CASTRACANI DEGLI ANTELMINELLI, Francesco
Figlio di Gualtiero di Lutterio, viene erroneamente ricordato nella letteratura storica come zio del celebre Castruccio di Gerio di Castracane, del quale era invece cugino. Acquistò rilievo nella vita politica lucchese dopo la scomparsa di Castruccio (1328); per il periodo anteriore a questa data, a causa del silenzio delle fonti, non siamo in possesso di precisi dati biografici. Sembra comunque che abbia sposato in prime nozze una Giovanna, da cui ebbe un figlio, Filippo, il quale risulta sepolto con la madre in S. Pietro di Ghivizzano. Prestò la sua opera a Castruccio (fu presente alla sottomissione di Levanto il 15 sett. 1320 e fu podestà del Comune di Buggiano per il secondo semestre del 1327), ma fu poi rivale dei figli di lui per il dominio di Lucca e, destreggiandosi con una certa abilità nel gioco degli interessi e dei contrasti politici, riuscì ad essere qualcosa di più che un semplice strumento nelle mani dei potenti.
Valoroso uomo d'arme, era capitano della provincia della Valdinievole nel 1328, quando Castruccio morì; l'anno seguente doveva essere entrato nelle grazie di Ludovico il Bavaro, se questi si indusse a cedergli Lucca per 22.000 fiorini (16 marzo 1329), dopo aver deposto Arrigo di Castruccio Castracani, il quale, succeduto al padre nel governo del ducato, era stato incapace di ristabilire l'ordine pubblico e di pacificare le fazioni.
Già il 15 aprile, tuttavia, Marco Visconti, alla testa dei mercenari teutonici di stanza al Cerruglio, riuscì a penetrare nella città di Lucca grazie al tradimento del presidio dell'Augusta, esso pure tedesco, e, occupatala, si affrettò a richiamare il deposto duca e i suoi familiari. Il C. riparò nelle sue terre di Garfagnana, mentre Lucca, a conclusione di varie trattative, passava dagli Imperiali a Gherardino Spinola, al prezzo di 30.000 fiorini d'oro (2 sett. 1329). Del breve governo lucchese del C. - un mese appena - non si conservano atti pubblici.
Sotto la debole signoria dello Spinola si riaccesero le ambizioni degli aristocratici, e i Castracani, messe da parte le ragioni di rivalità, ricostruirono il loro sodalizio, nella comune avversione al nuovo signore della città, che doveva loro apparire come un usurpatore. Durante l'assedio posto dai Lucchesi al castello di Montecatini, annota G. Villani, "fu fedito messer Gherardino da uno degli Interminelli" (che Marchionne di Coppo Stefani indica senz'altro come Giovanni Castracani) e "fuggissi quegli in Buggiano, onde fu preso messer Francesco e' suoi seguaci... e mandati a Lucca e alcuno giustiziato".
Il C. servì invece con fedeltà Giovanni di Lussemburgo, re di Boemia (cui i Lucchesi offrirono la città nell'anno 1331): egli rimase al di fuori di un tentativo di colpo di mano che venne compiuto da Arrigo di Castruccio (settembre 1333). La sua lealtà meritò che il sovrano, a petizione degli Anziani lucchesi, trasferisse da Santi Castracani dei Falabrini allo stesso C. la vicaria di Coreglia (detta anche di Garfagnana di qua dall'Ania) insieme con il castello di Ghivizzano. La concessione gli garantiva in particolare un'entrata annua di 1.000 fiorini d'oro, da integrare, se necessario, a spese pubbliche; da parte sua il C., si impegnava a restituire al Comune di Lucca ciò di cui risultasse eventualmente creditore (diploma del 5 ott. 1333).
