CASTORIO
Fu tra le maggiori personalità dello scrinium papale durante il pontificato di Gregorio I (590-604). Di lui sappiamo solo quanto si desume dall'epistolario di Gregorio, in molte lettere del quale si trova menzione di C., generalmente qualificato come notarius o come chartularius (o con entrambi i due titoli) della Chiesa romana.
I chartularii e i notarii costituivano l'ufficio di segreteria dell'amministrazione civile dell'Impero. Dal sec. IV in poi, anche la maggior parte delle Chiese più importanti ebbe funzionari del genere. All'epoca del pontificato di Gregorio I il personale notarile della Chiesa romana era organizzato, sul modello delle scholae imperiali, in un collegio - sottoposto a un primicerius notariorum - con una sua gerarchia ufficiale, le sue regole e i suoi privilegi. Sembra che normalmente i suoi membri avessero gli ordini minori, anche se spesso venivano promossi a quelli maggiori. A quale categoria appartenesse C. non si desume con chiarezza dai documenti. Un vescovo di Ravenna si indirizza a lui come a "reverendissimus conservus meus",sembrando sottintendere che C. avesse gli ordini maggiori; mentre papa Gregorio, rivolgendosi a lui usa spesso il termine di experientia tua, qualifica che veniva in genere usata quando ci si rivolgeva a funzionari che si occupavano di questioni legali, che erano spesso laici.
Ogni distinzione tra chartularii e notarii intorno a questo periodo appare scomparsa, e a C. vengono attribuite ambedue le qualifiche. Questi funzionari nello scrinium papale si occupavano di stendere la corrispondenza e i documenti pontifici, di registrarli, e insieme di tenere le memorie ufficiali della S. Sede. Inoltre essi tenevano i conti e i registri finanziari delle terre di proprietà della Chiesa (patrimonia); qualche volta un membro del collegio era favorito nell'ottenere cariche connesse con queste terre, per quanto i funzionari preposti ad esse (rectores parrimonii)fossero scelti più spesso nel corpo parallelo dei defensores.
Dai ranghi di queste due scholae il papa sceglieva anche coloro che avrebbero diretto la politica amministrativa e diplomatica della Chiesa. Èappunto con tali compiti che incontriamo per la prima volta Castorio. Questi doveva aver comunque servito nello scrinium della Chiesa romana sino a qualche tempo prima del luglio 593, quando compare come rappresentante del papa a Ravenna, nella circostanza col titolo ufficiale di responsalis. Il suo nome si incontra per l'ultima volta nella corrispondenza pontificia nell'agosto 599. Nel corso di questo periodo C. appare l'informatore e il fidato ambasciatore del papa in una città dove le relazioni sia con le autorità civili sia con quelle ecclesiastiche presentavano problemi complessi e di vario genere.
Per quasi duecento anni Ravenna era stata il centro del governo imperiale in Italia. Al tempo di Gregorio I era sede dell'esarca, rappresentante dell'imperatore in Italia ed effettivo capo del governo. Molte delle controversie che insorsero nei rapporti tra Roma e Ravenna erano in relazione col prestigio che i circoli sia civili sia ecclesiastici ritenevano proprio della città, in virtù della sua importanza politica. I suoi vescovi reclamavano lo status arcivescovile e metropolitano e, fin dal tempo dell'arcivescovo Massimiano (546), nonostante l'opposizione di Roma, si erano ampiamente arrogati tale dignità. Il conflitto che divise tra il 590 e il 600 Roma e Ravenna fu in gran parte causato dalle pretese dei vescovi di Ravenna - palesemente incoraggiati dai funzionari laici che li circondavano - e dalla resistenza opposta ad esse dal papa e dal suo rappresentante. Entrambi i vescovi che governarono Ravenna durante il mandato di C., nonostante fossero di origine ed educazione romana (in particolare Mariano, succeduto a Giovanni e consacrato nel 595, era stato monaco nel monastero romano di Gregorio, e suo amico), si allearono strettamente con quei circoli laici ed ecclesiastici di Ravenna nei quali si era raccolta la resistenza antipapale. Dalla prolungata corrispondenza sul privilegio, da parte dei vescovi ravennati, di usare il pallio traspare chiaramente l'unità tra il vescovo, il clero e i funzionari laici intorno all'esarca. La pressione ufficiale fu fatta pesare in favore del vescovo. C. fu al centro dei negoziati, che alla fine portarono ad un compromesso; tuttavia fin dove lerestrizioni imposte dal papa fossero praticamente osservate è un problema ancora aperto. I fatti in questione sono attribuibili a una data non posteriore al giugno 599.
