CASAMARI
. Sulla strada provinciale Sora-Frosinone, nel comune di Veroli, là dove fu l'antica Cereatae Marianae, patria di Caio Mario, si eleva la monumentale abbazia di Casamari. La sua origine risale agli albori del sec. XI, quando quattro o cinque sacerdoti verolani ivi ritiratisi e postisi (1095) sotto la regola benedettina, cominciarono a costruire la basilica e gli edifici che la circondano. Attraverso i secoli essa attrasse le cure dei Pontefici romani e di principi, e, ascesa al livello delle grandi abbazie italiane, ebbe un ricco patrimonio, con dipendenze in Calabria, in Sicilia e altrove. L'abbazia passò ai cisterciensi (1151), poi ai trappisti (1717); dal 1864 è a capo di una congregazione cisterciense. In ogni tempo i monaci si resero benemeriti per la carità spiegata a vantaggio delle popolazioni circostanti e dei pellegrim, con l'ingrandimento degli edifici, con la fondazione d'un ospedale, d'una farmacia e, per ultimo, d'un osservatorio meteorologico e sismico e d'un piccolo museo di antichità.
Alle vicende politiche dei tempi, Casamari restò quasi sempre estranea; nondimeno, posta quasi sui confini dell'antico stato pontificio e del regno di Napoli, ebbe varie volte a risentire delle vicissitudini dell'uno o dell'altro paese. L'ora più grave per Casamari fu quando i Francesi l'assaltarono nel maggio del 1799, e vi massacrarono sei religioso dispersero i loro confratelli e rubarono quanto poterono dal pio luogo.
Né sempre liete furono le vicende interne di essa: a un periodo di splendore, che va dai tempi di Eugenio III e di Onorio III, il quale il 15 settembre 1217 consacrava solennemente la basilica, sino al pontificato di Martino V, seguì un'epoca di profonda decadenza, quando Casamari, trasformata in commenda, divenne appannaggio di cardinali, fra i quali si ricordano i card. Della Rovere e Barberini. Ma i loro amministratori, quasi sempre persone avide e senza scrupoli, fecero man bassa sui beni abbaziali, e spesso tolsero ai monaci anche il necessario. Fu Pio IX che nel 1850, dopo cinque secoli, abolì l'odiosa servitù e richiamò a nuova vita l'antico cenobio.
Bibl.: F. Rondinini, Monast. S. M. et Ss. Joannis et Pauli de Casaemario, Roma 1707; L. Janauschek, Origines cistercensium, Vienna 1877, p. 37 e passim; P. Lugano, La badia cistercense di Casamari e i martiri del 1799, in Riv. storica benedett., I (1906); di M. Cassoni, Casamari e l'antico Cereate Mariano, Veroli 1918.
Arte. - La monumentale abbazia cisterciense è, come quella di Fossanova, nella storia dell'architettura un caposaldo stilistico dell'arrivo nel Lazio delle forme gotiche borgognone ai primi del Duecento. La pianta d'insieme è ancora una delle più complete del genere, e risponde a tutti i dettami della regola. Una cinta circonda gli edifici i quali hanno all'incirca la stessa disposizione di quelli componenti l'abbazia di Fossanova e la stessa destinazione. Il chiostro quadrato circondato da portici era il centro della vita monastica; e sui lati vi si sviluppano la chiesa, la sacrestia, l'aula capitolare, il refettorio e locali di servizio. Il fabbricato riservato ai conversi ha un ampio cortile speciale. Il dormitorio comune dei monaci è al disopra del capitolo e del Tesoro. Da un altro lato del chiostro vi sono vasti magazzini a pian terreno e di sopra dormitorî. Edifici distaccati, ma compresi nella stessa cinta, sono la portineria, le due foresterie e l'infermeria del tutto isolata. La chiesa di Casamari, consacrata da Onorio III (v. sopra), mantiene la forma tipica col suo pronao e l'aula divisa in tre navate che s'incrociano con un vasto transetto diviso in due navate trasversali. In corrispondenza della navata centrale è il coro rettangolare e ai lati le quattro cappelle per i monaci. (V. tavv. LXXXIII e LXXXIV).
Bibl.: L. De Persiis, La badia o trappa di Casamari ecc., Roma 1878; C. Ensart, Origines françaises de l'architecture gothique en Italie, Parigi 1894; A. Muñoz, Monumenti di architettura gotica nel Lazio, Roma 1911; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, I, Torino 1927.