CASTELLI
Famiglia di stuccatori originaria di Melide (Canton Ticino), quasi certamente imparentata con quella dello stuccatore viennese Giovanni Giacomo Castelli.
La personalità più di rilievo, a giudicare dall’entità dei suoi lavori, dev’essere stato Giovanni Pietro. Infatti è nell’ambito della sua bottega che si rintracciano per lo più anche gli interventi del fratello Carlo Antonio: 1695, concorso (non vinto) per la residenza di Coburgo; 1699, cappella di S. Michele a Godesberg; 1699-1700, castello della residenza a Bonn; 1705, castello di Eisenach; 1708, castello di Weissenfels; prima del 1709, Altenburg; 1709, grotta di Eisenach; 1709-10, castello di Arnstadt (con Carlo Antonio); 1710, Friedenstein presso Gotha; 1712, grotta di Gotha-Friedrichsthal; 1717, palazzo del governo a Erfurt (il documento pervenutoci non porta il nome di battesimo); 1718, preventivo di spese per il castello di Biebrich; 1720 circa, castello della residenza a Bonn e castello di Clemensruhe a Poppelsdorf; 1723-26, residenza di Würzburg (con Carlo Antonio); 1724, castello di Werneck; 1726, Juliusspital a Würzburg e castello di Steinbach am Main (doc. senza nome dì battesimo); 1727-34, castello di Altenburg (con Carlo Antonio); 1731, Schönhaus ad Altenburg; 1732, vano per la stufa nella stanza del principe, nel Römer a Francoforte. Carlo Antonio compare da solo nel 1710 a Friedensthal e nel 1720-22, nel castello di Osterstein a Gera.
A Würzburg, oltre all’intervento del 1723-26, ne va registrato, secondo Niedermayer (cit. in Thierne-Becker), un altro, avvenuto in un periodo assai precedente, negli anni 1701-06, con Carlo Antonio, nel duomo, sotto la direzione di Pietro Magno: la presenza dei due fratelli in Franconia in quel periodo trova del resto conferma in un bozzetto inedito, firmato da Giovanni Pietro e datato 1703, per la decorazione a stucco dell’altar maggiore della cappella di Mariahilf a Mergentheim (Stoccarda, Württ. Landesanit für Denkmalpflege). Va anche ricordato un documento riportato in parte da Martinola che al 28 marzo 1699 fa riferimento a lavori di stucco fatti, in anni precedenti a quella data, da Giovanni Pietro in collaborazione con Paolo Gerolamo Brenni “in civitate de Virzburg ac in Oppidis Schilingfurst et Pilhelf”.
I figli di Giovanni Pietro, Carlo Pietro e Giovanni Domenico, nel 1723, insierne con Carlo Pietro Morsegni e con l’architetto francese Michel Leveilly, ricevettero in dono un’area edificabile a Bonn dal principe elettore di Colonia. Tra il 1728 e il 1752 la bottega “Castelli e Morsegni” risulta attiva in Renania: 1728-32 e 1732-35, castello di Brühl; 1729-30 e 1751-52, castello della residenza di Bonn; 1730-32, castello di Nordkirchen; 1731-33, castello di caccia di Falkenlust presso Brühl; 1733-37. palazzo Thurn und Taxis a Francoforte sul Meno; 1736, Paderborn; 1738-40, castello di caccia di Clemenswerth. Sotto il cognome di “Castelli” si celano entrambi i fratelli, i cui nomi appaiono a Falkenlust.
Il fatto che l’attività di “Castelli e Morsegni” dal 1728 al ’52 si svolga in Renania parallelamente a quella di Giovanni Pietro in Turingia e a Francoforte, dimostra che i figli si sono ormai resi indipendenti. Durante i lavori al palazzo Thum und Taxis a Francoforte, Giovanni Domenico fece battezzare una figlia (Francoforte, parrocchia di S. Bartolomeo, maggio 1735, n. 487: “Anna Maria Catharina Emanuel, legit. Dni Jois Dominici Castelli Chur Collnischer stucator et Mariae Gertrudis Conjugum, levantibus Anna Catharina Hun [moglie di Pietro Morsegni] et D. Luca Antonio Colomba”).
