carte geografiche
. D. non dichiara esplicitamente di avere consultato c. geografiche regionali o generali, sebbene dimostri specifica diligenza nello studio della sfera terrestre (palla, in Cv III V 10 ss.) e della sfera celeste. Egli inoltre ha posto particolare cura nel rendersi conto delle ubicazioni assolute e reciproche di numerose località della superficie terrestre, secondo quanto scrive in VE I VI 3 ratiocinantesque in nobis situationes varias mundi locorum.
È però evidente che D. ha consultato c. geografiche per dare senso e contenuto ad alcune espressioni che non sembrano di derivazione semplicemente letteraria. Le più significative si ricavano dalla Commedia; nell'episodio del Veglio di Creta egli dice che tien volte le spalle inver' Dammiata / e Roma guarda come süo speglio (If XIV 104-105).
L'indicazione di una retta che passa per tre punti (Damietta, Creta, Roma) è desunta con evidenza da una c. geografica, ché altrimenti il contesto sarebbe stato più generico. Può essere invece desunto da informazione letteraria il concetto del verso Tra l'isola di Cipri e di Maiolica (If XXVIII 82) per designare il Mediterraneo. Tuttavia la posizione contrapposta delle due isole nei settori estremi del Mediterraneo denunzia favorevolmente una fonte cartografica.
È facilmente intuibile che il sole, rispetto a un osservatore situato nella città di Roma, tramonti sul Tirreno, verso le isole di Sardegna e di Corsica. Ma quando D. puntualizza spazialmente (e cronologicamente) quel tramonto come verificantesi tra Sardegna e Corsica, possiamo ritenere la nozione ricavata da una c. geografica: e correa contra 'l ciel per quelle strade / che 'l sole infiamma allor che quel da Roma / tra ' Sardi e ' Corsi il vede quando cade (Pg XVIII 79-81).
Va richiamata l'attenzione sull'uso di vede, che concretizza una visualizzazione, che diventa rispondente al discorso soltanto su una c. geografica. E questo vede riconduce a una lezione rara, ma documentata in taluni codici e non ingiustificata, del verso di Pd IX 92 Buggea se vede e la terra ond'io fui. È Folco da Marsiglia, poeta e vescovo, che localizza la sua città nativa con un'erudita e larga descrizione geocartografica che inizia addirittura dall'Oceano, per localizzarsi nel Mediterraneo e finalmente a Marsiglia: Ad un occaso quasi e ad un orto / Buggea siede e la terra ond'io fui (IX 91-92). Si tratta certamente di un'esposizione di cognizioni cosmografiche non di comune acquisizione e desunte verosimilmente da c. geografiche.
Da c. regionali più particolareggiate, e talvolta non senza un'opportuna suggestione, derivante da conoscenze personali, sembrano ricavate alcune descrizioni di paesi, come quella ad ampio respiro sull'area del lago di Garda e sulla zona del Mincio sino al Po (If XX 61-81). Anche i brevi e stringati riferimenti possono includersi in un tipo di consultazione cartografica peculiarmente regionalistica o corografica, come ad esempio in If XXVIII 74-75 lo dolce piano / che da Vercelli a Marcabò dichina. Si noti il toponimo di Marcabò noto solo dal Medioevo. Ma quando D. cita alcune località con il nome medievale per esigenza storica o letteraria, evidentemente la cartografia non può essere chiamata in causa. Per questo una frase del tipo per che 'l regno di Praga fia diserto (Pd XIX 117) non ha un riferimento cartografico; riferimento accettabile nelle sue componenti toponomastiche e corografiche quando D. scrive (Pg VII 98-99): L'altro... / resse la terra dove l'acqua nasce / che Molta in Albia, e Albia in mar ne porta.
Escludendo le c. regionali o corografiche di cui non conosciamo alcun esemplare del tempo, possiamo affermare che le c. geografiche generali al tempo di D. erano di tre tipi: c. di tutta la terra emersa o ecumene, rappresentata in genere (non esclusivamente) entro una circonferenza, avente al suo centro la città di Gerusalemme. Nel perimetro circolare veniva indicato l'Oceano con varie isole; c. redatte su un reticolato di meridiani e di paralleli e basate sulle coordinate geografiche (longitudine e latitudine); c. nautiche, dette pure portolaniche, basate sulle coordinate polari (distanza e direzione rispetto all'osservatore).
Questi tre tipi furono conosciuti direttamente da D. che, se pur non lo afferma direttamente, ci dà considerazioni e descrizioni che comportano necessariamente una visione cartografica e rivelano il tipo di c. utilizzata.
