Cartesio
Cartesio nome umanistico italianizzato di René Descartes (La Haye, Touraine, 1596 - Stoccolma 1650) filosofo e matematico francese. Di famiglia appartenente alla piccola nobiltà, compì regolari studi letterari e filosofici nel rinomato collegio gesuitico di La Flèche. Negli anni 1612-16 soggiornò a Poitiers per seguire i corsi di giurisprudenza e conseguire la licenza in diritto canonico e civile. Dopo un soggiorno a Parigi, con il 1618 ebbe inizio per Cartesio un periodo inquieto di viaggi nell’Europa insanguinata dalla guerra dei trent’anni. Si trasferì a Breda (Olanda) per arruolarsi, come volontario, nell’esercito protestante di Maurizio di Nassau (principe di Orange); nel 1619 attraversò la Danimarca e la Germania, e presenziò a Francoforte all’incoronazione dell’imperatore Ferdinando ii; si arruolò infine nell’esercito cattolico del duca di Baviera, partecipando alla fase boema e ungherese della guerra dei trent’anni. Durante un soggiorno invernale nei pressi di Ulm (Palatinato), precisamente nella notte del 10 novembre 1619, in una profonda crisi mistico-scientifica, fra entusiasmi esaltanti e sogni rivelatori, ebbe le prime intuizioni di una nuova logica (l’inventum mirabile), capace di fondare una scienza universale. Si trattava, però, di una intuizione ancora embrionale, che aveva bisogno di una lenta e spontanea maturazione per iniziare e portare a termine il progetto di un radicale rinnovamento delle scienze. Dal 1623 intraprese una serie di viaggi attraverso la Germania, la Svezia, i Paesi Bassi, la Svizzera e anche l’Italia, dove soggiornò a Venezia, Firenze e Roma. Nel 1625 fece ritorno in Francia ed ebbe modo di stringere amicizia con padre M. Mersenne, frate dell’ordine dei minimi e tra le figure di maggior spicco della cultura europea seicentesca. Dopo aver partecipato all’assedio della fortezza ugonotta di La Rochelle, lasciò la carriera delle armi per dedicarsi completamente agli studi. Nel 1629 si trasferì nei Paesi Bassi dove attese alla composizione e alla pubblicazione delle sue opere. Un primo scritto, di metodologia scientifica, composto intorno al 1628 e avente per titolo Regulae ad directionem ingenii (Regole per la guida dell’intelligenza) rimase incompleto e venne pubblicato postumo. Subito dopo pose mano a un ampio trattato di fisica, Le monde (Il mondo o Trattato sulla luce); ma neppure questa opera, che nel 1633 era pronta per le stampe, venne da lui pubblicata, probabilmente per il timore, dopo la condanna da parte della chiesa delle teorie copernicane, di essere accusato di eresia. Quattro anni dopo, cedendo alle insistenti pressioni degli amici, si decise a dare alle stampe tre saggi scientifici, La géométrie, La dioptrique e Les météores (Geometria, Diottrica, Meteore), inserendoli nella famosa opera Discours de la méthode pour bien conduire sa raison et chercher la vérité dans les sciences (Discorso sul metodo per ben condurre la propria ragione e cercare la verità nelle scienze), che venne pubblicata a Leida nel 1637. Seguì per il grande filosofo un periodo d’intensa attività, sia per la pubblicazione di altre opere, sia per le polemiche che dovette sostenere con critici e avversari. Il sistema filosofico, contenuto in embrione nel Discours de la méthode, venne ampiamente svolto nelle Meditationes de prima philosophia (Meditazioni metafisiche), pubblicate prima in latino nel 1641, e poi in una versione francese riveduta dall’autore nel 1647, con un’ampia appendice, formata dalle Obiezioni di Kater, di padre Mersenne, di Hobbes, di Arnauld, di Gassendi e di padre Bourdin, e dalle relative Risposte dell’autore. Successivamente furono pubblicati (nel 1644 in latino, nel 1647 nella traduzione francese) i Principia philosophiae, dedicati alla fisica e in particolare alle leggi del moto e alla teoria dei vortici, e più in generale alle teorie di Cartesio sul mondo naturale. L’ultima opera, Les passions de l’âme (Le passioni dell’anima), composta nel 1646 e pubblicata ad Amsterdam nel 1649, fu scritta originariamente in francese per la principessa Elisabetta, figlia di Federico v (elettore palatino), con la quale il filosofo francese ebbe una vivace corrispondenza. In questo stesso anno, Cartesio accettò l’invito della regina Cristina di Svezia e si recò a Stoccolma; ma i rigori del clima nordico e il cambiamento dello stile di vita gli furono fatali: in breve tempo si ammalò di polmonite e morì.
Nella Geometria, l’unico libro di argomento matematico da lui scritto, Cartesio espose le sue idee sull’algebra e sulla geometria analitica, il nuovo ramo della matematica da lui fondato contemporaneamente a P. de Fermat che, consentendo la riduzione dei problemi geometrici a equazioni algebriche, comportava una notevole generalizzazione e semplificazione dei problemi. L’opera, divisa in tre libri, propone un approccio epistemologico diverso rispetto ai precedenti trattati di geometria dovuto al fatto che, al pari della geometria sintetica di derivazione euclidea, anche l’algebra aveva nel frattempo assunto una indiscutibile dignità scientifica. Mentre nelle costruzioni degli algebristi del Cinquecento la risoluzione di un’equazione algebrica passava attraverso la costruzione di un modello geometrico sintetico dell’uguaglianza alla base dell’equazione stessa (dall’algebra alla geometria), Cartesio considerava una equazione come il modello algebrico di un problema geometrico (dalla geometria all’algebra). Attraverso la geometria analitica, ovvero l’introduzione della nuova algebra simbolica nella geometria, la matematica moderna si liberava dal modello degli antichi e al metodo tradizionale della costruibilità geometrica degli enti matematici sostituiva quello, più agile e fecondo, della loro rappresentabilità analitica. Anche nello studio dei luoghi geometrici e nella costruzione delle curve, Cartesio propose un nuovo punto di vista ritenendo ingiustificato l’attributo di «meccaniche» assegnato ad alcune curve particolari, come la spirale e la quadratrice, che le discriminava rispetto a quelle considerate prettamente geometriche, generate con il solo uso della riga e del compasso o di sezioni. Oltre alla cosiddetta regola di Cartesio che lega i segni delle radici reali di un’equazione alle permanenze e alle variazioni dei segni dei coefficienti (→ Cartesio, regola di), le novità che Cartesio introdusse in algebra consistono in un uso sistematico delle sostituzioni, nell’uguagliare a zero i termini dell’equazione posti tutti in un unico membro e nella ideazione di un simbolismo efficiente, quale per esempio gli indici a esponente per indicare le potenze, che permetteva di sintetizzare i passaggi algebrici e proseguire naturalmente nell’estensione dei gradi delle equazioni.