BONCOMPAGNI, Cataldino
Dall'anno del suo dottorato bolognese (1397) si può inferire che nacque intorno al 1370. Secondo la generalità degli autori, era figlio di Apollonio da Visso, che fu creato conte di Macereto, insieme col fratello Bante, dal papa Bonifacio IX nel 1401, fu podestà di Firenze e ricoprì uffici di notevole rilievo nella Foligno dei Trinci, fu loro vicario dal 1402 e venne poi eletto podestà del Comune nel 1401-1402 e nel 1408-1409; nella città umbra trasferì dalla natia Visso la famiglia in una casa concessagli dai Trinci. Ma la paternità di Apollonio è messa in forse dal Liber secretus, il registro delle lauree bolognesi, secondo il quale il B. risulta figlio di Bante ("dominus Cataldinus Bantis de Visso"), quindi nipote e non figlio di Apollonio. A Bologna, dunque, dove era stato allievo anche di Angelo degli Ubaldi (Diplovataccio), il B. conseguì la laurea in utroque iure, presentato all'esame privato il 14 apr. 1396 da Francesco Ramponi e Niccolò Aldrovandi, e "publice in Sancto Petro doctoratus" il 27 luglio 1396. Non si hanno peraltro prove di quanto affermato da diversi autori, che il B. leggesse diritto negli Studi di Bologna e di Ferrara (ma è verosimile che a Bologna abbia tenuto letture gratuite sul finire della sua carriera di studente, o appena laureato), mentre si hanno ben più precisi riferimenti a una intensa carriera di giurista e di magistrato al servizio della Chiesa, di Comuni e di signorie. Una fonte manoscritta folignate del secolo scorso (Mancinelli) accenna a settanta uffici ricoperti, che non è poi inverosimile, considerando che molti uffici erano, a quel tempo, di durata semestrale. Secondo la stessa fonte il B. fu uditore generale nel 1432 di Borso d'Este duca di Ferrara (ma evidentemente non di Borso si dovette trattare, bensì del padre Niccolò III); si aggiunga che è dato da Ferrara il diploma di Sigismondo imperatore, del 17 sett. 1433, che crea conti palatini Cataldino e Troilo B. indicati qui come fratelli, entrambi dottori e conti del Sacro palazzo lateranense. Secondo la fonte folignate già ricordata, nel 1434 il B. è vicario di Corrado Trinci, mentre altri (Prosperi Valenti) lo fa durare in tale incarico fin verso la fine del 1435. Nello stesso anno, secondo il già citato Mancinelli, sarebbe stato nominato da Eugenio IV avvocato concistoriale. Tale qualifica risulta anche dalla sottoscrizione di un consiglio reso insieme con F. M. Ploti. Nell'autunno del 1436 "Cataldinus de Visso" figura "incorporatus" al concilio di Basilea, esperienza cui si riconnette una delle sue due opere di maggior rilievo; a quest'epoca egli sembra particolarmente legato al cardinale di S. Sabina, Giuliano Cesarini, cui anche fornisce un "consilium... copiosum". Il Diplovataccio scrive che il B. fu pure "regens Neapoli" e "senator Rome", quest'ultimo incarico forse erroneamente attribuitogli per uno scambio con il fratello (o cugino, se si deve credere al Liber secretus bolognese) Troilo, ovvero con il figlio Carlo, che ebbero tale nomina.
Altri uffici, altre esperienze di giurista del B., in diversi Comuni dell'Italia centrale risultano da spunti autobiografici disseminati nel suo trattato De syndicatu. Da questo (q.2) si ricava che egli ricoprì l'ufficio di capitano all'Aquila (notizia confermata dalla lettera da lui inviata come "capitaneus Aquilae" prìma del 1433 - perché altrimenti si sarebbe firmato conte palatino - al fiorentino Simone Strozzi, nella quale dichiarava "arey assay caro essere honorato della electione proxima del vostro podestà di Firenze") e che svolse un'attività consulente, e certamente ricoprì incarichi pubblici in diverse città delle Marche (qq. 115, 131, 140, 145, 156, 181) e a Perugia (qq. 149, 150).
