CASTELLANO da Bassano
Nacque in Bassano da Simeone intorno all'anno 1270.
La penuria di testimonianze coeve e l'esiguità delle fonti documentarie costringono a delineare un profilo biografico incerto e lacunoso di questo non minimo, protagonista della restaurazione degli studi e della cultura classicheggianti che nell'area padano-veneta compirono Lovato Lovati, Ferreto Ferreti, Albertino Mussato, Geremia da Montagnone, Giovanni del Virgilio, prima ancora che il gusto gotico fosse definitivamente superato dalla diffusa luce petrarchesca.
Nessun documento attesta la legittimità del cognome Castellani, che gli fu attribuito nel sec. XV da un membro dell'omonima famiglia bassanese, con evidente e perciò, forse, non fidedegna intenzione encomiastica.
La data di nascita può essere indicata solo con larga approssimazione; poiché le "scholae magistri Castellani" sono ricordate in un'addizione del 4 apr. 1297agli statuti bassanesi del 1295(cfr. C. Fasoli, Statuti del Comune di Bassano, Venezia 1940, pp. 250s.) appare ragionevole ipotesi, sulla quale generale è il consenso degli studiosi, che la nascita vada collocata intorno al 1270:a nostro parere, anzi, piuttosto prima che dopo.
L'addizione lascerebbe supporre che C. abbia cominciato a tener scuola di grammatica in Bassano fra il 1295 ed il 1297. Quella di "magister grammaticae", specialmente in ambienti periferici rispetto ai grossi centri di cultura universitaria, non era spesso che una professione secondaria e complementare rispetto a quella, più lucrosa, di notaio: e tale, per l'appunto, fu la professione principale di C., che rogò per molti anni in Bassano, lasciandoci, di questa sua attività, una serie di documenti compresi entro i limiti del 7 ott. 1304 e del 24 ag. 1319 (cfr. Chiuppani, p. 4).
È ovvio che la sua professione notarile va immaginata in un arco di anni un poco più esteso rispetto ad entrambi gli estremi a noi tràditi, e specialmente rispetto a quello iniziale. Questi stessi strumenti notarili ci attestano con sicurezza che C. nacque in Bassano da Simeone di Ferigeto e che esercitò la duplice professione di "magister" e di "notarius": "per magistrum Castellanuni notarium filium domini Simeonis de Baxano" e. per esempio, la soscrizione ad un documento del 26 ag. 1306 riferito dal Verci (Storia dellaMarca Trevigiana, V, doc. 470). Simeone è menzionato per la prima volta in un documento del 20 genn. 1284; ricompare poi altre volte in atti pubblici, che giungono fino al 23 luglio 1309(terminus post quem per datare la sua morte), atti che ci testimoniano la sua condizione borghese di beccaio, se non proprio dovizioso, certamente solido: non per caso compare in varie occasioni come fideiussore della Comunità bassanese in prestiti da questa contratti, della qual cosa i cittadini gli furono grati chiamandolo a ricoprire cariche pubbliche anche importanti (cfr. Chiuppani, p. 3). La sicurezza economica paterna permise, o almeno facilitò a C. il compimento di buoni studi, riscontrabili nel dettato sempre decoroso e classicamente composto delle sue opere: che abbia seguito i corsi dell'università di Padova, città cui allora Bassano era soggetta, può essere non impossibile congettura, ma non è documentata notizia, come invece a qualcuno è parso.
L'attività scolastica di C., pur non essendo di natura completamente pubblica come parve al Chiuppani (non c'è prova infatti di stipendi o di altri pagamenti in suo favore da parte del Comune), non fu neppure rigorosamente privatistica, come invece voleva il Manacorda: essa ebbe infatti riconoscimento e protezione con la già citata aggiunta del 4 apr. 1297 agli statuti bassanesi, con la quale il Comune interveniva a garantire al "magister" il pagamento delle sue spettanze da parte di quegli scolari che avessero interrotto all'improvviso la frequenza delle lezioni.
Dove fossero, poi, situate le "scholae magistri Castellani" non è dato sapere, anche. se non deve essere lontana dal vero la congettura che si trovassero, come spesso succedeva, nell'abitazione stessa del maestro, la quale, nel caso nostro, era posta "in quarterio Sanctae Crucis et in contrata putei sancti Pancracii", come ci attesta la soscrizione ad un atto da C. rogato il 4 sett. 1317 (cfr. Verci, Storia..., V, doc. 846, il quale però leggeva un impossibile "sacri Palacii").