Uno stuccatore Domenico Castelli, che è citato nel 1706 ad Amstadt, potrebbe identificarsi con il Carlo Domenico nominato ad Altenburg nel 1711-12.
Kalnein attribuisce alla bottega dei C. gli stucchi del Bóselager Hof a Bonn del 1619. Per Baier-Schracke i decoratori del salone delle feste nel castello di caccia di Wilhelmsthal (Eisenach) sono da individuare nella bottega di quegli stuccatori che avevano lavorato nel palazzo del governo di Erfurt. Per la maggior parte degli ambienti della Commenda dell’Ordine teutonico a Magonza (1732-37) e per gli stucchi nel salone della casa Leerse (1737) a Francoforte, viene avanzata l’attribuzione (Döry) alla bottega “Castelli e Morsegni”.
Nel lungo periodo di tempo che va dal 1695 al 1752 si sono verificate, nel campo della decorazione, due radicali trasformazioni: dal tardo barocco allo stile Bérain (“Bandlwerk”, stile a nastro) e dal “Bandlwerk” al rococò.
Fino agli stucchi del 1711-12 di Altenburg inclusi, i lavori dei C. seguono la maniera italiana del tardo Seicento. Anche nel palazzo del governo ad Erfurt, del 1717, troviamo solo qualche timida traccia di motivi a nastro. Per contro gli stucchi della residenza di Wüzburg (dal 1723 in poi) non solo sono moderni, ma addirittura più avanzati in senso francese di qualsiasi altro lavoro nel resto della Franconia. I motivi di questo improvviso mutamento sono da ricercare in circostanze politiche. Il principe elettore e arcivescovo Joseph Clemens di Colonia nella guerra di successione di Spagna aveva parteggiato per la Francia, dove nel 1702 dovette fuggire, ed ebbe così modo di conoscere ancor meglio la cultura francese. Tornato, nel 1715, nel suo Stato, promosse un’attività architettonica tutta di gusto francese nelle sue residenze di Bonn e di Poppelsdorf.
Il Kalnein osserva giustamente che l’opera di Giov. Pietro nel castello di Clemensruhe di Poppelsdorf (1720) mostra un radicale mutamento di modi nel senso di un “delicato, leggero stile arabescato che si esita a chiamare rococò, ma che non è a questo inferiore per levità... Il capovolgimento stilistico verificatosi nel gruppo di Bonn e Poppelsdorf non è nemmeno pensabile senza una forte influenza esterna. Tale influenza è da ricercare nell’atmosfera francese che dominava alla corte di Bonn e che spinse evidentemente il Castelli in una direzione del tutto nuova... Non v’è dubbio che anche i modelli per le decorazioni in stucco di Poppelsdorf venissero dalla Francia” (pp. 126 ss.). Appare logico che il vescovo di Würzburg: Johann Philipp Franz von Schönborn, quando volle far decorare nel moderno stile francese il castello della sua residenza, assumesse “un maestro stuccatore che aveva dato buona prova della sua capacità non solo in diversi altri luoghi e regioni, ma anche ultimamente in Bonn” (lettera del 26 marzo 1724, in Freeden, Quellen..., p. 891). Gli stucchi dei C. a Würzburg sono fra i più moderni del tempo in Germania. Non c’è da ineravigliarsi perciò se i C. furono di nuovo chiamati in Turingia: ad Altenburg, per l’appunto, nel 1727 essi erano “attesi di ora in ora, affinché mostrassero le nuove invenzioni che portavano” (Baier-Schröcke, 1968, p. 57).