Non si conosce la data di morte del B., che, dovette raggiungere gli 86 anni, se si prende alla lettera l'analogia che egli fa della sua tarda intrapresa del De syndicatu con il senile apprendimento del greco da parte di un Catone ottantaseienne. La sua scomparsa pare, comunque, da porsi dopo il 1450. Secondo il Diplovataccio morì a Visso ed ivi fu sepolto. Aveva sposato una Ippolita Gabrielli della nobile famiglia eugubina, da cui ebbe Ercole e Carlo, senatore di Roma nel 1460.
In diretto rapporto con la molteplice attività del B. come ufficiale esercitante pubblici poteri sta l'opera sua più importante, il Tractatusde syndicatu. Stampato per la prima volta a Ferrara "per Severinum" il 21 marzo 1476 (Hain, 2326) come Tractatus additionum di seguito alla Repetitio solennis § proficisci in l.observare ff.de officioproconsulis (D., 1, 16, 4, 2) di Baldo, lo troviamo ancora in Tractatus doctorum iuris, X, Lugduni 1535; in Tractatus evariis iurisinterpretibus collecti, VI, Lugduni 1544; in Tractatusex variisiuris civilis interpretibus..., II, Lugduni 1549; in Tractatusde syndicatuvariorum authorum... a dn. GabrieleSarayna... in unum congesti..., Venetiis 1560; in Tractatus desyndicatu..., Venetiis 1571; in Tractatus illustrium... iurisconsultorum, VII, Venetiis 1584; in Tractatus de formationelibelli insyndicatu quamplurium auctorum... a Gabriele Sarayna... congesti, Venetiis 1586.
Il trattato è concepito come continuazione di un breve scritto di Baldo, dedicato alla trattazione sistematica, in trentasei succinti paragrafi, dei controlli sulla responsabilità del pubblico ufficiale, e di altro scritto in materia analoga, ancor più breve, di Angelo degli Ubaldi. Con le sue duecentonovantaquattro questioni (ma molte di più ne avrebbe contenuto il manoscritto originario, stando alla nota apposta da Felino Sandeo alla propria copia dell'incunabolo ferrarese e riportata dall'annotatore della seconda edizione del Fabricius), il lavoro del B. rappresenta il primo ampio e autorevole contributo su un argomento che vide, sulla scia del B., altri autori (Amedeo Giustini da Città di Castello e soprattutto Paride del Pozzo) elaborare le norme dettate dal diritto comune, dalle legislazioni particolari e dalla giurisprudenza intorno alla procedura del sindacato, cui andavano soggetti i pubblici ufficiali.
Le particolari connessioni della materia del trattato con il diritto penale hanno fatto recentemente prendere in considerazione l'opera del B., per numerosi suoi spunti, dal Fiorelli, autore di una vasta e approfondita ricerca sulla tortura giudiziaria nel diritto comune: si è rilevato, fra l'altro, che il B. partecipa dell'opinione di Baldo secondo la quale la tortura lieve non sarebbe tortura; che è nel novero di quei dottori i quali riconoscono che soltanto nei processi di lesa maestà e negli altri processi più gravi possa aver luogo la tortura; che è fra coloro che vogliono che la tortura sia eseguita in pubblico; che nei casi gravi è favorevole all'interpretazione estensiva dell'eccezione ai giorni festivi per l'effettuazione della tortura; che, contro Baldo, sostiene una tesi, accettata da una parte della dottrina, secondo la quale, "se il confesso ratifica la confessione invalida nelle forme consuete, nella continuazione dello stesso procedimento, la sua ratificazione è considerata come estorta col timore dei tormenti; se invece dopo la tortura illecita è stato rimesso in libertà, e in seguito, dopo un certo tempo, chiamato dal giudice, compare spontaneamente e confessa di nuovo senza coercizioni quello che la prima volta gli era stato estorto, allora per questa nuova confessione è da condannare come per confessione spontanea" (Fiorelli).
