MAXIA, Carmelino (detto Carmelo)
– Nacque a Villamassargia, nell’Iglesiente, il 16 luglio 1903 da Antonio e da Giovannica Spada.
Non si hanno notizie sugli studi giovanili, ma dovette conseguire il diploma liceale perché, dopo aver prestato il servizio militare di leva, dal 1924 al 1927, nell’Arma dei carabinieri, ottenne un impiego civile quale istitutore nel Convitto nazionale di Cagliari e si iscrisse all’Università cittadina, laureandosi in scienze naturali nel 1933. Nel medesimo anno divenne assistente incaricato presso la cattedra di geologia dello stesso ateneo, tenuta da S. Vardabasso, e nel 1935 di ruolo, per concorso. La prima fase della sua attività di studioso riguardò prevalentemente i caratteri geomorfologici, paleontologici, mineralogici e geologici della Sardegna, descritti in lavori pubblicati a partire dal 1935, i più significativi dei quali sono: Il cono di deiezione di Domusnovas nel bacino del Rio S. Giovanni (Sardegna sud-occidentale). Geologia, idrogeologia, agrogeologia, in Boll. della Soc. geologica italiana, LVIII (1939), pp. 29-76; il primo elenco catastale delle grotte della regione (Le attuali conoscenze speleologiche sulla Sardegna, in Le Grotte d’Italia…, s. 2, I [1936], pp. 7-49); nonché la Bibliografia mineraria della Sardegna (Cagliari 1941), nella quale il M. censì e commentò circa 1200 pubblicazioni rappresentative dello stato delle conoscenze dell’epoca sulle risorse minerarie sarde.
Nel 1938 si trasferì nell’Università di Roma come assistente nell’Istituto di geologia e paleontologia diretto da G. Checchia-Rispoli (già direttore dell’omologo istituto di Cagliari), e nel 1939 divenne anche membro della Società geologica italiana. Dall’inizio del periodo romano gli interessi scientifici del M. mutarono radicalmente vertendo, in conformità alle linee di ricerca allora dominanti nell’Istituto, sui caratteri geologico-stratigrafici e paleontologici di settori della Campagna romana e del preappennino laziale.
Espressivi del nuovo corso sono gli studi sulla stratigrafia del Mesozoico e sui caratteri paleontologici e strutturali della Sabina meridionale (monti Cornicolani, Lucretili, Tiburtini e Prenestini), studi tra i quali si ricorda La serie liasica nei monti Cornicolani e Lucretili (Preappennino romano), in Boll. della Soc. geologica italiana, LXII (1943), pp. 73-122. È inoltre da menzionare una serie di lavori in campo paleontologico, pubblicati tra il 1940 e il 1942, sulle malacofaune della Tripolitania, a prosecuzione di uno studio già avviato da Checchia-Rispoli, e in particolare lo scritto «Checchiaia»: nuovo aporraide del Cretaceo superiore della Tripolitania (in Boll. dell’Ufficio geologico d’Italia, LXVI [1941], pp. 1-8), su un nuovo gasteropode, così denominato in omaggio al maestro. Nello stesso periodo il M. si dedicò all’analisi dei caratteri stratigrafici e paleontologici dei depositi pliocenici e pleistocenici affioranti in destra idrografica del fiume Tevere, pubblicando lavori quali Osservazioni geologiche sui territori di Civitella San Paolo e di Fiano Romano (Nord di Roma) (ibid., LXIX [1946], pp. 195-217) e Contributo alla geologia del Lazio (ibid., LXX [1947], pp. 103-132). Particolarmente significativo è anche il contributo del M. allo studio dei depositi travertinosi della Campagna romana, cui dedicò diversi scritti, sintetizzando i risultati raggiunti nella nota Il bacino delle Acque Albule (in Contributi di scienze geologiche, suppl. a La Ricerca scientifica, XX [1950], pp. 27-44), ancora oggi opera di riferimento. Il lungo periodo di studi sul dominio sabino meridionale, avviati nei primi anni Quaranta, culminò più tardi in importanti lavori, quali la monografia Geologia dei monti Cornicolani (Lazio), Roma 1954, e la Carta geologica dei monti Prenestini (Lazio), ibid. 1954 (in collab. con L. Lombardi, C. Parenti, G.C. Negretti, A. Valdinucci e W. Brugner).
