CASELLA
Famiglia di artisti originari di Carona (presso Lugano) registrati dal XVI secolo per la loro attività in tutta l'Italia: da Palermo a Pordenone, da Todi a Brescia, da Roma a Genova. Di essa si ricordano qui di seguito i componenti attivi a Torino, per i quali, se non si hanno diverse indicazioni, la documentazione è da ricercare in Schede Vesme, I, Torino 1963, pp. 281 ss.
Alessandro, stuccatore, iniziò la propria attività a Torino nel primo trentennio del Seicento, essendo documentate la sua iscrizione all'Università dei maestri luganesi (poi di S. Anna) in tale epoca e un'oblazione pagata in sue mani per la cappella di quella Università in S. Francesco d'Assisi l'11 marzo 1636. Ciò indurrebbe a porre la sua venuta in concomitanza con l'inizio della decorazione a stucco del castello del Valentino, nel 1633.
È stata fatta la data del 1630 (quale voto per la cessazione della pestilenza) per un'incorniciatura in stucco con angeli di un affresco con la Sindone, riferita invece dal Mallé al 1642in coincidenza con un'ostensione: ma un documento pubblicato dal Vesme (I, p. 281)indurrebbe a datarla al 1650, menzionandovisi espressamente uno "stuco che fa alla piana del SS. Sudario sotto il volto del Castello", vale a dire nell'ambiente ricavato dalla copertura del cortile di palazzo Madama.
Dei lavori eseguiti per il castello del Valentino è documentata solo la parte che va dal 1646 al 1648, riferentesi a incorniciature di porte.
In aggiunta ai documenti trascritti dal Vesme la Brizio ne riporta vari altri che, senza spostare le date di cui sopra, danno conto d'una attività assai intensa, svolta a fianco di Francesco e Pompeo Bianchi, ma con stile affatto diverso e del tutto personale, per stipiti fregiati di perline, decorazioni a sirene con nastri a fiocco pendenti dalle code, mascheroni angolari tra foglie d'acanto, amorini alati reggistemma fra fiori e fronde, d'un gusto - in confronto al cortonismo dei Bianchi - più nativo, ravvivato da inflessioni grottesche. "Uno dei più sorprendenti registi della decorazione a stucco del primo Barocco", lo definisce la Griseri, facendosi eco degli entusiasmi espressi dal Simona, e pur sottolineandone i legami con Amedeo di Castellamonte ne fa partire induttivamente (mancano infatti prove documentarie) l'attività torinese dal 1622, prima ancora dell'avvio della decorazione al Valentino. La Griseri stessa ritiene inconfutabile il passaggio del C. da tale luogo alla Venaria reale, sempre sotto la regia del Castellamonte, per l'esecuzione di cornici in stucco; ma l'assenza d'ogni documento oltre il 1650impedisce di ricostruire, anche approssimativamente, la sua operosità ulteriore come pure di fissare ad essa precisi limiti cronologici. Si può aggiungere che il Crepaldi gli attribuisce - senza fissar date - "stucchi dorati" in S. Lorenzo; mentre il Simona assegna al 1661la sua compartecipazione con Carlo Pozzo, B. Quadri e D. Ramello per l'esecuzione del camino adornante tutt'oggi la sala degli Svizzeri in palazzo reale.
Antonio (Giovanni Antonio), scultore in marmo, è documentato nel 1661 e 1664 per lavori nel palazzo reale e nel giardino del bastione verde.
Antonio era operoso come pittore a Torino nel 1658 insieme con lo zio Giovanni Andrea (G. Bianchi, Artisti ticinesi, Lugano 1900, ad vocem, con errata indicazione della fonte).
Antonio, piccapietre come il padre Secondo, è documentato a Torino e nel circondario negli anni 1705, 1717 (insieme con il padre), 1122, 1726, 1731, 1740 per lavori di scultore (l'altare con urne per la cappella dei SS. Crispino e Crispiniano) e di scalpellino.
