CASTELLO
. Era presso i Romani il serbatoio in cui erano convogliate le acque degli acquedotti (v.), e dal quale le acque stesse erano poi distribuite per mezzo di canali (cfr. Vitruvio, De Arch., VIII, 6; Frontino, De Aquaed., 35; Plinio, Nat. Hist., XXXVI, 24). In origine semplici costruzioni circolari a cisterna, chiamate da Pesto dividicula (un esempio, per quanto riccamente ornato, è nel Castellum divisorium scoperto a Nîmes nel 1844), essi diventarono talvolta vasti e alti serbatoi, con fronti architettoniche ornate di colonne, statue, vasche e fontane. Sappiamo da Vitruvio (loc. cit.) che il castello doveva essere congiunto a tre distinti condotti: i due laterali destinati l'uno ai bagni pubblici l'altro alle case private; quello di mezzo, più basso, che raccoglieva l'eccesso degli altri due, destinato alle fontane e ai lavatoi. Ma i monumenti superstiti non corrispondono ai precetti vitruviani.
Oltre ai castella di uso pubblico, vi erano, come c'informa Frontino (c. 106), privata castella, nei quali gli abitanti di un medesimo quartiere raccoglievano l'acqua pubblica e se la ripartivano fra loro.
Questi castella, posti di solito in un punto elevato, talvolta anche fuori della città, erano generalmente complesse costruzioni a gallerie parallele di vaste dimensioni, potendo contenere, come in quello trovato ad Uthina, presso Cartagine, 14.000 mc. di acqua. La distribuzione avveniva per mezzo di tubi in bronzo a diametri calibrati (calices): unità di misura era la fistula quinaria, che aveva il diametro di un dito e un quarto (mm. 23,2) col centro posto 12 dita sotta il pelo dell'acqua: il calix era lungo 12 dita (m 0,222) e s'innestava ad un tubo di piombo o di cotto, talvolta di legno o di pietra, che per altri 50 piedi (m. 14,85) doveva avere lo stesso diametro del calix (Front., 105). Non poche sono le rovine superstiti degli antichi castelli d'acqua romani: fra i tanti, quelli dell'acqua Iulia sull'Esquilino in Roma (conosciuti dal Medioevo col nome di Trofei di Mario), della Villa dei Quintilî sull'Appia, di Pompei, col suo triplice emissario (cfr. Notizie d. scavi, 1903, p. 25), di Fréjus, dell'acquedotto del monte Pilat a Lione, di Costantinopoli, di Side in Asia minore, di Cartagine, di Tipasa, ecc. (v. anche acquedotto; idrotecnica).
Bibl.: C. Thierry, Castellum, in Daremberg e Saglio, Dictionn. antiq.; R. Lanciani, I Comentarii di Frontino, Roma 1880; A. Leger, Les travaux publics du temps des Romains, Parigi 1875; C. Merkel, Die Ingenieur-Technik im Alterthum, Berlino 1899; J. Durm, Die Baukunst d. Etr. u. Römer, Stoccarda 1905; K. Lanckoronski, Die Städte Pamphilien u. Pisidien, Vienna 1890; S. Gsell, Tipasa, in Mél. arch., 1894, ecc.