CARMATI (arabo, al sing. Qármaṭī, plur. Qarāmiṭah)
Càrmati furono dei settarî eretici musulmani, seguaci delle dottrine bāṭinite (v.), che parteciparono all'insurrezione suscitata da Ḥamdān ibn al-Ash‛ath (detto Qarmaṭ) nella Bassa Mesopotamia e poi continuata anche in Arabia, finché fu soffocata definitivamente nel 1077-1078. Ḥamdān, contadino della regione di al-Kūfah a occidente dell'Eufrate, ebbe il soprannome di Qarmaṭ, del quale è incerto il significato al pari dell'etimologia (alcuni autorevoli storici arabi lo dicono arabizzamento di karmithah, che nel dialetto aramaico del luogo avrebbe significato "dagli occhi rossi"); convertito alle dottrine bāṭinite, se ne fece attivissimo propagandista e anzi in loro nome proclamò la rivolta contro l'autorità costituita nel 277 èg. (890 a. C.), proprio nel centro della Mesopotamia meridionale, nei dintorni di Wāsiṭ, spargendo il terrore in tutta la vasta regione. Dopo la morte di Ḥamdān Qarmaṭ la rivolta poté finalmente essere domata nella Mesopotamia nel 294 èg. (fine del 906 d. C.); ma il movimento si era già esteso sul litorale arabo del Golfo Persico (territorio di al-Aḥsā', detto anche al-Baḥrain dagli Arabi) fin dal 281 èg. (894-895 d. C.), sicché nel 286 èg. (899 d. C.), l'intera regione costituiva uno stato carmato, così potente da far invadere e devastare la Mesopotamia meridionale nella prima metà del secolo seguente e, d'altra parte, da impadronirsi della Mecca proprio durante il pellegrinaggio del 317 èg. (gennaio 930), e da portar via dalla Ka‛bah, con enorme sdegno di tutti gli altri musulmani, la pietra nera spezzata, che, trasferita ad al-Aḥsā', non fu restituita se non vent'anni più tardi, contro il pagamento d'una somma fortissima: 24.000 dīnār. Soltanto nel 470 èg. (1077-1078 d. C.), lo stato carmato dell'al-Abṣā' poté essere abbattuto e il carmatismo fu distrutto per sempre.
Solo impropriamente (come accade, p. es., nel lungo articolo Karmaṭes nell'Encyclopédie de l'Islām, del 1925) il nome di Carmati, in base all'identità delle dottrine, è esteso da alcuni sino a comprendere anche gli Ismā‛īliti (v.) e tutti gli altri Bāṭiniti.
Il verbo arabo qarmaṭa, derivante forse dal greco γράμματα "lettere dell'alfabeto, scrittura" (Vollers), significa scrivere con caratteri minuti e serrando molto fra loro le parole e le righe; da ciò prima B. d'Herbelot (1625-1695) e poi altri (incluso il citato articolo Karmaṭes, p. 813) furono indotti a parlare d'uno speciale tipo di scrittura araba, modificazione del naskhī, chiamato carmatico e che sarebbe stato inventato e usato dai Carmati. Già nel 1828 l'orientalista C. M. Fraehn (Journal Asiatique, 1828, s. 2ª, I, p. 379 segg.) ne aveva mostrato l'insussistenza.
Bibl.: M. J. de Goeje, Mémoire sur les Carmathes du Bahraïn et le Fatimides, 2ª ed., Leida 1886; id., La fin de l'empire des Carmathes du Bahraïn, in Journal Asiatique, s. 9ª, V (1895), pp. 5-30.