CAVALLETTI, Carolina
Nacque a Gorizia nell'anno 1794 dagli attori Francesco e Gaetana Pontevichi, durante una tournée della compagnia di Carlo Battaglia della quale essi facevano parte. Cominciò a recitare bambina nella compagnia della madre e del patrigno Francesco Toffoloni: il Righetti la ricordò, a quell'età, nella esilarante parte di una pessima farsa, nella quale si fece applaudire per più sere. Nel 1807 fece parte della Compagnia reale italiana diretta da Salvatore Fabbrichesi (che aveva sposato la prima attrice Francesca Pontevichi, sorella della madre), come si desume da una nota dei compensi spettanti agli artisti riportata dal Colomberti (la C. vi figura come amorosa e seconda donna con la retribuzione di 250 zecchini veneziani l'anno, accanto ad Alberto Tessari, generico primario, suo futuro marito).
L'anno precedente il viceré d'Italia Eugenio Beauharnais, sull'esempio della Compagnia imperiale di Parigi, aveva autorizzato la creazione, a Milano, di una Compagnia reale destinata a occupare il teatro alla Scala o quello della Cannobiana quando non avessero ospitato l'opera o il ballo. Il Fabbrichesi proponeva alla nomina del ministro dell'Interno attori e attrici già affermati, ma s'impegnava a far rappresentare tutte le novità, tragedie e commedie, che sarebbero state scelte da un'apposita commissione detta "Camerino della Scala" e a curare arredamento e costumi dei lavori in repertorio secondo la loro epoca storica o ideale.
Nel 1812, benché giovanissima, la C. passò al ruolo di prima donna in sostituzione di Anna Palandi-Fiorilli, associatasi a Pellegrino Belli Blanes, e riuscì a vincere l'iniziale diffidenza del pubblico milanese.
Una nota del Giornale del dipartimento del Reno di Bologna del 14 apr. 1812 testimonia delle sue notevoli qualità: "Voce robusta e modulata, disinvoltura comica,pronuncia non ricercata, sono le doti che assicurano a questa giovinetta di belle maniere un posto onorevole in un regno che poche possono aspirare nell'età sua".
Il 3 dic. 1812 creò in Verona la parte di Mistress Herfort ne L'atrabiliare di A. Nota, riscuotendo il plauso del pubblico. La sera del 17 sett. 1813 la Compagnia reale rappresentò a Bologna la Ricciarda di U. Foscolo.
Giovanni Prepiani vi sosteneva la parte di Averardo, Alberto Tessari quella di Guelfo principe di Salerno, Demetrio Cristiani quella di Guido; Ricciarda era impersonata dalla C., nei riguardi della quale il Foscolo così si esprimeva: "...sono tentato di dare prima una corsa a Milano, se mai in luglio si rappresentasse la Ricciarda che pende tutta quasi dalla donna; e della prima attrice di Fabbrichesi non ho grande concetto; non potrei, diriggendola, darle quel che non ha; ma le torrei, non foss'altro, molti difetti, e le metterei in capo ciò che forse reciterebbe senza intendere; perché quanto al sentire, gl'insegnamenti non ne possono, e si resta sempiternamente tal quali" (lettera a Sigismondo Trecchi, 10 giugno del 1813). Nello stesso giorno raccomandava al Fabbrichesi:"...quattro uomini e una donna sola; ma badate, se la donna zoppica la tragedia stramazza" (10 giugno 1813).
Il 19 settembre l'autore, che due giorni prima aveva seguito trepidando la rappresentazione senza presentarsi al pubblico, così si sfogava con la contessa d'Albany: "La Tragedia fu pessimamente recitata... Ricciarda pareva una ragazza sentimentale, anziché una principessa innamorata altamente; piacque nondimeno al pubblico; a me spiacque moltissimo" (19 sett. 1813). Nella recensione apparsa sul Giornale del dipartimento del Reno del 21 settembre, su abbozzo dello stesso Foscolo, è registrato il successo di pubblico ottenuto dalla C., pur con qualche riserva sulla sua effettiva capacità di rendere la passione del personaggio: si sente che l'autore, o il suo portavoce, non è contento dell'interprete alla quale riconosce, tutt'al più, una dizione chiara e pudica dei versi, ma non la severa dignità che lo spettatore attento si aspetta dal suo carattere; si augura che in avvenire l'attrice si investa meglio del personaggio.
