CASTEL D’ASSO (v. vol. II, p. 407)
Il centro etrusco di C. D’A. è stato oggetto negli anni ‘60 di ricognizioni di superficie e di ampi scavi nella necropoli, che ne hanno notevolmente migliorato la conoscenza. Si è accertato che l’abitato non era circoscritto al settore più avanzato del promontorio posto alla confluenza del Riosecco nel Freddano, misurante c.a 2,5 ha di superficie, ma si estendeva a E, in direzione del pianoro, per c.a altri 8 ha. Entrambi i settori erano isolati a E da un fossato trasversale al promontorio, largo 20 m e composto da due bracci di lunghezza diseguale raccordati ad angolo ottuso. L’occupazione del settore orientale data almeno dall’inizio del VI sec. a.C., a giudicare dal corredo di una tomba rinvenuta nel 1964 al di là del fossato esterno e dai frammenti di un fregio architettonico in terracotta con Eracle e il toro cretese, raccolti in superficie nella zona centrale. Il fregio, noto anche ad Acquarossa e a Tuscania, presuppone probabilmente l’esistenza non di un tempio, ma di un «palazzo».
A partire dal IV sec. a.C. la densità di occupazione risulta maggiore nel settore occidentale, che assume il carattere di un centro fortificato. Probabilmente allora furono scavati entrambi i fossati, il più interno completato da un muro in opera quadrata di tufo del quale sono stati visti resti in passato. È questo il castellum di Axia ricordato nel 68 a.C. da Cicerone, che lo dice in agro Tarquiniensi, informandoci che vi avevano fondi i Caesennii di Tarquinia (Caecin., IV, 10-11; VII, 20). Nel XII sec. fu scavato un terzo fossato per isolare la punta estrema del promontorio e insediarvi il castello, probabilmente a opera del Comune di Viterbo.
La prosperità del sito tra la fine del VII e la fine del VI sec. a.C. è provata dai corredi tombali messi in luce dagli scavi per lo più del secolo scorso, andati generalmente dispersi (a eccezione di un gruppo di materiali degli scavi Bazzichelli, pervenuto al Royal Ontario Museum di Toronto). Alla stessa epoca risalgono, oltre alle «cuccumelle» un tempo visibili sul piano della Vaccareccia, alcune tombe monumentali situate a qualche distanza dall’abitato. La principale, del tipo cerite a vestibolo con tre camere sul fondo, fu rilevata da F. Orioli in località Pian della Fame sulla via per Norchia. Altre, di varia tipologia, sono a NE in località Papàla, dove esisteva un insediamento minore: la più notevole era il tumulo detto il Monterone, distrutto nel dopoguerra. In località Casale Signorelli, a NO, una tomba a camera tardo-arcaica era segnalata esternamente da un grande cippo scolpito a forma di casa, conservante la ricca policromia (ora al Museo Civico di Viterbo).
Il massimo sviluppo del centro si pone tuttavia tra la metà del IV e la metà del II sec. a.C. ed è legato all’evidenza delle tombe rupestri a facciata. Sul versante N della valle del Freddano, ben visibile dall’abitato dell’epoca, e sui due fianchi della vallecola che porta al piano della Vaccareccia, furono scolpite c.a 60 tombe con apprestamenti esterni, delle quali 21 a dado, più o meno completo, 28 a dado con sottofacciata e 10 a vestibolo o sola sottofacciata. Circa un quinto delle tombe reca o recava in facciata un’iscrizione col nome del fondatore e/o la formula eca śuthi neśl (forse da intendere «questa tomba [è] ereditaria»), mentre un quarto reca cifre numerali da 13 a 41 (forse alludenti allo spazio esterno di pertinenza). Sulle terrazze delle tombe a dado sono stati rinvenuti in situ cippi sempre a casetta e anepigrafi, mentre cippi a colonnetta, con iscrizioni sia di uomini che di donne, vengono dai vani di sottofacciata. Questi ultimi hanno talora il piano superiore del tetto scolpito a tegole: eccezionale è l’apertura della parete di ingresso con tre porte (Tomba Grande) e con portico di due colonne (tomba 92). Le camere, poste sempre a quota profonda, sono del tipo a sarcofagi di nenfro (raramente con coperchio raffigurante figure giacenti) o, più spesso, a banchina solcata da fosse a spina di pesce (fino a un massimo di 62).
Dopo la metà del Il sec. a.C. l’utilizzazione della necropoli continua con sepolture secondarie, per lo più esterne alle camere, fino al 50 d.C. circa. Nell’agro un insediamento satellite di IV-III sec. a.C., segnalato da una grande tomba a doppia facciata, si trova in località Grotta Colonna sulla via per Musarna.
Bibl.: E. Colonna Di Paolo, G. Colonna, Castel d’Asso, I-II, Roma 1970, con le aggiunte degli stessi in Norchia, I, Roma 1978, pp. 413-415. - V. inoltre: F. Prayon, Frühetruskische Grab- und Hausarchitektur, Heidelberg 1975, pp. 71-73, fig. 15; G. Colonna, in The Princeton Encyclopedia of Classical Sites, Princeton 1976, p. 132, s.v. Axia; E. Colonna Di Paolo, Necropoli rupestri del Viterbese, Novara 1978, pp. 54-59 e passim; S. Steingräber, Etrurien, Monaco 1981, pp. 363-368; J. P. Oleson, The Sources of Innovation in Later Etruscan Tomb Design (ca. 350-100 B.C.), Roma 1982, possim; R. Romanelli, Necropoli dell’Etruria rupestre: architettura, Viterbo 1986, passim; E. Colonna Di Paolo, in BTCGI, V, 1987, pp. 63-68, s.v. (con bibl.)
(O. Colonna)