CATALUCCIO (Cataluzio) da Todi
Figlio di Pietro di Rinaldo, nacque probabilmente in Todi verso il 1340. Esercitò l'attività di orafo nella sua città, dove abitò nella regione Nidolo e nella parrocchia di S. Felice; tenne bottega sotto le volte del palazzo del Capitano del popolo dal 1361 al 1366. Nel 1368, il 23 agosto, fu eletto console dell'arte insieme ad Antonio di Lello, per un anno. Il 18 ottobre successivo, riscosse 52 fiorini e 20 soldi per una cintura ornata di argento dorato ("scaialis et fornimentis argenteis deauratis"), donata dal Comune di Todi ad un certo "domino Guillelmo quando rediit miles" (Bulgari, p. 382).
L'anno appresso, fu eletto consigliere del Comune, e il 19 agosto giurò di intervenire alle riunioni "ogni volta che suonerà la campana o sarà chiamato per nuntium vel preconem"; come tale, fu inviato ambasciatore al Comune di Perugia insieme a ser Nicola di Lippo, ricevendone sei lire di indennità. Continuò a lavorare per il Comune, dal quale, il 24 agosto, riscosse 2 fiorini e 37 soldi, e il 28 altri 63 fiorini, 3 lire e 19 soldi, per una coppa d'argento donata al cardinale vescovo di Albano, fratello di Urbano V. Nel gennaio 1372 stipulò un contratto di società con RinaldoCecco del fu Masciolo e Nicola del fu Angelello, orefici tudertini, con l'impegno di lavorare insieme per tre anni. Ma tale associazione durò poco più di tre mesi, perché il 23 aprile fu sciolta con l'unanime consenso dei soci.
C. aveva orientato altrove lo svolgimento della sua attività. Dal 1372, il 24 agosto, entrò a far parte di un'altra società costituita in Perugia, con Ciuccio del fu Pellolo e con i fratelli Mattiolo e Nallo del fu Bonafeo, orefici perugini, con l'obbligo di esercitare l'arte in Perugia, nella bottega a tale scopo presa in affitto presso la piazza del Comune, nel rione di Porta Sole, parrocchia di S. Andrea, sotto la casa di Angelo di Legerio. Il contratto li legava per due anni a partire dal 1º settembre. C. vi partecipò solamente con la quota di 350 fiorini senz'obbligo di lavoro, mentre gli altri tre avrebbero dovuto versare 100 fiorini ciascuno con l'impegno di prestare l'opera necessaria. Il che farebbe pensare che C. fosse in certo qual modo il dirigente della società, senza dover necessariamente risiedere in Perugia. Ed infatti il 15 gennaio 1373 lo ritroviamo a Todi, dove acquistò un terreno in Fratta del Vescovo. Ma poco dopoera di nuovo a Perugia, dove, il 5 agosto 1374, contrasse un mutuo di 100 fiorini d'oro, che poi annullò il 22 ottobre successivo.
La sua presenza stabile in Perugia è d'altra parte sottolineata da sue testimonianze rese il 3 novembre 1376 e il 14 e il 19 novembre 1377. Il "regolatore" del palazzo pubblico di Perugia, Pietro di Cola, nel consiglio dei camerlenghi del Comune (16 ott. 1379), propose l'acquisto d'un busto vescovile dibronzo argentato in cui riporre le reliquie, recentemente scoperte, di s. Ercolano vescovo e protettore della città, veduto casualmente già pronto nella sua bottega, "qui Perusium appotecham seu cameram publice tenet",per una somma da concordarsi. La proposta fu accolta. L'opera sopraricordata, descritta come "...caput ereum et pectus ab ascellis supra nec non mitram episcopalem etiam de ere, que omnia deargentata sunt et egregie figurate",è perduta (cfr. A. Rossi, in Giorn. di erudiz. artistica, I [1872], pp. 333 s.). Appartengono però a questo periodo il pregevole calice e la patena diargento dorato, arricchiti di smalti e nielli, eseguiti per la sacrestia di S. Domenico in Perugia (oggi nella Galleria naz. dell'Umbria in Perugia), che rivelano la mano di un grande maestro; l'artista vi appose la firma: "Catalutius Petri de Tuderto me fecit".
Gli smalti del piede del calice sono decorati con le immagini del Crocefisso con S. Tommaso, Gesù nell'orto, Incoronazione della Vergine, Martirio di s. Pietro Martire, Miracolo di s. Domenico, "Noli me tangere"; in altre cinque formelle minori, sempre in smalto traslucido, sono i Profeti; nelle sei formelline del nodo, altrettanti Santi domenicani;nelle sei formelline della coppa, Serafini. La patena è ornata al centro da una grande formella poliloba con la Crocefissione, e negli altri smalti del bordo con altre sei Scene della Passione.
Dal 1387 ritroviamo C. in patria, dove il 18 dicembre di quell'anno pagò 1000 lire di denari cortonesi per la dote della figlia Beatrice. Il 5 marzo 1395 ve lo incontriamo ancora come testimone. Il 14 aprile successivo, sempre in Todi, acquistò una cassetta di gioielli, metalli pregiati greggi, vari attrezzi pertinenti all'arte dell'orefice dalla propria figlia Vallesa vedova di Nofrio di Lello (probabilmente orefice), provvedendo al relativo pagamento il 25 maggio 1398, il 16 aprile e il 22 dicembre 1399. Negli anni 1395-96 compare diverse volte, anche reinserito nella vita pubblica: il 5 luglio 1396, in qualità di priore del Comune nel bimestre luglio-agosto, presenziò con i colleghi alla riconsegna di due trombe d'argento del Comune già tenute in custodia nella sacrestia di S. Fortunato. Per l'ultima volta lo si incontra documentato il 31 ottobre 1400, come testimone. Ma egli dovette continuare a vivere ancora fin verso la metà dell'anno 1419. Infatti, il figlio Lazzaro, nominato in diversi documenti, soltanto con il 5 giugno 1419 è detto "condam magistri Petri",mentre un atto del 22 maggio ed altri precedenti, di riflesso, sembra lo diano ancora vivente.
A quest'ultimo periodo tudertino è stata assegnata l'esecuzione del Reliquiario delbraccio di S. Fortunato per la omonima chiesa di Todi, restituitogli recentemente da M. Pericoli sulla base di fonti documentarie; e per analogia di forme e di motivi decorativi gli è stato anche attribuito (Santi) il Reliquiario di S. Anna, già nella sacrestia di S. Domenico di Perugia ed oggi anch'esso nella Galleria nazionale dell'Umbria. Anche il Riccio di pastorale con l'Agnello Mistico, conservato nella cattedrale di Todi (assegnato dal Santi alla prima metà del sec. XV e da lui attribuito ad "un orafo tuderte, tardo seguace di Cataluccio"), messo ora in relazione con le altre opere, sembra possa ritenersi dello stesso C., degli ultimissimi anni della sua lunga attività.
Fonti e Bibl.: Le fonti document. sono ampiamente segnalate da M. Pericoli, Per nozze Nicolini-Orsini, Todi 1953; C. Grondona, Catalucius Petri Raynaldi aurifex de Tuderto...(Note e docum.), Todi 1965; C. G. Bulgari, Argentieri, gemmari e orafi d'Italia, I,3, Roma 1966, pp. 228 s., 382, tav. 32; bibliogr. completa in F. Santi, Galleria nazion. dell'Umbria. Dipinti, sculture e oggetti d'arte di età romanica e gotica, I, Roma 1969, pp. 170 s., 174; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 177.