I figli di Giovanni Pietro a Bonn non dovettero far altro che continuare l’eredità paterna. Il raffronto stilistico tra i lavori di Giovanni Pietro dal 1723 al ’32 e le prime opere dei suoi figli a Briffil dal ’28 attesta la continuità della bottega. Non sono ben chiare, peraltro, le condizioni nelle quali i più giovani C. a Bonn si sono rivolti al rococò. Certamente un ruolo di primo piano, nell’attività artistica alla corte di Bonn, spetta al disegnatore ufficiale di corte Michel Leveilly: questi fu a Clemenswerth, dal 1738 al ’40, il progettatore degli stucchi, sicché ai “Castelli e Morsegni” non restava che scarsa libertà decisionale. In connessione con l’evoluzione dei C. è stata posta (Döry) la decorazione del pal. Rolian a Strasburgo (che sì cominciò a costruire nel 1732 e fu terminato nel 1742). Non conosciamo la data a cui far risalire i progetti per queste decorazioni; e non si sa se essi siano precedenti o posteriori all’ideazione dell’appartamento giallo a Brühl (1728-32). Se fossero precedenti nulla si opporrebbe all’ipotesi di un influsso parigino a Bonn tramite Strasburgo. Se invece i progetti di Strasburgo fossero posteriori, si dovrebbero allora distinguere, in quelle decorazioni, elementi derivanti da Bonn da altri (cioè parigini) e si dovrebbe anche indagare se il cardinale Armand-Gaston de Rohan-Soubise possa aver chiamato Leveilly e i suoi collaboratori da Bonn a Strasburgo. Questi si sarebbero allora confrontati a Strasburgo con artisti o con disegni parigini. Il graduale passaggio dallo stile a nastro al rococò va dunque studiato a Strasburgo. Lo stesso processo nella zona di Bonn non si compie prima del 1738-40 (Clemenswerth); è da chiedersi se esista veramente divario tra Strasburgo e Bonn nel processo di trasformazione dal “Bandlwerk” al rococò.
Un altro problema è costituito dalle forme in certo qual modo antiquate del palazzo Thurn und Taxis a Francoforte (1733-37). Il quesito concerne l’identità dell’artista che vi ebbe il ruolo determinante. In tutti questi contesti la partecipazione dei C. è stata valutata in maniera assai diversa. Per procedere correttamente, si devono considerare separatamente le varie generazioni dei Castelli. Se non ci fosse stato un diretto influsso francese a Bonn, Giovanni Pietro non sarebbe certo andato oltre quello stile composito (elementi italiani, francesi e tedeschi) al quale era rimasto fermo Eugenio Castelli. E per questo egli poté non solo soddisfare le elevate esigenze di Bonn, ma anche introdurre questo stile moderno a Würzburg e ad Altenburg.
Una svolta negli studi sull’argomento è data dalla ricognizione condotta da J. D. Ludmann, nel maggio 1975, su alcuni disegni – noti da tempo – conservati nella Biblioteca dell’università di Würzburg. Si tratta di bozzetti per soffitti in stucco della prima abitazione vescovile della residenza di Würzburg (1723-26) che erano stati attribuiti a Giovanni Pietro (Döry, 1961-62, p. 83, fig. 59; Id., in Arte e artisti..., fig. 180), ma il Ludmann ha accertato che il loro creatore fu il disegnatore parigino Gilles Marie Oppenerd. Per l’esecuzione di almeno tre ambienti della prima abitazione vescovile (vani 58, 62, 63), i C. si attennero abbastanza fedelmente ai modelli parigini; non è perciò da meravigliarsi se questi stucchi (distruttì nel 1945) erano fra i più moderni in Europa. 2 probabile che questi disegni fossero statì portati a Würzburg dall’architetto parigino Germain Boffrand in occasione del suo viaggio in quella città compiuto nel luglio 1724.
Il fatto che i disegni di Oppenord siano stati determinanti per la decorazione di alcuni ambienti di Würzburg non è contraddetto dai documenti che attestano che la “Hofkammer” il 3 nov. 1724 “ha esaminato il disegno tracciato dallo stuccatore Castelli per la nuova residenza” e, nella successiva definizione dei contratto con Giovanni Pietro viene concordata la stuccatura della sala grande “in base al disegno da lui fatto e approvato”. Questo significa soltanto che per la sala grande come per altre sale (non conservate) non esistevano bozzetti di Oppenord; ed è possibile che Giovanni Pietro sia stato a un certo punto proprio l’ideatore. Peraltro fino al 1945 si era conservata una decorazione che non può essere di altri che di Giovanni Pietro, cioè quella della stanza 64 della prima residenza vescovile, dove tutte le forme, piuttosto pesanti, fanno pensare istintivamente agli stucchi di Bonn del periodo attorno al 1720. Già nel 1961-62 il Döry aveva constatato la presenza a Würzburg, Altenburg e Francoforte dì motivi simili che con certezza risalgono a un’invenzione di Oppenord.
