STELLARE, CATALOGO
. È ogni elenco di stelle, che, presentandole raggruppate secondo determinati criterî per scopi speciali o distinguendole per peculiari loro qualità, dia indicazioni atte a individuarle. Si hanno pertanto cataloghi di tipi diversi: i principali sono quelli che dànno o le posizioni precise delle stelle sulla vòlta celeste, o le loro grandezze apparenti, o i colori, o i tipi spettrali, o i moti proprî, o le parallassi.
In linea storica i primi cataloghi furono naturalmente quelli che consideravano i caratteri più salienti e più facilmente determinabili, cioè la posizione e la grandezza. Prescindendo dalle misure di posizione, che dovrebbero essere state fatte da Eudosso (v.), e da quelle immediatamente posteriori di Aristillo e Timocari (verso il 300 a. C.), che servirono però più tardi a Tolomeo per la compilazione del suo Almagesto, il primo catalogo stellare, che meriti tale nome è quello di Ipparco, basato su osservazioni fatte a Rodi tra il 161 e il 126 a. C. e contenente le posizioni e grandezze di 1080 stelle. Quest'opera non ci è pervenuta nella forma sua originale, ma solo nella riproduzione, dovuta ad Achille Stazio (circa 200 d. C.) nell'opera: In Arati Phaenomena prolegomena. Il catalogo di Ipparco, in cui le posizioni delle stelle sono individuate per mezzo di coordinate equatoriali, costituì più tardi la base di quello di Tolomeo. Prima di questo, e precisamente verso la fine del sec. I d. C., sembra che Menelao abbia eseguito osservazioni stellari per compilare un nuovo catalogo, ma di esso possediamo solamente qualche citazione isolata. Fu verso il 138 d. C. che Tolomeo ebbe a compilare il catalogo di 1025 stelle contenuto nei libri VII e VIII dell'Almagesto, adottando questa volta per le coordinate stellari le eclittiche, nel convincimento di poter dare così delle coordinate invariabili, in quanto egli riteneva di avere ovviato in questo modo alle conseguenze dovute alla processione degli equinozî. Non è qui il caso di ricordare la questione sollevata se realmente Tolomeo abbia osservato le stelle, o se si sia limitato ad aggiornare le posizioni date dal catalogo di Ipparco, tenendo conto della precessione; né è il luogo di parlare dei mezzi di osservazione adoperati e descritti nell'Almagesto. Solo molti secoli dopo al-Battānī (v. albatenio) in base a osservazioni proprie, fatte fra l'877 e il 918, compilò un nuovo catalogo in due distinte edizioni, la prima delle quali ci dà le posizioni stellari per 1879 e la seconda per il 911 (al-Battani sive Albatenii Opus Astronomicum...; arabice editum, latine versum, adnotationibus instructum a C. A. Nallino, voll. 3, 1899-1907). A poca distanza di tempo un altro arabo, aṣ-Ṣūfī, riosservate le stelle del catalogo di Tolomeo, pubblicava il suo catalogo di 1018 stelle, che doveva servire per alcuni secoli a tutti gli studiosi, particolarmente agli Arabi. Il primo lavoro originale posteriore è dovuto ad Ulūgh Beg, nipote di Tamerlano, che nel 1437 ebbe a compilare un catalogo di 1018 stelle. Si era così arrivati alla fine del Medioevo; e gli studî scientifici, coltivati fino allora quasi esclusivamente nell'Oriente e specialmente dagli Arabi, andavano diffondendosi rapidamente in Europa, ove numerosi astronomi, per poter seguire accuratamente il movimento dei grandi pianeti, si riferivano alle stelle fisse vicine, sentendo così tutta la necessità dell'esatta conoscenza delle posizioni di queste. Con questo intendimento L. Gaurico stampò, nel 1545, a Parigi una nuova edizione delle tavole Alfonsine; venne seguito poi da P. Apiano, che nel 1584 stampò ad Anversa il catalogo di Tolomeo aggiornato, mentre nella stessa epoca Tycho Brahe e Guglielmo IV, langravio d'Assia, compilando su proprie osservazioni i loro cataloghi, segnarono gli albori dell'epoca nuova.
