CASTELLO, Battista (Giovanni Battista), detto il Genovese
Nacque a Genova nel 1547 da Antonio e da Geronima Macchiavello. Fratello di Bernardo, il celebre pittore del tardo manierismo ligure, fu soprannominato “il Genovese”, secondo lo Zani, in Spagna, e in ogni caso il soprannome lo distingue dall’omonimo detto “Il Bergamasco”, attivo quasi contemporaneamente a Genova. Il C. iniziò la sua attività come orafo di reliquiari (Soprani) e, a corredo dell’oreficeria religiosa, praticò la miniatura, a cui finì col dedicarsi completamente e con maggior soddisfazione, riportandola a un successo e ad una divulgazione che non conosceva dal Medioevo e che ora trovava nel clima spirituale e culturale della Controriforma incentivo e giustificazione.
Definito dalle fonti e poi dalla critica “autodidatta”, è certo però che il C. frequentò assiduamente la bottega del Cambiaso, traendone tutto il bagaglio culturale che questo centro di eclettismo artistico comportava e a cui aggiunse l’esperienza degli incisori nordici: il manierismo tosco-romano, le ascendenze venete ed emiliane, una forma di depurato baroccismo e, non ultima, l’aspirazione ad eludere l’artificioso intellettualismo, non per il rigore pascaliano del maestro, ma per un inconsapevole bisogno di semplicità, di purezza, di castigatezza, di quella “primitività” che si è identificata, talvolta, anche nel periodo della Controriforma, con gli atteggiamenti pietistici. Il Soprani infatti nbn manca di sottolineare, accanto alle doti civili e artistiche, che gli furono ufficialmente riconosciute con il privilegio di esonero dalle tasse decretatogli dalla Repubblica genovese nel 1606, la sua pietà e integrità di costumi, la mitezza del carattere, la religiosità e la devozione alla Chiesa.
Secondo il Soprani (p. 135) e tutte le altre fonti, anche spagnole, il C. sarebbe stato chiamato in Spagna dallo stesso Filippo II sulla scia del Cambiaso e dei Tavarone, e avrebbe miniato per il re nel 1584, tra gli altri libri sacri destinati all’Escuriale, un Antifonario. Questa commissione gli procurò una gloria di riflesso immediato in patria. Ritornato a Genova nell’ottobre del 1590, figura infatti console dei pittori insieme con Giovanni Battista Brignole e, come tale, sottoscrive le decisioni del Senato genovese in ordine alle riforme apportate alle leggi corporative dei doratori e dei pittori a seguito della celebre controversia sulla nobiltà dell’arte, che vide protagonista il Paggi e il fratello del C., Bernardo (Genova, Civica Bibl. Berio, ms. M.R.I. 2. 38: Libro primo dell’arte della pitt. della città di Genova..., c. 104r). Dalle fonti si apprende che dalla regina di Spagna Margherita d’Austria, aveva avuto la commissione di una copia dell’immagine del Volto Santo conservata nella chiesa di S. Bartolomeo degli Armeni di Genova (sull’argomento si veda Bozzo Dufour). La risonanza della sua fama si coglie, al pari di quella del fratello Bernardo, presso i letterati dell’epoca (Soprani, p. 136), come Angelo Grillo, mediatore della collaborazione del fratello Bernardo all’opera tassesca, che dedicò due sonetti ad una sua Madonna miniata (Pietosi affetti..., Venetia 1613, pp. 233, 237), come G. B. Marino che in La Galeria (Venetia 1674, pp. 269 s.) lodò una sua serie di insetti miniati.
Il C. morì a Genova nel 1637.
Il corpus delle sue opere dovrebbe essere nutritissimo dato l’eccezionale arco di tempo della sua intensa attività (morì a novanta anni), tanto più che, se dobbiamo credere al Soprani, il pittore era solito conservare “ogni sua benché minima carticella, eziandio di semplice abbozzatura” e aveva riempito “alcuni libri di un’infinità di miniature ... gran premura avendo che nessuno n’andasse a male” anche con l’intento che “agevolassero la strada di chi avesse voluto intraprendere la miniatura” (Soprani-Ratti, pp. 110 s.). Inoltre, l’Alizeri riferisce che nelle collezioni patrizie genovesi, come ad esempio quella Spinola, o quella dei marchese Pietro Rostan che possedeva otto miniature del C., esistevano codici e libri miniati, piccolc pergamene con storie del Vecchio e del Nuovo Testamento e minuscoli paesaggi con avanzi di architetture e animali. Ma il catalogo delle opere del C. è ancora da compilare (si vedano, però, le ricerche di Bonzi [1931, p. 85; 1939, p. 10], Dellepiane, e Caraceni Poleggi, pp. 278, 281, 314 s. anche per bibl. precedente). Gli autori forniscono pertanto un catalogo parziale delle sue opere, essendo difficilmente rintracciabili le moltissime miniature che sono sparse nelle collezioni private: la Madonna dell’Alberetto, siglata e datata 1596 (Genova, Palazzo Bianco); i Re Magi e un Presepe, datati 1599 (ibid., collezione privata, in Bonzi, 1931); una Flagellazione, siglata e datata 1608 (ibid., Palazzo Rosso); una Sacra Famiglia, siglata e datata 1612 (ibid., Palazzo Bianco); una Deposizione, datata 1619 (ibid., collezione privata: v. Mostra... [cat.], 1938, p. 20 n. 12 e tav. 9); un’altra Sacra Famiglia, datata 1626 (ibid., n. 10). A Palazzo Bianco sono pure conservate una Visitazione e un’Assunzione della Vergine; mentre un Gesù nell’orto di coll. priv. (ibid., n. 11 e tav. 18) reca la sigla e la data abrase ed è derivato da un Cambiaso dell’Annunziata di Portoria.
