CASALI, Uguccio (Uguccione), detto il Vecchio
Discendeva da una famiglia feudale della montagna cortonese, signora di terre dominanti i passi dello spartiacque tra l'alta Valtiberina e la Valdichiana, e precisamente di Casale (località dalla quale, con ogni probabilità, trasse il nome la famiglia dei futuri signori di Cortona), Castel Giudeo e Castel Gherardo.
Essa già fino dai primi del Duecento risulta in contatto con i pffi potenti feudatari del Cortonese, i marchesi del Monte di Santa Maria, e come loro era già stata costretta o comunque indotta a tener casa d'abitazione in città. Nelle contese fra milites e pedites, vive in Cortona come altrove, i Casali avevano assunto una posizione moderata, scegliendo il ruolo dei mantenitori dell'equilibrio. Così nel 1217, un "Rainerus de Casale" compare quale arbitro in un lodo relativo alla controversia tra i marchesi del Colle e il Comune cortonese.
Il C. era probabilmente figlio di quel Ranieri attestato nel lodo del 1217. Senza dubbio era già uno dei più ragguardevoli cittadini quando - nella notte fra il 1° e il 2 febbr. 1258 - gli Aretini penetrarono in Cortona e, aiutati dai fuorusciti guelfi, si dettero al saccheggio e all'incendio. Dietro a loro stava la volontà del vescovo d'Arezzo Guglielmino degli Ubertini che vantava su Cortona diritti di signoria e che, pur non avendo personalmente partecipato all'impresa, si recò subito nella città conquistata e cedette agli Aretini il poggio della rocca. Di conseguenza molti tra i nobili ghibellini e i popolani più in vista furono banditi dalla città, e tra essi anche il Casali.
Gli esuli si stanziarono a Castiglion Chiusino (ora del Lago), protetti da Perugia che locò loro con formale contratto le terre del Ghiugi. Che il C. sia divenuto la guida degli estrinseci cortonesi pare fuori dubbio anche se è certamente da ascrivere a posteriori leggende encomiastiche il suo viaggio alla corte di Manfredi e il comportamento eroico da lui tenuto durante la battaglia di Montaperti.
Con la grande vittoria ghibellina del 4 sett. 1260 maturarono le condizioni per il ritorno in patria degli esuli cortonesi, tanto più che intanto il vescovo Ubertini aveva decisamente cambiato linea politica. Durante un incontro con lui avvenuto alla Badia del Pino il 20apr. 1261, il C., deputato con tre concittadini a rappresentare gli esuli di Cortona, propose un accordo sulla base del riconoscimento dei diritti della chiesa di S. Donato su Cortona, chiedendo però l'immediato ritiro del presidio aretino insediato nel cassero alla sommità di Cortona. Raggiunta l'intesa, il 25 apr. 1261 i fuorusciti poterono rientrare in città. In questo loro successo è facile scorgere il contraccolpo almeno indiretto della vittoria ghibellina di Montaperti.
Il loro ritorno non segnò tuttavia l'incontestato trionfo della parte ghibellina: esso appare piuttosto come il risultato di una delicata operazione mediatrice, arbitro della quale fu Guglielmino degli Ubertini. Da un lato il giorno del rientro, il 25 apr. 1261, divenne la principale festa cittadina, e s. Marco da allora fu venerato quale patrono di Cortona. Ma nel nuovo Consiglio di credenza composto da 24 membri, prendevano posto anche alcuni di quei guelfi che, esuli in Arezzo prima del 1258, erano rientrati nella loro città al seguito degli Aretini.
Il C. dunque non conseguì neanche dopo il 1261 quella preminenza in Cortona che una posteriore cronistica, di tipo encomiastico, volle attribuirgli. Pare piuttosto che egli riuscisse a divenire l'uomo di fiducia del vescovo Guglielmino. Di ciò è testimone non tanto l'atto di omaggio feudale prestato dal C. il 15 luglio 1262 al vescovo per un castello del vescovato, in quanto già i suoi antenati avevano fatto lo stesso con i predecessori dell'Ubertini, quanto il fatto che nel 1265 il vescovo. secondo i patti del 1261 che gli consentivano di nominare il podestà di Cortona, facesse cadere la scelta proprio sul Casali. Indicativa per i nuovi rapporti instauratisi con il vescovo appare anche la circostanza che il C. impose a suo figlio ed erede il nome di Guglielmino.
