CASTRO (Castra, pl. di castrum)
Accampamento o campo militare dei Romani (sulla pianta e distribuzione di esso v. accampamento; cardine; castello). L'origine dei castra romani è stata a lungo discussa e controversa. Da molti oggi ancora, sulla fede degli scrittori antichi (Varrone e Verrio Flacco, Frontino e Igino), si ritiene che le norme per il tracciamento dei castra, come in genere l'arte dei gromatici, siano derivate a Roma dalla disciplina etrusca. Da altri invece, dopo la scoperta e lo studio delle terramare italiche particolarmente di quella di Castellazzo di Fontanellato in provincia di Parma, si ritiene col Pigorini che la forma dei castra si riconduca, per una tradizione antichissima delle genti italiche, alla forma di quei loro primitivi villaggi, quadrilateri, cinti di fossa e di aggere, divisi in insulae rettangolari da una rete di strade, cardini e decumani, e aventi nel mezzo di un lato un'area di terreno naturale circondato da fossa, nella quale si dovrebbe vedere il germe del pretorio (il quale era però di solito nel centro del castro e senza fossato).
Sotto la protezione dei castri romani si raccoglievano gli abitanti dei dintorni a esercitare il loro commercio, costituendo così il primo nucleo di città che spesso salirono a grande importanza (Apulum in Dacia, Poetovio in Pannonia, Troesmis in Mesia, Lambaesis in Numidia, e moltissime altre).
Castra navalia erano quelle opere di fortificazione che circondavano una flotta tirata in secco dopo uno sbarco.
Fonti: Pol., Hist., VI; Ig., De Mun. Castr. (trad. e comm. di Domaszewski, Lipsia 1887); Veg., De Re Mil., I, 23; II, 13; III, 8; Gius. Flavio, Bell. Iud., III, 5; Leone il Filosofo, Instit. Milit., XI, XXII; Vitruv., De Archit., I, 5; Giulio Africano, Cestes, VI; oltre alle testimonianze degli storici, particolarmente Cesare, Tacito, Ammiano Marcellino, Gregorio di Tours.
Bibl.: Oltre alle citate s. v. accampamento: L. Pigorini, La terramara Castellazzo di Fontanellato, in Mon. Lincei, I (1890); id., in Not. scavi, 1892, p. 450; 1895, p. 9; Rend. Lincei, 1893, p. 832; Bull. paletn. ital., 1893, p. 103; 1895, p. 73; P. Vaccari, Il castrum come elemento di organizzazione territoriale, in Rendic. Istit. lombardo, 1923. Sui più recenti scavi di castri romani ricordiamo i lavori di H. Jacobi (Francoforte 1921) per Saalburg; di H. Lehner (Berlino-Lipsia 1930) per Vetera presso Xanten; di Groller von Mildensee (Anz. Akad. Wissensch. Wien, L, LIII, LIV, LVI) per Lauriacum; di W. Kubitschek e S. Frankfurter (Vienna 1923), per Carnuntum; del Henberger (Anz. f. Schw. Altertumsk., 1917, pp. 1-17; 1921, pp. 76-89; 1922, pp. 203-220; 1923, pp. 78-185) per Vindonissa; di J. Toutain, (Pro Alesia, 1922, pp. 128-130) per Argentoratum; del Bourgeois (Anz. f. Schw. Altert., 1924, pp. 212-263) per Eburodunum; del Fyot (Bull. Com. Trav. hist., 1920, pp. 299-321) per il castro Divionense; di R. E. M. Wheeler e Ph. G. Laver (Journ. Rom. Stud., 1919, pp. 139-169), per Colchester; di L. Chatelain (Bull. Com. Trav. hist., 1920) per Volubilis; di S. N. Miller (Glasgow 1922) per Balmuildy; di G. Lugli (Ausonia, IX, pagine 211-265) per il castro dei Monti Albani ecc.
La voce castrum ha in Italia, per tutto il Medioevo, un significato tecnico il quale, pur non essendo assolutamente preciso ed eguale per tutti i territorî, denota genericamente un centro giuridico e territoriale dotato di fisonomia propria, che lo distingue così dall'organizzazione più vasta della civitas come dai minori organismi del contado. Questa distinzione è presente negli scritti dei giuristi e particolarmente dei post-accursiani e commentatori, che hanno l'abitudine di fermare lo sguardo sulle condizioni di fatto della vita giuridica e sociale italiana del tempo. Nel Medioevo è comune il concetto di una distinzione, sufficientemente netta e ad ogni modo meglio delineata che non ai giorni nostri, fra le varie forme dell'aggruppamento della popolazione nel territorio (villa, castrum [oppidum], burgus, civitas); criterî di distinzione sono il grado di giurisdizione riconosciuto per legge, privilegio, prescrizione acquisitiva o stato di fatto, ai magistrati preposti ai varî organismi territoriali, la sede episcopale, le mura e fossa per la civitas, la cinta fortificata per il castrum.