Il M. si interessò anche di altre zone del Lazio (area romana, monte Soratte, monte Circeo, dorsale Lepini-Ausoni-Aurunci, monti Simbruini, Civitavecchia, monti della Tolfa), e di aree dell’Italia centrale (Umbria meridionale, monte Amiata), conseguendo un elevato livello di conoscenza della letteratura geologica regionale che gli consentì di pubblicare già nel 1943, a Roma, l’importante Bibliografia geologica del Lazio, che censisce 2153 pubblicazioni. Dopo oltre un decennio, a coronamento delle ricerche nel territorio laziale, l’opera, aggiornata e arricchita, riapparve con lo stesso titolo per la collana «Bibliografie geologiche regionali» del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR; Bibliografia geologica d’Italia, I, Lazio, Napoli 1956): il lavoro, corredato da una carta geologica d’insieme alla scala 1:550.000, costituisce un documento di riferimento per la ricostruzione dello stato dell’arte delle ricerche geologiche sul Lazio all’epoca.
Conseguita nel 1942 la libera docenza in geologia, nel 1949 il M. fu nominato aiuto; scomparso nel 1954 il direttore dell’istituto di geologia e paleontologia dell’ateneo romano, R. Fabiani, fu chiamato a succedergli. La figura del M. ebbe particolare risalto nel difficile contesto storico del secondo conflitto mondiale e dell’immediato dopoguerra per il forte impegno nella promozione dello studio delle scienze della Terra, discipline ancora giovani nel panorama accademico italiano. Per l’attività didattica in diversi corsi di laurea dell’Università di Roma (scienze geologiche [paleontologia, geografia fisica, geologia], ingegneria mineraria [geologia], architettura [mineralogia, geologia]) redasse anche dispense: Attraverso la Campagna romana e i monti Cornicolani, Lucretili e Tiburtini. Guida alle escursioni degli studenti di scienze geologiche della R. Università di Roma (Roma 1941); Sommario del corso di geologia (ibid. 1943); Schema del corso di paleontologia (dalle lezioni tenute dal prof. R. Fabiani) (ibid. 1948). Al M. si deve inoltre l’avvicinamento di molti studenti alla speleologia e all’ambiente del Circolo speleologico romano.
Egli fornì contributi anche alla paleontologia dei vertebrati del Quaternario dell’Appennino centrale, collaborando con diversi ricercatori e in particolare con A.M. Maccagno, che curò il restauro dell’esemplare di Elephas rinvenuto a Scoppito, presso L’Aquila. Nel medesimo periodo il M. scrisse alcune voci per l’Enciclopedia cattolica (Paleontologia, IX, Firenze 1952; Stratigrafia, XI, ibid. 1953) e per il Dizionario enciclopedico italiano edito dall’Istituto della Enciclopedia Italiana (Italia. Geologia, VI, pp. 413-415).
Nel 1960 partecipò al concorso per la cattedra di geologia presso l’Università di Catania, risultando nella terna dei vincitori. Nello stesso anno, chiamato dall’Università di Cagliari come titolare del corso di geologia, concluse la lunga permanenza romana, fase centrale della sua attività di studio, cui è riconducibile oltre metà della sua produzione scientifica. Il trasferimento in Sardegna fu per il M. un ritorno prestigioso nella terra d’origine (divenne anche direttore dell’istituto di geologia), ma costituì d’altro canto una sofferta separazione dal complesso di relazioni personali e scientifiche instaurate a Roma in oltre vent’anni e comportò un netto cambiamento dei suoi indirizzi di ricerca, rivolti nuovamente alla geologia del massiccio sardo.