Alla partecipazione del B. al concilio di Basilea è connessa la seconda opera importante, che precede cronologicamente il trattato sul sindacato, vale a dire il Tractatus de translatione sacriconcilii Basilee ad inclitamcivitatemFerrarie et deviribus etimportantia litterarum eiusdem etde potestatesanctissimi domininostri pape. Scritto probabilmente nell'autunno del 1437, venne edito per la prima volta a Bologna, con le additiones di Ludovico Bolognini, in una raccolta di tractatus di vari autori curata dal Bolognini stesso e stampata da Ugo Ruggeri dal 22 ott. 1488 al 18 febbr. 1489 (Hain, 10903; British Museum Catologue, VI, 808); venne poco dopo ristampato nella stessa connessione, a Torino (Hain, 10904, 22 apr. 1490); quindi lo troviamo in Tractatus doctorum iuris, III, Lugduni 1535, in Tractatus e variis iurisinterpretibus collecti, X, Lugduni 1544; in Tractatus ex variisiuris civilis interpretibus..., XIV, Lugduni 1549; in Tractatus illustrium... iurisconsultorum, XIII, I, Venetiis 1584; e infine in G. I. Roccaberti, Bibliotheca maxima pontificia..., VI, Romae 1697 (per i mss. dell'opera cfr. Kristeller).
Scritto a sostegno della minoranza dei padri conciliari che, insieme col cardinale Cesarini che presiedeva il concilio, si era proclamata "pars sanior" e, opponendosi alle decisioni della maggioranza - che aveva dichiarato di voler tenere il concilio di unione con i greci a Basilea stessa, ad Avignone o in Savoia -, aveva secondato fino in fondo la decisione di Eugenio IV di trasferire il concilio a Ferrara, il trattatello del B. si offre quale testimonianza preziosa del momento saliente della lotta tra papa e concilio, quando con la bolla Doctor gentium del 18 sett. 1437 si giunge alla definitiva spaccatura dell'assemblea per il ritiro del partito filopapale, e prende sempre più rapido corso il processo che porterà al definitivo prevalere, contro la teoria conciliare, di quella della supremazia pontificia. Premessi gli argomenti in base ai quali si era creduto di negare al papa il potere di trasferire il concilio, il B. li confuta sistematicamente con vasto impiego di citazioni scritturali, patristiche e canonistiche, secondo una metodologia inconfondibilmente scolastica e non senza ricorso a un linguaggio dalle forti punte polemiche nei confronti dei basileesi. Passa quindi, con ricchezza non minore di argomenti testuali, alla dimostrazione che il concilio di Ferrara è "verum, catholicum et legitimum", voluto come esso è dal pontefice che ha il potere di convocare, sciogliere, trasferire la suprema assemblea della chiesa, che ad essa, in definitiva, è superiore. Non mancano le lodi di Ferrara e della signoria che la regge, lodi che vanno messe in relazione con la già ricordata permanenza del B., in passato, nella città estense.
Il Tractatus a favore d'Eugenio IV non è il solo opuscolo politico-giuridico composto dal B.; già più di un quarto di secolo prima, in un altro momento estremamente critico per la storia della Chiesa, egli aveva scritto un Tractatus ad Ioannem XXIII,sacrosanctae universalis ecclesiaeunicum et verumpastorem,ad eiusius pontificalevindicandum iurePisani concilii in abrogationeGregorii XIIet Benedicti XIII (il titolo non è originale). Edito una prima volta da un manoscritto (autografo?) appartenuto a Felino Sandeo, a cura di G. D. Mansi, in Sanctorum conciliorum et decretorumcollectio nova,seu... supplementum, III, Lucae 1749, fu ristampato dal Mansi in Sacrorum conciliorum nova etamplissima collectio..., XXVII, Venetiis 1784. Composto non prima del 1410, dopo l'elezione di Giovanni XXIII, il trattatello venne accolto dall'editore settecentesco fra gli scritti occasionati dal conciliabolo pisano del 1409, anche se non risulta né presentato nel concilio, né ad esso indirizzato; ma, in definitiva, fu scritto "pro concilio"; pare inoltre all'editore che inclini "in sententiam de conciliorum auctoritate supra pontificem". Il B. dichiara in apertura di aver omesso un lungo prologo in cui aveva rifatto la storia dello scisma, e si volge alla dimostrazione - anche in questo caso con metodo scolastico e con sussidio di numerosissime citazioni scritturali, patristiche e giuridiche - delle cause della decadenza, decretata dal concilio pisano, di Gregorio XII e di Benedetto XIII, dichiarati eretici e scismatici, nonché della legittimità dell'elezione di Alessandro V e poi di Giovanni XXIII.
