CASATI, Gabrio, conte
Uomo politico, nato a Milano il 2 agosto 1798, morto ivi il 13 novembre 1873. Consacratosi dapprima allo studio delle scienze esatte, fu per qualche tempo vicedirettore del liceo di S. Alessandro in Milano. Nominato nel 1837 podestà di Milano, dapprima tentò d'introdurre riforme d'accordo con l'Austria, ma dal 1847 mirò invece al Piemonte. Il C. fu promotore delle grandi feste al nuovo arcivescovo monsignor Romilli, e prese coraggiosamente le parti del popolo nei conflitti con la polizia e con le truppe austriache nel gennaio del 1848, cercando perfino di esumare un'antica ordinanza che vietava di fumare per le vie. Il C. si valse pure della presenza in Milano del conte di Ficquelmont, rappresentante del principe di Metternich, per contrapporlo al Radetzky, a quel modo che il 17 marzo esercitò una forte pressione sul capo del governo, conte O'Donnel, tanto che questi non lasciò mano libera all'azione repressiva del comando militare, e autorizzò l'arruolamento della Guardia nazionale. Pertanto fu possibile al C. assumere nei primi giorni dell'insurrezione milanese il reggimento della città con apparenza legale. Chiamato a presiedere il governo provvisorio, subito si adoperò per favorire l'unione della Lombardia al Piemonte, programma dal quale sostanzialmente non si dipartì, anche se per amore di concordia consentì poi a ritardare la votazione popolare. In conseguenza del decreto di fusione, il governo provvisorio doveva tramutarsi in consulta lombarda; ma frattanto il C. fu chiamato a partecipare alla costituzione del nuovo ministero dopo le dimissioni di quello presieduto dal Balbo. Egli dovette accettare la presidenza del ministero alla vigilia della sconfitta di Custoza, ma non poté mantenerla dopo l'armistizio Salasco. Il 7 agosto il C. si era infatti recato col Gioberti a Vigevano per chiedere al re di continuare la guerra, e Carlo Alberto, malgrado l'intimo suo desiderio di accogliere quel voto, aveva invece meglio valutato la gravità della situazione, commettendo al Revel la conclusione dell'armistizio. Il C. imputava ai retrivi piemontesi anche le tristi conseguenze degli errori del governo provvisorio, e a stento si tratteneva dal coinvolgere, ingiustamente, il re nelle sue recriminazioni. Pertanto il 15 agosto si ritirò dalla presidenza del consiglio dei ministri che fu assunta dal Revel, organizzando a Torino una consulta fra gli esuli lombardi; e per timore della conclusione della pace si unì col Gioberti nel combattere il nuovo ministero, di cui il Revel aveva ceduto la presidenza al marchese Cesare Alfieri. L'esito infelice della guerra, ripresa nell'inverno del 1849, indusse il C. a rinunciare per il momento a ogni agitazione. Nominato senatore nel 1853, il C. fu assiduo sostenitore del programma liberale moderato e della politica cavouriana. Allo scoppio della guerra del 1859, sebbene avesse varcato la sessantina, volle prestar servizio come infermiere, e a Desenzano fu raggiunto dalla nomina a ministro dell'istruzione nel gabinetto Lamarmora. I sei mesi in cui il C. resse quel dicastero (18 luglio 1859-21 gennaio 1860) furono contrassegnati in particolar modo dall'elaborazione della legge che porta il suo nome e che disciplinò per mezzo secolo l'insegnamento nel nuovo regno. Non appena ebbe abbandonato il ministero, il C. fu eletto vice-presidente del senato, che fu poi chiamato a presiedere dal 1865 al 1872.
Bibl.: L. Torelli, Ricordi intorno alle Cinque giornate, Milano 1876; C. Casati, Nuove rivelazioni sui fatti di Milano nel 1847-48, Milano 1885; Carteggio Casati-Castagneto, a cura di V. Ferrari, Milano 1909; F. Quintavalle, La conciliazione fra l'Italia e il Papato nelle lettere del padre Tosti e del senatore Gabrio Casati, Milano 1907.