CARTELLA o cartoccio (fr. e ingl. cartouche; sp. cartela; ted. Kartusche)
Tabella ornata o no nel contorno, usata per iscrizioni, e anche per semplice ornato in tutte le arti. In forma semplice, per lo più rettangolare e ansata, è frequente nei sarcofagi cristiani dei secoli IV e V, nelle croci, nei mosaici del principio del Medioevo. Abbandonata dall'architettura medievale, fu quasi tralasciata anche dalla pittura e dalla scultura che, invece, amarono tanto l'uso dei cartigli, o rotoli spiegati, tenuti dal Redentore o da altre figure, con iscrizioni e sentenze. La forma del cartiglio, naturalmente connessa alla tendenza generale delle opere, variò nel tempo, dalla più semplice nell'arte paleocristiana e romanica fino alla più complessa, nastriforme, dell'età gotica e del Rinascimento. Ma in questo riprese l'uso della primitiva forma di cartella. L'uso della cartella non era stato mai del tutto tralasciato e rifiorì col ritornare di tanti altri motivi classici. Numerosissimi esempî se ne trovano non soltanto nella scultura, specialmente nei monumenti funebri, ma nell'architettura, e fin dal Quattrocento, dapprima in forme piane e geometriche, che si trasformano in curvilinee e rattorte man mano che ci si avvicina al Barocco coi suoi caratteristici cartocci. Cartelle vere e proprie per contenere iscrizioni sono sulla facciata del Banco di S. Spirito a Roma (1530 circa), in una finestra del palazzo Albergati a Bologna (1519), e anche in funzione puramente ornamentale inquadrate da rilievi, ecc. (palazzetto della provincia di Lucca dell'Ammannati, 1583, ecc.). La cartella, man mano che le forme architettoniche delle costruzioni si arricchiscono e si sviluppano, ha una maggiore diffusione e serve anche a contenere bassorilievi (porta centrale della facciata del duomo di Milano, 1567; Cappella paolina di S. Maria Maggiore a Roma, ecc.).
Più spesso servì come ornamento architettonico puro, specialmente nel Barocco. Posta abitualmente nelle facciate delle chiese, sormonta l'apertura della porta, ed è inframezzata fra la cornice che delimita il vano dell'apertura medesima, e il fastigio superiore (chiesa dei Ss. Domenico e Sisto di Vincenzo della Greca a Roma, 1623, ecc.). Durante il 1600 e il 1700 fu usata per interrompere la febbrilità e il movimento delle linee e delle masse, con uno spazio di sosta e di riposo (altare maggiore di S. Maria del Popolo a Roma, Villa d'Este a Cernobbio, Casino di Livia a Firenze, ecc.). Nello stesso tempo anche la pittura si era scapricciata in modo analogo nell'uso delle cartelle, da quelle, semplicissime, di Michelangelo alle complicate dei manieristi (Galleria delle carte geografiche in Vaticano) e dei barocchi. E disegnatori e incisori ne avevano moltiplicato i modelli. Tramontati il Barocco e le fiorite eleganze del '700, l'uso della cartella e del cartiglio architettonici si esaurì, o permase, ma con valore artistico secondario, per designare lo scopo cui l'edificio era destinato o per raccogliere un motto, e tornò alle piane linee geometriche. (V. tavv. LXIX e LXX).
Bibl.: A. Berty, Dict. d'architecture, Parigi 1845, p. 68; Diz. tecnico dell'arch. e dell'ing., II, Firenze 1884, p. 229 segg.; G. Ravazzini, Diz. d'architettura, Milano s. a., pp. 40 e 50; G. Mazzanti, Akanthos, Livorno 1928, I, p. 107; H. Leclercq, in Dict. d'arch. chrét. et de liturgie, II, p. 2330.