Accanto agli scritti summenzionati, senz'altro considerevole dovette essere l'opera del giurista pratico - consigli e allegazioni - a quanto ci rivelano indagini non certo complete. Troviamo a stampa consigli del B. in G. B. Ziletti, Criminalium consiliorumseu responsorum..., I, Venetiis 1560, nn. 52-59, pp. 98-115; in G. B. Ziletti, Consiliorumseu responsorumad causas criminales..., I, Venetiis 1566 (ristampa, Venetiis 1582), c. 53 (n. 68); II, Venetiis 1571 (ristampa, Venetiis 1579), cc. 25v-26v (n. 22); in G. B. Ziletti, Responsorum quaevulgo consiliavocantur ad causasultimarumvoluntatum,successionum,dotium et legitimationum..., I, Venetiis 1581, cc. 56r-57r (n. 63), subscriptio a un consiglio di Guido Guidi di Accumoli, cc. 122r-123v (n. 113), sottoscritto insieme a F. M. Ploti. Per ciò che riguarda i consigli inediti, o comunque manoscritti, ve ne sono nel cod. 485 della Biblioteca Classense di Ravenna e in alcuni codici fiorentini e vaticani: a) Firenze, Biblioteca nazionale centrale, Magl., XXIX, 164, cc. 71v-72r, 128r-130v (datato 1411), 153r-154v, e forse anche le altre scritture che precedono quest'ultimo da c. 147r a c. 153r; b) Biblioteca Apostolica Vaticana, cod. Vat. lat. 8068, c. 186rv; cod. Vat. lat. 8069, cc. 250r-251v; cod. Vat. lat. 10726, cc. 156v (questio), 257r-259v (consilium con firma autografa e sigillo), 375r-377v (subscriptio a un consiglio di Guido Guidi), 380v-381r (consilium), 381v-383v (consilium), 383v-384r (allegationes), 384r-385v (allegationes), 386r-387r (consilium), 388r-389v (allegationes), 390r-391r (allegationes), 391r-392r (consilium), 393r-394r (allegationes), 396r-397v (consilium), 397v-398r, 398rv (allegationes di Giacomo Antonio de Censiis de Visso, con postille del B.), 490v (questio).
Stando al Diplovataccio, il B. fu autore anche di un trattato Si claves seu potestas extendatse ad illosde Purgatorio, che comincia "Quod indulgentie sive remissiones", e, fra i "plura... consilia" che "post se reliquit", di un sollemneconsilium ad confirmandumvotum cuiusdamdoctoris in assumendohabitum militarem, che comincia "Militaris discipline precepta, clarissime doctor". Non controllabile l'attribuzione al B., ad opera del Ciacconio, di opere intitolate De principeet vasallo libri II,De aequitate servanda inutroque iure liber I,De oeconomia liber I. Improbabile, invece, l'attribuzione, per opera del Montfaucon, di una Summa iuriscivilis Boncompagni, conservata, al tempo dell'erudito, nella bibl. di Montecassino, e immotivata la menzione del B. a proposito della Rota Veneris (che è di Boncompagno da Signa) in T. Graesse, Trésor deslivres rares et précieux, I, Dresde 1859, p. 485.
