Casentino
. La regione della Toscana, nel bacino superiore dell'Arno, era all'epoca di D. dominio dei conti Guidi (v.), e pertanto tutti i riferimenti che nel corso della sua opera il poeta fa a vicende e personaggi di quella potente casata, sarebbero pertinenti a un'organica trattazione del problema dei rapporti tra D. e il Casentino. Ma la regione fu a lungo contesa tra Fiorentini e Aretini, gli uni e gli altri più volte accorsi in difesa dei vari rami della famiglia, e quindi si potrà leggere sotto le voci Arezzo (v.) e Firenze (v.) quanto pertiene anche alla complessa storia politica del Casentino.
Ciò nonostante, l'atteggiamento di D. nei riguardi della regione appare sostanzialmente diverso da quello nutrito verso le due città rivali, sia nei momenti di aspra invettiva (come nella raffigurazione dei Casentinesi come brutti porci, in Pg XIV 43) ovvero di cupa tempestosa effigie paesaggistica nell'episodio di Bonconte da Montefeltro (Pg V 94-95 a piè del Casentino / traversa un'acqua c'ha nome l'Archiano, ecc. - precisazione interessante poiché mostra che per D. il confine casentinese non andava a meridione di Bibbiena -; vv. 115-116 la valle... / da Pratomagno al gran giogo; v. 125 l'Archian rubesto), sia nell'esplicita delimitazione di un'area linguistica a sé stante (VE I XI 6; v. ancora Casentinesi), o infine, ed è occasione per una delle più splendide aperture naturali del poema, nel ricordo di maestro Adamo in If XXX 64-66 Li ruscelletti che d'i verdi colli / del Casentin discendon giuso in Arno, / faccendo i lor canali freddi e molli, quel maestro Adamo che, al servizio dei Guidi, aveva proprio nel C., a Romena (v. 73), falsificato il fiorino di Firenze (a una fonte nel castello di Romena è anche attribuita la Fonte Branda, del v. 78). E ancora al C. o ai suoi confini D. fa riferimento ricordando la Verna (il crudo sasso intra Tevero e Arno, Pd XI 106), nell'elogio di s. Francesco; così pure sul limitare della regione casentinese siede la piana di Campaldino (v.), terreno, com'è noto, della celebre battaglia dell'11 giugno 1289, alla quale il poeta prese parte, ricordata non soltanto nell'episodio di Bonconte, ma nell'esemplificazione di If XXII 4 corridor vidi per la terra vostra, / o Aretini; infine in una delle epistole perdute, conosciuta dal Bruni (Vita di D., ed. Solerti, 99), la cosiddetta Popule mee quid feci tibi. Non fu certo questa l'unica occasione in cui D. ebbe a soggiornare nel Casentino. Dové passare per la regione quando raggiunse la corte forlivese di Scarpetta abbandonando Arezzo (1303); quattro anni dopo stette qualche tempo a Poppi, ospite del conte Guido da Battifolle, e di lì invia a Moroello Malaspina l'ultima sua canzone, Amor da che convien, con una lettera dichiarativa (Ep IV). Dal C., in finibus Tusciae sub fontem Sarni, il 31 marzo del 1311 inviava l'epistola agli scelleratissimi Fiorentini di dentro, il 17 aprile l'epistola a Enrico VII (e a nome della contessa di Battifolle scriveva lettere a Margherita di Brabante [Ep VIII-IX-X], primavera dello stesso 1311), e fu forse l'ultimo soggiorno casentinese del poeta, se subito dopo, uscendo di Toscana Enrico VII (19 aprile del '12), e quindi venendo in parte a cadere le speranze di D. di una rapida soluzione della spedizione imperiale, egli è di nuovo nell'Italia settentrionale, a Verona.
Bibl. - O. Zenatti, D. e Firenze, Firenze 1902; F. Torraca, in " Bull. " X (1903) 152-156; F. Mazzoni, Le EpistoL di D., in Conferenze aretine (1965), Arezzo 1966, 65-76.