punteggiatura, casi dubbi nella [prontuario]
Rispetto ad altri ambiti grammaticali (➔ fonetica, ➔ morfologia, ecc.), quello della ➔ punteggiatura è caratterizzato da uno statuto normativo particolarmente debole (Serianni 2006a: 120). La norma, osservata nei testi redatti con un’attenta cura formale, è infatti spesso trasgredita per ragioni artistiche (in poesie, romanzi, pubblicità) oppure perché considerata poco rilevante ai fini dell’espressione del messaggio (come nel caso di scritture informali e occasionali, specie se dettate da finalità eminentemente pratiche: sms, appunti, e-mail; ➔ posta elettronica, lingua della; ➔ Internet, lingua di). Il segno più frequente, la ➔ virgola, è anche il più versatile e dunque il più soggetto a oscillazioni nell’uso.
La norma prevede che la virgola non separi gli elementi che formano un sintagma, ovvero un blocco sintatticamente unitario (➔ sintagma, tipi di). Questi elementi possono essere parti di una frase semplice (nel caso di sintagmi formati da soggetto e verbo, da verbo e complemento, da aggettivo e nome, da nome e complemento di specificazione, e così via) oppure essere parti di un periodo, cosa che accade quando almeno uno di essi costituisca da sé una frase. L’es. 1
(1) accettare la proposta che hai presentato alla tua commissione [sogg.] comporta [verbo] che noi rinunciamo ai nostri progetti [ogg.]
non presenta virgole né fra le tre parti che compongono l’intero periodo (soggetto, verbo e oggetto), né all’interno di ciascuna di queste parti: non nel soggetto (accettare [verbo] la proposta che hai presentato alla tua commissione [oggetto con frase relativa formata dal verbo presentare a + complemento con aggettivo possessivo]) e non nel complemento oggetto (noi [sogg.] rinunciamo a [verbo] i nostri progetti [complemento con aggettivo possessivo]).
L’uso della virgola è dunque indipendente dalla lunghezza e dalla complessità degli elementi coinvolti: non va posta la virgola tra un soggetto particolarmente lungo e il verbo, sia che si tratti di un ➔ sintagma nominale (2) (cfr. Castellani Pollidori 2004) sia che si tratti di una frase (3), a differenza di quanto accade negli esempi seguenti:
(2) l’insieme delle relazioni presenti tra più soggetti, consente di stabilire quanto segue
(3) che tu dica la verità, è molto importante
o, come in uso fino al tardo Ottocento, tra la frase principale e la frase oggettiva introdotta da che (cfr. Antonelli 2008: 190-191):
(4) voi garantite a tutti i presenti, che sarete onesti
Alla luce di queste considerazioni, l’uso della virgola invece indispensabile per delimitare l’inciso (➔ incidentali, frasi), ovvero l’inizio e la fine di qualsiasi parola, sintagma, complemento o frase che si trovi interposta a un sintagma; in questi casi alla virgola possono sostituirsi anche le lineette (➔ trattino) o le ➔ parentesi:
(5) parole, queste, che hanno colpito tutti
La virgola è inoltre indispensabile per delimitare un inciso che precede la frase che contiene il verbo principale: in questo caso è obbligatoria se l’inciso è composto da una frase (con forme implicite, come ad es. il gerundio):
(6) passando alle specifiche contestazioni, ho risposto di no
non se formato da elementi nominali:
(7) con questo libro (,) l’autore ha voluto esprimere questa idea.
La virgola si usa ancora nei seguenti casi:
(a) All’interno del singolo elemento per segnalare le componenti di una ➔ enumerazione:
(8) Mara, Vittoria, Andrea, Luca e Marco [sogg.] arriveranno più tardi
Molto più rara, e spesso letteraria, è invece la sequenza senza virgole:
(9) Questo pavimento è composto da ciò che ho raggiunto nella mia vita, i romanzi la cattedra universitaria gli affetti, partendo da una condizione di smaccata inferiorità (Siti 2006: 4)
(b) Tra un elemento e un altro del sintagma in strutture focalizzate (quando un elemento è spostato e messo in risalto, come nelle ➔ dislocazioni; ➔ focalizzazioni):
(10) è proprio ingenua, lei
(11) l’ho visto tre volte, il film
(c) Con l’➔apposizione:
(12) oggi ho incontrato Veronesi, lo scrittore
(13) Napoleone, imperatore dei francesi, fu sconfitto a Waterloo
L’apposizione posposta al nome serve a distinguerlo da altri omonimi (il medico Umberto, il regista Giovanni, ecc.) e ha dunque funzione esplicativa. Cfr. anche:
(14) oggi ho incontrato Veronesi, cioè lo scrittore
Se fosse anteposta non avremmo un costrutto esplicativo:
(15) oggi ho incontrato lo scrittore Veronesi
(d) Quando si omette il verbo:
(16) mi ha detto due cose: primo, che non si sente bene; secondo, che non sarebbe partito in ogni caso
(e) Quando la congiunzione e collega frasi diverse nel contenuto e nella forma:
(17) ha rimproverato tutti, e non mi sembra accettabile
dove la seconda contiene un commento al contenuto della prima;
(f) Per isolare connettivi che segnalano un momento di passaggio logico e discorsivo tra due blocchi di testo (come spesso ora, allora, dunque, comunque, con tutto ciò, insomma, tuttavia, eppure, d’altra parte, del resto, peraltro, pertanto, ecc.; ➔ connettivi). Il connettivo può figurare a inizio di frase (18), alla fine (19) o all’interno della frase (20-21):
(18) Tuttavia, ho incontrato soprattutto individui armati («la Repubblica» 4 febbraio 2010)
(19) ci vediamo domani, allora
(20) la situazione, dunque, è grave
(21) la situazione è, dunque, grave
Va notato che in (20) può essere isolato tra due virgole, come in un inciso, perché separa gli elementi di un sintagma (rappresentati da soggetto e verbo); in (21) è inserito nel predicato, cioè all’interno di uno degli elementi del sintagma.
