Vedi CARMONA dell'anno: 1973 - 1994
CARMONA (v. S 1970, p. 182)
I risultati degli scavi e delle indagini più recenti, sommati a quelli conosciuti già da tempo, dimostrano che C. ha avuto fasi di vita non troppo diverse rispetto ad altri centri importanti del Mezzogiorno spagnolo. Risulta chiara una prima occupazione durante il Calcolitico, da una fase precampaniforme, ancora nel III millennio a.C., a quella caratterizzata dalla tipica ceramica campaniforme, che si prolunga nel II millennio. Forse allora la zona abitata occupava soltanto una fascia sul bordo dell'Alcor, mentre nell'ampio spazio che sarebbe stato occupato più tardi dalla città si trovavano tombe, come il grande sepolcro collettivo formato da corridoio e camera circolare.
C. acquista maggiore importanza come grande centro abitato nella tarda Età del Bronzo, a partire, approssimativamente, dal 1000 a.C., e dopo una fase meno attiva, così sembra, di tutta l'Andalusia occidentale durante la piena Età del Bronzo. Il maggiore sviluppo di C. nella tarda Età del Bronzo corrisponde alla formazione e alla prima fase di Tartessos, la più famosa civiltà protostorica del Mezzogiorno spagnolo. C. divenne allora uno dei suoi nuclei principali, nell'ambito della strutturazione del territorio dovuta alla civiltà tartessica, con la quale inizia la definitiva organizzazione urbana di alcune zone della Penisola Iberica. Diversi sondaggi stratigrafici confermano l'importanza di C. in questa fase, in cui l'abitato si è ormai esteso praticamente su tutta l'ampia piattaforma rocciosa dell'Alcor. Alla tipica produzione ceramica di quest'epoca (manufatti bruniti e dipinti con complessi motivi geometrici, che evidenziano la notevole diffusione nella zona dello stile «geometrico», ampiamente rappresentato nelle culture mediterranee) bisogna aggiungere il rinvenimento di un tratto di mura, ai cui resti si sono sovrapposte strutture posteriori pertinenti alla Porta di Siviglia, che protegge il lato occidentale, dove si apre l'accesso naturale e, quindi, il punto più vulnerabile del sistema difensivo.
Le migliori testimonianze della presenza di un'aristocrazia militare che detiene il potere nella prima epoca di Tartessos sono le stele funerarie con incisioni che rappresentano la figura del guerriero e/o le sue armi, insieme con altri elementi e personaggi. Queste stele sono distribuite in un'ampia area nella parte SO della penisola: una tra le più caratteristiche, rinvenuta vicino a C., nella contrada di Cuatro Casas, rappresenta il guerriero al centro e, intorno, le sue armi (spada, scudo rotondo e arco con freccia), un carro a due ruote e a doppio tiro (forse da guerra o rituale per il transito all'aldilà) e un personaggio minore che si avvicina al carro medesimo, forse lo stesso defunto.
L'influsso fenicio si rivela presto a C., già nell'VIII sec. a.C.: preannuncia la fase del predominio culturale fenicio-punico, che sarà di notevole splendore. Più che nella stessa città, ciò appare evidente nelle necropoli dei dintorni (Acebuchal, Bencarron, Cruz del Negro e altre) che includevano nei loro corredi i caratteristici avori incisi, prodotti di lusso dell'artigianato fenicio occidentale.
La conferma di C. come città chiave del basso Guadalquivir si ebbe probabilmente con l'ultima fase di occupazione punica, con la dominazione dei Barcidi (237-206 a.C.). Ultimaménte si è pensato che il grande bastione centrale della fortificazione della Porta di Siviglia potesse essere dello stesso periodo, costituendo quindi un esempio di architettura militare ellenistica, spiegabile nel quadro dell'attività dei Barcidi che miravano a presentarsi come veri principi ellenistici. In ogni caso C. fu l'ultima piazzaforte militare in mano ai Cartaginesi, come testimonia Appiano (Hisp., 25), e la sua perdita rappresentò la fine del loro dominio nella penisola.