Trascurato, come la maggior parte dei suoi coetanei, da una del resto troppo scarsamente elaborata storia della scienza giuridica dell'epoca sua il B. è invece uno dei tipici rappresentanti di quel ceto di giuristi che, in una fase di asserita anche se non veramente accertata mediocrità della metodologia dei commentatori, perpetuarono una funzione essenziale nella realtà giuridica, come in quella sociale e politica, della declinante età comunale, contribuendo con la loro ricca esperienza pratica di consulenti e di giudicanti, portata di luogo in luogo, alla sostanziale unità di fatto dell'esperienza giuridica nazionale. Né fu solo nell'attività pratica che il B. si fece notare, ma il frutto migliore di essa consegnò in un trattato per mezzo del quale, dopo i sintetici accenni di Baldo, fu data una prima sistemazione alla fitta casistica di una materia di grandissimo e quotidiano interesse: che se fosse vero quanto asserito dal Sandeo, che l'opera manoscritta del B. sui sindacati avesse dimensioni cinque volte maggiori (1570 questioni invece delle meno di 300 stampate) ci troveremmo di fronte a una prestazione davvero non comune per impegno ed ampiezza. Ma anche nei sottili e snervanti dibattiti conciliari si è visto come il B. fosse presente e come a un'opera almeno, quella composta in occasione del trasferimento a Ferrara del concilio di Basilea, toccasse un posto, consacrato da diverse edizioni, nella letteratura specifica. Alle lodi del contemporaneo Lanfranco de Oriano e alla pubblicazione curata dal Bolognini dell'opera politico-giuridica appena ricordata si aggiunge l'accoglimento della biografia del B. nell'opera del Diplovataccio, che, se lo gratifica di lodi iperboliche abbastanza usitate, purtuttavia ci fornisce interessanti notizie sugli scritti e sulla elevata posizione sociale goduta dal B. che, ci informa, "habuit plura privilegia, que, ut audio, ad presens [cioè al principio del '500] etiam Visso observantur, et maxime quod confugientes ad domum suam essent securi...".
Il fratello, o cugino, Troilo fu doctor utriusque iuris, podestà a Siena e a Firenze e capitano dei popolo in quest'ultima città. Il 7 luglio 1436 Eugenio IV lo designò come senatore di Roma, ma non risulta che abbia mai esercitato tale incarico. Con Cataldino ricevette da Sigismondo un privilegio il 17 sett. 1433.
È autore di un'orazione inedita composta in occasione delle nozze di Niccolò III d'Este con Riccarda di Saluzzo nel 1431 (Biblioteca Apost. Vat., Ottob. lat. 1184, ff. 128r-132v; Milano, Bibl. Ambrosiana, cod. C. 145 inf., cc. 65v-70r; Firenze, Bibl. Mediceo Laurenziana, cod. Ashb. 201, cc. 90r-100v). Un suo consulto si trova nel cod. Vat. lat. 10726, ff. 401-403 (lo stesso che contiene numerosi consulti di Cataldino). Troilo è inoltre il dedicatario di un anonimo trattatello De memoria artificiali contenuto nel cod. Gesuit. 973 (3102), cc. 55r-57v, della Nazionale di Roma, e nel cod. X. 226 della Marciana di Venezia (I. Valentinelli, Bibliotheca manuscripta, IV, Venetiis 1871, pp. 173 s.).
