CASTELLO
. Opera romana di fortificazione assai simile al castrum (v. accampamento; castro), ma di minori dimensioni, come è dimostrato dalla parola medesima: a castro diminuto vocabulo sunt nuncupata castella (Vegezio, III, 8).
Quale preciso rapporto di dimensioni esistesse fra i due termini non è ben preciso. Cesare chiama castrum il piccolo campo di Galba occupato da 8 coorti, mentre chiama castellum un altro piccolo campo occupato dalle 6 coorti di Titurio Sabino (Bell. Gall., II, 5; III, 1). D'altra parte Ammiano Marcellino dà a Lutetia il nome di castellum, e già Gregorio di Tours usa indifferentemente per alcune località il nome di castrum e di castellum. E del resto sono oggi ordinariamentc ritenuti come castella alcuni posti fortificati a difesa del limes germanico che occupano, come quello di Wiesbaden, un'area quadrata di m. 151 di lato, o che, come quelli di Neuss e di Saalburg, occupano rispettivamente un'area di ettari 2,470 e 3,250. I più piccoli castella misurano invece m. 24 × 15 all'incirca. I castella, a somiglianza dei castra, potevano essere opere permanenti o temporanee; talvolta erano anche semplici ridotte (chiamate anche per metonimia praesidia), senza tende né baraccamenti, come quelle che Cesare eresse davanti ad Alesia per rafforzare la linea di circonvallazione: in questo caso essi potevano avere tanto la forma quadrata dei castra quanto quella circolare. Da Vegezio apprendiamo che questi forti permanenti erano anche chiamati castella munita o murata, e quelli temporanei tumultuaria castella, o castella temere munita (Sall., Bell. Iug., 5) ma tra gli uni e gli altri non dovevano esservi notevoli differenze.
I castella temporanei dovevano sorgere ordinariamsnte presso i nodi stradali, i ponti, i guadi o le fonti. Ma nulla può confermare l'opinione di coloro che, sulla base di un passo di Cesare (Bell. Alex., 42), ritengono che essi dovessero sorgere di regola sopra un'altura: il che non solo non trova rispondenza nei resti tuttora superstiti, ma è anzi in contrasto con la concezione generale e il carattere della fortificazione romana, fondata meno sulla difesa passiva che sulla capacità attiva delle opere militari.
Ma i castella più importanti erano quelli di carattere permanente, che sorsero lungo le frontiere dell'Impero (v. limes). Secondo la Notitia Dignitatum essi dovevano essere disposti di 1000 in 1000 passi, ma quelli di cui esistono oggi i resti sono spesso a distanze notevolmente maggiori. Questi castella di confine sorgevano qualche volta a difesa di ponti (come quelli di Divitia presso Colonia di Rigomagus presso Coblenza, e altri presso Magonza e a Maestricht) ma solitamente essi sorgevano dietro o avanti alla linea del limes, lungo le strade che portavano al territorio nemico: in Britannia per contro essi erano addossati al vallo.
I castella tenuti da una guarnigione permanente erano solidamente costruiti. A prescindere dai più antichi, che erano recinti da terrapieni (come quelli di Hofheim, Kapersburg e Zugmantel presso il Reno), essi erano di regola costituiti da un recinto rettangolare in muratura con gli angoli arrotondati, difeso spesso da un fossato e rafforzato da torri: al recinto si addossava internamente un terrapieno (vallum): Tacito infatti si vale spesso, per designare questi castelli, delle parole vallum murique.
Le torri poste lungo le mura, agli angoli e alle porte, senza norme costanti di situazione e di numero (talvolta esse anzi mancavano), erano di solito piccole e rettangolari, e sporgevano generalmente verso l'interno, il che mostra come, più che una funzione di fiancheggiamento, esse avessero quella di portare le macchine da getto. Le porte erano quattro, raramente difese da opere avanzate. Il vallo interno era largo in media m. 3 e alto poco meno. In luogo di un solo fossato talvolta se ne trovano due o tre, in ogni caso però la larghezza totale era di solito mantenuta entro i limiti segnati dalla portata efficace del pilum, che era di circa 18 metri.
La profondità del fossato, che raramente era destinato a portare acqua, non superava di solito i m. 2,50. Nell'interno dei castella, oltre ai baraccamenti per le truppe, ai portici, ai bagni, esisteva di regola il pretorio per il comandante, nel quale, però senza fondamento, si è voluto veder l'origine del mastio medievale.
Da Vegezio (IV, 10) infine sappiamo che i castella di minori dimensioni erano chiamati burgi, parola che alcuni fanno derivare dai πύργοι (torri) dei Greci ed altri dal burg germanico.
Bibl.: v. la voce accampamento.