GENNARI, Casimiro
Nacque a Maratea (Potenza) il 27 dic. 1839, sesto dopo cinque sorelle, da Nicola e da Gaetana Crispino, entrambi appartenenti a famiglia notabile e cospicua. Il padre, in particolare, aveva avuto tra i suoi parenti molti oppositori dei Borboni ma anche molti religiosi (lo zio Gabriele aveva cospirato nel 1848, il prozio Onofrio era stato tra il 1774 e il 1805 vescovo di Montemarano) e, sospettato lui stesso di appartenenza alla carboneria, aveva dovuto lasciare Napoli rinunziando alla professione legale fin lì svolta; tuttavia, nonostante le sue opinioni politiche, aveva voluto che il figlio, dopo gli studi elementari, fosse seguito per quelli secondari dai gesuiti del real collegio picentino S. Luigi di Salerno, che il G. frequentò, distinguendosi, dal 1851 al 1857. Fu sua principale guida in quel periodo il padre C. Negri, il cui metodo (tutte le lezioni erano impartite in latino), basato sull'imitazione dei classici, era costituito principalmente da esibizioni e recite in prosa e in versi e da pubbliche accademie, allo scopo di spingere gli allievi a coltivare l'oratoria.
Nel 1858 il G. intraprese studi più propriamente ecclesiastici, come alunno esterno del collegio che i medesimi padri gesuiti tenevano a Napoli per i giovani aspiranti al sacerdozio e nel cui ambito in quegli anni insegnavano uomini di assoluto valore. Fu molto formativa per il G. l'aggregazione a una specie di accademia, la Congregazione dei Chierici forestieri, che teneva le sue riunioni nella cappella del palazzo arcivescovile, sotto la guida del devoto canonico F. De Felice; ma, compiuti i corsi previsti, la laurea gli fu preclusa per la soppressione della facoltà di scienze sacre. Intanto, ricevuti gli ordini minori (17 giugno 1860), il suddiaconato (30 marzo 1861) e il diaconato (19 apr. 1862), il 21 marzo 1863 era stato ordinato sacerdote a Cosenza da mons. M. Bombini, vescovo di Cassano.
Subito dedito all'esercizio del sacro ministero, dapprima in Maratea come collaboratore del parroco L. Marini, poi come viceparroco di S. Lucia, nell'aprile 1876 il G. ebbe la direzione dell'apostolato della preghiera per la diocesi di Cassano Jonio. In tutti quegli anni di cura parrocchiale, relegato in provincia e lontano dai centri di cultura, aveva tuttavia continuato a coltivare con tenacia gli studi teologici e maturato un preciso progetto: la fondazione di una rivista mensile - tipograficamente modesta e a basso prezzo - specialmente destinata al clero delle parrocchie di provincia, per guidarlo e tenerlo continuamente aggiornato sugli atti e sulle direttive della S. Sede. Nacque così il Monitore ecclesiastico (dal 1949 Monitor ecclesiasticus), dal G. definito (n. 1, p. 6) "un prontuario delle discipline ecclesiastiche che aiuti i curati nel governo di se stessi e delle loro parrocchie".
Approvato da Pio IX dopo qualche esitazione, il Monitore uscì il 1° marzo 1876 ed ebbe subito successo e buona diffusione, contribuendo al risveglio religioso delle diocesi di Cassano e di Policastro; diffuso presto in tutta Italia, raggiunse punte di 3500 abbonamenti e passò dalle iniziali 16 pagine a 24 quando la redazione fu trasferita a Conversano, e a 48 nella definitiva sede di Roma. Per 38 anni, e fino alla morte, oltre che direttore il G. ne fu il quasi unico redattore, segretario di redazione, correttore di bozze e talvolta finanziatore, ricusando perfino il governo di importanti diocesi (Trani, Barletta, Bisceglie) per non esser costretto a trascurare il Monitore nella sua fase di sviluppo. I contenuti della pubblicazione infatti vennero via via arricchendosi, e alla sempre fondamentale informazione giuridico-pastorale (distinguendosi anche in questo dagli Analecta iuris pontificii, che erano esclusivamente giuridico-storici), si aggiunsero presto studi sulle più controverse materie d'attualità (le censure ecclesiastiche e, fondamentale in quel momento, il tema dei rapporti fra potere civile e religioso), e rubriche per la formazione e l'aggiornamento del clero; in seguito fu sviluppata molto, sotto forma di Consultazioni, la parte relativa alla liturgia, alla morale e al diritto canonico, trattata prendendo spunto da casi particolari, poi ripresi nelle successive opere del Gennari.
Il successo del Monitore aveva reso così popolare il nome del G. fra il clero da spingere Leone XIII a preconizzarlo il 13 maggio 1881 vescovo di Conversano: consacrato a Roma dal card. H. Howard nella chiesa di S. Alfonso all'Esquilino, nell'esercizio delle funzioni pastorali il G. fu, nonostante i pesanti impegni editoriali, solerte quanto scrupoloso, lasciando ampie e puntuali Relationes ad S. Sedem (25 maggio 1883, 18 dic. 1888, 15 dic. 1891, 15 dic. 1894) che lo mostrano predicatore attivissimo, visitatore attento della diocesi, restauratore della cattedrale, del palazzo vescovile e di varie chiese a Rutigliano, Castellana, Alberobello e Putignano, ma soprattutto rinnovatore del seminario, che, al momento in cui egli lasciò Conversano, contava circa 300 convittori. A Conversano egli aveva anche istituito nel palazzo vescovile un ospizio per i chierici poveri.