Il primo tipo ornava spesso i codici di storici classici e medievali, come quelli di Paolo Orosio (scrittore citato anche come autorità in fatto di geografia, in Mn II III 13). Ecumeni circolari molto vistosi - che possono render bene l'idea del tipo di c. consultate da D. - sono giunti sino a noi. Possiamo innanzi tutto ricordare l'ecumene circolare di Ebstorf (circa 1235) e quello di Hereford (circa 1290). Ambedue le c. sono di tipo murale e presentano Gerusalemme al centro dell'ecumene, mentre tutt'intorno al perimetro scorre l'Oceano. A questa descrizione cartografica va ricondotto il verso di Pd IX 84 fuor di quel mar che la terra inghirlanda.
Un concetto identico riflette la terra abitata undique ab Occeani margine circumspecta (Ep XI 26). D. peraltro poteva desumere la nozione dalla classicità. Ma essa è medievale, perché egli afferma inoltre la posizione mediana o centrale di Gerusalemme rispetto alla terra abitata (non rispetto al globo terracqueo e neppure all'emisfero boreale!). Infatti egli, seguendo l'opinione espressa anche da Orosio (autore citato in proposito), suppone l'ecumene esteso da Cadice alle foci del Gange, e, seguendo l'insegnamento astronomico derivato dallo studio delle eclissi, attribuisce alla distanza Cadice - Gange il valore angolare di 180° (Quaestio 54). Valore riaffermato più volte nella Commedia, ove si ricava che Gerusalemme è ubicata a 90° da Cadice e a 90° dalle foci del Gange (Pg II 1-6, XXVII 1-6).
Questi riferimenti d'ordine geometrico e matematico (per cui cfr. Cv III V) ci rimandano a c. provviste di meridiani e paralleli e redatte secondo una graduazione angolare di latitudine e di longitudine. Queste c. sono di tipo tolemaico; ma non si può affermare che siano tolemaiche, in quanto Tolomeo considera come meridiano iniziale o di zero gradi il meridiano della parte più occidentale delle Canarie. Cadice è a 5°10' a est del meridiano iniziale. Gerusalemme in Tolomeo è a 66° 00' di longitudine, e pertanto è a 60° 50' da Cadice, non 90° 00' come usa Dante. La foce più orientale del Gange, detta Bocca Antiboli, in Tolomeo è a 148° 30'; la differenza di longitudine con Gerusalemme è di 82° 30' e non di 90°. Infine, mentre per D. da Cadice alle foci del Gange l'arco è di 180°, in Tolomeo è di 143° 20'. Anche i valori di latitudine sono differenti. Tolomeo registra: Cadice 63° 06', Gerusalemme 31° 40', Bocca Antiboli 18° 15'. D. invece, secondo le indicazioni cartografiche comuni nel suo tempo, ritiene allineate le tre località sullo stesso parallelo.
D. parla di reticolato geografico (meridiani e paralleli) e di coordinate geografiche (longitudine e latitudine). Egli quindi non solo può aver consultato c. redatte secondo quei criteri (assai comuni nella cultura araba), ma poteva aver anche conoscenza degli stessi principi fondamentali della loro costruzione. D., pur parlando di reticolato geografico (soprattutto in Cv III V), tratta di coordinate soltanto nella Quaestio (54-58), laddove cioè la discussione scientifica richiedeva un discorso tecnico. Ma localizzazioni geografiche, come quella espressa in Pd XXVII 80-84, devono essere basate su un computo di gradi effettuato materialmente da D. sulla scorta di una c. geografica di tipo tolemaico (rivelata anche dall'adozione del termine tecnico clima): i' vidi mosso me per tutto l'arco / che fa dal mezzo al fine il primo clima; / sì ch'io vedea di là da Gade il varco / folle d'Ulisse, e di qua presso il lito / nel qual si fece Europa dolce carco. Questi versi irti di difficoltà sembra possano essere considerati come una suggestione su D. di una c. di tipo tolemaico. Egli non parla affatto di Gerusalemme, mentre invece riferisce la sua visibilità genericamente al lido di Fenicia.
Tra l'isola di Cipri e di Maiolica (If XXVIII 82), D. intende esteso quasi tutto il Mediterraneo. Da un ecumene circolare del secolo XIII il concetto spaziale non può essere così precisamente desunto, causa il gran disordine con cui sono disposte le isole mediterranee; da c. di tipo tolemaico è improbabile a causa della presenza del toponimo Maiolica, che comportava un'identificazione inconsueta per l'erudizione dantesca. Va inoltre osservato che il confronto (si noti per giunta l'indicazione da oriente a occidente, molto importante in D., mentre Tolomeo ricorda queste isole muovendo da occidente a oriente) assume particolare rilevanza per il fatto che le due isole non soltanto sono le maggiori ai due lati del Mediterraneo, ma nelle c. nautiche dei secoli XIII e inizio XIV sono disegnate alla stessa latitudine. Perciò è sempre più opportuno convincersi della conoscenza e utilizzazione dantesca di c. nautiche, perché anche in queste Cadice e Gerusalemme figurano situate sullo stesso parallelo.
