ÇATAL HÜYÜK (v. S 1970, p. 47, s.v. Anatolia). - Città neolitica del VII-VI millennio a.C., situata nella pianura di Konya, non lontano dalle montagne del Tauro e da cave di ossidiana e di rame, 11 km a N di Çumra. Dei due monticoli che la compongono, separati da un corso d’acqua, quello a O (diam. 400 m, alt. 7,5 m) ospita l’insediamento tardo-neolitico, ma è stato scavato in minima parte, mentre l’indagine archeologica ha interessato soprattutto il monticolo a E (600 x 350 m; alt. c.a 17,5 m), cui comunemente si riferisce il toponimo.
Nonostante che sia stato esplorato da J. Mellaart solo per un trentesimo della sua superficie, Ç. H. ha restituito eccezionali testimonianze architettoniche e artistiche: pitture murali e rilievi in stucco, sculture in pietra e in terracotta. Sono inoltre testimoniate molte lavorazioni specializzate, alcune di livello notevole: ceramiche, sigilli incisi di terracotta, contenitori di legno, manufatti di selce e di ossidiana (tra cui caratteristici specchi), rame nativo martellato, tessuti, ecc. L’agricoltura si basava sull’irrigazione e si allevavano soprattutto bovini. Si è stimato che Ç. H. può avere avuto fino a 5.000 abitanti o più, e che il progressivo incremento demografico può aver favorito fenomeni di colonizzazione su vasta scala.
Nelle quattro campagne di scavo effettuate a Ç. H. non si è raggiunto il suolo vergine: la ceramica è presente in tutti i dodici livelli scavati, che vengono datati col radiocarbonio tra il 6250 e il 5400 a.C. circa; è possibile che sotto il livello XII sia testimoniata una fase preceramica. Il livello VI, che fu distrutto da un grande incendio, si articola in due fasi VI B e VI A.
La ceramica è sempre monocroma e presenta raramente decorazioni plastiche o con linee incise sugli orli, o eccezionalmente dipinte. Predomina nei livelli XII-VII una ceramica chiara, non decorata, impastata con paglia, cotta a media temperatura; la superficie è levigata a stecca, e presenta frequentemente chiazze grigie. Nel livello VII compare una ceramica scura, a impasto più fine, con pareti più sottili e levigatura accurata, cotta a temperatura più elevata, che predomina fino al livello IV. Compaiono dal livello IV ceramiche con ingubbiatura e si affermano dal III livello in poi ceramiche camoscio, che presentano una maggiore varietà di forme; taluni frammenti dipinti con semplici motivi in rosso richiamano la ceramica arcaica di Tell Hassūna. In tutti i livelli è presente una percentuale minima di ceramiche rosse.
Ç. H. presenta un’architettura di tipo agglutinante: le case di disegno semplice, in genere formate da due ambienti, erano costruite in mattoni crudi e apparivano all’esterno come un blocco compatto. L’accesso avveniva dal tetto piatto, non c’erano strade ma solo ampie corti, spesso risultanti da edifici in disuso livellati, utilizzate come discariche; bisogna sottolineare che ancora oggi nel Kurdistan iracheno, in villaggi moderni costruiti sui pendii il tetto di una casa è la terrazza della casa superiore. Pareti e pavimenti erano intonacati, sia con fango impastato con paglia sia con un materiale gessoso, e venivano ripristinati annualmente; si utilizzavano stuoie sui pavimenti. I morti venivano seppelliti all’interno, sotto piattaforme; nei corredi funerari, costituiti in taluni casi da oggetti personali, non compaiono mai ceramiche e statuette antropomorfe. Alcuni edifici con decorazioni parietali più ricche e che hanno restituito oggetti particolari, come statuette o cesti contenenti teschi, sono stati considerati dal Mellaart come «templi», ma in molti casi vi è una differenza minima tra le case di abitazione e gli edifici sacri, il cui numero sembra proporzionalmente eccessivo: solo scavi su estensioni più ampie potranno chiarire il problema del rapporto case-templi. Le «case» sono caratterizzate da semplici pannelli dipinti in rosso, mentre i motivi naturalistici e astratti sono una rarità. I «templi» sono caratterizzati sia da decorazioni dipinte che da rilievi in stucco: in genere si tratta di bassorilievi, meno frequenti sono le figure intagliate, ovvero a rilievo negativo.