Migliorati i mezzi di osservazione, e sostituiti gli antichi astrolabi con i grandi sestanti e quadranti, che poco più tardi venivano congiunti ai primi cannocchiali, si ebbe modo di stabilire le prime determinazioni esatte delle posizioni stellari. A T. Brahe segue J. Bayer, indi, per non citare che i maggiori, a breve distanza di tempo uno dall'altro: Chr. Grienberger, J. Bartsch, G. B. Riccioli, J. Hevelius, A. Goldmayer e finalmente John Flamsteed, che, seguito da N.-L. de Lacaille e J. Bradley, ci fa arrivare alla metà del sec. XVIII, all'inizio cioè dell'epoca moderna dei cataloghi di alta precisione. Con l'aumentata potenza e precisione degli strumenti, che si erano a poco a poco andati generalizzando, mentre s'erano svelati fenomeni fino allora completamente ignorati (p. es., la nutazione, l'aberrazione della luce, i moti proprî, ecc.), origine di difficoltà prima neppure sospettate, si era pur rivelato agli occhi umani un numero sempre crescente di stelle, che era opportuno catalogare. Fin tanto che si erano ignorate le variazioni della latitudine, e gli errori di natura fisiologica dovuti agli osservatori, fintanto che poco si conosceva del fenomeno della rifrazione, che la tecnica non era riuscita a costruire gli obiettivi accuratamente corretti, e i cerchi graduati eran divisi con mezzi primitivi, le diverse cause di errore si sommavano, e scarsa era, in conseguenza, la precisione che si poteva conseguire, onde poteva sembrare cosa facile la compilazione di un catalogo. Bastava infatti la conoscenza, anche grossolana, della posizione dei piani fondamentali (p. es. quella del meridiano e in esso del polo di rotazione) per avere immediatamente le declinazioni stellari; poi le osservazioni del Sole, individuando la posizione del punto gamma, davano le ascensioni rette. Ma quando si dovette tener conto di tutte le minime cause, che potevano in qualche maniera alterare il valore delle coordinate stellari, il lavoro crebbe a dismisura; e anche in relazione al numero sempre crescente degli astri osservati, si dovettero adottare, a seconda dei casi e dei fini particolari, criterî e metodi diversi. Si vennero allora a formare: 1. i cataloghi di posizioni assolute, che, limitati a un numoro ristretto di stelle, qualche centinaio o poco più, sono compilati in guisa da ottenere la massima precisione (da ciò la necessità di ripetere le osservazioni un gran numero di volte) riferendosi sempre direttamente ai piani fondamentali, e quindi alla verticale assoluta nel posto di osservazione, e al piano dell'eclittica mediante ripetute e sistematiche osservazioni del Sole e dei grandi pianeti; in questo caso si presuppone nota solamente la latitudine del luogo di osservazione; 2. i cataloghi fondamentali, che, basati su un gran numero di cataloghi di posizioni assolute, fatti in epoche diverse, da osservatori distinti, dànno, dopo accurata discussione e paragone dei singoli risultati, le posizioni più attendibili di un numero limitato di stelle, e i loro moti propri; 3. i cataloghi differenziali, che, basandosi sulle posizioni stellari date dai fondamentali, ammesse come esatte, determinano le posizioni delle altre stelle per via di pure e semplici differenze.
Questi ultimi cataloghi, che sono i più numerosi, possono offrire alla lor volta differenze notevoli a seconda dei metodi seguiti: in certi casi si lascia il cerchio meridiano quasi fermo, e si osservano le stelle, che passano successivamente nella zona stretta abbracciata dal campo del cannocchiale, o poco più. Basta allora un numero limitato di stelle fondamentali per avere posizioni sufficientemente esatte delle stelle incognite. Sono questi i cosiddetti cataloghi a zone. In altri casi vengono osservate le stelle incognite senza grandi limitazioni nelle declinazioni; è necessario allora determinare con molto maggior cura le posizioni dei piani di riferimento, e questo fa si che si debba osservare un numero molto maggiore di fondamentali. Può avvenire talvolta che la determinazione risulti così precisa, da riuscire sotto certi punti di vista paragonabile a quelle dei cataloghi di posizioni assolute.
