Vedi CASTRUM dell'anno: 1959 - 1994
CASTRUM (più comunemente castra)
L'accampamento dell'esercito romano che, dopo ogni giornata di marcia, veniva allestito e fortificato. Così si chiamavano anche gli accampamenti permanenti utilizzati come quartieri invernali (hiberna) o come sistemazione durevole in occasione di assedi e - nell'epoca imperiale - come residenza di truppe a guardia di frontiere. I veri e propri castra erano destinati, fin dall'inizio, ad un esercito consolare di due legioni. Naturalmente vi furono anche, in ogni tempo, accampamenti per formazioni minori o distaccamenti: i castella. Siccome questi ultimi erano organizzati secondo i medesimi principi, è naturale che essi debbano essere trattati insieme ai castra. Le fonti per la conoscenza degli antichi accampamenti romani sono di tre specie: gli avanzi archeologici, le antiche fonti letterarie e le rappresentazioni figurate; tutte queste fonti combinate tra loro riescono a darcene un quadro, non privo di lacune, ma abbastanza chiaro.
Le fonti letterarie e gli avanzi monumentali vanno parallelamente per lo spazio di un millennio. La più antica descrizione è quella di Polibio (vi, 27), del 150 circa a. C. In ordine di tempo seguono, la breve descrizione di Flavio Giuseppe (Bell. Iud., iii, 5), del 75 circa d. C., quella di Africano (Cesti, 75), del 220 circa, lo scritto esauriente che va sotto il nome di Igino (De munitionibus castrorum), del III sec. d. C., quella di Vegezio (Res militaris, i, 21; ii, 9; iii, 8), del 390 circa d. C., una descrizione bizantina anonima (Köchli-Rüstov, Griech. Kriegsschriftsteller, ii, 2), del 590 d. C., quella dell'imperatore Leone (Institutiones tacticae) del 900 circa d. C. e un libro anonimo, De re militari, del sec. X d. C.
I più antichi resti di accampamenti che si conservino sono quelli della guerra di Numanzia, dell'età di Polibio. Seguono gli accampamenti di Cesare, del tempo delle guerre galliche (58-50 a. C.), quelli presso Haltern an der Lippe della prima età imperiale, poi l'immensa quantità di luoghi fortificati ai confini dell'Impero romano, esplorati specialmente sul limes germanico-retico, in Britannia, nell'Africa settentrionale e in Arabia, fortificazioni che si estendono cronologicamente per i secoli dell'età imperiale.
Questi avanzi sono molto diversi fra loro. Gli accampamenti di viaggio e i quartieri invernali consistono in bastioni circondati da fosse. Per soggiorni più lunghi, le tende di pelle erano sostituite da baracche di legno. In tal modo le piante sono riconoscibili soltanto dalle tracce che le fosse e i legnami infraciditi (fori per gli stipiti) hanno lasciato nel terreno, tracce che sono riconoscibili da una diversa colorazione della vegetazione che le ricopre. In località rocciose, come negli accampamenti di Numanzia in Spagna, la costruzione in pietra compare, fin dall'inizio, in luogo di bastioni, fascine, palizzate e capanne di legno. Ma anche nelle pianure della Germania, a partire dal regno di Claudio, gli originari accampamenti costruiti di terra e di legno vengono sostituiti, quando si tratti di un uso prolungato, da edifici di pietra. Soltanto in casi eccezionali (castra praetoria a Roma), i muri antichi sono conservati in tutta la loro altezza; in tutti gli altri casi dobbiamo accontentarci delle fondamenta e di qualche tratto dell'elevato. Le ricostruzioni avvenute nel corso di un uso talvolta secolare, per cui le fondamenta e le fosse di fondazione vengono intersecate, fanno si che la pianta si mostri confusa.
I castra meglio esplorati sono, in Germania, i grandi accampamenti, rispettivamente di una e di due legioni, di Novaesium (Neuss) e Vetera (presso Xanten), come pure il Salburgkastell nel Tauno; in Inghilterra, Newstead e Housesteads; in Svizzera, Vindonissa; in Austria, Carnuntum; nell'Africa settentrionale francese, Lambaesis.
Dagli avanzi vediamo che le prescrizioni a noi note dagli scrittori, non erano affatto seguite in modo rigido. Neanche le indicazioni scritte sono del tutto uniformi e non si potrebbe aspettare altro, quando si pensi che esse si estendono per uno spazio di tempo superiore ai mille anni. Inoltre occorreva, specialmente per gli accampamenti di viaggio, dove non si poteva indugiare molto nella scelta del posto, tenere conto della località e, in questo, si rendevano necessarie notevoli deviazioni dalla regola.
