CARTAGENA (A.T, 41-42-43)
Una delle più importanti città della Spagna sul Mediterraneo (37°33′ N.; 0°57′ 30′′ O.), sebbene capoluogo solo di partido judicial nella provincia di Murcia. Lo sviluppo moderno della città è stato modesto: 36 mila abitanti nel 1840, 54 nel 1860, 75 nel 1877, circa 100 nel 1900, 96.891 coi sobborghi, 45 mila nel centro urbano nel 1920.
Sorge in posizione favorevole, all'estremità E. di un lungo margine sollevato, dove la ripida balza di graniti e scisti cristallini che segna la linea di costa nel suo protendersi verso il C. de Pales s'intacca profondamente sì da formare uno dei porti naturali più sicuri di tutto il Mediterraneo. Il retroterra immediato è poco adatto all'agricoltura (è fra le regioni più aride di tutta la Spagna; meno di 400 mm. di pioggia, in media, all'anno); della vicina zona mineraria (piombo argentifero, ferro, rame, platino) i distretti più ricchi tendono verso un più vicino sbocco a mare (Portmán).
Sede di dipartimento marittimo e piazzaforte, la città possiede un arsenale, un deposito d'artiglieria e un cantiere navale; il suo sviluppo è legato soprattutto al trattamento dei minerali estratti dall'immediato retroterra.
Il porto, costituito .da un'insenatura a ferro di cavallo, è protetto ai due capi da fortificazioni che ne sbarrano l'ingresso; due dighe esterne dànno accesso alla rada, in fondo alla quale si discende il lungo molo Alfonso XII e, a sinistra, l'ampio arsenale. Il traffico è abbastanza attivo: all'esportazione dominano il piombo (6000 tonn. annue, in media), il minerale di ferro, l'olio e lo sparto; all'importazione, i carboni, le macchine, i cereali e i legnami.
La pianta della città, quasi quadrangolare, presenta vie di regola diritte e non anguste; il centro del traffico cade a non grande distanza dall'arsenale, nelle cosiddette Puertas de Murcia. Solo nella parte O. e accanto al porto sono visibili le tracce dell'antico nucleo medievale.
Bibl.: M. Pato y Quintana, Descripción fisica de la provincia de Murcia, Madrid 1910 (Bol. del Instit. geolog.); O. Bürger, Spaniens Riviera und die Balearen, Lipsia 1924; O. Jürgens, Spanische Städte, Amburgo 1927.
Monumenti. - Decaduta dal suo antico splendore, nel sec. XVI era quasi diruta e abitata soltanto da mille famiglie. Filippo II la fece restaurare e la circondò di fortificazioni, di cui ora non resta che un tratto della Porta del Molo e quella di S. Giuseppe, d'architettura neoclassica (1791). Sul colle della Concezione sono le rovine di un castello dal quale provengono le lapidi romane conservate dalla Società economica della stessa città. Sotto al colle, sulla Muralla del Mar è il magnifico quartiere delle guardie marine, disegnato da Juan de Villanueva. La chiesa di S. Maria Antica, sul posto dell'antica cattedrale, ricostruita in gran parte nel 1904, ha sculture del Salcillo; e altre ne hanno S. Domenico, S. Maria della Grazia, e l'Asilo di S. Michele. Una passeggiata adorna di palme separa la città dall'arsenale.
Bibl.: E. Tormo, Levante, Madrid 1923, pp. 367-74.
Storia. - La città, nota poi col nome latino di Carthago nova, fu fondata da Asdrubale, dopo la morte di Amilcare, nel 221 a. C. e divenne principale base delle operazioni e della potenza militare dei Cartaginesi in Spagna. La fondazione è narrata da Diodoro, XXV, 12, forse attingendo a Polibio che s'inspira agli storici di Annibale. Nel luogo sorgeva prima la città di Mastia o Massia, capitale dei Mastieni, che Eforo chiama Massia dei Tartessî, probabilmente perché, come sappiamo dal Periplo incluso nell'Ora maritima di Avieno, i Mastieni erano fra i popoli sotto l'egemonia tartessia.