Il più antico catalogo di posizioni assolute, che, basato sulla discussione di lunghe serie di osservazioni, ebbe carattere di fondamentale fu quello di N. Maskelyne comprendente le 36 stelle più brillanti del cielo boreale; esso comparve a Londra nel 1774. Corretto poi successivamente, in base ai risultati delle osservazioni sistematiche eseguite a Greenwich, diede per opera di J. Pond i cataloghi fondamentali del Nautical Almanac, e per opera di F. W. Bessel il I e il II catalogo fondamentale del Bessel (1818 e 1826); mentre in Francia, soprattutto per l'iniziativa di J. Lalande, servì quale base per la compilazione dei diversi cataloghi fondamentali, che comparvero successivamente nella Connaissance des Temps verso la fine del Settecento e nei primi decennî dell'Ottocento. Mentre poi in Inghilterra, per aggiornare le posizioni del catalogo fondamentale del Nautical Almanac, ci si serviva dei risultati delle continuate osservazioni meridiane delle stelle, del Sole e dei pianeti fatte a Greenwich, e per dedurre i moti proprî si usavano le osservazioni antiche da J. Bradley in poi, in Francia, per la Connaissance des Temps, si utilizzavano i materiali di osservazione forniti dall'osservatorio di Parigi, e particolarmente le osservazioni del Lalande e le più antiche dovute al Lacaille. In Germania furono dapprima i lavori del Bessel, che costituirono la fonte per i cataloghi del Berliner Jahrbuch, finché J. Ph. Wollers, verso la metà del sec. XIX, ebbe a compilare il suo fondamentale, assumendo per base non solamente i lavori del Bessel, ma tutti i più importanti e più precisi cataloghi allora esistenti (particolarmente quelli di W. Struwe, Stellarum fixarum positiones mediae pro 1830; di J. Pond, Catalogue of 1112 Stars; di F. W. A. Argelander, Catalogus Alboensi; di G. B. Airy, Twelve years Catalogue, e di Th. Henderson, Astron. observations made at the R. Observ. Edinburg, I-VI). Il lavoro del Wolfers (Tabulae reductionum observat. astron. annis 1860 usque ad 1880 respondentes) comparve a Berlino nel 1858, quando da due anni U.-J.-J. Leverrier aveva stampato, in Annales de l'Observatoire de Paris (II, x), un analogo lavoro, limitato però alle solite 36 stelle fondamentali. Verso la fine del seguente decennio S. Newcomb, del Naval Observatory di Washington, procedeva alla compilazione di un catalogo di ascensioni rette per le 32 stelle equatoriali più brillanti, servendosi in tale ricerca dei 26 cataloghi più importanti apparsi dall'epoca di Bradley fino ad allora. Quasi contemporaneamente A. v. Auwers preparava il suo catalogo fondamentale comprendente 539 stelle, che doveva servire di base per il grande catalogo dell'Astronomische Gesellschaft. Le ascensioni rette, che nella pubblicazione provvisoria di Auwers poggiavano ancora in gran parte sul sistema delle 32 stelle di Newcomb, ebbero poi fondamento definitivo nei risultati delle osservazioni del Bradley, di Pulkovo (dal 1840 al '74), di Greenwich (dal 1836 al '76), oltre che di quelle fatte al Harvard College; all'osservatorio di Leida e a quello di Lipsia. Le declinazioni invece poggiarono precipuamente sui risultati di Pulkovo. Verso la fine del secolo poi, mentre Auwers ebbe a rielaborare tutto il materiale, e a compilare il suo secondo catalogo fondamentale comprendente 825 stelle equamente distribuite su tutti e due gli emisferi, Newcomb, in seguito all'incarico avuto dalla conferenza riunita a Parigi nel 1896 per deliberare appunto su una serie di accordi internazionali in merito alle effemeridi astronomiche, poneva mano alla compilazione del suo secondo catalogo fondamentale, che già nel I899 poteva venir distribuito, e servir di base non solo alle grandi effemeridi, ma anche per un gran numero di lavori di carattere internazionale (fra l'altro, il Catalogo fotografico celeste). Ma l'incessante progredire dei mezzi di osservazione, e il crescente bisogno di aumentare la rigorosa e precisa conoscenza delle posizioni e dei movimenti di un numero sempre crescente di stelle, indussero pochi anni più tardi Lewis Boss dell'osservatorio di Albany (Stati Uniti) a compilare prima un catalogo fondamentale di 1059 stelle (List of 1059 Standard Stars for 1901, Albany 1909) e più tardi il suo Preliminary General Catalogue of 6188 Stars for the epoch 1900 (Washington 1910). Più tardi ancora W. S. Eichelberger, del Naval Observatory del Capo di Buona Speranza e di Washington, deduceva un sistema di correzioni da apportare alle posizioni del catalogo fondamentale di Newcomb (Astronomical Papers, X, 1, Washington 1925). Contemporaneamente