Durante la dominazione romana C. conservò a lungo i tratti culturali derivati dalla sua tradizione cartaginese. La nota necropoli di epoca romana, in gran parte del I sec. d.C., può, a rigore, essere qualificata come neopunica. I monumenti funerarî che la caratterizzano (camere ipogee con nicchie per le urne, accessibili attraverso pozzi verticali, talvolta con scale, e fosse di cremazione a pianta rettangolare) rimandano al sostrato punico, non solo per la tipologia, ma anche per alcuni aspetti rituali, come la copertura del pozzo dopo il seppellimento. Le tracce della romanizzazione si avvertono nell'uso del latino o nella ricca decorazione pittorica.
Fra i mausolei della necropoli è da ricordare anzitutto la grande «Tomba di Servilia», scavata nella roccia, che riproduce una grande abitazione, con una corte circondata da un portico di stile ellenistico; appartenne ad alti funzionari romani della città, in epoca augustea, testimoniandone la condizione privilegiata dal punto di vista sociale ed economico. È l'unica tomba della necropoli in cui sono state trovate sculture di marmo; le altre sono di pietra locale stuccata, come quella del monumento più interessante e complesso della necropoli, chiamato «Tomba dell'Elefante». Si tratta, in realtà, di un santuario dedicato al culto di Attis, con triclini e altri annessi per le cerimonie, e rappresentazioni di Cibele, nella forma arcaica di betilo, di Attis, di un sacerdote in rilievo, e dell'elefante, presente forse per la sua associazione al Sole/Attis, o per altre ragioni ancora.
Si sa ancora poco dell'organizzazione interna della città. Sono stati scoperti recentemente resti di un porticato con tabernae nella zona in cui per tradizione veniva collocato il foro. Le parti meglio conosciute sono tuttora le mura di cinta e, in particolare, le porte. La magnifica Porta di Siviglia è costituita da un grande bastione centrale (40 X 24 m), fiancheggiato da due ingressi: il principale è quello a S, caratterizzato da doppio arco (che conteneva in origine un cancello-saracinesca), passaggio a volta, altro arco, intervallum, ancora un arco, un passaggio a volta, e infine l'arco di accesso alla città; l'ingresso a Ν è una sorta di postierla, con doppio arco (che conteneva un cancello-saracinesca), passaggio a volta, arco di accesso. Si può considerare uno dei migliori esempi a noi noti dell'architettura militare romana. Si è proposta una datazione in età tardo-repubblicana, probabilmente anteriore a Cesare. Rimangono, sul bastione centrale, resti di un tempio che si suppone costruito in quell'epoca. La Porta di Cordova ha ben conservate le basi delle torri che la fiancheggiavano, di pianta poligonale e ornate con pilastri.
Nel museo della necropoli sono conservati alcuni dei materiali trovati a C., provenienti in gran parte dalla stessa necropoli, ma anche dalle zone circostanti. Spicca la ricca collezione di ritratti degli inizî dell'impero; notevoli inoltre le urne, la ceramica, i vetri, gli specchi e gli altri manufatti che si trovano abitualmente nei corredi. Si palesa subito un elemento interessante: il rifiuto di usare nella necropoli la sigillata romana a favore della terracotta di tradizione locale.
Bibl.: Per una descrizione complessiva del sito: F. Amores Carredano, Carta arqueológica de los Alcores (Sevilla), Siviglia 1982. - Sugli scavi più recenti: M. Pellicer, F. Amores, Protohistoria de Carmona, in NAHisp, XXII, 1985, p. 55 ss. - Sugli avori fenici: M. E. Aubet, Los marfiles fenicios del Bajo Guadalquivir I. Cruz del Negro, in BVallad, XLIV, 1978, pp. 15-77; 2. Acebuchal y Alcantarilla, ibid., XLVI, 1980, pp. 33-79 e Los marfiles fenicios del Bajo Guadalquivir s., in Pyrenae, XVII-XVIII, 1981-1982, pp. 231 ss. - Sulla città e i muri di cinta: A. Jiménez, Arquitectura romana de la Bética. I. Introducción al estudio de las fortificaciones, in Segovia y la A rqueologia romana, Barcellona 1977, p. 233 ss.; id., La Puerta de Sevilla en Carmona, Siviglia 1988. - Sulla necropoli e il sostrato punico: M. Bendala Galan, La necrópolis romana de Carmona (Sevilla), Siviglia 1976; id., La perduración púnica en los tiempos romanos. El caso de Carmo, in HuelvaA, VI, 1982, p. 193 ss.