La buona considerazione di cui aveva goduto il padre, l'autorevolezza che gli veniva dalla duplice veste di "magister grammaticae "e di "notarius imperiali auctoritate" fecero di C. un cittadino cospicuo nella sua Comunità, che si avvalse di lui anche come fideiussore nel 1305 e nel 1312. Poiché dal 1297 al 1304 nessuna fonte ci prova la sua presenza in Bassano, il Chiuppani è stato indotto a credere che egli si fosse "assentato dalla patria e recato altrove ad insegnare", il qual sospetto nasce con ogni probabilità da una eccessiva fiducia accordata all' "argumentum ex silentio". Allo stato attuale degli studi appare più credibile che C. abbia svolto nella città natale la sua duplice attività ininterrottamente fino a che non ne fu cacciato il 30 apr. 1322 dal bando di Febo della Torre, podestà di Treviso, che volle così punirlo per aver egli preso parte, l'anno. precedente, al sanguinoso assalto del castello di Mussolente. È noto che Bassano, eclissatasi la potenza patavina, era stata assorbita in quegli anni nella zona di influenza scaligera, con comprensibile vantaggio di coloro che si atteggiavano a ghibellini, come quel Parenzano de' Biasi, signore appunto di Mussolente, che per questo fu presa e messa a sacco dalla fazione avversa. C. condivise l'ostilità contro gli Scaligeri a tal punto che, sebbene il 10 agosto dello stesso 1322 fosse stata concessa la grazia a tutti gli sbanditi, egli preferì non tornare più in Bassano e cercare protezione e sicurezza in Venezia (cfr. Verci, Storia..., IX, docc. 953-955).
Dall'impegno etico-politico con cui visse queste vicende nacque con ogni probabilità l'impulso primo a metter mano a quel Comentum all'Ecerinis dì Albertino Mussato, così vicina alla sua passione di cittadino e di umanista: il fatto poi che tale lavoro esegetico, terminato, per palese dichiarazione dell'explicit il 21 dic. 1317, ci sia giunto fuso insieme con quello di Guizzardo da Bologna (cod. Magliab. VII, 6, 926 della Nazionale di Firenze), se per un verso solleva qualche problema filologico non ancora risolto, per altro verso prova che C. era uomo di buone e larghe relazioni culturali, con una sua non trascurabile collocazione nella "sodalitas" dei legisti di gusto umanistico del primo Trecento.
Poiché le fonti archivistiche veneziane continuano ad attribuirgli la qualifica di "magister" si deve ritenere che abbia continuato la sua attività scolastica anche in Venezia, mettendosi al servizio di quel vero e proprio mecenatismo di Stato con cui la Serenissima difendeva e diffondeva le sue "ragioni" politiche.
Al servizio "ufficioso", se non proprio ufficiale, della Repubblica, C. riprese la "leggenda di Stato" contenuta nella narrazione che Bonincontro de' Bovi aveva composto fra il 1316 ed il 1331 (ma forse il termine post quem potrebbe spostarsi al 1327, anno in cui si ebbe la definitiva regolamentazione della pompa della processione ducale e dei suoi "trionfi") sulla singolare funzione di protettrice della Chiesa che Venezia vantava di aver svolto nelle ultime vicende della guerra per le investiture e nella pace del 1177: la particolare coloritura politica di tale narrazione, sul cui gioco di allusioni si vedano le esaurienti osservazioni di G. Fasoli (Nascita di un mito, pp. 473-479), offriva a C. l'occasione di dar prova della sua perizia di umanista e del suo lealismo verso la città che lo aveva ospitato. Nacque così il Poema Venetianae pacis inter Ecclesiam et Imperatorem, composto nel 1331 e dedicato, sintomaticamente, al doge stesso, che era allora Francesco Dandolo (vv. 1207-1212). Una grazia del Maggior Consiglio dei 15 dic. 1331 (Registro 4, c. 12) attesta che "in aliquali remuneratione dieti sui laboris" C. poteva "extrahi facere de Apullia salmas mille frumenti- portandas ad terras amicoruni sicut ei placuerit"; un'aggiunta allo stesso documento prova poi che, in data 13 luglio 1333. C. rinunciò a tale concessione in favore di terze persone (cfr. Chiuppani, p. 7). La stessa grazia ci informa che, oltre al Comentum all'Ecerinis ed al poema epico in due libri ora ricordato, C. aveva composto anche una "cronica ad honorem domini ducis et comunis Veneciarum", attualmente irreperibile. Il Fabris (p. 11), riprendendo precedenti affermazioni di eruditi locali già passate nell'opera del Verci, riferisce che a C. sono attribuiti anche un Psalterium davidicum heroico carmine redditum, un Certamen Iustinae virginis cum Maximiano, un Martyrium Danielis martyris et levitae Patavini, un'egloga De morte Cloridis (dove, se la notizia fosse esatta, in Clori si dovrebbe scorgere un'allusione a Padova soggiogata dallo Scaligero, secondo un "codice" bucolico restaurato proprio in quegli anni e destinato ad avere grande fortuna presso poeti e commentatori), nonché vari Epigrammata, Elogia ed Epitaphia. Allo stato attuale delle conoscenze è diffIcile pronunciarsi sulla attendibilità di questa tradizione: C. stesso, ai vv. 28-36 e 1193-96 del poema riferisce di aver composto un poema in lode di san Marco: è esso la stessa cosa del Psalterium piùsopra ricordato, oppure è un'altra voce da aggiungere all'elenco della produzione letteraria di sicura paternità di Castellano? Tutto ciò che possiamo concludere a questo proposito è che i titoli traditi, per i temi e le forme che suggeriscono, richiamano ad un preciso ambito mussatiano: se siano autentici o no, se lo siano tutti o solo qualcuno, è per ora impossibile dire.