sotto la direzione dell'attuale direttore dell'Astron. Recheninstitut di Berlino, A. Kopff, s'iniziava e conduceva a termine l'aggiornamento del catalogo fondamentale di Auwers, che dovrà servire per il nuovo catalogo stellare dell'Astronomische Gesellschaft. Accanto a questi cataloghi fondamentali vi è stata una produzione sempre crescente di numero e d'importanza del cataloghi di posizioni sia assolute sia relative, e si può dire che nei 180 anni, che vanno dall'epoca di Bradley ad oggi, non vi è paese od osservatorio, che in un modo o nell'altro non abbia contribuito a questa produzione. Vanno ricordati però in modo particolare, sia per la continuità di indirizzo, sia per l'esattezza e la mole di lavoro prodotto, i 15 cataloghi dell'osservatorio di Greenwich, i 48 di Pulkovo, quelli numerosi del Capo, di Washington, di Berlino, di Córdoba (Argentina), di Bonn, di Parigi, ecc. Una menzione del tutto particolare meritano i grandi cataloghi di posizioni approssimate dovuti agli osservatori di Bonn (per opera di F. W. A. Argelander e E. Schornfeld), contenenti quasi tutte le stelle fino alla grandezza 9,5 dell'emisfero boreale, e di una parte dell'australe (fino alla declinazione di −23°); e di Córdoba in Argentina (per opera di J. Thomé), ove continuando l'opera di Bonn si compilò il catalogo delle stelle fino alla grandezza 10,5 e fino alla declinazione di −62°; e finalmente del Capo di Buona Speranza, ove con mezzi fotografici, per opera di D. Gill e J. C. Kapteyn, venne compilato l'elenco di tutte le stelle fino circa alla decima grandezza, dalla declinazione di −18° fino al polo australe. Questo tipo di catalogo ha preso il nome particolare di Durchmusterung, entrato ormai nel linguaggio scientifico di tutte le lingue. Estensione di queste Durchnuisterungen furono i cataloghi stellari promossi dall'Astronomische Gesellschaft che, affidati per l'esecuzione a numerosi osservatorî, dànno in 20 volumi le posizioni esatte di circa 200 mila stelle comprese fra le declinazioni di +80° e di −23°, e fra esse sono comprese tutte le stelle della Durchmitsterung di Bonn aventi grandezza eguale o superiore alla nona. Gli osservatori di Córdoba e di La Plata stanno ora pubblicando in una serie di volumi la continuazione di questo grande catalogo, per arrivare fino alla declinazione di −80°.
Se nei primi anni del secolo scorso fu viva la partecipazione dell'Italia a questo genere di lavori, poi, per difetto di mezzi, il contributo italiano venne meno quasi completamente. Dobbiamo ricordare però il catalogo di Giuseppe Piazzi, Praecipuarum stellarum inerrantium positiones mediae (Palermo 1814), i numerosi cataloghi di G. Santini (coadiuvato prima da V. Trettenero, poi da G. Lorenzoni), quelli di L. Respighi, A. di Legge e F. Giacomelli di Roma, di G. V. Schiaparelli di Milano, di B. Viaro di Firenze (Arcetri), di A. Antoniazzi di Padova, di E. Fergola di Napoli, ecc.
Ma nonostante la sempre crescente collaborazione di tutte le nazioni, mediante i loro osservatorî, sempre più numerosi, il materiale che si trova nei diversi cataloghi risulta spesso insufficiente e inomogeneo; e a questi inconvenienti non poté ovviare che parzialmente il lavoro gigantesco assunto dall'Accademia delle scienze di Berlino, per iniziativa di Av. Auwers e di F. Ristenpart, di raccogliere cioè in un'unica pubblicazione i risultati di tutte le singole osservazioni fatte per ciascuna stella nei 400 e più cataloghi, comparsi avanti la fine del 1900. Per iniziativa dell'Accademia di Francia e del direttore dell'Osservatorio di Parigi ammiraglio A.-E.-B. Mouchez venne deciso nel 1900 di compilare un grande catalogo stellare e un grande atlante celeste, fotografando tutta la vòlta del cielo con istrumenti identici, e derivando poi le posizioni stellari dalla misura rigorosa delle loro posizioni reciproche. Se con l'attuazione pratica della grande impresa, alla quale ha partecipato anche l'Italia col suo Osservatorio di Catania, e la Specola Vaticana con dieci grossi volumi, sono sorte non poche difficoltà inattese, e se il lavoro non riescirà alla fine così come era stato ideato in origine, è tuttavia certo che, ad opera compiuta, si avrà il modo di conoscere le posizioni di circa due milioni di stelle. Il catalogo fotografico celeste, cui attendono attualmente solo pochi osservatorî, sarà compiuto nel prossimo decennio; fra i numerosi collaboratori, accanto ai nomi del Mouchez, dei fratelli Henry, del Loevy, del Turner, del p. G. Hagen e di molti altri, resteranno pure quelli di A. Riccò, A. Bemporad e G. A. Favaro.
