. 40 del decreto n. 597, secondo cui i redditi degl'immobili costituenti beni strumentali per l'esercizio di attività commerciali non sono considerati di natura fondiaria, onde alla valutazione di essi deve procedersi sulla scorta delle risultanze di bilancio).
Orientamenti per il rinnovamento del catasto. - Il c., fin dalla sua origine, aveva avuto di mira non solo il fine fiscale, quale strumento di perequazione dell'imposta, ma anche quello, altrettanto importante, dell'accertamento giuridico della proprietà. Per quanto riguarda il c. terreni, la ricordata l. n. 3682, del 1886, espressamente disponeva, all'art. 8, la determinazione con altra legge degli effetti giuridici del c. e le riforme occorrenti a tal fine nella legislazione civile e stabiliva altresì la presentazione da parte del governo del relativo disegno di legge entro due anni. Anche per quanto riguarda il c. fabbricati, la relativa disciplina, benché informata essenzialmente a esigenze di ordine fiscale, non ignorava l'anzidetta finalità, come appare chiaro dall'art. 1 del richiamato r.d.l. n. 652, del 1939, che comprendeva tra gli scopi dell'istituto quello di "accertare le proprietà immobiliari urbane".
Sennonché, nonostante l'interesse posto dagli studiosi al problema e i tentativi che non sono mancati in sede parlamentare, l'anzidetta finalità non ha potuto sinora essere realizzata per difficoltà di ordine pratico. Allo stato, quindi, le risultanze catastali non hanno valore probatorio ma semplice valore indicativo e possono soltanto concorrere, con altri elementi, a dimostrare l'originario dominio quando questo sia controverso fra le parti di cui nessuna abbia titolo formale.
Il problema tuttavia è rimasto sempre vivo e sempre più frequentemente viene prospettata, specialmente dai pratici, l'esigenza di darvi soluzione, in vista dell'utilità che può derivarne non solo ai fini probatori, con l'istituzione del Libro fondiario, ma in ogni altro campo, compreso quello dell'economia (per agevolare, per es., attraverso la sicura identificazione degli effettivi proprietari, le operazioni di credito agrario e fondiario le quali, proprio per mancanza di dati certi, ne sono state spesso intralciate). Anzi non mancano coloro che vorrebbero il c. del tutto svincolato dallo scopo fiscale per conferire ad esso esclusivamente fini civili, quale organo a servizio della collettività. Sotto questo aspetto rivestono indubbio interesse le proposte che vengono formulate, sulla base anche di studi e di esperienze condotti presso altri paesi, per l'istituzione di un c. polivalente, in grado cioè di soddisfare non solo le esigenze del registro fondiario, ma anche quelle dell'economia, della statistica, della ricerca, ecc. Del pari interessanti, giacché sostanzialmente rispondono allo stesso fine, sono da considerare gli esperimenti di recente effettuati dall'Amministrazione catastale, in collaborazione con l'Istituto di geodesia del Politecnico di Torino per la formazione di un "catasto numerico" in particolare per la meccanizzazione anche degli atti che costituiscono la mappa particellare.
Bibl.: P. Armocida, Il nuovo catasto edilizio urbano, Milano 1966; G. Oddo, Nuovo catasto edilizio urbano, Roma 1963; G. Bracchi, I terreni e i fabbricati nei catasti italiani, ivi 1963; P. Belfiore, I sistemi meccanografici applicati ai catasti italiani, in Riv. Catasto, 1963; C. Massarat, Effetti giuridici del catasto, in Riv. dir. agr. 1965, I, p. 343; G. Boletto, La distribuzione della proprietà ed. in Italia, in Riv. tributi, 1966, 6; C. Gessa, Osservazioni critiche intorno all'ordinamento del catasto in Italia, in Arch. ric. giur. 1969, II.