FLORIS, Carmelo
Nacque a Bono nel Goceano, a circa 40 chilometri da Nuoro, il 22 luglio 1891 da Giuseppe e Maria Grazia Nonnis Tola. La prematura morte del padre costrinse la madre a trasferirsi ad Olzai (Nuoro); qui il F. fu affidato ad uno zio parroco, Carlo Nonnis, nella casa del quale conobbe i pittori G. Biasi e M. Mossa De Murtas. Nel 1899 seguì la madre a Nuoro, dove completò le elementari e proseguì gli studi fino al ginnasio (Naitza - Scano, 1992, cui si rimanda, ove non diversamente indicato, per le notizie biobibliografiche).
Nel 1909 le migliorate condizioni economiche della famiglia gli consentirono di interrompere gli studi classici per dedicarsi completamente alla pittura. Si trasferì quindi a Roma, per frequentare l'Accademia di belle arti, e fece amicizia con M. Melis. Con quest'ultimo divise l'appartamento e frequentò i corsi della Scuola libera del nudo e dell'Accademia di Francia.
Nella capitale il F. completò la sua formazione artistica, approfondendo la conoscenza della pittura italiana e delle innovative esperienze delle "secessioni" europee. Sulla sua formazione ebbe però un peso determinante anche l'esempio di G. Biasi, caposcuola indiscusso delle ricerche moderniste sarde e iniziatore del filone folclorico che caratterizza l'arte isolana nei primi decenni dei secolo.
Nel 1914 realizzò una serie di xilografle per la rivista Sardegna, fondata dal suo amico A. Deffenu, e l'anno seguente dipinse Utimo ballo (ubicazione ignota), I funerali di ziu Bore e Don Daga (Cagliari, coll. priv.) per la progettata, e non allestita, sala sarda alla secessione romana di quell'anno (N. Alberti, Mentre si prepara la Sala Sarda alla Secessione di Roma, in Il Giornale d'Italia, 16 marzo 1915): i tre dipinti, caratterizzati da una forte propensione decorativa che traduce il mondo isolano con gli stilemi sintetici delle secessioni, verranno poi esposti nel 1921 a Cagliari nella mostra organizzata dal Circolo universitario cattolico.
L'influenza del Biasi è particolarmente evidente nell'opera I funerali di Ziu Bore, "un suggestivo collage di tipi che paiono usciti dalle illustrazioni e dai dipinti del sassarese, risalendo dai più recenti fino alla Processione in Barbagia del 1909, di cui riprende l'intonazione violacea" (Altea - Magnani, 1995, p. 154, ripr. p. 156). E dipinto Don Daga (ibid., ripr. p. 155), che rielabora elementi della pittura di Klirnt inserendoli in un contesto rustico regionale, dimostra invece significative tangenze con le sperimentazioni decorative portate avanti nello stesso periodo da M. Melis.
L'entrata in guerra dell'Italia mise fine alla permanenza a Roma. Arruolatosi nella brigata "Sassari", il F. combatté per tre anni sull'altipiano di Asiago e ricevette una medaglia d'argento al valor militare. Gli eventi bellici non gli impedirono del tutto l'attività artistica; dipinse alcune scene di guerra e partecipò con alcune caricature alla prima Esposizione artistica sarda, tenutasi a Sassari per la raccolta di fondi per la mobilitazione civile (1916).
Rientrato in Sardegna alla fine del conflitto, il F. si stabilì ad Olzai. Nell'immediato dopoguerra trascorse alcuni mesi in compagnia dei pittore M. Delitala, viaggiando per i paesi della Barbagia e dedicandosi allo studio del paesaggio isolano. Collaborò come illustratore con diversi periodici: nel 1920 lavorò per la Rivista sarda, fondata e diretta da M. Melis, di seguito per il Giornalino della domenica (1921-22) e per il Nuraghe (1924).
In questi anni il F. consolidò il suo interesse per la xilografia, avviando una ricerca che si estenderà alla tecnica del monotipo e successivamente anche all'ambito calcografico, e che farà dell'artista uno dei maggiori rappresentanti della scuola sarda di incisione della prima metà del secolo. Nella produzione grafica agli inevitabili riferimenti biaseschi si uniscono influenze diversificate che, tra spunti iconografici e sollecitazioni tecniche, spaziano da M. Delitala a F. Melis Marini, da A. Ballero a S. Dessy. Negli anni Venti il F. prese parte a molte esposizioni. Oltre alla mostra del Circolo universitario cattolico, sempre nel 1921 partecipò alla Prima Biennale nazionale d'arte a Roma, nel 1923 alla Quadriennale di Torino e alla XCI Esposizione di belle arti della Società amatori e cultori di Roma, l'anno seguente alla prima Esposizione d'arte sarda di Cagliari. Nel 1925, chiamato da F. Ciusa, insegnò disegno alla Scuola d'arte applicata di Oristano, mantenendo l'incarico fino al 1927.