Tuttavia la fama di Cortona rimase anche in seguito quella di un nido di ghibellini. Essa era soprattutto dovuta, dopo il 1270, alla presenza di un forte nucleo di esuli senesi, tra cui il banchiere Orlando Bonsignon e lo stesso Bindo figlio di Provenzan Salvani. Questo gruppo si governava con propri magistrati e svolgeva una propria politica d'accordo con gli altri nuclei di ghibellini esuli da Siena rifugiati in Poggibonsi, Arezzo, Pisa. La loro turbolenza contribuì a determinare la ripresa delle lotte. I Fiorentini condussero operazioni militati nel Valdarno superiore e in territorio aretino mentre il sire di Curban, maresciallo del re di Napoli in Toscana, assediava Cortona per stanarvi i pericolosi esuli, che alla fine - nel 1273 - ne furono in effetti cacciati. Fu quello, per i Cortonesi come un po' per tutti i Toscani, un periodo difficile: carestie, flessione demografica, nuove contese con il vescovo Guglielmino che lanciò addirittura contro la città un interdetto che solo il 25 luglio 1277 accettò di revocare. L'origine della nuova tensione va cercata forse nelle eccessive pretese dell'Ubertini quale signore eminente della città, ma certo anche in una più dura ripresa delle lotte interne, cui gli esuli senesi con il loro dinamismo dovevano aver contribuito non poco. È assai probabile che anche in queste lotte il C. abbia continuato a giocare il ruolo di alleato e fiduciario del vescovo d'Arezzo. La notizia secondo cui s. Margherita avrebbe promesso al C. che Cortona non sarebbe mai stata signoreggiata da forestieri potrebbe rinviare a un momento di tensione tale che si dovette temere davvero un colpo di mano dei ghibellini senesi; ma potrebbe anche, al contrario, alludere polemicamente proprio al vescovo.
Frattanto, accanto allo scontro politico all'interno del ceto magnatizio si andava sempre più chiaramente profilando - con il crescere del populus - lo scontro sociale. Fu appunto in questo periodo che i consoli delle società e i rettori delle arti cominciarono a partecipare alle deliberazioni comunali; e talune famiglie "grandi" dovettero accostarsi sempre più ai popolani. Così si spiega forse che il C. nel gennaio del 1278 figuri come "priore dei consoli e delle Arti del Popolo del Comune di Cortona". Ed è altresì molto significativo che egli appaia investito di tali funzioni proprio pochi mesi dopo la rinnovata pacificazione tra il vescovo di Arezzo e i Cortonesi: con ogni verosimiglianza la delicatezza del momento e la necessità d'una rinnovata reciproca fiducia avevano reso utili ancora una volta i buoni uffici di colui che sin dal 1261 era l'amico più fido dell'Ubertini.
Che i Cortonesi e in particolare il C. rimanessero fedeli alla parte ghibellina nonostante i rovesci da essa subiti, risultievidente dalle tappe ulteriori della sua carriera. Lo troviamo nel 1280 comandante, quale podestà d'Arezzo, l'esercito che dopo 22 giorni d'assedio entrò in Borgo San Sepolcro. Certo doveva essere uno dei personaggi su cui poggiavano le speranze di Giovanni di Châlon-Arlay, vicario di Adolfo di Nassau, il quale, venendo in Toscana nel luglio del 1295 contava di utilizzare Aretini e Cortonesi contro Firenze. Troviamo ancora il C. capitano del popolo a Pisa tra il novembre 1298 e l'ottobre 1299. Ormai la sua fama e popolarità in Cortona dovevano essere in effetti molto vaste, e non è dunque inverosimile la notizia secondo la quale si sarebbe provveduto ad onorarlo con una statua marinorea collocata all'entrata della chiesa di S. Basilio, divenuta più tardi il santuario di S. Margherita.
