MARMORE, Cascata delle (A.T., 24-25-26 bis)
È il nome di una celebre cascata dell'Italia centrale, formata dal fiume Velino che si getta nel Nera (Tevere), precipitando da un gradino alto Complessivamente circa 160 m. Il nome, usato già nell'età classica, deriva dalle incrostazioni o concrezioni formate dalle acque stesse, ricchissime di sali calcarei; esse si possono osservare dappertutto sui fianchi della cascata stessa, e sono oggi note volgarmente col nome di pietraspugna. La cascata, nell'aspetto che poteva ammirarsi in tutta la sua imponenza fino a pochi anni fa, è artificiale.
Infatti, in epoca antica il Velino impaludava nella piana reatina, prima di deversarsi, per un'ampia soglia, nel Nera sottostante: si attribuisce al console Manio Curio Dentato lo scavo del canale, da lui detto cavo curiano (271 a. C.) per il quale le acque stagnanti del Velino furono incanalate sul percorso della cascata attuale, come è ricordato da una lapide apposta nel 1902 presso il cosiddetto Ponte Regolatore. Ma il cavo, soggetto a parziali ingombri, soprattutto per le incrostazioni, si rivelò insufficiente, specie nelle piene del Velino, spesso copiose e irruenti; da ciò infinite contese fra Reatini e Interamnati e tentativi, più volte rinnovati. nel sec. I a. C., nel sec. I d. C. e poi ancora più tardi, di creare un assetto stabile. Nel 1417, dopo un tentativo di approfondimento del cavo curiano, si scavò un nuovo canale (detto gregoriano perché compiuto sotto Gregorio XII), che pur esso si rivelò tuttavia insufficiente; nel 1547 Paolo IIl fece scavare (da Antonio da Sangallo il Giovane) un altro canale (paolino), ma alla fine del secolo una commissione di competenti si pronunciò in favore dell'approfondimento dell'antico cavo curiano, lavoro eseguito sotto la direzione di Domenico Fontana, cui si deve anche il su ricordato Ponte Regolatore, costruito col proposito di limitare il deflusso del Velino nelle piene. Ciò peraltro non riuscì; e poiché le piene del fiume erano particolarmente dannose agli abitanti della Valnerina, Pio VI fece deviare diagonalmente una parte delle acque, mediante il cosiddetto taglio diagonale di Pio VI, eseguito dall'architetto Andrea Vici. La portata media del Velino sulla cascata ammontava, secondo recenti calcoli, a 60 mc. al secondo e arrivava a 285 nelle piene. Lo spettacolo delle acque precipitanti, in tre rami, dall'altezza di 160 m. con tre salti successívi, era grandioso; esso ispirò scrittori e poeti, come Byron.
L'utilizzazione delle acque per sviluppare energia idroelettrica. iniziatasi negli ultimi decennî del secolo XIX, diminuì a poco a poco l'imponenza dello spettacolo naturale; l'acqua venne infatti incanalata a monte in numerose tubature e per conseguenza si ridusse progressivamente il volume delle acque cadenti; anche lo scenario formato dalla vegetazione arborea fu compromesso dalle costruzioni eseguite a scopo industriale. Dopo la guerra mondiale, una grandiosa opera consistente nello scavo di un nuovo letto per il Velino, a monte della cascata, e nella deviazione delle acque attraverso un cunicolo sotterraneo per utilizzarle interamente a scopo industriale, minacciava di determinare la scomparsa della cascata; ma si sono fatti successivi lavori per condurre al ripristino dell'imponente spettacolo naturale (v. nera; terni; Umbria).
Bibl.: G. Riccardi, Ricerche istor. e fisiche sulla caduta delle Marmore ecc., Roma 1825; G. Pennesi, La casc. delle Marmore, in Riv. geogr. ital., 1894.