Una seconda classe distinta di cataloghi stellari è costituita da quelli che dànno le grandezze apparenti delle stelle. Già Tolomeo nel suo Almagesto aveva diviso le stelle in sei classi a seconda delle loro grandezze apparenti, indicando per ciascuna di esse in quale classe era compresa. In generale tale sistema è stato conservato poi in tutti i cataloghi fino ai nostri giorni, ma, di solito, tale indicazione rappresenta raramente qualche cosa di più di un semplice apprezzamento fugace e istantaneo dell'osservatore. Si devono a W. Herschel le più antiche stime accurate di grandezze stellari, stime fatte attenendosi strettamente a una legge matematica per passare da una grandezza all'altra. Fu però solo più tardi che venne fissato definitivamente il valore numerico del rapporto costante, che sussiste fra la luminosità, o grandezza, di due stelle che differiscono esattamente di una grandezza, e solo dopo ciò si rese possibile la determinazione rigorosa delle grandezze stellari, e conseguentemente comparvero i primi cataloghi rigorosi di questo tipo. Vanno ricordati a questo proposito quelli dovuti a E. C. Pickering (Annals of Harvard College Observatory), quelli di G. Müller e P. Kempf (Publikationen des astrophysikalischen Observatoriums zu Potsdam), quelli di K. Schwartzschild nelle Veröffentlichungen der Universitätssternwarte zu Göttingen, oltre a molti altri minori.
Strettamente connessi ai cataloghi di grandezze stellari sono i cataloghi di stelle variabili. Il più antico catalogo di questo genere è quello di Edw. Pigott contenuto nelle Philosophical Transactions della Royal Society di Londra nel 1786. Vennero poi quelli di J. H. Westphal, di N. R. Pogson, di E. Schönfeld, di E. C. Pickering, di E. Hartwig, di E. Zinner e finalmente la grande opera dovuta all'Astronomische Gesellschaft (Geschichte und Litteratur des Lichtwechsels), che contiene, con l'elenco delle variabili accertate fino al 1915, tutto quanto era scientificamente noto su di esse.
Affini si presentano ancora i cataloghi delle stelle a seconda dei loro colori (al quale riguardo vanno ricordati i lavori di B. Sestini, che è stato il pioniere in questo genere di ricerche, e poi quelli di A. Krüger, H. Osthoff, A. Secchi e altri), e a seconda del tipo spettrale. Anche per questi ultimi spetta, in ordine storico, il primo posto all'Italia in grazia dei lavori di A. Secchi e G. B. Donati: contemporaneamente o poco dopo si avevano all'estero i lavori di W. Huggins, L. M. Rutherfurd, H. C. Vogel e H. Draper e molti altri, che, mettendo in luce l'importanza di queste nuove ricerche, inducevano E. C. Pickering a organizzare quel lavoro che condusse al Draper Catalogue (pubblicato negli Annals of Harvard College Observatory) contenente la grandezza e il tipo spettrale di ben 240 mila stelle.
Collegati con i cataloghi stellari relativi al tipo spettrale sono quelli che dànno le velocità radiali. Dall'epoca in cui H. C. Vogel ebbe a mostrare esser possibile determinare le velocità delle stelle nella direzione della visuale, si sono rapidamente moltiplicate queste determinazioni e varie sono state le pubblicazioni in cui si è cercato di raccogliere i risultati ottenuti fino ad allora. Fra di essi vanno ricordati i lavori di W. S. Adams (Astroph. Journal, LVII), e ancor più il recente catalogo relativo a 2400 stelle, comparso nel vol. XVI delle Publications of the Lick Observatory.
