TRIONFALI, CARMI
. Erano carmi alterni interrotti spesso dal grido Io triumpe, che i soldati, ornati di lauro e di decorazioni, cantavano accompagnando al Campidoglio il carro del trionfatore. Tito Livio li chiama carmina incondita, alludendo verosimilmente più alla volgarità del contenuto che non alla deficienza vera e propria di arte. Una quantità di motivi sacri e profani, serî e faceti fusi insieme secondo la tecnica viva nella tradizione popolare e militare, che non escludeva l'improvvisazione. Spesso gli scherzi trascendevano ogni limite. A Giulio Cesare, per esempio, furono rinfacciati gli amori con Cleopatra, certi episodî piccanti della sua vita galante, i suoi rapporti con Nicomede di Bitinia. Talora, con rude senso di giustizia, i soldati non mancavano di preporre alla persona del trionfatore quella di chi, a parer loro, s'era in realtà segnalato nella guerra.
Bibl.: E. Stampini, Alcune osservazioni sui carmi trionfali romani, in Studî di letteratura e filologia latina, Torino 1917, p. 173 segg. I frammenti in W. Morel, Fragmenta poetarum latinorum epicorum et lyricorum, Lipsia 1927, pp. 92 segg.; 122, 123, 132.