Durante il dominio dei Rossi di Parma (ottobre 1333 - novembre 1335). il C. non senza cautela si legò in una trama con Spinetta Malaspina, interessato a rovesciare i Rossi, suoi competitori nella Lunigiana, per far largo a Mastino della Scala. In una lettera agli Anziani dell'8 ott. 1335 infatti, egli si difendeva dall'accusa di essersi collegato con i guelfi, anche se ammetteva di essere informato delle trattative che erano in corso tra i Rossi e Mastino per la cessione di Lucca: cosa che, a suo parere, "era contentamento et utile di nostro signore messer lo Re, e stato di loro [i Rossi], e della cittade e del contado di Lucca". Passata la città sotto la dominazione scaligera (novembre 1335), il C., dopo essersi prodigato al servizio dei nuovi signori, si rese conto che non poteva da essi sperare più che un ruolo in subordine e tramò ancora una volta, mettendosi d'accordo con i Pisani (febbraio 1341). Il piano dei congiurati, che intendevano introdurre armati in Lucca con l'aiuto di quattordici cittadini, tra cui Ritrilla degli Uberti, capitano d'una bandiera di cavalieri, fallì per il tempestivo intervento del vicario scaligero, Guglielmo Canacci degli Scannabecchi. I cospiratori presenti in Lucca furono presi; contro il C. fu condotta una spedizione militare, che durò circa un mese e fu comandata dallo stesso Scannabecchi e da Frignano da Sesso. Nel corso delle operazioni, agli abitanti della vicaria di Coreglia fu intimato di abbandonare le loro terre sotto minaccia di essere considerati ribelli, traditori e nemici del Comune di Lucca. Le dure perdite subite durante questa pesante repressione provocarono il risentimento del C. e lo convinsero ad appoggiare incondizionatamente la politica pisana in merito alla questione lucchese. A tal fine persuase Arrigo di Castruccio ad abbandonare Mastino della Scala, e strinse nuovi legami coi signori di Milano e di Mantova, da cui ottenne anche qualche contingente di cavalieri. Nelle operazioni contro i Fiorentini per l'occupazione del Cerruglio (agosto 1341), poté riprendere possesso di una parte delle sue terre e, durante la battaglia del Serchio, davanti a Monte San Quirico, al comando della terza schiera pisana, fece precipitare le sorti a favore dei Pisani (2 ott. 1341). Lucca fu occupata nel luglio 1342: al C. furono concessi privilegi ed indennità di pedaggi e gabelle per le terre della sua giurisdizione (5 ag. 1342); gli fu inoltre accordato anche il diritto di riscuotere a suo beneficio per un quindicennio le gabelle di Bagno a Corsena (24 marzo 1343). Fu a quest'epoca che il C. cominciò a fregiarsi del titolo di conte di Coreglia, la cui legittimità non risulta per quest'epoca da documenti ufficiali. Con il deteriorarsi dell'amicizia tra Luchino Visconti ed i Pisani e l'apertura di un nuovo conflitto il C. non mutò condotta: fedele all'alleata guidò vittoriosamente, insieme con Ciupo degli Scolari e Carlino de' Tedici, una spedizione contro i Viscontei a Castiglione di Garfagnana (1343).
Dopo la pace di Pietrasanta (17 maggio 1345), il C. militò, a quanto sembra, per i Visconti contro i Gonzaga (1348) e, secondo la linea tenuta dai ghibellini, ne favorì la penetrazione in Toscana, al servizio dell'arcivescovo Giovanni. Nel 1352, secondo quanto riferisce Matteo Villani, "a'petizione de' Pisani fece furare a' Fiorentini la rocca di Coriglia, la quale appresso rendè a' Pisani... rompendo la pace a' Fiorentini"; perciò, "montato in grande orgoglio e confortato da' Pisani",pose lo assedio a Barga, controllata dai Fiorentini, con trecento cavalieri del Visconti. Quattro mesi dopo, tuttavia, fu sconfitto a Borgo a Mozzano dal condottiero Raimondo Lupo di Parma. In seguito a tali azioni, venne compreso nella pace di Sarzana stipulata tra l'arcivescovo Visconti ed i guelfi, ottenendo la conferma del possesso di Coreglia, fuorché il Tiglio e le altre terre dei Fiorentini da lui occupate (aprile 1353).