L'origine dei numerosissimi castra che ci attestano le fonti del Medioevo italiano è dovuta a fattori diversi, i quali possono tuttavia essere ricondotti a talune cause essenziali. È accertata l'origine romana di non pochi tra essi che guardavano il limes italico e di cui sono esempî i castelli trentini e, in genere, del fronte delle Alpi: la marca di confine del Friuli contro i barbari della Pannonia e del Norico, la difesa della strada del Brennero, la valle del Brenta, le valli di Non e del Sole, le vie di accesso del Sarca e del Garda erano sbarrate da una cintura di castelli. Molti di essi furono conservati dai Longobardi, tanto più che questi raramente fissarono la loro dimora nelle campagne; dove ciò avvenne, gli stanziamenti longobardi ebbero anch'essi al centro un castello col nome di fara, Castello della Fara (dalla denominazione dei nuclei militari a base parentale della gente longobarda). I Bizantini poi accrebbero il numero dei castelli, per le necessità di difesa contro i Longobardi.
Questa forma di organizzazione territoriale ebbe grande sviluppo nell'alto Medioevo italiano, particolarmente nell'età feudale e nel periodo che va dalla fine del sec. IX al XII, quando la società italiana, non più dominata e sorretta da un solido governo centrale, elabora con le forze proprie nuove e più efficaci forme di ordinamento giuridico e territoriale. Numerosi castelli furono costruiti per la difesa dei confini dei singoli comitati o del territorio di una civitas, sistema accolto sviluppato nell'età comunale; le città provvidero alla difesa del loro territorio con lo stanziamento di colonie arimanniche; nei punti propizî allo sbarramento delle vie di comunicazione e di traffico, le quali avevano al centro un castello.
Le scorrerie degli Ungari, le frequenti guerre nell'età dei re italici da Berengario alla restaurazione imperiale con Ottone I, le lotte fra le signorie feudali costituirono altre cause per la costruzione di castelli, centri e rifugio della popolazione minacciata, strumento di dominazione per i signori, difesa di un centro di popolazione notevole, sede di mercato. Sotto la protezione dei castelli, costruiti per iniziativa dei signori, spesso con privilegio imperiale, da vassalli e militi al centro di un dominio fondiario, o nei luoghi dominanti, si svilupparono borghi (v.). Non di rado la cinta murata si distese ad abbracciare gli stessi borghi. Ne risultarono per i castra forme architettonicamente e giuridicamente diverse: la forma primitiva dovette essere generalmente quella della torre o rocca nella zona montana, del castello isolato nella pianura con la torre centrale o dongione e un corpo di case nelle forme più semplici; edifici di abitazione intorno nelle forme già progredite, protetti da robuste muraglie; era questa la dimora signorile che nei vasti possessi fondiarî dovette estendersi e abbracciare più vasto agglomeramento di costruzioni, abitazione di domestici e della forza armata, ricoveri per il bestiame e per i rustici, la cappella o più cappelle, non di rado la chiesa parrocchiale, la cinta murata con torri, il fossato.
In questa forma più estesa il castello costituiva il centro giuridico e religioso della popolazione, come sede dei placiti giudiziarî, del governo amministrativo e dell'esercizio del diritto spettante al signore sui terrazzani, del governo parrocchiale. La popolazione poteva essere tutta sparsa nei casali e nelle ville o poteva, caso frequente, radunarsi in parte notevole intorno al castello, costituendovi un borgo. E allora non di rado, come si è detto, il borgo fu cinto di mura con torri e venne a costituire un organismo unico il quale conservò il nome di castrum, distinto dal burgus, centro di popolazione sprovvisto di mura, ed ebbe nell'interno della cinta, sopra un lato o al centro, il castello, la pieve, il mercato, gli uffici della vita castellana e, in seguito, del governo comunale.
