BRUCURELLI, Cassio (Cassio da Narni)
Nacque a Narni intorno al 1480 da Bartolomeo. Ancora ragazzo si trasferì con la famiglia a Ferrara, ove si dette agli studi letterari, ma anche alle scienze e all'alchimia. Accettò di entrare al servizio di Alfonso d'Este da cui ebbe, nel 1511, l'investitura della "contrada S. Benedicti". Alla corte ferrarese fu in amichevoli rapporti con Niccolò da Correggio, il Tebaldeo, Panfilo Sasso, e soprattutto con l'Ariosto, ricordato dal B. come "preceptor" e "maestro". Conobbe inoltre le rime di Serafino Aquilano, del Burchiello, il Morgante del Pulci e qualcosa del Poliziano: autori letti abbastanza superficialmente e modelli che si sovrapposero al principale esempio di stile, che fu anche per il B. il Petrarca.
A Ferrara il poeta non risparmiò le lodi al duca Alfonso e ai figli Ippolito Il e Ercole II, alla marchesa Isabella e a Lucrezia Borgia. Cantò una Delia e nel 1506 sposò Filippa, figlia di Vincenzo Bagnacavallo, da cui ebbe parecchi figli. Abitava, come l'Ariosto, in contrada Mirasole.
Nel 1521, a cinque anni di distanza dalla pubblicazione del Furioso, ilB.pubblicò a Ferrara il poema La morte del Danese:edizione scorrettissima, per cui si rese necessario all'autore intraprendere l'anno successivo una nuova stampa dell'opera compiuta a Milano nel 1522 (La morte del Danese di Cassio da Narne novamente stampata,ne la quale se tratta de molte bataglie maravigliose zoè del Danese,Orlando e Rinaldo... ). Nel maggio 1534 usciva a Venezia la terza edizione.
Dopo il 1536 non si hanno più testimonianze della vita del Brucurelli. Probabilmente tale data è assai vicina a quella della morte.
La morte del Danese èun poema in tre libri (rispettivamente di nove, sedici e otto canti in ottave). Il primo libro è dedicato a Defia ("Per dir di Delia e soffocar l'ardore / tolsi la penna e non per cercar fama" confessa una volta il poeta), gli altri due libri ai figli del duca. Ercole vi è celebrato col mitico nome di Alcide.
Tre ordini di argomenti si possono distinguere nel poema: il primo contempla la rivalità di Orlando e di Rinaldo, la vendetta di Orlando e la morte di Uggeri il Danese, compagno di ventura di Orlando; il secondo prevede la fuga di Rinaldo dalla corte di Carlo Magno e conseguente innamoramento, cambiamento di sesso, morte, resurrezione, pazzia e rinsavimento del paladino; la terza parte (che è quella più francamente panegiristica del poema) si incentra nel viaggio di Alcide nel regno ultraterreno e prosegue con la storia degli amori di Alcide e Isabella.
Come si può constatare anche da questo sommario, la derivazione del poema da quello ariostesco è abbastanza evidente. Il B., del resto, non nasconde di aver ripreso episodi e personaggi dal Furioso, ma èsoprattutto la fisionomia generale del poema che egli si studia di riproporre con la molteplicità degli argomenti, il misto di avventura e di intenzioni laudattive, il largo spazio concesso al fantastico. tuttavia a questo punto che l'arte infinitamente più povera del B. non sostiene il paragone col modello, che nell'Ariosto spirito d'avventura e intenti laudativi si saldano in una superiore esperienza di vita e di poesia, mentre nel B. la lode scade sempre a motivo di elogio cortigiano; nell'Ariosto l'elemento fantastico integra e conclude l'esperienza, nel poeta umbro la sovrastruttura del regno ultraterreno è talmente instabile da dover ricorrere non di rado all'aiuto di Dante. Questo è, peraltro, l'elemento d'interesse che i critici hanno concordemente sottolineato nel poema, ma è anche l'elemento che più distanzia la sua poesia dall'esempio del Furioso e la fa in ultimo scadere al rango di un improvvisato e mediocre centone. Il carattere di improvvisazione, raramente geniale ed efficace, si riscontra anche nella lingua del Danese, ugualmente distante sia dalla riforma del Bembo che da una consapevole ripresa della lingua letteraria dei maggiori modelli quattrocenteschi. In realtà nell'impasto linguistico del poema si alternano pressoché indiscriminatamente dialettismo e latinismi, forme canonizzate dalla poesia toscana (anche trecentesca) ed espressioni di uso corrente corredate da una insufficiente tradizione. Anche la sintassi, non di rado ellittica e propria quasi di un parlante, risente di una inadeguata elaborazione formale.
Bibl.: F. Ferrario, Romanzi e poemi di cavalleria, Milano 1828, II, p. 179; 111, p. 284; IV, pp. 14-16; V. Rossi, Battista Guarino e il Pastor Fido, Torino 1886, passim;R. Renier, Ricerche sulla leggenda di Uggeri il Danese in Francia, Torino 1891, passim; F. Flamini, IlCinquecento, Milano s.d., pp. 143, 229; G. Fumagalli, La fortuna dell'"Orlando Furioso" nel secolo XVI, in Atti e mem. della Deputazione ferrar. di storia Patria, XX (1902), pp. 20 ss.; F. Foffano, Ilpoema cavalleresco, Milano 1904, pp. 117-118; G. Bertoni, Tre postille su P. Bembo,L. Ariosto,Cassio di Narni, Munich 1921, passim;Id., Il così detto "Rinaldo ardito", in Giorn. stor. della lett. ital., LXXX (1922), pp. 312-325; M. Catalano, Vita di L. Ariosto, I, Firenze 1930, ad Indicem;G. Piccoli, Cassio da Narni e "La morte del Danese", in Convivium, V (1933), pp. 756 ss.;Id., Appunti sulla lingua del Danese di Cassio da Narni, in Zeitschrift für romanische Philologie, LIV (1934), pp. 314 ss.; T. Parvulescu, Sulle orme di Dante nel Cinquecento, in Studii Italiene, I (1934), pp. 25 ss.