Mentre continuava a dividersi tra Pisani e Milanesi (nel 1354 fu condottiero dei Visconti contro Venezia), la venuta dell'imperatore Carlo IV gli offrì un'occasione propizia per ingrandire i suoi domini e rendere ancor più potente la sua casata. A Pisa, che ospitava il re, i figli del C., Iacopo, Niccolò e Giovanni, furono investiti cavalieri (1º febbr. 1355); a Lucca, Tobia di messer Bandino dei conti di Romena, moglie del C., guidò le gentildonne che si presentarono a rendere omaggio all'imperatrice, in visita ufficiale con Carlo IV (14 febbr. 1355); alla fine dell'aprile 1355 il C. era a Siena al seguito di Carlo IV. L'esito dei servigi prestati, in questa circostanza, consisté nella concessione di un diploma per cui il C. ed i suoi legittimi discendenti vennero creati "comites sacri Palatii",e venivano confermati signori con la più ampia giurisdizione della vicaria di Coreglia, eretta definitivamente in contea (8 maggio 1355). Mentre i Lucchesi trattavano con Carlo IV la loro liberazione dal dominio pisano, il C. tentò la carta risolutiva per il coronamento delle sue aspirazioni politiche e si mise segretamente d'accordo con Arrigo di Castruccio - anch'egli al seguito dell'imperatore - per la spartizione di Lucca e delle sue terre, pattuendo per sé ed i successori la Garfagnana. Poiché il C. non era ben accetto in Pisa, dove allora si trovava e dove si temeva un intervento dei suoi armati in favore della fazione dei Raspanti, l'imperatore si risolse a invitarlo ad allontanarsi dalla città. Durante il viaggio, nel palazzo ducale di Massa Pisana, lungo la via di Lucca, il C. perdette la vita, ucciso a tradimento dai figli di Castruccio, Arrigo e Vallerano, i quali, come lui espulsi da Pisa per ordine di Carlo IV, avevano ritenuto che egli si fosse accordato, a loro danno, con l'imperatore (19 maggio 1355).
Il suo corpo fu solennemente sepolto a Lucca nella chiesa di S. Francesco.
Del C. rimane un testamento rogato in Ghivizzano il 29 apr. 1354 dal notaio Fredo del fu Guido Perfettuccio di Lucca, in cui istituisce credi universali Iacopo, Giovanni, Niccolò e Andrea suoi figli; usufruttuaria ed esecutrice la moglie (insieme con Francesco di Lazzaro Guinigi e Francesco di Nuccino Bottacci).
Dalla moglie pare che abbia avuto i seguenti figli: Beatrice (1338); Giorgio (1339); Iacopo (1340); Giovanni (1341); Niccolò (1343); Onofrio (1344); Filippo (1346); Andrea (1347); Zabetta (1348).
Per qualche tempo i discendenti del C. conservarono pacificamente i feudi paterni, stipulando in particolare una convenzione per cui le popolazioni di Coreglia, Pescaglia, Ghivizzano, Colognora e Gello s'impegnavano a pagare, oltre le consuete gabelle, 375 fiorini d'oro all'anno (24 ag. 1358). Si misero poi in contrasto con Lucca, che riuscì, a lungo andare, ad esaurirne la potenza. Nel 1369, con la restaurazione della libertà lucchese, essi perdevano la vicaria di Coreglia, guadagnando come lieve compenso il solo castello di Tereglio: in quelle che un tempo erano state le loro case a Borgo a Mozzano s'insediava pertanto, nel mese di marzo, il nuovo vicario. Il 25 marzo 1371 i figli del C. dovettero cedere al Comune per trecento fiorini d'oro tutte le case, i beni, le torri, i palazzi, le mura, appartenenti al castello di Bargiglio. Il 15 giugno 1371 furono conferiti poteri assoluti al capitano generale di guerra, Francesco da Spoleto, conte di Campello ed ex podestà di Lucca, con l'incarico di conquistare la stessa fortezza di Tereglio, per la quale i Castracani furono risarciti con 1.500 fiorini d'oro. Nel 1373 fu definitivamente abbattuta, per ragioni di sicurezza, la rocca del Bargiglio.
Dei figli del C., Niccolò sposò nel 1368 Onofria nata da Caterina diOttaviano di Brunforte, erede della signoria di Castel Leone nella Marca Anconetana, e ne ebbe Iacopo e Rodolfo, considerato quest'ultimo capostipite dei Castracane di Fano.
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