Le decorazioni a rilievo, più attestate nei livelli più antichi fino al VI A, sembrano un tratto arcaico; ciò è confermato dal fatto che in questa tecnica lo stucco viene talvolta modellato su anime di canne o su teschi di animali, come nelle statue appiattite e nei teschi modellati naturalisticamente di numerosi siti del Neolitico pre-ceramico B (Gerico e ‘Ain Ghazal). Nei rilievi, che venivano anche dipinti, predominano teste animali e bucrani, mentre corna in serie venivano erette su banconi. Frequente anche il tema della dea, talvolta rappresentata nell’atto del parto, e dotata di caratteristiche feline. Seni femminili, appaiati o in serie, modellati su teschi di avvoltoi e di cinghiali, mostrano una analoga mescolanza di umanità e animalità, in cui sembra confluire il carattere ambiguo, insieme di fertilità-vita e di aggressività-morte della divinità. Tale carattere sembra esemplificarsi al meglio nel leopardo, che è un elemento ricorrente Çatal Hüyük. In un rilievo si trovano due leopardi affrontati, con pelo maculato reso mediante quadrifogli: da notare che quadrifogli e croci sono dipinti anche su statuette femminili a Ç. H., ad Arpačiya e a Yarım Tepe. La pelle maculata del leopardo compare anche in copricapi elaborati - un interessante raffronto è in una statuetta calcolitica da Can Hasan - e in pettorali; sono anche illustrate vesti femminili punteggiate, sia nelle statuette che negli affreschi; in scene di caccia alcune figure umane recano alla vita una specie di appendice triangolare punteggiata, che sembra quasi un animale impagliato. Il leopardo era presente nella fauna del Vicino Oriente preistorico, ma mentre se ne sono trovate ossa in altri siti, non se ne sono ancora trovate a Çatal Hüyük.
Le pitture mostrano scene realistiche e tuttavia enigmatiche. Talune alludono a riti venatori, ma bisogna sottolineare che secondo il Mellaart, sulla base delle ossa animali ritrovate, la caccia non doveva rappresentare un elemento determinante nell’economia di Çatal Hüyük. La scena dipinta su due pareti di un tempio del livello Il è notevole per il contrasto tra le figurette dei cacciatori- leopardo e il grande toro; vi sono figure di cacciatori acefali con corpo bicolore, musici o ballerini. Un rituale funerario sembra adombrato nelle pitture con avvoltoi che incombono su figure umane acefale, ma anche su un uomo armato con fionda (?); gli avvoltoi sono rappresentati in un caso con gambe umane. Notevole è la rappresentazione di un vulcano in eruzione, sullo sfondo di un motivo stilizzato rappresentante forse case pluricellulari. Alcune decorazioni astratte alludono probabilmente a tessuti; sono testimoniate serie di mani.
Circa la scultura, il Mellaart ha operato una distinzione tra «figurine» e «statuette»: le «figurine» d’argilla, molto stilizzate, trovate entro i muri sin dal livello IX, vengono considerate ex voto, utilizzate forse in riti di fertilità; le «statuette» antropomorfe, in pietra e in argilla, sono state trovate nei templi, assieme a «concrezioni» aniconiche, ed erano presumibilmente oggetti di culto. Dall’analisi delle statuette emerge una linea evolutiva che sembra privilegiare nei livelli VII-VI l’impiego della pietra, mentre le statuette in argilla prevalgono nei livelli successivi; va sottolineato inoltre che le poche statuette in pietra dei livelli posteriori al VI sono stilisticamente diverse dalle precedenti e sono modellate in forme non dissimili da quelle di talune statuette d’argilla contemporanee. Sembra inoltre un tratto arcaico, limitato ai livelli VII-VI, la presenza, sia pure minoritaria, di figure che possiamo identificare come maschili grazie a caratteristiche secondarie, quali la presenza di barba o l’assenza di seni; queste sono raffigurate talvolta insieme ad animali, toro e leopardo, o sedute su piccoli sgabelli. Infine nei livelli tardi si affermano figure femminili, con braccia, seni, ventri e natiche enfatizzati in modo innaturale (un prototipo delle quali potrebbe essere una figuretta d’argilla nuda, dipinta con «fiori» e con mani e piedi delicatamente delineati e incisi, trovata nel livello VI), che trovano numerosi confronti con le figurine di dee-madri tardo-neolitiche. E importante sottolineare che un grande incendio si verificò nel livello VI; è dunque probabile che, anche se si ha nei livelli successivi un’evidente continuità culturale, questo abbia segnato la fine di un’epoca. Dal punto di vista iconografico, in seno alle circa quaranta statuette antropomorfe, provenienti dai livelli VII-VI, si possono distinguere tipi diversi, sia maschili che femminili. Un tipo unico, trovato solo a Ç. H. nei livelli VII-VI, è quello del cavaliere; peculiare è anche la rappresentazione di figure femminili fiancheggiate da leopardi che formano un trono zoomorfo, perché solo nelle statuette di Hacılar sono presenti animali. Particolare interesse rivestono le figure gemelle e la placca con due coppie rappresentate ad altorilievo; vi sono inoltre gruppi di statuette che furono deposte insieme nello stesso tempio e sembrano essere in relazione significante tra loro.
Oltre che con i teschi modellati di Gerico e le figurine di ‘Ain Ghazal, Ç. H. presenta paralleli anche con le pitture murali con soggetti analoghi, all’incirca contemporanei, trovati a Buqras in Siria e a Umm Dabaghiya in Mesopotamia; in epoca successiva, vera erede della tradizione figurativa di Ç. H. è la pittura ceramica dei siti halafiani, che mostra molti stretti riferimenti a temi presenti a Ç. H., soprattutto per la tendenza a organizzare i motivi entro metope (ciò sembra echeggiare decorazioni parietali di edifici), e per la presenza di punteggiature e di leopardi. Per quanto riguarda le statuette, dal punto di vista iconografico e stilistico i paralleli migliori si possono stabilire con le statuette di terracotta di Hacılar e con quelle di alabastro di Tell es-Sawwan.
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