Incerta è anche la data della morte di C., per la quale il 13 luglio 1333 costituisce il terminus post quem;che C. sia morto in Venezia potrebbe essere una non improbabile supposizione.
Che C. sia morto nel 1392, dopo esser divenuto arciprete di Bassano nel 1361, è illazione assolutamente improponibile che si deve ad uno scambio di persona da cui rimase abbagliato per ultimo il Brentari (p. 693).
Edizioni. Il Comentum super tragoedia Ecerinide fu pubblicato da L. Padrin in appendice alla sua ed. dell'Ecerinide di A. Mussato (Bologna 1900), pp. 69-247, in un testo che solleva qualche dubbio metodologico (a parte problemi di lezione, manca, per esempio, una distinzione sicura tra le glosse di Guizzardo e quelle di C.): se ne veda ora la ristampa a cura di G. Vecchi, Bologna 1970. Il Poema Venetianae pacis fu edito prima da A. Hortis in Archeografo triestino, n.s., XV (1889), pp. 1-51 e poi, con piùsicura e più larga conoscenza della tradizione manoscritta, da G. Monticolo ed A. Segarizzi in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXII, 4, pp. 485-519.
Fonti e Bibl.: Statuti del Comune di Bassano dell'anno 1259 e dell'anno 1295, a cura di G. Fasoli, Venezia 1940, pp. 250 s.; G. B. Verci, Mem. storico-critiche degli scrittori bassanesi, in Nuova raccolta d'opuscoli scientifici e filologici, XXIV, Venezia 1773, pp. 14-23 (gli interventi di studiosi anteriori a questa data, dallo Scardeoni, 1560, al Leyser, 1721, sono rintracciabili nell'art. dei 1904 di G. Monticolo più oltre citato); G. Tiraboschi, Storia della letter. italiana, V, Modena 1775, pp. 474-476; G. B. Verci, Storia della Marca Trevisana e Veronese, Venezia 1787 (ricco di fonti documentarie, per l'elenco delle quali cfr. più oltre l'art. di G. Chiuppani); Id., Nuovo dizton. istor., Bassano 1796, pp. 180 s. (corregge varie inesattezze presenti nel suo stesso lavoro del 1773); O. Brentari, Storia di Bassano, Bassano 1884, pp. 692 s.; A. Zardo, Albertino Mussato, Padova 1884, p. 294; Lupati de Lupatis... carmina quaedam, a cura di L. Padrin, Padova 1887, pp. XIII, 44 s.; B. Colfi, Di un antichissimo commento all'Ecerinide di A. Mussato, Modena 1891; L. Fabris, Di C. Castellani e del suo Poema Venetianae Pacis, Bassano 1898; G. Monticolo, Per l'ediz. critica del poema di C. da B. sulla pace di Venezia del 1177, in Bull. d. Società filologica romana, VI (1904), pp. 29-54; G. Chiuppani, Biografia del poeta C. di Simone, in Bollett. del Museo civico di Bassano, III (1908), 1, pp. 1-8; G. Manacorda, Rass. di storia scolastica ed universitaria, in Giorn. stor. d. lett. ital., XXXIV (1916), pp. 129-151; G. Fasoli, Nascita di un mito, in Studi stor. in onore di G. Volpe, I, Firenze 1958, pp. 445-479.