Un sicuro riconoscimento del prestigio acquisito giunse al G. quando, chiamato a Roma nell'ottobre 1895, il 15 novembre fu nominato assessore della congregazione del S. Uffizio. Nel nuovo, importante incarico, per il quale il 6 febbr. 1897 dovette lasciare la diocesi di Conversano venendo nominato arcivescovo in partibus di Lepanto in Epiro Vetere, il G. ebbe parte rilevante nella stesura dell'enciclica Satis cognitum del 29 giugno 1896 sui principî dell'ecumenismo, della Divinum illud munus del 9 maggio 1897 sull'azione dello Spirito Santo, della Annum sacrum del 25 maggio 1899 in apertura dell'anno santo 1900, nonché della lettera del 22 genn. 1899 a G. Gibbons, arcivescovo di Baltimora, sulle deviazioni dell'"americanismo", a completamento di quella Apostolicae curae et caritatis del 13 sett. 1896 che aveva risolto i gravi problemi delle ordinazioni anglicane. Sono pure attribuiti al G. molti rilevanti "pareri" del S. Uffizio, fra cui quello in materia eucaristica del 5 ag. 1896 su un quesito dell'arcivescovo di Tarragona, o quelli del 17 marzo 1897 e del 4 maggio 1898, sulla tutela delle fonti della vita umana.
Nel concistoro del 15 apr. 1901 Leone XIII creò il G. cardinale prete del titolo di S. Marcello al Corso. Come d'uso, venne subito annoverato fra i membri di numerose congregazioni (del Concilio, dei Vescovi e regolari, dell'Indice e Concistoriale), cui si aggiunsero in seguito quelle delle Indulgenze e Sacre Reliquie (21 genn. 1903) e della Visita apostolica (8 febbr. 1904), e nel 1904-05 svariate importanti commissioni. Il 20 ott. 1908, infine, fu nominato prefetto della congregazione del Concilio (lo rimarrà fino alla morte) che, se non godeva più delle amplissime prerogative del passato, era tuttavia ancora competente su materie quali la vigilanza sul clero e sui consigli pastorali, la predicazione, l'istruzione catechistica, l'amministrazione dei beni temporali, le remunerazioni e la previdenza per il clero. Il G. fornì anche un contributo fondamentale al piano di riordino della Curia romana che entrò in vigore il 28 giugno 1908, nonché alla stesura del decreto Quam singulari dell'8 ag. 1910 sulla comunione dei fanciulli, profondamente innovativo, e del motu proprio sulla riforma del breviario e del messale. Di somma importanza fu poi la sua influenza su Leone XIII in materia di politica italiana: sebbene sempre ligio alle direttive ufficiali, egli, appartenente all'ala più moderata del S. Collegio, fu uno dei primi a patrocinare la partecipazione dei cattolici alle elezioni politiche: opinione, questa, che da sempre era stato possibile intuire fra le righe dei suoi scritti, che era affiorata nella "consultazione" Sul valore del "non expedit" (Monit. eccles., 1905, p. 78), e che finalmente si era palesata con gli articoli Sull'obbligo di accorrere alle urne politiche o amministrative (ibid., p. 268) e I doveri riguardanti un deputato cattolico al Parlamento (ibid., 1906, p. 453).
Camerlengo del S. Collegio dal 1910 al 27 nov. 1911, poté, grazie agli stretti rapporti col nuovo papa Pio X, realizzare un ambizioso progetto già caldeggiato con Leone XIII, che però quel pontefice, pur favorevole, non aveva voluto affrontare a un'età tanto avanzata: la codificazione del diritto canonico.