L'ordinamento avveniva secondo le regole della delimitazione quale la esercitavano gli agrimensori, e cioè procedeva da un incrociarsi di coordinate che si tagliavano ad angolo retto. Il nome della via principale, via decumana, corrisponde alla nomenclatura dei gromatici. Questa strada conduce alla porta decumana; e la sua prosecuzione oltre il pretorio ed il Foro, verso la porta praetoria, rivolta in direzione del nemico, è la via praetoria. Questa linea di strade viene incrociata ad angolo retto dalla via principale che, a sua volta, collega tra loro due porte (porta principalis dextera e porta principalis sinistra). Parallelamente alla via principalis corre, come seconda strada principale trasversa, la via quintana. Analogamente alle strigae e agli scamna degli agrimensori, linee di strade tagliano l'accampamento in direzione parallela ai due assi principali formando i quartieri. Davanti al pretorio rimane uno spazio libero per il Foro. Fra le vie dell'accampamento vengono sistemati gli ambienti per la truppa e gli edifici per il comando e l'amministrazione (praetorium, aerarium, armamentarium, fabrica, valetudinarium, horrea, ecc.). La denominazione dei singoli edifici non si può sempre stabilire con certezza, dal momento che la pianta non è sempre chiara, specie nel caso di accampamenti che sono stati occupati lungamente. Ci sono però di aiuto i ritrovamenti di oggetti. Solamente a Lambaesis ci soccorrono le iscrizioni. Secondo le prescrizioni delle fonti letterarie, fra lo spazio abitato e il vallo doveva rimanere libero un intervallum, ciò che viene confermato dagli avanzi archeologici. Intorno al vallo corrono due fossati interrotti soltanto in corrispondenza delle quattro porte.
La pianta è sempre quadrangolare con angoli smussati. I rapporti fra la parte lunga e quella trasversale sono molto incostanti. Polibio esige un quadrato, e noi lo troviamo in realtà nei castelli del limes di Wiesbaden e di Urstring. Igino e Vegezio dànno un rettangolo (2 : 5). A Novaesium il rapporto è di 3 : 4, nella Salburg di 2 : 3. Si possono anche riconoscere molti gradi intermedî.
Fino al sec. III il tipo dell'accampamento rimane sostanzialmente invariato. Nelle fonti letterarie esso si mantiene, nei suoi caratteri principali, anche dopo quest'epoca. Ma, a dire il vero, la trasformazione dell'esercito all'epoca del tardo Impero determinò un radicale cambiamento anche nelle fortificazioni. Al posto del grande accampamento compaiono generalmente piccoli castelli; anche a Novaesium ne viene costruito uno dentro l'antico recinto. Il cambiamento viene datato dall'abbandono del limes in Germania (circa il 260) come limite cronologico superiore e dallo sgombero della Britannia (c. il 400) come limite inferiore. Le piante sono anche in quest'epoca generalmente rettangolari, più raramente irregolari. Il tratto di mura più corto deve essere più efficace nella difesa, perché in questo caso il vallo può essere più guarnito di uomini. Non si tiene più conto della possibilità di un assalto, ma soprattutto di quella della difesa. Per questa ragione anche l'intervallum non esiste più; al contrario gli ambienti che servono di alloggio alla truppa e ai cavalli sono direttamente addossati alla parte interna delle mura. La stessa parte interna è molto resistente; mancano le quattro porte, che prima erano obbligatorie; ci si limita a due (specialmente nei castelli per i quali passa la strada battuta dall'esercito, come Neumagen presso Treviri), o anche ad una. La denominazione di burgus per queste piccole fortificazioni non è testimoniata nella bibliografia specializzata. Gli esempi più importanti sono Alzey, Boppard, Kreuznach e Deutz. Tutti questi castra sono muniti di torri rotonde che, nell'ultimo caso (in cui si tratta di una esposta testa di ponte), si presentano abbastanza fitte.
In Oriente questo tipo si può seguire fino ai sec. VII e VIII. Anche qui si costruiscono simili istallazioni nel centro di antiche città come fortezze bizantine (per es. Priene), il che dimostra che come in Occidente, si era costretti a limitare considerevolmente lo spazio destinato alla difesa. Naturalmente non mancano nuove istallazioni, parimenti isolate.