Il C. appare altresì inserito nel ricco mondo spirituale cortonese. Di lui parla con rispetto l'anonimo autore della Leggenda del beato Guido, le reliquie del quale furono in parte trafugate nel 1258 per sottrarle al saccheggio aretino. E a lui sembra accennare anche il biografo di s. Margherita, quando parla del "largus dominus" il quale avrebbe aiutato la santa a fondare quello che più tardi sarebbe stato lo Spedale di S. Maria della Misericordia.
L'anno della morte del C. è ignoto, anche se pare che egli fosse ancora vivo nel 1308, e morto invece nel 1316. Ne conosciamo invece, forse, il mese e il giorno (18 agosto), segnati su un messale duecentesco appartenuto a quel che pare alla chiesa di S. Andrea, parrocchia dei Casali. Ma la notizia si potrebbe anche riferire ad un'altra persona data la frequenza con la quale il nome Uguccio ricorre nell'onomastica familiare.
Si ignora il nome della moglie del C., madre del figlio Guglielmino. Un altro figlio, di cui però non abbiamo altre notizie, potrebbe essere quel Gregorio "filius domini Ugucii de Casale" ricordato nel sopramenzionato messale.
Fonti e Bibl.:Arch. di Stato di Firenze, Diplomatico. Riformagioni, 1258, 6 febbraio a nativitate;Cortona, Bibl. com., ms. 124 (cod. Misc. non ord.): Registro vecchio del Comune di Cortona:Ibid., cod. cart. 534: R. Baldelli, Memoria, e descrizzione dell'origine, antichità e nobiltà della città di Cortona (ms. copiato da G. Orselli), cc. 21v, 31r; Ibid., cod. cart. 540 (misc. non ordinata): F. Alticozzi, Storia della fam. Casali;Ibid., cod. cart. 551: P. Venuti, Diplomatica, cc. 4 ss.; Ibid., cod. cart. 581: Leggenda del beato Guido di Cortona ad uso di me Lodovico Coltellini e de' miei buoni amici;Ibid., cod. cart. 599: Miscellanea di documenti cortonesi ed altre carte, cc. 45 ss.; Ibid., cod. cart. 760: Libro rosso o libro vecchio, cc. 12, 15, 32, 73, 83, 89-93, 131, 133; Firenze, Bibl. Marucelliana, ms. C.380, II: F. Angellieri Alticozzi, I sette principi, o signori della città di Cortona della famiglia de' Casali dall'anno MCCCXXV fino all'anno MCCCCIX. Dissertaz. istor., cc. n. n.; Cronache cortonesi di Boncitolo e d'altri cronisti, a cura di G. Mancini, Cortona 1896, pp. 1-7; Annales Arretinorum minores, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXIV, 1, a cura di A. Bini-G. Grazzini, pp. 7-9; Brevi annali della città di Perugia dal 1194 al 1352, a cura di A. Fabretti, in Archivio storico italiano, t. XVI (1850), 1, p. 56; G. Bevignati, Antica leggenda della vita e de' miracoli di s. Margherita da Cortona, Lucca 1793, pp. 28, 70, 338, e Dissertazione IV, pp. 59-61, 77, 82 ss.; G. Mancini, Imanoscritti della libreria del Comune e dell'Accad. Etrusca, Cortona 1884, pp. 7-9; Id., Cortona nel Medio Evo, Firenze 1897, pp. 62, 64, 66-68, 73 s., 93; G. B. Del Corto, Storia della Val di Chiana, Firenze 1898, p. 65; C. Lazzeri, Guglielmino Ubertini vescovo di Arezzo (1248-1289) e i suoi tempi, Firenze 1920, pp. 114-38; B. Frescucci, Il castello di Pierle, Cortona, pp. 12 s., 18-23. Per il quadro storico generale si cfr. principalmente R. Davidsohn, Storia di Firenze, II, Firenze 1956, pp. 368, 504, 640, 713; III, ibid. 1957, pp. 84, 104, 116, 741; VI, ibid. 1965, pp. 161, 242; F. Cardini, Una signoria cittadina "minore" in Toscana: i Casali di Cortona, in Arch. stor. ital., CXXXI (1973), pp. 241-55.