Sebbene questo immenso lavoro abbia travalicato la vita del G. e sia stato portato dalla commissione capeggiata dal card. P. Gasparri alla promulgazione decretata da Benedetto XV solo il 27 maggio 1917 con la costituzione apostolica Providentissima Mater Ecclesia, tuttavia è unanimemente riconosciuto che la promozione e gran parte dell'elaborazione di esso fu opera del G., il quale aveva personalmente redatto anche il testo del motu proprio Admodum sane munus del 19 marzo 1904 che aprì ufficialmente la via alla codificazione; una codificazione che dava corpo organico alla selva secolare delle collezioni di bolle, sacri canoni e decreti, emanati sia dai pontefici sia dalle sacre congregazioni, fornendo finalmente uno strumento sicuro, ma che ebbe tuttavia fieri oppositori anche in Curia, nel timore che essa comportasse una durevole cristallizzazione della produzione legislativa, un blocco rispetto all'evoluzione dei tempi. Questo per quanto concerne il Codex iuris canonici; circa l'attività del G. come prefetto della congregazione del Concilio, vanno particolarmente ricordate molte decisioni relative a casi presentati da diocesi e vicariati americani e africani, e il rilevante contributo da lui fornito all'elaborazione dell'enciclica Acerbo nimis sull'insegnamento della dottrina cattolica. In complesso il G. esercitò (e in qualche modo continua a esercitare) una considerevole influenza sul mondo cattolico attraverso le sue opere, costituite in gran parte dall'ampliamento e dalla rielaborazione dell'immensa casistica da lui pubblicata per 38 anni sul Monitore ecclesiastico: si segnalano in particolare le Consultazioni morali-canoniche-giuridiche (I-II, Roma 1901), le Questioni teologico-morali (ibid. 1907), le Questioni canoniche di materie riguardanti specialmente i nostri giorni (ibid. 1908) e le Questioni liturgiche di materie riguardanti specialmente i nostri tempi (ibid. 1908). Le Consultazioni sono ricche di erudizione, e ognuna costituisce una piccola ma densa monografia, con esauriente esposizione di fatti e testi, mentre le Questioni sono sempre costruite su un caso particolare, che viene risolto in modo chiaro e conciso. Caratteristiche comuni di tutti gli scritti del G. sono la forma, sempre uniforme e semplice, senza splendori stilistici ma di assoluta chiarezza, e la totale assenza di spunti polemici, anche nei casi più controversi.
Anche dopo aver lasciato la diocesi di Conversano, dove aveva svolto il ministero pastorale in modo esemplare, il G. continuò a fare della carità la principale regola di vita, fino a passare ai poveri ogni suo guadagno. La sua scelta della povertà fu tanto severa che la rinuncia al riscaldamento nel freddissimo inverno del 1913-14 fu ritenuta causa della malattia che il 31 gennaio lo portò alla morte nel suo appartamento romano di palazzo Borghese. Ebbe solenni esequie nella sua chiesa di S. Marcello, ma la tumulazione avvenne nella nativa Maratea.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio degli eredi di mons. F. Romita, Carte Gènnari; Arch. di Stato di Potenza, Fondo dell'Intendenza Basilicata, Amministrazione comunale di Maratea, personale, cart. 176, f. 855; Ibid., Sez. politica-diplomatica, Fondo ministeriale di polizia, I serie, fascio 479, f. 1123, vol. II, cc. 27 s.; Arch. di Stato di Napoli, Sez. amministr., Dazi indiretti, fascio 165, inc. 5635-1905; Ibid., Ministero di polizia, 351, 18, vol. 221; Il Monitore ecclesiastico, 1876-1914 (vedi anche sul G.: 1913, n. 37, pp. 523-534; 1940, n. 52, pp. 3-40); necr. L. De Sanctis, Elogio funebre, Lecce 1914; A. Lamberti, Elogio funebre, Putignano 1914; P.C. Perniciaro, In memoria dell'e.mo card. C. G., Napoli 1914; G.B. Rossi, Sulla salma del card. G., Maratea 1914; L. De Simone, Elogio funebre del cardinale G., Lecce 1914; Civiltà cattolica, 1914, t. 1, pp. 485 ss.; 1915, t. 3, pp. 714-717; P.B. Abbergamo, Il card. C. G. gloria della Lucania, in L'Avvenire, 24 giugno 1939; R. De Cesare, Versi sul card. C. G., Lagonegro 1901; N. Hilling, Von wem ist der Plan der Abfassung des Codex iuris canonici zuerst ausgegangen?, in Archiv für kath. Kirchenrecht, CXVI (1936), pp. 88-91; Id., Kard. G. als Anreger der Kodifikation des Rechts, ibid., CXX (1940), pp. 227 s.; C. Carucci, Gli studi nell'ultimo cinquantennio borbonico. Dai documenti del Real Liceo di Salerno, Subiaco 1940, p. 115; F. Romita, Il card. C. G. e i nostri tempi, I, I tempi del G. e la sua formazione, Napoli 1968; G. Galasso, Mezzogiorno medioevale e moderno, Torino 1965, pp. 128-131; P. Palazzini, Il cardinale C. G. vescovo di Conversano dal 1881 al 1897, Conversano 1965; P. Borzomati, Aspetti religiosi e storia del movimento cattolico in Calabria (1860-1919), Roma 1967, pp. 143 ss.; M. Mazziotti, La baronia del Cilento, Salerno 1972, pp. 127-138; Id., La rivolta del Cilento nel 1828, Salerno 1972, pp. 88-110; F. Romita, Commemorazione di C. G., fondatore de "Il Monitore ecclesiastico" nel I centenario della rivista, in Monitor ecclesiasticus, CII (1977), 1-2, pp. 74-104; G. Di Ruocco, Il cardinale C. G. giurista (1839-1914), I, Roma 1980; Id., Il cardinale C. G., pastore e giurista (1839-1914), Napoli 1995; Enc. cattolica, VI, s.v.; Dict. de droit canonique, VI, pp. 951 s.; Lexikon für Theologie und Kirche, IV, p. 678; Hierarchia catholica…, VIII, pp. 41, 224; Dict. d'hist. et de géogr. ecclés., XX, sub voce.