Fonti e Bibl.: Firenze, Archivio di Stato, Carte Strozziane, III, 131, c. 13rv; Foligno, Biblioteca Comunale, ms. M 116, A. Mancinelli, Araldica Folignate, II, Boncompagni, n. 7; ms. F 86, Famiglie nobili di Foligno, c. 58r; J. Simler, Epitome ConradiGesneri, Zurigo 1555, c. 32v; G. B. Ziletti, Index librorum iurispontificii et civilis..., Venetiis 1566, cc. 46d, 52ad; P. M. Mozzi, Tractatus de contractibus..., Venetiis 1585, c 197v, n. 47; A. Scappi, Tractatus iuris non scripti quodin utroque foroobservatur, Venetiis 1586, l. IV, cap. 34, nn. 6, 7, c. 66v; Repetitiones in iure Canonico…, III, Coloniae Agrippinae 1618, p. 573, n. 589; A. Chacon, Bibliotheca..., Amsterdam 1744, col. 518; D. Dorio, Istoria della famiglia Trinci..., Foligno 1638, pp. 187-188; C. Cartari, Advocatorum sacriconsistorii syllabum..., Roma 1656, p. LXXXV; L. Iacobilli, Bibliotheca Umbriae..., I, Fulginiae 1658, p. 83; E. Gamurrini, Istoria genealogicadelle famiglie nobilitoscane et umbre…, I, Firenze 1668, pp. 385 ss.; B. de Montfaucon, Bibliotheca bibliothecarum manuscriptarum…, I, 1, Parisiis 1739, p. 226; G. Carafa, De professoribus gymnasii Romani, II, Romae 1751, p. 506; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1763, pp. 2369-2370; J. A. Fabricius, Bibliotheca latinamediae et infimae aetatis…, I, Florentiae 1858, p. 359; Concilium basileense. Scriptorum, II, Vindobonae 1873, p. 900; P. E. Vigneaux, Notice sur troismanuscrits inédits de la Vaticane, in Mélanges d'archéologie etd'histoire, II (1882), pp. 317, n. 68; 333, n. 86; G. B. Rimini, Saggio di memoriestoriche della città di Visso..., Camerino 1902; E. Besta, Fonti:Legislazione e scienza giuridicadalla cadutadell'Impero Romanoal secolo decimosesto, I, 2, Milano 1925, p. 868; G. Masi, Il sindacato delle magistrature comunali nel sec.XIV, in Riv. it. di scienze giur., n.s., V (1930), pp. 50, 63, 96, 117, 136, 137, 140, 142, 145, 149, 153; A. Salimei, Seriecronologica dei senatori di Roma, Roma 1930-32, pp. 71, 118, 134 (per Troilo); Il "Liber secretusiuris caesarei" dell'Università diBologna, a cura di A. Sorbelli, I, 1378-1420, Bologna 1938, pp. 99-100; W. Engelmann, Die Wiedergeburtder Rechtskultur inItalien durchdie wissenschaftliche Lehre, Leipzig 1938, pp. XVII e passim; U. Nicolini, Il principio di legalità nelle democr.italiane. Legisl. e dottrina politico-giuridica nell'etàcomunale, Milano 1946, pp. 449, 462, 464, 472, 481; R. Mols, Cesarini,Julien, in Diction. d'Hist. et de Géogr. Eccl., XII, Paris 1953, coll. 220-249; P. Fiorelli, La tortura giudiziaria nel dirittocomune, I, Milano 1953, pp. 156, 189, 211, 318; II, ibid. 1954, pp. 20, 61, 78, 85, 134; M. V. Prosperi Valenti, Corrado Trinciultimo signoredi Foligno, in Boll. d. Deput. di storia patria perl'Umbria, LV (1958), p. 83; G. Mainardi, La bibliotecacapitolare di Cremona e il lascitodi Giovanni Stabili († 1486), in Italia Medievale e Umanistica, IV (1961), p. 281, n. 48; A. Campitelli-F. Liotta, Notizia del ms. Vat. lat. 8069, in Annali di storia deldiritto, V-VI (1961-1962), p. 399; P. O. Kristeller, Iter italicum…, I, Italy, London-Leiden 1965, pp. 241, 293; T. Diplovatatii Liber de clarisiuris consultis, a cura di F. Schulz, H. Kantorowicz, G. Rabotti, in Studia Gratiana, X, Bologna 1968, pp. 364 s., 420; G. Mazzatinti, Inventari dei manoscritti delleBiblioteche d'Italia, IV, Forlì 1894, n. 485, p. 250; H. Hurter, Nomenclatorliterarius theologiae catholicae, Oeniponte 1906, col. 842.