Analogamente sono raccolti in altri cataloghi i moti propri stellari apparenti. In generale oltre ai cataloghi fondamentali, tutti i cataloghi moderni si preoccupano di dare, accanto alle posizioni stellari da essi trovate, le più complete indicazioni sull'eventuale moto proprio accertato o sospettato di ciascuna stella; ma vi sono anche cataloghi in cui vennero considerate solamente quelle stelle che si aveva ragione di ritenere avessero un movimento sensibile (p. es. i cataloghi dell'osservatorio di Cincinnati dovuti a J. G. Porter), e i cataloghi in cui si è cercato di raccogliere tutti i dati, relativi ai moti proprî, dispersi nelle diverse pubblicazioni. Fra le pubblicazioni più notevoli e più complete di questo genere vanno ricordati: il Catalogue des mouvements propres de 5671 étoiles di J. F. Bossert (Annales de l'Observatoire de Paris, XXIX), e l'Eigenbewegungslexicon di R. Schorr, con le sue numerose appendici nelle Mitteilungen der Hamburger Sternwarte.
Completano la serie dei diversi tipi di cataloghi quelli relativi alle stelle doppie e multiple e quelli relativi alle parallassi stellari. Gli ultimi sono ancora poco numerosi, data la difficoltà delle determinazioni stesse (vanno ricordati quello di J. C. Kapteyn, in Pubbl. of the astron. Laboratory at Groningen, XXIV, e il General catalogue of Stellar Parallax di F. Schlesinger, dell'Osservatorio dell'università di Yale). Il più antico catalogo di stelle doppie o multiple si deve a C. Mayer (Mannheim 1779), seguito subito dopo dalle pubblicazioni di W. Herschel, J. E. Bode, W. Struve, e poi, più tardi, di una schiera di osservatori e scopritori di doppie. Fra i moltissimi, basti solo citare i maggiori, cioè i cataloghi di Otto e Hermann Struve, J. Herschel, A. Secchi, E. Dembowski, G. V. Schiaparelli, S. W. Burnham, W. J. Hussey, W. Doberck, R. G. Aitken, K. Wirtz, ecc. ll catalogo moderno più completo è il General Catalogue of double Stars whitin 121° of the North Pole di Burnham, che comprende I3.566 stelle, pubblicato nel 1906. Ora, mentre da parte dell'Union Observatory di Johannesburg è stato pubblicato un catalogo provvisorio per le stelle australi, da parte dell'Unione astronomica internazionale è allo studio la compilazione di un nuovo catalogo generale, che tenga conto delle numerose osservazioni e scoperte fatte nell'ultimo quarto di secolo.
Infine, pur non essendo da confondere con i cataloghi stellari veri e proprî, vanno anche ricordati i cataloghi degli ammassi stellari e delle nebulose. A prescindere da qualche lavoro isolato in argomento, il più antico catalogo di questo genere è quello di C. Messier, pubblicato a Parigi, per cura dell'Académie des sciences nel 1771, che venne seguito poi da quelli di W. J. Herschel, H. D'Arrest, W. Lassel, G. P. Bond, E. Stephan, J. L. E. Dreyer, K. Wirtz, G. Bigourdan, ecc. Negli ultimi anni la fotografia celeste ha facilitato enormemente il lavoro di scoperta e di catalogazione delle nebulose, e per opera di M. Wolff, J. Roberts, E. Keeler ed E. E. Barnard vennero compilati nuovi elenchi di numerose nebulose, che fanno desiderare vivamente un catalogo generale nuovo, il quale comprenda tutti i dati contenuti nelle numerose pubblicazioni.
Bibl.: E. B. Knobel, The Chronology of Stars Catalogues, in Memoirs of the R. Astronomical Society, XLIII (1927); F. Ristenpart, Sternkataloge und Sternkarten, in Handwörterbuch der Astronomie di W. Valentiner, III, ii (Breslavia 1901); J. C. Houzeau, Vademecum de l'astronomie, Bruxelles 1882; R. Wolf, Handbuch der Astronomie, Zurigo 1870-72; Ch. Andrée, Traité d'astronomie stellaire, Parigi 1899-1900, I e II; E. Henroteau, Les étoiles simples, Parigi 1920; oltre ai cataloghi stellari citati nella presente voce.