Quando il castello (prescindendo dall'esempio di castra più antichi, i quali avevano conservato un proprio distretto indipendente dalla città, come già nell'epoca romana) sorgeva al centro di un dominio fondiario o signorile, costituiva il caput di un organismo che già possedeva un territorio; ma anche negli altri casi di castelli nuovamente costruiti questi ebbero in progresso di tempo una propria sfera territoriale. La pace speciale, che implicava uno speciale trattamento per i reati commessi nel castrum entro la cinta fortificata, si estese man mano al territorio immediatamente sottostante: castellare, senaita, carbonarea, zirone, ecc. Spesso anzi la carbonarea fu la sede dei placiti giudiziarî e delle chiese castellane, e fu questa una prima e precisa determinazione del territorio castellano; altri importanti fattori condussero gradatamente alla costituzione d'una vera circoscrizione territoriale che conservò il nome di castrum. E questi fattori furono, con la diffusione delle signorie feudali nel contado e il moto generale che stringeva la popolazione ruralè intorno ai càstelli, la trasformazione degli obblighi castrensi, di carattere personale e in origine gravanti sulla popolazione incastellata, e in oneri essenzialmente reali, radicati sui fondi: obbligo di lavoro alle mura e fossa del castello, albergaria e hospitalitates dovute al signore o al consorzio dei signori che dominano nel castello, fidelitas, termine comprensivo di obblighi svariati di assistenza civile e militare verso il signore o la curia, soprattutto le guayte per la vigilanza e la difesa militare. Questa popolazione castellana, nella quale acquistarono particolare importanza i milites, masnadieri, vassalli che avevano la custodia del castello e tutti gli obblighi relativi, vera e diffusa aristocrazia minore del contado, giunse gradatamente attraverso i secoli XI-XIII all'autonomia di fronte alla signoria feudale, sotto la spinta di cause molteplici analoghe a quelle che prepararono la genesi del comune rurale, ma sulle quali ebbero particolare influenza, appunto, il movimento di quella minore aristocrazia, che seppe conquistare immunità e autonomia giudiziaria, almeno per le cause minori, sostituendo ai placiti del signore o dei suoi ufficiali i placita inter vicinos, tenuti nello stesso castello dagli arimanni e dai militi. Anzi soltanto la giurisdizione criminale fu in parte conservata al signore con le assemblee giudiziarie solenni per i delitti più gravi; la giurisdizione civile passò integralmente alla popolazione castellana.
Appunto in questa fase di autonomia e nel suo sviluppo successivo i castra divennero parte integrante dell'ordinamento giuridico e furono considerati dai giuristi come un tipo di universitas minore, dotata di una propria sfera di giurisdizione, accanto alle universitates maggiori della civitas e della provincia, secondo la classica distinzione di Bartolo; e una sfera di giurisdizione eguale a quella della civitas fu riconosciuta ai castra che avevano raggiunto anche di fronte alla città una quasi piena indipendenza. L'autonomia giurisdizionale dei castra era stata generalmente rispettata, infatti, in forma più o meno ampia, dal comune cittadino; il territorio appariva diviso in castra e oppida come a Siena e Volterra, in castelli e borghi come a Firenze, in castelli, corti e pievi come nel contado di Guastalla, in castelli e ville come nel territorio pavese, in castellani come nel comitato piacentino e nel Tortonese; e molti esempî di castelli importanti troviamo nella Marca trevigiana, nei contadi del Cremonesei del Lodigiano e del Vercellese, nel Monferrato, nella Marca di Ancona (detta da Bartolo Provincia Castellorum) e nella stessa Italia meridionale. La maggior parte di questi castra era subordinata alla città dominante nel territorio, ma non era raro il caso di un castrum che avesse conservato un'indipendenza quasi completa: "Multa enim castra sita sunt inter confinia plurium civitatum Lombardie que minime sunt civitatum ipsarum sed libera sunt et propriam iurisdictionem habere uoscuntur noscuntur" dice un documento lodigiano della fine del sec. XIII (Vignati. Cod. Diplom. laudens., n. 424). Parecchi di questi castra si trasformarono anzi in civitates.
Bibl.: G. Volpe, Studi sulle istituzioni comunali di Pisa, Pisa 1902; id., Lombardi e Romani nelle campagne e nelle città, in Studi storici, XIII (1904); id., Medioevo italiano, Firenze 1923, cap. VI; id., Lunigiana medioevale, Firenze 1923; P. Vaccari, la territorialità come base dell'ordinamento giuridico del contado, Pavia 1921; id., Il castrum come elemento di organizzazione territoriale, in Rendiconti R. Istituto lombardo, LVIII (1924); R. Caggese, Classi e comuni rurali nel Medioevo italiano, I, Firenze 1907; II, Firenze 1909; G. Salvioli, Storia economica d'Italia nell'alto Medioevo, Napoli 1913; R. Davidsohn, Storia di Firenze, I, Firenze 1909, cap. VIII; F. Schneider, Die Reichsverwaltung in Toskana, Roma 1914; id., Die Enstehung von burg un Landgemeinde in Italien, Berlino 1924; E. Mayer, Italienische Verfassungsgeschichte, Lipsia 1909, I, par. 25, II, par. 51; L.M. Hartmann, Geschichte Italiens im Mittelalter, I, 2ª ed., Stoccarda 1923, cap. 8°; II, Lipsia 1900, cap. 5°.