caso fortuito
Qualunque fattore che renda inevitabile il verificarsi di un evento altrimenti improbabile, costituendone la causa rilevante. Nel diritto civile è ricorrente l’accostamento tra c. f. e forza maggiore e, anzi, si sostiene che, in quest’ambito, le due espressioni non abbiano un diverso significato, risultando distinte solo perché la prima evidenzia l’aspetto della imprevedibilità, mentre la seconda quello della irresistibilità. Si fa, in altri termini, notare che il c. f. coincide con il concetto di fatalità, mentre la forza maggiore è quella – naturale o umana – cui è impossibile resistere. Anche la Corte di Giustizia asseconda il trend all’assimilazione con il caso fortuito. L’idea che il c. f. si palesi in presenza di un evento eccezionale, imprevedibile e inevitabile è figlia della concezione oggettiva, che è oggi senza dubbio prevalente; in precedenza, tuttavia, «la dottrina, tradizionalmente influenzata dal dogma della colpa, sosteneva largamente la concezione soggettiva del fortuito come evento dannoso non prevedibile e non superabile con la normale diligenza, e quindi, in definitiva, come assenza di colpa» (M. Comporti, Le presunzioni di responsabilità, «Rivista di diritto civile», 2000, 1, 659, nota 136). Analoga evoluzione si registra in giurisprudenza.
Nel codice civile, il richiamo al c. f. è operato in modo espresso nel testo di disposizioni in tema di fatto illecito che, anche per effetto di ciò, sono comunemente ritenute espressione di regole oggettive di responsabilità. È il caso degli artt. 2051 e 2052 c.c., dove la dimostrazione da parte del danneggiante del c. f. è la sola esimente da responsabilità. Può utilmente segnalarsi la sentenza della Cassazione 5658/2010 la quale, proprio ai fini della prova liberatoria che il custode è chiamato a fornire ai sensi dell’art. 2051 c.c., ha precisato che il fattore causale estraneo al danneggiante, per costituire c. f., deve avere una efficacia causale di tale intensità da interrompere il nesso eziologico tra la cosa custodita e l’evento lesivo (si è, pertanto, nel caso di specie negato che un eccezionale nubifragio potesse escludere la responsabilità della pubblica amministrazione per i danni derivanti dalla tracimazione delle acque, a causa dell’omessa manutenzione del sistema di smaltimento delle acque piovane).
Anche nella sfera contrattuale si rinvengono disposizioni che fanno esplicito riferimento al c. f. ai fini della esclusione della responsabilità: si possono citare, per es., l’art. 1693 c.c., disciplinante la responsabilità del vettore per la perdita e l’avaria delle cose consegnategli per il trasporto e l’art. 1839 c.c., concernente la responsabilità della banca esercente il servizio di cassette di sicurezza. Il c. f. non è invece menzionato nella norma generale in tema di responsabilità per inadempimento di obbligazioni – vale a dire l’art. 1218 c.c. – che come causa di esonero da responsabilità identifica l’impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile al debitore. Il rapporto tra quest’ultima e il c. f. è controverso, ma un certo credito gode la tesi secondo cui la «nozione di caso fortuito o forza maggiore nella responsabilità extracontrattuale coincide [...] con la nozione di causa d’impossibilità rilevante nel tema della responsabilità contrattuale» (C.M. Bianca, Diritto civile, 5° vol. ‘La responsabilità’, 1994). Fuori del codice civile, non poche disposizioni prevedono il c. f. ai fini dell’esclusione del risarcimento del danno e, tra queste, l’art. 141, d. legisl. 209/2005 (recante il codice delle assicurazioni private).