CASTITÀ (dal lat. castitas; fr. chasteté; sp. castidad; ted. Keuschheit; ingl. chastity)
Nella teologia cattolica, la castità è una virtù morale, specie della virtù della temperanza, che modera l'appetito delle dilettazioni carnali. Come virtù morale razionale non ebbe mai la sua piena luce se non nel Cristianesimo, fuori del quale la castità è intesa solo degli atti esteriori. Come virtù cristiana soprannaturale, oltre la perfezione adeguata dell'oggetto, interno ed esterno, include la perfezione del motivo, cioè il rispetto del corpo del cristiano "membro di Cristo" (I Cor., VI, 15), tempio dello Spirito Santo, destinato alla risurrezione e glorificazione.
La castità può essere assoluta o relativa: la prima esclude qualsiasi concessione all'istinto, per motivi di maggior perfezione morale; la seconda ne concede l'uso conforme di dettami della natura nel legittimo matrimonio. La castità cristiana non si restringe a evitare le azioni materiali esterne contrarie a tale virtù, ma comprende, presupponendola anzi come fondamento indispensabile, l'eliminazione degli atti interni contrarî, quali i pensieri e desiderî impuri (cfr. Matteo, V, 27-30). Della castità assoluta la Chiesa cattolica ha trovato, non il comando, ma il consiglio in Matt., XIX, 11 segg., I Corinzî, VII, 25 segg.
Il principio morale su cui il cristianesimo fonda queste dottrine, è che fra la carne con le sue inclinazioni e lo spirito vi è un incessante antagonismo (cfr. Romani, VII-VIII) che dev'esser composto con l'assoggettamento della prima al secondo, che viene diretto dalla ragione, illuminata dalla fede.
La castità - intesa come astinenza sessuale in date persone e circostanze di tempo e di luogo, quindi non come virtù morale - non è per sé stessa collegata con un grado elevato di moralità: le osservazioni di numerosi etnologi hanno anzi stabilito come, se non la castità assoluta, per lo meno la continenza nei rapporti sessuali sia estremamente diffusa tra le popolazioni a un basso livello di civiltà, dove questa continenza procede di pari passo con la credenza che, nonché gli abusi, ma gli stessi rapporti sessuali normali in determinati momenti (guerra, caccia, festività religiose, ecc.) siano dannosi e da confessare come peccato. La continenza è richiesta, si può dire, durante tutti i periodi che precedono operazioni le quali, per sé stesse o per rapporti magici, richiedano da parte dell'uomo il pieno possesso di tutte le sue energie. Le ricerche degli studiosi moderni tendono a rendere sempre più evidente - con esempî tratti da popolazioni di tutte le parti del mondo, in tutti i tempi - il carattere di sacralità negativa universalmente riconosciuto all'atto sessuale, il che spiega la grande quantità di divieti (tabu) che lo circondano, l'importanza religiosa e sociale della pubertà, manifesta nelle cerimonie d'iniziazione, e infine anche le numerose norme che presso molte popolazioni regolano il matrimonio, allo scopo di evitare l'unione tra congiunti (v. esogamia, totemismo).
Chi si accosta alla divinità deve trovarsi in stato di purità sacrale, detta dai Latini castimonia; di qui il rispetto che circonda la verginità sacerdotale, p. es. nelle Vestali, sovente imposta, ma tutt'altro che universale. Solo nelle religioni superiori, con un codice morale elevato, la castità viene raccomandata o prescritta come un dovere; allora essa non riguarda più soltanto l'obbligo della fedeltà coniugale o il trattenersi dagli eccessi, ma impone spesso l'astinenza assoluta, in base a quel dualismo tra corpo o materia e anima o spirito (intesi questi termini in senso generalissimo), che si può assumere come fondamento di tutte le pratiche e le dottrine ascetiche nelle religioni superiori.
Il trinoctium castitatis. - Fin dal tempo dei re franchi le sanzioni ecclesiastiche ammonivano gli sposi di osservare la castità per due o tre giorni, dopo la benedizione nuziale. Ora il popolo in qualche luogo conserva il ricordo di quest'usanza e talvolta ancora la segue. Se non che, mentre nelle età trascorse il patto aveva carattere penitenziale, oggi ha carattere di voto, ordinariamente profferito dalla donna. In alcuni paesi della Bretagna la continenza nuziale si suole prolungare per tre o quattro notti, in onore della Madonna, nella prima; di S. Giuseppe, nella seconda; della divina Sposa, nella terza. Dell'uso si trova menzione anche nei racconti, come in quello di Verdolina (v. malmaritata), che trae in inganno il marito vecchio col pretesto del voto.