Rappresentazioni di accampamenti romani nell'arte sono relativamente rare. Poco proficue per lo studio di essi sono le vedute d'insieme su monete, (Emerita su alcune di Augusto, accampamenti su monete costantiniane). Numerose invece sono le rappresentazioni di accampamenti sulle columnae cochleatae di Traiano e di M. Aurelio (le sculture della Colonna Traiana sono il modello di quelle più recenti della Colonna Antonina). In esse si nota subito una grande varietà, tanto nella pianta (quadrangolare o semicircolare) quanto nell'apprestamento, a seconda che l'accampamento sia situato sulla via di marcia attraverso una regione pacificata o in vicinanza del nemico. Su terreno amico esso consiste in una semplice cinta di mura con grandi aperture che fungono da porte. In territorio bellico le porte sono coperte da vòlte e chiuse a doppio battente, le mura sono munite di merli e di torri (queste ultime sono spesso di legno). Varietà simili si conoscono, per i tempi più antichi, in accampamenti delle guerre di Cesare contro le Gallie. Le rappresentazioni sulle colonne commemorative mostrano o una veduta delle mura dell'accampamento in una prospettiva convenzionale o - come nelle raffigurazioni delle monete - l'accampamento è in certo modo visto da un punto elevato, sì che si possano riconoscere le tende, fra le quali spicca il pretorio dell'imperatore. Davanti a quest'ultimo si trova talvolta una tribuna per le allocuzioni che si tenevano nel Foro. Numerose rappresentazioni di castra sono nella copia carolingia (da Fulda) della raccolta degli Agrimensores romani conservata nella Biblioteca Vaticana, le cui illustrazioni derivano da un manoscritto tardo-antico. Esse non aggiungono però altro alle nostre conoscenze sui castra.
Il c. dei Romani entra - specialmente come definizione topografica - nelle lingue di molti popoli fino al giorno d'oggi (greco: kàstro; arabo: qasr, donde ha origine alcazar; italiano: castro; inglese: Chester). Castellum sopravvive per indicare fortificazioni (italiano: castello; tedesco: Kastell; inglese: castle; francese château). Ma non è soltanto il nome ad avere un influenza sulle epoche seguenti. Anche nelle piante di città si può riconoscere la struttura dell'accampamento. Questo è soprattutto il caso di colonie di veterani, di nuova fondazione, costruite come accampamenti, per esempio: Aosta, Torino, Colonia, Treviri, Autun, ove nel corso dei secoli, da installazioni puramente militari si svilupparono anche colonie di civili. In origine esse sono le canabae, che si estesero fuori dell'accampamento permanente. Avviene che da queste canabae sorga la città, mentre l'accampamento viene abbandonato (per es. Bonn), oppure l'accampamento stesso diviene città mantenendo la pianta della rete stradale. A Ostia la città espandendosi non mantiene la pianta dell'accampamento repubblicano. Invece a Nida (Heddernheim) in Germania, a Venta Silurum (Silchester), a Calleon (Caervent) in Inghilterra, e specialmente a Thamugadi (Timgad) nell'Africa del N, il nucleo dell'accampamento divenne la città e le canabae si trasformarono nei sobborghi.
Tutti questi sono esempi antichi. Ma la rete stradale si è talvolta mantenuta fino ai nostri giorni, attraverso le continue colonizzazioni sul tracciato delle vie dell'accampamento antico: così nel paese di Waldheim, impiantato sopra un castello del limes. A Boppard, originariamente un antico castello di tarda epoca, osserviamo il medesimo fenomeno per una città piccola. Perfino una grande città come Strasburgo conserva le forme dell' accampamento e di Argentoratum nella cinta e nella struttura stradale del nucleo cittadino.
In altro modo sono sopravvissuti i piccoli castelli fortificati muniti di torri della tarda antichità. Da essi hanno origine, con tradizione ininterrotta, i castelli dell'epoca feudale del Medioevo.
Bibl.: Nissen, in Bonner Jahrbücher, CXI-XII, 1904; Cagnat-Chapot, Manuel d'archéol. romaine, I, Parigi 1917, p. 252; F. von Gerkan, Griechische Städteanlagen, Berlino-Lipsia 1924, p. 124; Germania Romana2, I, 1924; H. Lehner, Vetera, Bonn 1926; T. Codrington, The Archaeol. of Roman Britain, 1930; Arch. Anz., 1933, p. 179 (Bittel); Germania, XVIII, 1934, p. 263 (Olsmann); F. Castagnoli, Ippodamo di Mileto e l'urbanistica a pianta ortogonale, Roma 1956, p. 98 ss.