Bernardino è documentato come scalpellino e scultore di stemmi negli anni 1631, 1634, 1636, 1639, 1645. È anche menzionato come mosaicista. Nel 1664 risulta già morto.
Francesco, scalpellino operoso nel palazzo reale nel 1661, potrebbe essere lo stesso. Francesco documentato per lavori di scultura in legno nell'oratorio di S. Marta annesso alla chiesa di S. Maria dell'ospedale di Lugano negli anni 1688-1693 (Brentani, 1941 e 1944). Nel 1692 esegue la stima di un tabernacolo in marmo nella chiesa di S. Lorenzo, sempre in Lugano, al quale porrà mano dato che riceverà un compenso per esso nel 1696 (Brentani, VII).
Giacomo, pittore, educato probabilmente a Roma sugli esempi di Pietro da Cortona, fu chiamato a Torino con Giovanni Andrea, consanguineo di linea incerta.
Documenti citati dal Vesme (I, p. 282) definiscono Giacomo e Giovanni Andrea "fratelli"; altri, citati dal Brentani (II, p. 111), cognati. Amedeo di Castellamonte (nel suo libro sulla Venaria reale) li dice cugini, mentre per il Bartoli sono zio e nipote, e per il Thieme-Becker viceversa. Erano comunque parenti associati in modo assai stretto e appartenenti alla cerchia di artisti chiamati dalla corte sabauda a Torino per dar degna veste alle residenze ducali urbane ed extraurbane.
La venuta di Giacomo a Torino coincide con le iniziative di Carlo Emanuele I per riassestare il castello di Rivoli (di cui restaurò il salone nel 1622) e del successore Vittorio Amedeo I per abbellire con dipinti la residenza ducale (1633) non ancora rinnovata nelle forme attuali. La sua attività dovette procurargli un solido, se non rapido, inserimento nell'ambiente artistico cittadino (del '44 è la nomina, infatti, a priore della Compagnia di S. Luca) e l'inizio di un'operosità, per un ventennio non documentata ma presumibile, di apparatore di quadri e affreschi per palazzi e chiese torinesi. Nel 1659 risulta attivo, con Giovanni Andrea, alla decorazione della chiesa di S. Salvario; poco più tardi partecipa con lo stesso alla decorazione del castello del Valentino, probabilmente in qualità di quadraturista, e alle imprese per la Venaria reale e per la reggia.
Nel 1662 era a Lugano e veniva compensato con Giovanni Andrea per due quadri per la chiesa di S. Rocco in quella città (Brentani, II).
Nel 1665 è citato tra i periti più apprezzati dal Consiglio civico di Torino (Schede Vesme, II, Torino 1966, p. 394). L'anno dopo, sempre con Giovanni Andrea, eseguì cinque quadri e gli affreschi della volta della chiesa di S. Cristina su commissione di Madama Reale. Morì nel 1667.
Giovanni Andrea, operoso, fin dal 1622, col consanguineo Giacomo, al restauro degli affreschi della volta e delle pitture degli sguanci delle finestre del salone del castello di Rivoli, nel 1633 appare come esecutore di alcuni quadri per il palazzo ducale; ma bisogna giungere al 1654 per ritrovarlo citato in un atto di pagamento di due quadri (di soggetto imprecisato) destinati alla "vigna" del cardinal Maurizio (villa della Regina). L'anno dopo effigiò sull'arco della cappella della Compagnia di S. Luca l'immagine del santo e nel 1656 fu incaricato di eseguire i ritratti del duca regnante e del defunto Francesco Giacinto per ornare il "nuovo gabinetto di S. A. R." in occasione della visita di Cristina di Svezia.
Negli anni immediatamente successivi (1658-1659) il C. attese alle decorazioni della cappella dell'Università dei maestri luganesi (poi S. Anna) nella chiesa torinese di S. Francesco d'Assisi, sostituite in seguito da altre di G. B. Borra. In tale periodo eseguì inoltre una Madonna fra santi e affreschi con Storie di s. Biagio (1658) nella prima cappella destra della chiesa della SS. Annunziata; una serie di Storie della Vergine "fuoridella cappella maggiore" nella chiesa della Madonna del Pilone, e, insieme con Giacomo, la decorazione interna della chiesa di S. Salvario (1659).