Ancora più del fratello Bernardo, il C. appare un artista ripiegato sul glorioso passato cinquecentesco, almeno sul piano linguistico se non su quello dei contenuti, che appaiono addirittura più arcaici: la distanza tra il suo discorso e quello dei contemporanei, che hanno fatto veramente il Seicento pittorico italiano ed europeo, come i Carracci e il Caravaggio, appare abissale. Una tavolozza sempre armoniosa e intonata, una curata esecuzione più della materia cromatica che del disegno, il gusto per il paesaggio arioso e interpretato come natura amena documentano il significato di una civiltà più che l’espressione di un artista.
Gerolamo, figlio del C., nella sua breve vita condivise del tutto col padre attività e risultati, oltre che l’atteggiamento di umana pietà e devozione. Secondo il Soprani (Soprani-Ratti, p. III) nelle case private di Genova erano considerate di pregio le sue miniature. L’Autoritratto agli Uffizi attribuito a Gerolamo è invece da assegnare a un pittore Forni (W. Prinz, Die Sammlung der Selbstbildnisse in den Uffizien, I, Berlin 1971, p. 186).
Di un altro figlio del C., Gregorio, sappiamo solo, sempre dal Soprani (ibid.) che, “acquistato un Feudo in Sicilia, di semplice Mercadante, ch’egli era, divenne Principe riguardevole”, e infatti risulta egli essere l’iniziatore dei Castelli principi di Torremuzza (V. Spreti, Encicl. stor. nobiliare ital., II, p. 366).
Fonti e Bibl.: R. Soprani, Le vite..., Genova 1674, pp. 135-138; P. A. Orlandi, Abecedario pittorico, Bologna 1719, p. 229; R. Soprani-C. G. Ratti, Vite..., Genova 1768, I, pp. 105-111; P. Zani, Enciclopedia... delle Belle Arti, I, 6, Parma 1820, pp. 75, 310 (nota 123, anche per Gerolamo); F. Alizeri, Guida..., Genova 1846-1847, I, pp. XXXVI, 41, 132, 133, 582, 619; II, pp. 367, 487, 710, 776, 960, 1340; M. Bonzi, in Genova, XI (1931), p. 85 (87 per Gerol.); Invent. degli oggetti d’arte d’Italia, A. Pinetti, Prov. di Bergamo, Roma 1931, I, p. 187 (da espungere); R. Buscaroli, La pittura di paesaggio in Italia, Bologna 1935, pp. 346, 348; Mostra dei pittori genovesi del Seicento e Settecento (catal.), Milano 1938, pp. 19 s.; M. Bonzi, B. C. miniatore, in Genova, XIX (1939), p. 10; L. Cambiaso... (catal.), Genova 1956, n. 70; M. Bonzi, Una miniat. di B. C., in Liguria, XXV (1958), 7, p. 9; D. Coggiola, Un piccolo ritratto del poeta [Tasso] nella Bibl. di Bergamo, in Bergomum, XIX (1969), pp. 87-90 (non concordiamo con l’attrib. di un piccolo olio su rame derivato dal ritratto sul frontespizio della Gerusalemme liberata, 1590, disegnato da Bernardo Castello); F. Caraceni Poleggi, La pitt. a Genova e in Liguria dalle origini al Cinquecento, Genova 1970, I, pp. 278, 281 ss., 314 s.; A. Dellepiane, Maestri della pittura ligure, Genova 1971, pp. 27-30; V. Belloni, Penne, pennelli e quadrerie, Genova 1973, pp. 52, 54, 58, 60; C. Bozzo Dufour, Il “Sacro Volto” di Genova, Roma 1974, pp. 71, 76 e note 86-88, 99; M. Newcome, The Drawings of Valerio Castello, in Master Drawings, XIII (1975), I, p. 38 n. 11; L. Ferrarino, Diz. d. artisti ital. in Spagna, Madrid 1977, p. 76; U. Thieme-F. Becker, Künsterlex., VI, p. 155 (con bibl.).