In questo periodo la C. sposò il Tessari, inseparabile compagno di lavoro sin dalla sua adolescenza. Nel 1815 recitò al teatro Valle di Roma, suscitando molto entusiasmo. Il Righetti, attore della Compagnia reale sarda, che ebbe occasione di ascoltarla a Firenze nel carnevale dello stesso anno, paragonò la sua fama a quella di Carlotta Marchionni. Caduto il Regno italico, il 20 ott. 1815 il Fabbrichesi, che era a Trieste, spedì un preventivo di contratto al teatro del Fondo e a quello dei Fiorentini di Napoli: tra gli attori proposti figuravano la C. come prima donna e il Tessari come tiranno. La compagnia agì l'anno successivo al Fondo, ma nel 1818 passò ai Fiorentini, su petizione del Fabbrichesi al re delle Due Sicilie Ferdinando I.
Si apre per la C., con Ifigenia in Aulide rappresentata nel 1816, la serie delle interpretazioni in prima assoluta delle tragedie di Cesare Della Valle duca di Ventignano, autore assai in voga per l'acceso colore romantico: nella prefazione all'edizione napoletana delle Tragedie egli lodò il talento della Cavalletti.
Seguirono l'Ifigenia in Tauride (1817), Medea (1818, che costituì uno dei cavalli di battaglia dell'attrice), Anna Erizo (1820), Giulietta e Romeo (1823), Alexi (1828), Giovanna Gray (1829); nel gennaio 1820 la C. inoltre rappresentò due volte il Sospetto funesto di G. Giraud e nella primavera successiva due commedie dell'abate G. Germino, Le nozze in testamento e La lettera anonima, portandole al successo con Giuseppe De Marini.
Separatasi dal Fabbrichesi, l'attrice fece parte di una compagnia diretta dal marito, da Giovanni Prepiani e da Giovanni Visetti, che si esibì nella Pasqua 1824 al teatro Valle di Roma. Nel 1825 tornò a Napoli dove il re concesse alla nuova formazione la privativa delle rappresentazioni teatrali. La fama della C. toccava ormai il culmine: il pubblico napoletano era entusiasmato al punto che una cronaca della rivista I Teatri del 1827 raccolse l'eco di quel fanatismo nell'iperbolico elogio: "somma nella tragedia; ognuno piange al suo pianto"; ne sono riprova il caloroso consenso tributato alle prime de L'idrofoba, cupodramma lacrimoso tradotto dal francese, nel 1831, e dell'Ildebrando di V. Pinto nel 1835.
Adamo Alberti, che nel 1835 recitava al teatro dei Fiorentini insieme con lei, affermò che la compagnia era la migliore del tempo in Italia, ma insinuò che mancava di un direttore autorevole e che la C., nonostante il suo talento, spesso cadeva nell'enfasi. Ma, pur pronto a lanciare i suoi strali contro i lavori, secondo lui spesso "stravaganti ed immorali",non poté fare a meno di registrare il grande successo di talune opere classiche e del repertorio napoletano, legato alle interpretazioni che la C. dignitosamente ne dava; dopo I baccanali di G. Pindemonte, in cui essa fu la schiava Fecenia, creò, nel giugno 1836, la parte della protagonista nella Gemma Garbina, riduzione da Il tiranno di Padova di V. Hugo a opera di G. C. Cosenza (altro autore del quale fu fedele interprete).
Nel 1838 si manifestò una profonda rivalità tra la C. e Luigia Pieri, prima attrice giovane, spalleggiata dall'Alberti. Nonostante avesse manifestato il desiderio di sciogliere la società, ella si fermò ancora due anni per clausola contrattuale e prodigò tutte le sue energie in una famosa ripresa della Merope di S. Maffei, nelle prime della Margherita Pusterla del Cosenza (giugno 1839), tratta dal romanzo omonimo di C. Cantù, di Duchessa! di Colomb (agosto successivo) su traduzione di L. Aliprandi (parte di madame Hervaux) e de L'eroismo di una donna del Cosenza (ottobre), sempre padrona dei caratteri interpretati come sostenne, a dispetto delle convinzioni dell'Alberti, il cronista del periodico Omnibus. Per effetto di un prolungamento del contratto che stabiliva trenta recite supplementari dopo il primo giorno di quaresima, la C. si trovò senza la Pieri e affrontò, nel febbraio 1840, un rilevante numero di tragedie, fra cui le predilette Medea e Merope. Nella sua beneficiata, riprese la Margherita Pusterla. Nella prima decade di aprile fu rappresentata la Clarissa Manson del Cosenza che piacque moltissimo e fu salutata da calorose manifestazioni di consenso. L'Omnibus dell'11 apr. 1840 così riportò la notizia dell'avvenimento: "La vecchia impresa dei Fiorentini Tessari e soci non ha finito con minor clamore. Alla Tessari e a Tessari marito si fecero applausi fraterni, familiari e piansero gli attori e il pubblico...".