Dal 1961, a seguito di una compiuta maturazione professionale e scientifica, il M. differenziò nettamente i suoi interessi dagli studi iniziali, concentrandosi sui caratteri stratigrafici e paleontologici del Mesozoico, Cenozoico e Neozoico della Sardegna. In particolare si ricordano: Nuove ricerche sui depositi quaternari dell’Isola di San Pietro (Sardegna sud-occidentale), in Boll. della Soc. geologica italiana, LXXXIV (1965), 2, pp. 129-139, (in collab. con T. Cocozza - V. Palmerini); Sul limite Giurese - Cretaceo nella Nurra (Sardegna nord-occidentale), Cagliari 1968 (in collab. con G. Pecorini). Interessanti sono anche scritti sia su temi geomorfologici, tra i quali Geomorfologia e sedimentologia del settore sud-orientale del Campidano (Sardegna meridionale), in Boll. della Soc. geologica italiana, LXXXIX (1970), pp. 567-597 (in collab. con V. Palmerini - A. Ulzega - S. Barca), sia in campo applicativo, come Prospettive di ricerca geotermica in Sardegna, ibid., XCII (1973), pp. 567-580 (in collab. con A.V. Damiani). Il M. curò inoltre alcune voci per l’Enciclopedia del petrolio e del gas naturale dell’Ente nazionale idrocarburi (ENI): v., in particolare, ad voces: Algonchico, periodo; Arcaico, periodo; Archeozoica, Era, I, Roma 1963; Costa d’Avorio; Devonico, periodo, II, ibid. 1964; Cambrico, periodo; Carbonico, periodo, III, ibid. 1965.
Nella lunga direzione dell’istituto di geologia di Cagliari il M. si distinse – come già nella fase romana – per il forte impulso dato alla didattica, alla divulgazione, alla ricerca e allo sviluppo delle strutture universitarie, con una dedizione per la quale è ancora oggi ricordato: gli si devono la ristrutturazione del Museo Lovisato, devastato nel secondo conflitto mondiale, e la creazione del laboratorio universitario di palinologia. L’attività didattica nell’ateneo cagliaritano riguardò, oltre alla geologia, materie quali la geografia fisica, la geologia applicata e la geologia regionale. Al M. furono inoltre conferiti, in quanto eminente esperto della geologia della Sardegna, incarichi di rilievo a livello nazionale e locale (direttore della sezione geologica del Gruppo geologico, petrografico e mineralogico-giacimentologico per la Sardegna del CNR; presidente del Comitato geologico regionale).
Dal 1973, anno del suo collocamento fuori ruolo, la sua attività di ricerca progressivamente si esaurì. La sua produzione scientifica si concluse nel 1974, quando fu pubblicata a Torino la celebre Geologia dell’Italia a cura di A. Desio, cui il M. collaborò redigendo (con T. Cocozza, G. Pecorini, A. Pomesano Cherchi), le voci relative alla Geologia della Sardegna, esaustive sintesi sullo stato delle conoscenze. A coronamento di oltre quarant’anni di studi, si trattò per lui d’un giusto riconoscimento, da parte della comunità scientifica nazionale, quale illustre e profondo conoscitore della geologia regionale sarda.
Il M. morì a Cagliari il 24 ott. 1984.
Fonti e Bibl.: S. Barca - T. Cocozza - I. Salvadori, Storia delle ricerche geologiche nel Massiccio Sardo, in Cento anni di geologia italiana. Volume giubilare, I centenario della Soc. geologica italiana (1881-1981), s.l. [ma Bologna] 1984, pp. 315-352; M. Parotto - A. Praturlon, Duecento anni di ricerche geologiche nell’Italia centrale, ibid., pp. 241-278; A. Moretti, Ricordo di C. M., in Memorie della Soc. geologica italiana, XXXV (1986), pp. 17-25 (con l’elenco completo delle opere).