L'anno dopo - in un giro sempre più largo d'interessi e a contatto con l'équipe Dauphin, Caravoglia, Recchi - collaborò ai fregi di una sala del palazzo reale; così come con Giovanni Antonio e Giovanni Paolo Recchi attese alla decorazione della stanza delle Magnificenze nel castello del Valentino (probabilmente tra il 1662 e il '64 stando alle date di pagamenti). Negli anni seguenti, nuovamente in cooperazione con Giacomo, curò l'ornamentazione "ricca di rabeschi" della volta della chiesa di S. Cristina per incarico di Madama Reale.
Non confermate documentariamente, ma sostenute dal Rovere, sono le attribuzioni a Giovanni Andrea di vari fregi nella sala degli staffieri, in quella dei paggi e delle principesse in palazzo reale. Gli è inoltre ascritta, in duomo (sesta cappella destra), un'ancona coi SS. Cosma e Damiano e affreschi laterali con fatti della loro vita; e in S. Francesco da Paola, un affresco con l'effigie del santo. È provata una larga serie d'interventi alla Venaria reale quale frescante in società con Giacomo e a fianco dei Recchi.
Nel 1684 risulta già morto (Brentani, VII, p. 127).
Giovanni Battista, ingegnere, riceve un pagamento nel 1606 per lavori a Vercelli "in servitio di Sua Altezza".
Giovanni Battista, scultore, pittore, poeta, eseguì a Milano verso il 1630 le statue della Pietà e della Sapienza per il portale del seminario arcivescovile, in un complesso ideato e diretto da F. Richini. A Torino la sua attività è documentata a partire dal 1655, quando in data 29 settembre il Consiglio civico fu chiamato a pronunciarsi sul modello di un riquadro in stucco da apporre alla facciata della chiesa del Corpus Domini.
Quattro anni dopo, in un documento di pagamento, Giovanni Battista è definito "piccapietra" sottintendendo un'attività, piuttosto vasta: dall'esecuzione di stucchi e di elementi architettonici alla scultura vera e propria. Nel 1660 attese infatti alla balaustra in marmo dello scalone di palazzo reale ricevendo in compenso 600 lire; mentre il 27 ag. 1663 - in società con altri impresari - veniva accettata la sua offerta per la fornitura dei marmi ancora mancanti al commento della cappella della Sindone, inclusi quelli neri occorrenti per i monumenti ftmebri previsti sui pianerottoli (Carboneri).
Si tratta d'una operazione precedente all'arrivo del Guarini e al nuovo corso che l'opera avrà a subire sotto il suo impulso: l'attività del C. si esplica, in tale fase, nella fornitura e nell'approntamento dei particolari architettonici disegnati da B. Quadri sotto la sovrintendenza di Amedeo di Castellamonte.
Quasi contemporaneo, e cioè del 1664, è il pagamento per dieci statue in marmo bianco di Frabosa (la vena era stata da poco scoperta), abbozzate e date a rifinire a quattro altri scultori, per il "rondeau della fontana del bastion verde"; mentre al '65 risale un pagamento (ricevuto con M. Solaro e C. A. Aprile) per il sepolcro di Francesca di Valois, prima consorte di Carlo Emanuele II, destinato a una delle scalee della "cappella del SS. Sudario" (Schede Vesme, III, Torino 1968, p. 993).