La C. entrò quindi, con il marito nel ruolo di padre nobile, nella compagnia di Corrado Vergnano che il 4 luglio, a Bologna, debuttò all'arena del Sole (rappresentò, tra l'altro, la Rosmunda di V. Alfieri, in cui l'attrice dette una cupa interpretazione della protagonista), e nel carnevale 1841 agì presso il teatro del Cocomero di Firenze. Per l'anno comico 1841-42 i Tessari ebbero compagnia propria con un repertorio di numerose novità: nell'aprile 1841 recitarono a Mantova dove la C. piacque tanto nella Medea che il pubblico reclamò la replica della tragedia, e nel giugno successivo a Como, dove la critica ritenne di ravvisare in lei l'intuito del colpo di scena cui il pubblico era particolarmente sensibile. Le piazze successive furono Milano, dove ella recitò nel luglio al teatro Stadera (Il forzato di Tolone del Cosenza, I due sergenti di C. Roti, acclamatissimi) e nel settembre all'anfiteatro dei giardini pubblici; Venezia nel dicembre (al teatro Malibran si registrò un trionfo con un'ennesima edizione della Medea); Treviso nel carnevale 1842; Milano nel carnevale 1843. In quello del 1845 troviamo la compagnia a Catania per una delle ultime tournées:in quest'anno, infatti, i due Tessari si ritirarono a Verona, città natale di Alberto, dove si occuparono della tutela dei nipoti e dell'amministrazione del loro patrimonio.
S'ignora la data di morte della Cavalletti.
Di figura imponente, che con il volgere degli anni si fece piuttosto pingue, la C. possedeva voce robusta e insinuante. Il pubblico l'apprezzò sia nel repertorio comico sia in quello tragico, ma soprattutto in quest'ultimo, quando conferiva ai sentimenti della gelosia e dell'odio quelle tinte oscure che esso prediligeva. Studiava attentamente le parti, in austero isolamento, aliena da ogni manifestazione di vita mondana. I suoi abiti, sia antichi sia moderni, erano sempre eleganti al punto che la moda francese fu da lei diffusa in Italia attraverso i personaggi interpretati. E con il marito rimase nella storia del costume teatrale come un esempio di leale e dignitosa collaborazione oltre che di profondo affetto.
Fonti e Bibl.: Roma, Bibl. del Burcardo, ms. 42.8.33: A. Colomberti, Dizion. dei comici ital. dal 1780 al 1880, pp. 107 s.; Ibid., ms. 153.19: Id., Notizie sugli attori ital. della prima metà dell'800, sub voce Fabbrichesi Salvatore (ms. incompleto); Giornaletto ragionato teatrale di Venezia, X (1820), p. 77; Corriere delle Dame (Milano), II, dic. 1824; ITeatri di Milano, I (1827), 1, p. 115; L'Omnibus (Napoli), 22 giugno, 17 e 31 agosto, 26 ott. 1839, 29 febbraio, 11 apr. 1840; Gazz. di Firenze, 22 ott. 1840; La Fama (Milano), 28 gennaio, 12 aprile, 14 giugno, 22 luglio, 16 settembre, 16 e 27 dic. 1841, 26 dic. 1842, 29 dic. 1844; N. Pepe, Tragica friulana nel teatro ital. della Ristori, in Il Friuli (Udine), febbraio 1873, pp. 6 ss.; U. Foscolo, Epistolario, IV, (1812-13), a cura di P. Carli, Firenze 1954, pp. 277, 280, 350-54; F. Righetti, Teatro ital.,II, Torino s.d., pp. 149 s.; C. Della Valle, Tragedie, I, Napoli 1830, pp. 28 ss.; A. Alberti, Quaranta anni di storia del teatro de' Fiorentini in Napoli, Napoli 1878, p. 45 e passim;L. Rasi, I comici ital.,I, Firenze 1897, pp. 615 ss.; G. Costetti, Il teatro ital. nel 1800, Rocca San Casciano 1901, pp. 35 s., 81, 112; G. Cosentino, L'Arena del Sole, Bologna 1903, pp. 73 s.; A. Scalera, Il teatro dei Fiorentini, Napoli 1909, pp. 26, 63 ss.; C.von Wurzbach, Biograph. Lexicon des Kaiserthums Oesterreich, XLIV, p. 29; F. Regli, Dizionario biografico..., p. 531; Enc. Ital., XXXIII, p. 671; N. Leonelli, Enciclopedia biogr. e bibl. ital., IX, Attori tragici - Attori comici, I, pp. 223 s.; Enc. dello Spett., IX, coll. 858 s.