CATAFRATTI (gr. κατάϕρακτος "recinto, corazzato")
Cataphracta è la corazza e cataphracti (anche cataphractari) i cavalieri, forniti, come i loro cavalli, di corazza (Servio, Ad Aen., XI, 770). L'uso di corazzare uomini e cavalli proviene da alcune popolazioni dell'Asia centrale, e si riscontra per la prima volta fra i Persiani. Appaiono quindi negli eserciti dei Seleucidi e di altri re orientali e più tardi negli eserciti dei Parti e specialmente dei Persiaui sassanidi. I Sarmati e specialmente gli Alani, diffondendosi nel sec. I e II a. C. nella Russia meridionale, v'importarono la cavalleria pesante catafratta e una tattica diversa da quella degli Sciti e dei Parti, che erano soprattutto arcieri. Essi brandivano grandi lance, erano coperti di corazza, cavallo e cavaliere, e attaccavano in massa costituendo una specie di falange montata. Nei corpo a corpo usavano lunghe spade; l'arco aveva per essi una parte secondaria. I Romani conobbero i Sarmati nel sec. I d. C., e nelle guerre combattute contro di essi sul Danubio e sul Caucaso conobbero, come già i Greci delle città del Bosforo, i catafratti, e dall'epoca di Adriano introdussero nel loro esercito dei cavalieri cataphractarii (detti anche clibamus, da cíibanus corazza", parola persiana), che divennero numerosi specialmente nel sec. III.
L'armatura dei catafratti (descritta da Eliodoro, Aethiopica, IX, 15; cfr. Amm. Marc., XVII, 12, 2; Giuliano imp., Orat., I, 37, C) consisteva di solito in una veste di stoffai sulla quale erano disposte scaglie di metallo, corno, osso, cuoio indurito e che aderiva al corpo. Era in due pezzi, uno anteriore e uno posteriore. La completavano calzari analoghi, e copriva anche le mani e spesso il viso; il cavaliere vedeva attraverso dei fori. Con lo stesso sistema era costruita la corazza del cavallo. La Russia meridionale ha dato vari frammenti di tali armature, nelle quali le scaglie di bronzo o di ferro sono talvolta ricopette da lamine d'oro. C'erano poi armature composte di lamiere articolate di metallo, come quelle dei secoli XIV-XVI, e il cui peso doveva essere ingente.
Bibl.: O. Benndorf, Antike Gesichtshelme, in Denkschriften d. Ak. d. Wiss. di Vienna, Hist. phil. Cl., XXVIII (1878), p. 354; E. Saglio, in Dictionnaire des antiquités, I, ii, p. 966; Fiebiger, art. Clibanarii, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. class. Altertumswiss., IV, col. 22; E. De Ruggiero, Diz. epigrafico, II, p. 143; M. Ebert, Südrussland im Altertum, Bonn 1921, p. 344; M. Rostovtzeff, iranians and Greeks in South Russia, Oxford 1922, p. 116 seg.; P. Couissin, Les armes romaines, Parigi 1926, p. 513.