Un'altra delicata serie di negoziati in cui C. fu coinvolto a fondo riguardò le trattative per una tregua con i Longobardi, che stavano assediando Roma. Fu il papa a prenderne l'iniziativa nel 594, contro la viva opposizione dell'esarca Romano e della sua corte. Il ruolo, che C. dovette svolgere in questi importanti negoziati, lo espose al discredito non solo presso i circoli ufficiali, ma anche presso il clero ed il popolo di Ravenna. Nel 596, dopo che libelli anonimi erano stati affissi di notte dagli oppositori dei negoziati, Gregorio I dovette minacciare la scomunica contro i calunniatori del suo rappresentante. Solo un cambiamento di politica, avutosi dopo la morte di Romano (596) con l'avvento del suo successore Callinico a Ravenna (597), portò alla realizzazione della pace, tanto necessaria all'Italia e perciò tanto desiderata dal papa. Il nuovo esarca si mostrò infatti più propenso a trattare, e nell'autunno del 598 concluse col re dei Longobardi Agilulfo una tregua della durata di un anno, che venne successivamente prorogata sino al marzo del 601.
Sembra inoltre che l'esarca e i funzionari laici siano stati coinvolti in un'altra lite tra Roma e Ravenna, relativa alle richieste fatte dai vescovi ravennati di ottenere la giurisdizione su un certo numero di monasteri di Ravenna e del suo circondario. Anche in questa vicenda sembra che il clero locale si sia alleato con i notabili laici. Gregorio I e C. fecero in modo di limitare la portata degli interventi vescovili negli affari delle comunità monastiche, e provvidero a ciò con privilegi che si avvicinano ai documenti di "esenzione" che vennero in uso nel secolo seguente.
C. agì anche come rappresentante del papa in questioni concernenti la disciplina ecclesiastica. Fu suo compito, per esempio, preparare i complicati accordi per l'elezione del nuovo vescovo di Ravenna dopo la morte di Giovanni (595): era una situazione delicata in cui di nuovo gli interessi locali e quelli di Roma erano tutt'altro che concordanti. C. fu anche impiegato per regolare gli affari della sede di Salona in Dalmazia e per ridurne all'ordine il recalcitrante vescovo, che in qualche misura godeva di appoggi ufficiali. C., insieme col vescovo di Ravenna e con l'esarca, si riconciliò col vescovo ribelle nel 599, quand'egli, dopo anni di dissidio, si ravvide.
I buoni uffici di C. furono anche usati nei rapporti con le comunità scismatiche istriane (che avevano avuto origine dai dibattiti sulla condanna dei "Tre capitoli" da parte del secondo concilio di Costantinopoli, nel 544). Fu C. che ricevette i membri delle Chiese istriane che erano pronti a riconciliarsi con Roma, e fu lui a consegnar loro il salvacondotto. La riservatezza della sua diplomazia deve essere stata efficace nel facilitare tale vittoria sugli scismatici.
Non tutta l'attività di C., comunque, fu rivolta alle maggiori vicende della diplomazia ecclesiastica e civile. Buona parte dei suoi compiti riguardava infatti questioni di normale amministrazione: egli era infatti l'intermediario ordinario del papa nei suoi rapporti con il vescovo, il clero, i monaci, come anche con i laici e i funzionari, di Ravenna. Un costante fiume di lagnanze e richieste d'aiuto deve essergli giunto perché investigasse e agisse di conseguenza: si conoscono anche alcuni pochi casi in cui gli venne richiesto di difendere volontà testamentarie nell'interesse degli eredi, e di compiere altri interventi dello stesso genere. Inoltre C. deve essere stato anche il responsabile delle proprietà e dell'amministrazione delle terre che la Chiesa romana possedeva nella regione di Ravenna. Non sembra infatti che vi fosse un rector particolare assegnato a questi patrimoni; in un'occasione C. fu incaricato di pagare certe spese attingendo alle rendite di queste terre. Sembra dunque probabile che rientrasse tra le sue competenze anche la supervisione della amministrazione e dei redditi del patrimonio nell'esarcato.
Della vita e della personalità di C. conosciamo solo ciò che la corrispondenza pontificia ci permette di intravvedere. Una grande fermezza di carattere e la fedeltà alle direttive religiose e politiche di Gregorio I devono essergli state necessarie, unite al tatto e all'elasticità, per consentirgli di affrontare e risolvere i delicati e complessi problemi ai quali la sua posizione lo mise di fronte.
Fonti e Bibl.: Gregorii I papae Registrum epistolarum, a cura di P. Ewald-L. M. Hartinann, in Mon. Germ Hist., Epp., I-II,Berolini 1887-1899, ad Indicem;L. Santifaller, Saggio di un elenco dei funzionari, impiegati...,in Bull. d. Ist. stor. ital., LVI (1940), pp. 19-20, 227-232. Sulle trattative di pace avviate da Gregorio Magno nel 594, e nelle quali sitrovò coinvolto C., siveda O. Bertolini, I papi e le relazioni politiche di Roma con i ducati longobardi di Spoleto e di Benevento, in Riv. di stor. della Chiesa in Italia, VI(1952), pp. 1-46.