Abbandonato progressivamente il sintetismo decorativo che caratterizza la sua pittura degli anni Dieci, il F. cercò esiti più realistici, sostenuti da una più solida costruzione grafica e da una resa pittorica emotivamente più intensa. Nel 1926 fu tra gli espositori della sala sarda allestita da M. Melis e M. Mossa De Murtas all'interno dell'annuale mostra romana degli Amatori e cultori, e disegnò un manifesto pubblicitario per l'esposizione dei prodotti alimentari sardi negli Stati Uniti (Mediterranea, 1° maggio 1927, p. 10). Figura emergente del panorama artistico isolano, prese parte alla breve esperienza della Famiglia artistica sarda (1929), per poi confluire nel Sindacato fascista di belle arti, di cui per un certo periodo fu segretario per la provincia di Nuoro.
Negli anni Trenta il F. affiancò ai ritratti e alle scene in costume una produzione di paesaggi grazie alla quale accentuò il distacco dalle radici moderniste e ottenne risultati di grande originalità.
Prese parte alla XVII Biennale di Venezia (1930), alla Prima Quadriennale di Roma (1931), alla prima Mostra del sindacato nazionale fascista di belle arti (Firenze 1933) e, esclusa l'ultima del 1939, a tutte le rassegne regionali del sindacato (1930-38). Nel 1933 dipinse il ciclo decorativo ispirato alla vita e alle feste popolari dell'isola per la casa Siviero di Oristano e nel 1936 tenne la sua prima personale presso la sala del fotografo Perella a Sassari, alla quale seguì nel 1937 la seconda alla galleria Paladino di Cagliari. La pubblicazione dei primi studi approfonditi sulla sua pittura (Valle, 1932; Branca, 1933) consolidò il prestigio dell'artista, definendo il suo ruolo di continuatore della scuola folclorica regionale avviata da G. Biasi e F. Figari agli inizi del secolo.
Nel 1938 il F. si recò a Parigi dove incontrò E. Lussu, già compagno d'armi e figura di primo piano tra gli oppositori al regime rifugiati in Francia. Rientrato in Italia con materiale propagandistico di Giustizia e libertà, venne arrestato alla frontiera. Detenuto prima a Nuoro e poi a Cagliari, fu condannato a cinque anni di confino da scontare alle isole Tremiti. Durante la permanenza al confino disegnò, con materiali di fortuna, ottantacinque ritratti di poliziotti (Almanacco letterario e artistico della Sardegna, Cagliari 1946, p. 156) e l'Autoritratto a sanguigna e carboncino inviato alla madre (Naitza - Scano, 1992, p. 51 fig. 112). Trasferito a Foggia e successivamente a Monreale d'Abruzzo, ottenne l'amnistia nel 1942, in occasione dei festeggiamenti per il ventennale della marcia su Roma.
Rientrato in Sardegna, nel 1944 espose alla Triennale di Tempio. Nel 1947 prese parte alla Mostra itinerante degli incisori sardi (Roma, Torino, Cagliari). Tra il 1947 e il 1948 partecipò anche alle mostre comunali di Iglesias ed è probabilmente in questi anni (Naitza - Scano, p. 184) che realizzò il trittico Maternità, Minatori, Cavaliere con stendardo per la sala consiliare del Comune di Iglesias. L'opera accoglie suggestioni neorealiste nello scomparto centrale raffigurante il lavoro in miniera, combinandole con gli abituali temi folclorici dei pannelli laterali. Nel 1949 il F. prese parte al premio Siena, alla mostra degli artisti sardi all'Opera Bevilacqua La Masa di Venezia, alla Mostra degli incisori sardi che si tenne in varie città d'Europa e a Milano.
Nel 1952 sposò Maria Porcu e due anni dopo realizzò, insieme con G. Ciusa Romagna, la Via Crucis nella cattedrale di Nuoro. Anche negli anni Cinquanta ebbe un'intensa attività espositiva: partecipò a numerose rassegne, soprattutto di grafica, e allestì diverse personali, in particolare in Sardegna, l'ultima delle quali si tenne nel febbraio-marzo del 1960 a Firenze, presso la "Casa di Dante".
Morì a Olzai, in Barbagia, il 22 ag. 1960.
Fonti e Bibl.: N. Valle, C. F. e la pittura sarda d'oggi, in Mattino sugli asfodeli, Roma 1932, pp. 67-77; R. Branca, Un pittore tipico, in Arte in Sardegna, Milano 1933, pp. 93-98; Il Convegno (Cagliari), XIII (1960), n. 11 (numero monogr. dedicato al F.); N. Valle, Incisioni di C. F., Cagliari 1960; R. Branca, La xilografia in Sardegna, Cagliari 1965, pp. 70-74, tavv. 32-44; S. Naitza, Arte in Sardegna tra realismo e folclore, Nuoro 1977, pp. 45 s., 87-91; C. F. (catal.), a cura di E. Piras, Sassari 1979; G. Altea - M. Magnani, Le matite di un popolo barbaro. Grafici e illustratori sardi 1905-1935, Sassari 1990, p. 178; C. F. 1891-1991 (catal.), a cura di E. Piras, Sassari 1992; S. Naitza - M.G. Scano, C. F., Nuoro 1992 (con bibl.); La pittura in Italia. Il Novecento, I, Milano 1992, I, p. 624; II, pp. 890 s.; G. Altea - M. Magnani, Pitura e scultura del Primo '900, Nuoro 1995, passim (con bibl.).