Questo patrimonio formale sembra essersi tramandato ai figli di Giovanni Pietro che lo reimpiegarono a Francoforte. Questi a Clemenswerth eseguono scrupolosamente progetti di Leveilly, mentre a Francoforte ora viene ripetuto un soffitto di Falkenlust (casa Leerse), ora (palazzo Turri und Taxis) sono adottati motivi derivanti da disegni di Oppenord per Würzburg. Ogni valutazione dei giovani C. non può tuttavia essere definitiva, dal momento che non si conoscono, finora, loro disegni. Ma se si assumono come dei C. i due disegni (Bonn, Denkmalarchiv) per il gabinetto di musica e per la stanza da letto dell’appartamento giallo nel castello di Brúhi, si sciolgono allora diversi interrogativi. Infatti gli esecutori potrebbero essere stati gli stessi che hanno fornito i disegni dei particolari: cosa che lascia intatta la possibilità che ideatore dell’insieme sia stato F. Cuvilliés. Non è da escludere ancora che si tratti di un quarto artista. Comunque sono molti gli aspetti da chiarire.
Ambedue le generazioni dei C. furono dunque insuperabili per la capacità di immedesimarsi nello spirito dei progetti altrui e di tradurli fedelmente in stucco. Quando lavoravano autonomamente, attingevano, più o meno felicemente, al patrimonio formale elaborato da altri.
Carlo Lodovico, cugino di Giovanni Pietro, fu pittore. Il suo nome compare per la prima volta in Turingia, e precisamente nel 1692 a Weimar (castello). In seguito lavora ancora in Turingia e nella vicina Franconia: 1695-1700, prelatura e cappella prelatizia del convento di S. Michele a Bamberga; 1703, sale da pranzo e da concerto del castello di Glücksburg; 1704-05, residenza e cappella del castello di Saalfeld; 1705, castello di Eisenach (insieme con Giovanni Pietro); 1706, castello di Meiningen; 1711-12, casino ad Altenburg (insieme con Giovanni Domenico).
Più tardi Carlo Lodovico risulta attivo in Assia e in Waldeck: tra il 1715 e il ’19, orangerie a Kassel; 1721-22, appartamento al primo piano, cappella e banco padronale ad Arolsen; e, all’incirca in quello stesso tempo, la grande sala del castello di Friedrichstein a Bad Wildungen. Dal 1727 decora il municipio di Aquisgrana: affreschi nelle scale e nella nuova sala del consiglio, e stucchi (1730) nella grande sala e nella sala bianca. Ma poiché questa è l’unica occasione in cui Carlo Lodovico è nominato come stuccatore, non si potrebbe escludere che qui si tratti di un errore di trascrizione. Si rende perciò necessaria una verifica, tanto più che Puters assegna gli stucchi della sala bianca (1728-31) a Tommaso Vasalli.
A causa della mancanza del primo nome in parecchi documenti, si rimane spesso nell’incertezza. Così, è tutta da dimostrare, per esempio, l’identificazione con Carlo Lodovico del pittore di cognome Castelli che lavorava nel 1695-98 con Bartolomeo Lucchese nella residenza di Coburgo. Inoltre non è affatto chiaro quale dei C. sia l’autore degli stucchi eseguiti nel 1703-04 a Kassel e nel 1705 a Wabern (Martinola, pp. 16, 18, 20). Si è portati a pensare a Carlo Lodovico, in quanto egli più tardi lavora in effetti a Kassel e il conte Schönborn, in data 15 luglio 1703, loda lo stuccatore operante a Wabern, perché ha visto “belle prove di lui a Bamberga” (Pessenlehner). Ma dal momento che Carlo Lodovico è, come si è visto, indicato come stuccatore solo una volta, è altrettanto probabile che si tratti di Giovanni Pietro o di Eugenio Castelli.
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