In alcune descrizioni geografiche toponimi come Buggea, Dammiata, Focara, Morrocco, Sibilia, rivelano l'uso di fonti diverse da quella di tipo tolemaico. Le c. che in tal caso D. poteva consultare erano quelle nautiche, oggi dette anche (ma non esattamente) portolaniche, perché potevano accompagnarsi a una descrizione di porti (portolano), e in genere indicavano esclusivamente la costa e i porti principali.
La redazione di queste c. risale alle repubbliche marinare del Medioevo (forse Amalfi), ove si diffusero con l'avvento della bussola. Comunque c. marine generali e particolari, basate sulla rosa dei venti, esistevano ancor prima dell'invenzione della bussola; ma è mediante l'applicazione alla rosa dei venti dell'ago magnetico liberamente rotante, che si riesce a rilevare lungo l'indifferenziata circonferenza dell'orizzonte marino una serie di precisi riferimenti, sino a un'ampiezza angolare di poco più di 10°.
Le coordinate costituenti l'ordito tecnico della c. sono: il meridiano (indicato in ogni punto dall'ago della bussola rivolto - come si riteneva - nella direzione della stella polare) passante per il punto di osservazione; la direzione del punto da localizzare, che si determina mediante la bussola calcolando l'ampiezza angolare esistente rispetto al meridiano anzidetto; la distanza del punto, che si stabilisce con una misurazione pratica.
Si ha testimonianza di c. nautiche a partire dal secolo XIII, proprio in connessione con l'uso in Occidente della bussola. D. mostra di conoscere la rosa dei venti in Pg XI 100-102 Non è il mondan romore altro ch'un fiato / di vento, ch'or vien quinci e or vien quindi, / e muta nome perché muta lato.
Egli inoltre dimostra di' conoscere la proprietà dell'ago magnetico di rivolgersi costantemente a settentrione: Pd XII 29-30 si mosse voce, che l'ago a la stella / parer mi fece in volgermi al suo dove.
Rosa dei venti e ago magnetico accoppiati costituiscono la bussola. Di essa D. non solo dimostra di avere notizia, ma anche di conoscere l'utilizzazione da parte dei naviganti: vidi muover... / nave a segno di terra o di stella (If XXII 11-12). In Pd XI 118-120 fa dire a s. Tommaso: Pensa oramai qual fu colui che degno / collega fu a mantener la barca / di Pietro in alto mar per dritto segno, dove segno, essendo ovviamente di stella e non di terra, allude implicitamente alla bussola.
Anche per quanto riguarda il viaggio di Ulisse (If XXVI 103-111) è necessario un riferimento alle c. nautiche. Egli solca le acque del Mediterraneo ‛ vedendo ' (anche qui una visualizzazione cartografica?) ambedue i litorali sino alla Spagna da una parte e al Morrocco dall'altra; poi da la man destra mi lasciai Sibilia, / da l'altra già m'avea lasciata Setta. Qui, oltre ai toponimi medievali, va notata la precisione nautica con cui è indicata la rotta, che è definita mediante la successione topografica - e quindi localizzata cartograficamente - di Setta e di Siviglia (foce del fiume di Siviglia o la città di Siviglia). Solo da una c. nautica D. avrebbe potuto ricavare ausilio.
Un'altra indicazione di probabile origine nautica si ricava dal discorso di Folco di Marsiglia (Pd IX 91-93): Ad un occaso quasi e ad un orto / Buggea siede e la terra ond'io fui, / che fé del sangue suo già caldo il porto.
Per indicare la sua Marsiglia, Folco si riferisce a Buggea, porto del litorale africano, che è quasi sullo stesso meridiano. Al riguardo va particolarmente ricordata una c. nautica di Giovanni da Carignano, redatta intorno al 1310, dove si vede tracciato il meridiano passante per Marsiglia e Buggea.
Fermo l'accordo sul fatto che D. ha consultato c. geografiche, alcuni, come il Revelli, ritengono che si tratti esclusivamente di c. nautiche, altri, come il Casella, di c. tolemaiche. Sembra invece che le conoscenze e le informazioni di D. siano riferibili a tutti i tipi di c. diffuse nel suo tempo: ecumeni circolari, c. di tipo tolemaico, c. nautiche, c. corografiche, né va dimenticato che D. stesso dichiara e dimostra di avere pratica dell'utilizzazione della sfera terrestre (v. anche GEOGRAFIA).
Bibl. - A.E. Nordenskiöld, Periplus. An essay on the early history of charts and sailing directions, Stoccolma 1897; K. Kretschmer, Die italienischen Portolane des Mittelalters, Berlino 1909 (ristampa, Hildesheim 1962); Revelli, Italia; M. Casella, Questioni di geografia dantesca, in " Studi d. " XII (1927) 65-78; B.R. MoTzo, Il Compasso da Navigare, in "Annali Fac. Lettere Università Cagliari " VIII 1947; O. Baldacci, Ecumeni ed emisferi circolari, in " Boll. Soc. Geogr. Ital. " s. 1, VI (1965) 1-16.