P. Scipione nel 209 a. C. s'impadronì audacemente della città e ne fece la base delle operazioni romane, non avendo potuto i Cartaginesi riprenderla. Scipione Emiliano, accompagnato da Polibio, sbarcò a Cartagena nel 151 a. C. quando partecipò alla spedizione celtiberica di Lucullo. Polibio rimase in Cartagena e visitò le miniere d'argento: e questa visita è il fondamento della sua descrizione della città. Nel 180 a. C. è menzionata come limite di esilio (ultra Carthaginem novam), come anche dopo, nella guerra sertoriana, Cesare aveva il suo tribunale in Cartagena quando il giovane Gaio Ottavio lo raggiunse in Spagna; forse in quel tempo Cartagena diventò colonia, come è testimoniato che fu dopo Augusto (Colonia Victrix Iulia nova). I re di Mauritania Giuba e Tolomeo e i Cesari Nerone e Druso ne furono duoviri e quinquennales. Del tempo di Augusto e di Tiberio sono menzionati pontefici, prefetti e seviri augustales. Dopo Tiberio si chiama Colonia Victrix Carthago Nova o Colonia Victrix Iulia Nova Carthago. Galba giudicava in Cartagena quando seppe la morte di Nerone. Ma l'apogeo di Cartagena era stato nell'età repubblicana, quando i legati della Spagna citeriore nell'inverno avevano il loro tribunale alternativamente in Tarraco e in Carthago nova. Nell'epoca imperiale Cartagena decadde, sebbene fosse sempre una stazione importante della via litoranea, un importante porto militare e commerciale dal quale si esportava l'argento e il piombo delle miniere prossime di Mazarrón, lo spartum, cereali, fiori (rose che fiorivano in inverno), pesci (gli scombri che servivano per fare il garum). I cittadini appartenevano alla tribù Sergia, ma alcuni anche alla Galeria e ad altre. Sino agli ultimi tempi del dominio bizantino, Cartagena fu il centro più importante della regione.
Prescindendo dalle monete, rimasteci dell'età punica e, abbondanti, dell'età romana, dalle iscrizioni, alcune delle quali poetiche, latine e greche (cristiane), e da resti architettonici di monumenti funerarî che servirono per costruire la fortezza moderna del Castillo de la Concepción, l'archeologia di Cartagena è poco conosciuta dalle descrizioni antiche di Polibio, Livio e Strabone, che si basa su Posidonio, possiamo ricostruire la sua topografia.
La città era al fondo del golfo chiamato Namnatius Portus dal Periplo, golfo nel quale stava l'isola Strongyle (più tardi insula Scombraria) e il promontorio Trete (Scombrarius). Nell'antichità la città aveva parecchi porti da guerra e si stendeva su una piccola penisola montuosa che sorgeva dalle maremme (Marisma Almajar) nelle quali si costruì una strada per carri e animali da trasporto. La città occupava diverse colline: dove oggi è il Castillo de la Concepción era l'antica città iberica; ad E. (Castillo de S. Julián) il tempio di Asclepio-Eshmūn; ad O. (Castillo de la Galera) il borgo reale di Asdrubale; su altre tre colline i templi di Eesto, di Saturno e di Aletes (lo scopritore delle miniere di argento, probabilmente un indigeno deificato). Livio è l'unico testimone per la collina di Mercurio, fuori della città (ad E.) nelle maremme. Il perimetro della città aveva 20 stadî. Le miniere erano a 20 km. dalla città, a Mazarrón, dove lavoravano 40.000 uomini, portando allo stato romano il valore di 25.000 dramme di argento ogni giorno, cioè un benefizio annuo di 1500 talenti (circa 10 milioni di franchi oro). Col tempo i filoni di argento furono esauriti e produssero soltanto piombo, come al giorno d'oggi.
Nel sec. VIII d. C. la città cadde sotto il dominio dei Mori, che la tennero fino al 1243, quando don Ferdinando il Santo la conquistò e l'incorporò al regno di Castiglia.
Durante la guerra di successione essa sul principio parteggiava per l'arciduca Carlo d'Austria, ma poco dopo passò dalla parte della casa di Borbone, e fu presa dal duca di Berwick. Nel 1808 fu la prima città dell'Andalusia orientale a insorgere contro i Francesi. Dopo, Cartagena ha la sua parte ìn tutti gli avvenimenti politici della Spagna; nel 1875 fu il centro del sollevamento che screditò e fece finire la repubblica in Spagna.
Bibl.: Hübner, Carthago Nova, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III, col. 1620 segg.; O. Cuntz, Polybius und sein Werk, Lipsia 1902, p. 8 segg.; U. Kahrstedt, jahrb. des Instituts, XXVII (1912), Anzeiger, p. 225 segg.