carta
. Il vocabolo è sempre adoperato in accezioni che indicano l'uso cui la c. è destinata. Nel senso di " materiale per scrivere ", " foglio su cui si effettua la scrittura ", ricorre in Cv III IX 14 E per essere lo viso [la vista] debilitato, incontra [avviene] in esso alcuna disgregazione di spirito [dello spirito visivo], sì che le cose non paiono unite ma disgregate, quasi a guisa che fa la nostra lettera [i caratteri della scrittura] in su la carta umida; e così pure in Pg XXXIII 139 piene son tutte le carte / ordite [destinate] a questa cantica seconda (da questo passo, secondo Scartazzini-Vandelli, sembra che D. avesse determinato anticipatamente persino la lunghezza approssimativa di ogni cantica destinando a ognuna un dato numero di c.); Pd XXII 75 la regola mia / rimala è per danno de le carte, " in scriptura non in opere, quia frustra occupat chartas sine fructu cum non servetur " (Benvenuto). In questa accezione il vocabolo è abbastanza frequente nel linguaggio due-trecentesco: cfr. Chiaro Guardando, bella 8, Chi 'ntende 1, In ogni cosa 15; Schiaffini, Testi, glossario.
Altre volte c. è usato nel senso di " pagina " di un libro in genere, di un'opera, come in If XI 102 non dopo molte carte, al principio della Fisica di Aristotele, " scilicet secundo Physicorum capitulo IV " (Benvenuto); Pg XXVI 64 ditemi, acciò ch'ancor carte ne verghi, / chi siete voi; Pd II 78 sì come comparte / lo grasso e 'l magro un corpo, così questo [pianeta] / nel suo volume cangerebbe carte, " ammucchierebbe strati densi e rari; metafora presa dai libri, de' quali le ammucchiate carte, a guisa di strati, ne formano il corpo " (Lombardi). In Pg XI 82 più ridon le carte / che pennelleggia Franco Bolognese, si accenna a pagine decorate con miniature. Ovvio il trapasso da ‛ pagina ' a " scritto " in genere, " opera ", in Pg XXIX 103 e quali i [i quattro animali raffiguranti i quattro Vangeli] troverai ne le sue [di Ezechiele] carte, / tali eran quivi.
Infine in Pd XII 122, in correlazione con volume, con cui si indica l'ordine dei francescani, denota figuratamente un " singolo frate ": chi cercasse a foglio a foglio / nostro volume, ancor troveria carta / u' leggerebbe " I'mi son quel ch'i' soglio ": chi passasse in rassegna a uno a uno (" de fratre ad fratrem sigillatim ", Benvenuto) i frati del nostro ordine, ne troverebbe ancora qualcuno che potrebbe dire di essere quali solevano essere i primi seguaci di s. Francesco (" idest, sum vere frater minor antiquus non mutatus, humilis, pauper, discalcius ", Benvenuto).