Si presentano però frequenti confusioni nell’uso della virgola, anche da parte di scrittori esperti, che la adoperano dove sarebbe necessario un altro segno di punteggiatura, come il ➔ punto o il ➔ punto e virgola:
(22) lei ha cominciato tardi a scrivere, perché? (A. Gnoli, «la Repubblica» 21 gennaio 2011)
(g) La virgola si usa prima e dopo il ➔ vocativo, e quindi anche, tipicamente, in quelli che aprono le lettere:
(23) Ci dica, caro professore, che cosa pensa della riforma universitaria
(24) Caro amico, è molto che non ti scrivo
Tale uso è però molto perturbato nella pratica, non soltanto degli scriventi non professionali (da una e-mail: salve professore volevo sapere […]), ma anche di giornalisti, che omettono frequentemente la virgola prima e dopo i vocativi. Nell’esempio seguente, le virgole potenzialmente richieste sono tra parentesi quadre:
(25) “Forza[,] papà[,] ce la faremo, hai la coscienza a posto”. Lui accenna a un timido sorriso, ma poi spunta un’altra lacrima: “Papà[,] la borsa è pronta” (F. Viviano, «la Repubblica» 23 gennaio 11).
L’assenza o presenza della virgola può determinare a volte cambiamento di significato nella frase, come nel caso della frase relativa (➔ relative, frasi), di alcuni avverbi e delle frasi non argomentali.
In una frase come:
(26) il serpente, che non ha né mani né piedi, si muove strisciando
le virgole delimitano un’informazione accessoria rispetto al nome serpente (si tratta di una relativa appositiva); senza le virgole, quella stessa informazione finirebbe invece col delimitare invece un particolare tipo di serpente («quello che non ha né mani né piedi»), lasciando intuire di conseguenza che esistano serpenti muniti di mani o di piedi.
Mentre le frasi:
(27) francamente, non saprei parlare di queste cose
(28) non saprei, francamente, parlare di queste cose
(29) non saprei parlare di queste cose, francamente
equivalgono tutte a «confesso con tutta franchezza che non sarei in grado di parlare di queste cose», lo stesso avverbio inserito nella stessa frase ma senza virgole significherebbe invece «liberamente, dicendo tutto quello che penso»:
(30) non saprei parlare francamente di queste cose
(31) non saprei parlare di queste cose francamente.
Nel rapporto tra frase principale e frase non argomentale, la presenza o assenza della virgola è determinata dal diverso sfondo di informazioni soggiacente nella comunicazione. Mentre una frase come:
(32) dipingo, per passare il tempo
può sottintendere una carenza d’informazione d’un certo tipo (che potremmo sintetizzare nelle ipotetiche domande cosa fai? oppure cosa fai per passare il tempo?), la stessa frase senza virgola:
(33) dipingo per passare il tempo
sottintende un’altra lacuna informativa (perché dipingi?). In particolare, riprendendo le nozioni di tema e di rema (➔ tematica, struttura), nella frase con virgola dipingo è rema, mentre nella frase senza virgola dipingo è tema.
Cambiamenti di significato si hanno anche con verbi impliciti: si confronti (34) con (35):
(34) riuscì a farsi capire sorridendo [= si fece capire grazie a un sorriso]
(35) riuscì a farsi capire, sorridendo [= si fece capire e sorrise].
Nelle scritture grammaticalmente meno accorte sono stati notati, nell’ambito della punteggiatura, alcuni fenomeni ricorrenti, che riguardano in particolare la virgola e i ➔ due punti.
La virgola ricorre erroneamente tra soggetto e verbo (eventualmente tra verbo e altri argomenti) e tra frasi che viceversa richiederebbero una pausa forte:
(36) una strage come quella di Erba ha radici nella psicopatia, ciò spiega il comportamento degli assassini [...]
Qui il pronome ciò, inglobando la frase precedente, ne è separato da una forte discontinuità sintattica.
La virgola è usata spesso negli incisi (solo in apertura o solo in chiusura) e spesso assente prima di una relativa appositiva.
I due punti sono talvolta usati tra articolo o preposizione (37-38) e nome o tra il verbo e una sequenza di argomenti (39) (esempi tratti da elaborati studenteschi, cit. in Ricci 2007: 393-396; cfr. anche Dinale 2001: 209-213):
(37) così da evitargli un: disorientamento didattico
(38) un profilo di: ambizioni e desideri
(39) la maggioranza è interessata: alla sicurezza contrattuale, alla flessibilità del mercato del lavoro
Accettabile è invece il susseguirsi di due frasi introdotte entrambe dai due punti: quest’uso, benché piuttosto raro, si incontra soprattutto nella saggistica scientifica, con frasi consequenziali tra loro (Mortara Garavelli 2003: 103-104).
Parte di questi fenomeni si riscontra oggi, sia pure a fini stilistici, anche nella lingua dei giornali (Giovanardi 2000; Bonomi 2002: 259-266; Lala 2005), nella prosa letteraria (in particolare, si veda l’espansione della virgola ‘debole’ con valore prosodico e del punto fermo a scapito di altri segni: Tonani 2008) e nella scrittura pubblicitaria (De Cesare 2005).