Dalle notizie sopra riportate a quelle immediatamente successive, confermate da documenti, intercorrono dieci anni e non è dato sapere se in tale periodo Giovanni Battista fu assente da Torino o occupato prevalentemente per committenti privati. Pare ipotizzabile un soggiorno a Genova (Soprani-Ratti), dove attese nella chiesa di S. Domenico alla cappella dedicata al santo omonimo eseguendo angeli sopportanti l'architrave, puttini e bassorilievi coi miracoli del santo: e che tale complesso sia situabile a questo punto della sua carriera può provarlo la presenza di un discepolo che localmente ne proseguì i modi, di elegante e morbida pastosità (per una ipotesi alternativa, per questa fase, cfr. voce Alessandro Casella: p. 291). Nel 1666 era a Milano, se è lui il Giovanni Battista Casella che riceve un acconto per lavori di scultura ai capitelli "per la facciata nuova" (Annali della Fabbrica del duomo, V, Milano 1883, p. 287).
Il 18 apr. 1675 un "signor Casella" è menzionato a Torino, come creditore di un tale Bernardo Falcone (Schede Vesme, II, Torino 1966, p. 450). Se - cosa non certa - si trattasse di Giovanni Battista, sarebbe questa l'ultima notizia che lo riguarda.
Pietro, pittore, nel 1661 viene pagato per "i sei quadri del freggio dell'Anticamera del Palazzo Reale" di Torino.
Fonti e Bibl.: Per la famiglia, oltre alle notizie fornite dal Thieme-Becker (VI, pp. 108s.), sivedano gli Annali della Fabbr. del duomo, V, Milano 1883, pp. 251, 253, 277 s. (per un Gaspare del XVII sec.), e i dati raccolti dal Brentani (IV, pp. 298, 301 n. 2, 302 n. 5) per un Pietro del sec. XVI. Per i singoli artisti, di cui si è trattato nel testo, oltre alle voci in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, pp. 108-110, si vedano: Schede Vesme, I, Torino 1968, pp. 281-284; L. Brentani, Antichi maestri d'arte e di scuola delle terre ticinesi, II, Como 1938, p. III (per Giacomo e Giovanni Andrea); IV, ibid. 1941, pp. 104 s.; V, Lugano 1944, pp. IIS s., 126 (per Francesco); VII, ibid. 1963, pp. 127 (per Giacomo e Giovanni Andrea), 152-155, 187 s. (per Francesco); A. di Castellamonte, La Venaria Reale, Torino 1674, p. 65 s. (per Giacomo e Giovanni Andrea); R. Soprani-G. C. Ratti, Vite de' pittori, scultori ed architetti genovesi, II, Genova 1769, p. 331 (per Giovanni Battista); F. Bartoli, Notizia delle pitture... d'Italia, I, Venezia 1776, p. 92 (per Giacomo e Giovanni Andrea); C. Rovere, Il pal. reale di Torino, Torino 1856, passim (per Giovanni Andrea); L. Simona, Artisti della Svizzera ital. in Torino e Piemonte, Zurigo 1933, pp. 14, 23, 25-27, 40, 47, 51 (per Alessandro e Giacomo); A. M. Brizio, in IlCastello del Valentino, Torino 1949, pp. 266-276 passim (per Alessandro, con rifer. precedenti); L. Mallé, in Mostra del barocco piemontese (catal.), II, Torino 1963, pp. 4, 27 e tav. 4 (per Alessandro); G. M. Crepaldi, La real chiesa di S. Lorenzo a Torino, Torino 1963, p. 52 (per Alessandro); N. Carboneri, Vicenda delle cappelle della S. Sindone, in Boll. della Soc. Piemontese di archeologia e belle arti, XVIII (1964), p. 104 (per Giovanni Battista); A. Pedrini, Ville... in Piemonte, Torino 1965, pp. 44, 69 (per Giovanni Andrea); A. Griseri, Le metamorfosi del barocco, Torino 1967, ad Indicem (per Alessandro); L. Tamburini, Le chiese di Torino..., Torino 1968, ad Indicem;M. Bernardi, Tesori d'arte antica in Piemonte, Torino 1970, pp. 193, 195, 198, 214, 216 (per Alessandro), 138, 154, 560 (per Giacomo), 135, 154, 160, 210, 291, 653 (per Giovanni Andrea).